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Il progetto conservativo

•Figg. 6.2, 6.3

Chiesa di San Giorgio alla Costa, fotopiano del progetto di conservazione

Prospetti Chiesa di San Giorgio

Nell’analisi dei complessi edilizi oggetto di studio gli studenti hanno operato in 4 fasi di ricerca principali: la prima di ricerca bibliografica ed archivistica; la seconda dedicata alla lettura tecnica del modo di “murare”, affrontato prima sulla base di un’accurata indagine sul campo e poi seguita da un puntuale lavoro d’interpretazione, comprensione e riordino del materiale; la terza fase, invece, che è stata orientata a definire e spiegare il ‘come’ ed il ‘perché’ delle diverse tipologie, dei diversi materiali e degli elementi di degrado, ha portato alla mappatura cromatica delle superfici (Fig. 6.4), per poter individuare e catalogare i colori di ciascuna superficie (Fig. 6.5), sia essa muraria, tinteggiata, lapidea o affrescata, e per produrre delle tabelle con codici di colore e ipotizzare la fase di intervento. La quarta fase, di cui ne parleremo nello specifico nei paragrafi successivi, è stata quella di redazione del progetto di restauro conservativo e del progetto di riabilitazione funzionale dei complessi monumentali.

Il progetto conservativo

Come più volte ripetuto nei capitoli introduttivi del libro, la fase di studio del degrado, delle cause che l’hanno prodotto, dell’analisi dei materiali con la necessità di campagne conoscitive preventive (saggi pittorici, prove di carico, analisi strutture lignee, ecc.), condotta in modo rigoroso, è uno strumento indispensabile per gli interventi manutentivi e/o di restauro conservativo. Partendo da questo assunto, è necessario però chiarire che non esiste una metodologia codificata che precisa in maniera univoca i confini del progetto di conservazione, le regole ed i protocolli a cui attenersi, in quanto ogni forma di degrado ha le sue specificità. Con riferimento alla lettura delle patologie che interessano i materiali esistono, in particolare, delle ‘raccomandazioni’, elaborate dai gruppi di ricercatori dell’Istituto

•Fig. 6.4

Chiesa di Santa Felicita in piazza, fotopiano del prospetto interno alla sala del Capitolo con indicazione per l’analisi del colore

Fig. 6.5

Chiesa di Santa Felicita in piazza, misure cromatiche del prospetto interno alla sala del Capitolo

Centrale del Restauro e dal CNR2 e dalla Commissione NORMAL3, con lo scopo di stabilire dei metodi unificati per l’intervento conservativo dei manufatti. Intervenire su un bene monumentale, quale ad es. la Chiesa di San Giorgio alla Costa, ed ipotizzare un progetto di restauro, significa acquisire tutte le informazioni relative alla conoscenza materica dell’oggetto, alle cause, ai meccanismi e all’entità del degrado, e allo stesso modo occorre avere le basi scientifiche, conoscere i prodotti e le metodologie da impiegare per l’intervento di restauro. La Chiesa di San Giorgio alla Costa ha rappresentato una novità assoluta per il laboratorio di restauro, in quanto, fino al 2016, la chiesa non era agibile ed erano in corso i lavori per la sistemazione della copertura. Il suo interno ad opera di G.B. Foggini rappresenta uno dei pochi esempi dell’architettura settecentesca fiorentina, entusiasmante lo stile rococò del soffitto ligneo intarsiato a lacunari dorati realizzato nel 1705. La Chiesa di Santa Felicita in Piazza rappresenta un punto cardinale dell’Oltrarno Fiorentino, era la chiesa dei Granduca (dal Corridoio Vasariano si accedeva al Coretto dei Sovrani per assistere alla funzione religiosa); essa nasce sulle fondazioni di una basilica paleocristiana ma al suo interno vi sono capolavori rinascimentali tra le quali la Deposizione del Pontormo, conservata nella Cappella Capponi che fu progettata originariamente da Filippo Brunelleschi. La Chiesa di San Francesco di Sales, opera di Anton Maria Ferri, ha la tipica facciata delle chiese settecentesche, di stile classico con qualche testimonianza barocca. Il corpo centrale, a due piani, bloccato in alto da un basso frontone e collegato ai due corpi laterali da volute. Contrariamente a quanto la struttura della facciata lasciava supporre, la chiesa è a navata unica composta una sala rettangolare con volta a spicchi affrescata sul tema della vita di San Francesco di Sales. Il Seminario Arcivescovile Maggiore, fondato il 4 novembre 1712, è annesso alla chiesa di San Frediano in Cestello nei locali dell’ex monastero dei Cistercensi e delle Carmelitane di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi. All’interno del complesso religioso vi sono due chiostri, il chiostro grande di San Bernardo, deve il suo nome alla statua di San Bernardo di Chiaravalle, posta al centro, che calpesta il

2 Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), cit. 3 UNI, Normativa Materiali Lapidei, cit.

demonio opera nel 1702 di Giuseppe Piamontini. Il secondo chiostro è dedicato a Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, con al centro la statua della santa, realizzata da Antonio Montauti nel 1726. All’interno del Seminario vi troviamo la stanza di Santa Maria Maddalena, l’ex refettorio ed una biblioteca davvero interessante dove è conservato il celebre ‘Codice Rustici’ del 1448 ed altri testi medievali. (Fig. 6.6) I quattro complessi su menzionati, ciascuno per le proprie peculiarità, hanno rappresentato un’ottima fucina per l’esperienza didattica. La conservazione del costruito storico rappresenta un complesso di decisioni ed azioni eseguite e coordinate da diversi professionisti, con lo scopo di ritardare il naturale degrado dell’edificio e di valorizzarne i contenuti. Il successo del progetto conservativo dipende in maniera rilevante dalla possibilità di mantenerlo in uso, assicurandone cura e manutenzione quasi quotidiana. La possibilità di un utilizzo continuo dipende dalla possibilità di adattare spazi ed impianti, come si vedrà nel paragrafo successivo, alle norme e usi odierni. Gli studenti hanno avuto modo di individuare, a seconda dell’ambito in cui operavano, gli stadi del degrado e proporre il proprio progetto conservativo. Chi si è occupato ad es. delle murature esterne (Fig. 6.7) ha redatto un progetto conservativo per eliminare il degrado antropico, l’umidità di risalita, piuttosto che il rappezzo incongruo oppure il deposito superficiale (il tutto riportato in una tavola grafica corredata di tabella che individua: materiali e tipo di degrado, relative e proposte di restauro (Fig. 6.8 + allegato). Gli studenti, invece, che si sono occupati delle superfici interne ai corpi di fabbrica (Tavv. 6.1 e 6.2) hanno eseguito la stessa metodologia per l’individuazione della forma di degrado, della causa e del progetto, ma si è reso necessario individuare anche i cromatismi per progettare il restauro del colore. Il progetto di restauro delle pavimentazioni ha permesso di individuare che la maggior parte degli edifici presi in esame presentava delle alterazioni cromatiche, causate da umidità di risalita, lacune e abrasione delle superfici causate dall’uso e dalla mancata manutenzione (Tav. 6.3). Questi sono solo degli esempi semplici, ma vorremmo che fosse posta l’attenzione sul metodo che il corso ha fornito agli studenti. Per

•Fig. 6.6

Seminario Arcivescovile Maggiore, fotopiano della biblioteca

Rilievo materico

Analisi del degrado

•Fig. 6.7

Seminario Arcivescovile Maggiore di Firenze, fotopiano della facciata principale sul lungarno Soderini, prospetto con analisi del degrado e fotopiano

•Fig. 6.8

Chiesa di Santa Felicita in Piazza, analisi del degrado, classificazione NORMAL, voce di capitolato e simulazione del progetto di conservazione

Stato attuale

Efflorescenza (EF)

Erosione (ER)

Simulazione intervento

Esempio di intervento

Alterazione cromatica (AC)

capire cosa deve fare nella pratica lavorativa un architetto, è stato utile individuare attraverso la redazione di computi metrici le quantità delle probabili lavorazioni oggetto di restauro. È fondamentale stabilire una connessione reale tra la didattica universitaria ed il mestiere dell’architetto, il quale spesso deve redigere un capitolato prestazionale accompagnato dal computo metrico, anche estimativo della spesa presunta, redatti secondo i riferimenti normativi vigenti. Eseguire un computo metrico non è semplice perché non si tratta soltanto di una quantificazione numerica della lavorazione ma occorre stabilire, avendone conoscenza, la tipologia di lavorazione che deve essere eseguita e gli effetti che questa apporterà al bene oggetto di restauro (Tav. 6.4). Molto spesso in questa prima fase di valutazione delle lavorazioni si prevede di intervenire sulle caratteristiche costruttive o strutturali dell’edificio. Il consolidamento degli immobili storici rappresenta quel ramo della conservazione che si occupa dell’integrità strutturale degli stessi, al contempo minimizzando gli interventi ed allungandone la vita utile. La struttura rappresenta lo scheletro su cui si appoggia l’involucro dell’edificio con i suoi apparati architettonici e decorativi. È quindi fondamentale capire il sistema strutturale ed il suo stato conservativo se si vuole preservare la vita dell’edificio. La conoscenza approfondita del sistema strutturale si può conseguire soltanto analizzando le informazioni recepite a partire dalle fonti storiche-documentali. Soltanto in questo modo sarà possibile comprendere l’evoluzione

DEGRADI materiale interessato

superficie interessata posizione

cause

restauro (RE)

restauro colore (RC) ALTERAZIONE CROMATICA (ac) Pietra arenaria

C ESFOLIAZIONE (es) Pietra arenaria

B-C-D-G-H-L-O RIGONFIAMENTO (rg) Intonaco generico

A MANCANZA (mn) Pietra arenaria marmo intonaco generico A-F-L-M-N-O

Si presenta in modo piuttosto diffuso sulle cornici finestre.

assorbimento differenziato del supporto naturale invecchiamento esposizione prolungata all’irraggiamento solare attacco chimo da dilavamento meteorico e deposito di polveri reattive con l’umidità. Si presenta in modo puntuale sulle cornici porte, cornici finestre, colonne, intradosso e ghiera degli archi.

Inquinamento atmosferico che aggredisce e disgrega il legante minerale composizione chimica e mineralogica del materiale infiltrazioni di acqua in micro fessure del supporto

Rimozione meccanica a secco manuale o strumentale mediante l’uso di spazzole in fibra vegetale, bisturi, spazzole e aspiratori impacchi assorbenti a base di acqua distillata e/o soluzioni di Sali di ammonio o sodio, supportati da argille, polpa di cellulosa e carta giapponese applicati selettivamente con tempi di contatto stabiliti in base a test preliminari (Pu1-Pu4) Fissaggio e riadesione delle sfoglie sconnesse, distaccate o in fase di distacco mediante “fermature” con consolidanti inorganici, eseguite a pennello e/o spruzzo, previa valutazione pulitura a secco tramite impiego di pennelli e/o spazzole morbide, spugne e aspiratori a bassa pressione al fine di rimuovere i consistenti depositi polverulenti stesura a pennello o a spruzzo di consolidante-riaggregante organico da scegliere dopo preventiva campionatura (Pc2-Pu1-Co5)

Se necessario il ripristino dell’uniformità cromatica sui materiali lapidei si ottiene previo intervento di stuccatura e restauro adeguato delle superfici con l’utilizzo di miscele a base di leganti e matrici minerali in texture adeguate all’originale. Non previsto

In genere basta la pulitura ricostruire l’uniformità cromatica della pietra naturale. Si presenta in modo puntuale su una parete (sez. 14).

incompatibilità materica tra la superficie pittorica e il supporto murario oscillazioni termiche infiltrazioni di acqua in micro fessure del supporto (acqua meteorica battente o di ruscellamento) migrazioni di acqua/umidità nel supporto (umidità di condensazione, umidità di risalita, capillarità del terreno, ecc.) cicli di gelo-disgelo Cauta eliminazione per battitura delle parti incoerenti ed instabili o rimozione meccanica a secco manuale o strumentale di carattere più energico mediante l’uso di spazzole in fibra vegetale, bisturi, spazzole e aspiratori Stuccatura con miscele di leganti ed inerti opportunamente selezionati per qualità, granulometria, colorazione e tecniche di messa in opera (Pu1-Co3-St2)

Tinteggiatura parziale con tecnica e colore compatibili al contesto, applicati a tinta uniforme Si presenta in modo puntuale sulle pareti, sulle basi attiche delle colonne, sulla lapide marmorea (sez. 14) e sulle sedute

Azioni dell’uomo problematiche strutturali soluzioni di continuità conseguanti alla presenza di fessurazioni e di lesioni strutturali soluzioni di continuità conseguanti agli stress termici in prossimità dell’innesto di elementi metallici

Per intonaci: • cauta rimozione degli elementi instabili e decoesi non più recuperabili • pulitura a secco tramite impiego di pennelli e/o spazzole a setole morbide, spugne e aspiratori a bassa pressione al fine di rimuovere i consistenti depositi polverulenti • stuccatura con miscele di leganti ed inerti opportunamente selezionati per qualità, granulometria, colorazione e tecniche di messa in opera (Pu1-St2)

Per materiali lapidei: • politura • applicazione di consolidanti • ricostruzione dell’aggetto con elementi di recupero possibilmente similari a quelli mancanti (Pu1-Co5-Ri5) Per materiali lapidei: • Non previsto (il ripristino cromatico è conseguente ad un accurato restauro, in quanto gli elementi da ricostruire devono essere trattati compatibilmente al conteso ed alla cromia naturale degli elementi già presenti) Per intonaco cementizio: • tinteggiatura parziale o totale con tecnica e colore compatibili al contesto, applicati a tinta uniforme

dell’edificio nel corso del tempo, formulare diagnosi approfondite sullo stato di ‘salute’ attuale e prevedere il comportamento futuro in modo da progettare le misure di intervento appropriate (Tav. 6.5). Occorre però chiarire che l’attività dell’architetto o dell’ingegnere strutturista nella preservazione degli edifici storici è condizionata da due aspetti fondamentali: quello della sicurezza delle strutture, sancito dalla normativa vigente, e quello della conservazione del valore storico, stabilito dalle Carte del Restauro recepite e codificate a livello nazionale. Tuttavia, spesso questi due aspetti sono in forte

conflitto tra loro, rendendo la progettazione conservativa un processo di mediazione tra le due parti. A livello mondiale ICOMOS4 e UNESCO5 hanno investito numerose risorse per la conservazione dei beni architettonici in numerose nazioni e per questo motivo sono nati comitati scientifici di analisi e conservazione delle strutture architettoniche, che hanno redatto le Linee Guida con i Principi per la Conservazione Strutturale. Occorre ricordare che malgrado le linee guida, nella realtà i restauratori hanno seguito vie diverse ed i metodi adottati per il restauro non corrispondono al risultato effettivo, dimostrando quanto sia difficile portare allo stesso livello la pratica esecutiva e la teoria che li avrebbe dovuti guidare. Nella realtà il restauro di un immobile si dimostra tanto complesso e univoco da sfuggire da ogni categoria, pertanto nel restauro è fondamentale la conoscenza. La base indispensabile per affrontare i problemi statici delle strutture storiche, per orientare le indagini e le valutazioni diagnostiche e per evitare di perdersi tra le innumerevoli metodologie è quindi conoscere le tipologie strutturali e le tecniche costruttive degli edifici storici. La conservazione degli edifici storici richiede che gli interventi strutturali siano limitati ai casi strettamente necessari e per i quali il grado di sicurezza risulta chiaramente insufficiente, naturalmente stabilire il grado di sicurezza risulta molto complesso e problematico. Allo scopo di evitare o limitare quanto più possibile gli interventi ed in particolare quelli strutturali è determinate la scelta del riutilizzo appropriato dell’edificio. Spesso chi opera la scelta dell’uso dell’edificio (committente) ha interessi diversi, il più delle volte economici, da quelli che animano gli specialisti del restauro (progettisti) e non conosce a fondo le esigenze della conservazione. Un classico esempio può essere rappresentato da un edificio monumentale trasformato in biblioteca o museo, risulta ovvio che i piani terra od interrati debbano essere scelti per il deposito dei libri o dei reperti perché caratterizzati da carichi ingenti. Le volte e gli impalcati in legno per assolvere a questa finzione necessiterebbero di rinforzi strutturali non compatibili con la conservazione. È opportuno sottolineare inoltre che nelle zone ad elevato rischio sismico gli edifici storici non dovrebbero essere destinati a funzioni strategiche o di grande affollamento. Le scelte per l’uso appropriato dovrebbero tenere conto anche delle esigenze impiantistiche e di sicurezza ai fini antincendio. Per fortuna la normativa italiana viene incontro all’edificato monumentale con deroghe sui requisiti di isolamento termico, sulle caratteristiche prestazionali antincendio, sull’abbattimento delle barriere architettoniche. Il problema della sicurezza degli edifici storici in muratura e legno è stato ed è tutt’ora molto dibattuto, soprattutto a seguito degli ultimi terremoti, si sono sviluppate due scuole di pensiero; quella più vicina al mondo dell’Architettura privilegia la conservazione dell’edificio storico con posizioni a volte rigorose ed a volte più disponibili a compromessi. L’altra scuola di pensiero (più vicina alla cultura

4 International Council on Monuments and Sites (ICOMOS) è un’organizzazione internazionale non governativa che ha principalmente lo scopo di promuovere la teoria, la metodologia e le tecnologie applicate alla conservazione, alla protezione e alla valorizzazione dei monumenti e dei siti di interesse culturale. 5 United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization, organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, creata con lo scopo di promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione.

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