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Lo studio delle fenomenologie urbane

Lo studio delle fenomenologie urbane

Le informazioni ricavate dal processo di analisi stratigrafico necessitano di essere quindi confrontate con lo stato attuale tramite osservazione grafica e fotografica degli edifici e dei fenomeni che li trasformano. Le trasformazioni previste dai piani urbanistici (sia che sia un PRG, un RUC o un Piano Operativo), i fenomeni sociali o di tendenza dei vari city users (affittacamere, ‘movida’, movimenti di quartiere, percorsi di ascolto…), i fenomeni di utilizzo degli elementi prospicienti gli spazi comuni (marciapiedi, fronti di edifici, parcheggi, arredo urbano, segnaletica, impianti e reti cablate), i degradi fisici ed antropici sono gli elementi che devono essere inseriti nelle tavole di esercitazione e soprattutto devono essere osservati in ottica di rilievo critico. Ad una semplice documentazione per immagini infatti, si è richiesto agli studenti anche la lettura dei fenomeni rilevati attraverso un’analisi SWOT degli intorni urbani che accolgono i manufatti da restaurare. Ci si rende infatti conto e lo si comunica agli studenti, come deve essere sempre presente al professionista, che ogni luogo della città e del territorio è in continuo mutamento e che i fenomeni di trasformazione si attuano per processi lunghi e stratificati (attraverso le modifiche fondiarie, trasformazioni del tessuto storico per ampliamenti o sostituzione edilizia) affiancati da veloci cambiamenti (generati da dinamiche economiche sempre più rapide come gli affitti veloci, tipo airbnb, o il crescere dell’attività del bed&breakfast) tali da creare conflitto tra le diverse anime che vivono il territorio (ad esempio: migrazione dei residenti, impoverimento delle attività di quartiere, ecc.). Gli effetti naturalmente si ripercuotono sulle architetture delle quali quelle minori e ordinarie sono oggetto di utilizzi spesso difformi rispetto alla loro origine e cambiando l’utenza delle strutture cambia il carattere del tessuto urbano e dunque cambia il rapporto con gli edifici maggiori oggetti di restauro. Il cambiamento si legge nella trascuratezza o inadeguata manutenzione dei caratteri costruttivi (in special modo modanature, trabeazioni, bugnati oggetto spesso di manutenzioni scadenti, sbagliate o errate) e in maniera ancora più evidente nell’alterazione dei colori sia per le riprese locali (sgrammaticature localizzate dopo interventi su singole unità immobiliari a discapito del decoro di un’intera facciata) che per l’utilizzo di cromie accese (spesso indice di trattamenti superficiali inadeguati) le quali tendono a creare un effetto di ‘richiamo’ per le attività che si svolgono in particolari edifici influendo così nella percezione e fruizione del paesaggio urbano.

La lettura dell’evoluzione tipologica e compositiva del tessuto urbano fiorentino

Una volta definita la conoscenza storica e urbana dei fenomeni di trasformazione si passa alle indagini alla scala architettonica nelle quali si analizzano e rilevano i seguenti elementi: la tipologia, gli elementi costruttivi, i materiali, il colore, gli elementi scultorei e artistici, gli elementi tecnologici. L’importanza del rilievo di questi elementi risiede nella giusta lettura sia del caso in esame (edificio

o facciata) sia della relazione che gli elementi hanno nel contesto urbano. La capacità di riconoscere una modanatura in pietra o in finta pietra in una facciata, o la corretta distinzione tra un capitello corinzio o uno a crochet, è prima di tutto un dovere dell’architetto progettista e restauratore ma risulta imprescindibile nella lettura dello spazio urbano perché ci permette di capirne la sua storia e distinguere i caratteri costruttivi delle singole aree urbane. Le finestre modanate del XVIII e del XIX secolo che ripropongono in linee sempre più semplici le cornici del Cinquecento e del Seicento ad esempio, hanno da una parte sintetizzato gli elementi costruttivi a favore di una composizione scenografica dei fronti urbani, dall’altra hanno dato il via ad un processo di decoro urbano che con materiali sempre più semplici arriva fino all’architettura moderna del dopoguerra e si interrompe solo con l’avvento dell’edilizia contemporanea (Tavv. 5.5, 5.6). Allo stesso modo il colore in architettura riveste un ruolo cardine nella lettura delle facciate perché completa la caratterizzazione stilistica e compositiva dell’edificio all’interno dello spazio urbano ma è anche, come già accennato, il più fragile degli elementi caratterizzanti il disegno della composizione di facciata in quanto su di esso la qualità degli usi, della manutenzione e della conservazione dell’edificio si fissa chiaramente. Esso cambia non solo in base allo stile dell’edificio, ma spesso il solito edificio presenta più colorazioni a seconda degli spazi pubblici di relazione (il fronte principale ha un trattamento cromatico diverso e più articolato rispetto al fronte secondario ma anche la sua conservazione può essere distinta) e subisce le tendenze in atto nelle zone di riferimento. Un’analisi approfondita di queste dinamiche si è attuata attraverso l’esperienza dei laboratori del 20182019 nei quali, utilizzando l’interpolazione dei dati del progetto di rilievo urbano si sono evidenziate le tendenze per singole zone omogenee, per vie e per zone panoramiche (ad esempio i Lungarni) finalizzate al rilievo dell’alterazione visiva e a proposte di manutenzione dei fronti. Al riguardo si cita una tesi triennale di restauro7 che porta alla luce la questione del diverso trattamento delle superfici tra una sponda e l’altra del fiume Arno: i due fronti presentano un carattere legato alla natura dei quartieri di appartenenza (San Frediano e Ognissanti) ma allo stato di fatto scarsamente dialogante (Tavv. 5.85.13). Lo stesso tipo di riflessione era emersa in precedenza in altra tesi relativamente al Ponte Vecchio8, nella quale lo studio dei fronti esterni ed interni del Ponte Vecchio descriveva come questo monumento iconico della città fosse caratterizzato da un grado di conservazione fisico e cromatico molto frammentario e contraddittorio. Il risultato finale restituisce un’immagine assai falsata del monumento, sia pure gradita agli occhi del turista ‘mordi e fuggi’. In un quadro così disegnato si registra anche una dissonanza nello stato conservativo delle componenti materiche lapidee rispetto a quelle intonacate, ben

7 Cfr. Lungarni Soderini e Vespucci, la città a speccho, Analisi della vulnerabilità visiva per il recupero dell’identità urbana, Tesi in Scienze dell’Architettura in Scienze dell’Architettura di Eleonora Santi (rel., G.A. Centauro, corr. A. Bacci, A.A. 2017-2018). 8 Cfr. Ponte Vecchio. Lo studio e d il rilievo per la sua conservazione, Tesi di Irene Cicchino (rel., G.A. Centauro, corr. A. Bacci, A.A. 2016-2017).

osservabile specie sotto la pancia arcuata del ponte tra pila e pila risultando assai precario, in totale contrasto con quanto sta’ al di sopra, per di più fortemente sollecitato dalla grande massa di persone che lo frequentato e dei fenomeni di forte impatto che ne derivano (Tavv. 5.14-5.17, Fig. 5.6).

Il rilievo del manufatto architettonico

L’edifico oggetto di restauro, alla fine di un percorso di approccio conoscitivo che ha indagato dagli elementi insediativi, storici fino alla conoscenza del carattere architettonico o cromatico, risulta l’ultimo documento da interrogare e il luogo nel quale rileviamo tutte le informazioni necessarie ad un processo di restauro architettonico ed urbano. Le indagini a monte del rilievo architettonico hanno avuto lo scopo di condurre dalle conoscenze generali (la storia, la città) al particolare (la via, la tipologia, il colore, la cortina stradale) e dal particolare all’unicità del manufatto in un percorso a ‘imbuto’ teso a relazionare i vari livelli della conoscenza nel processo di discretizzazione citato. Le elaborazioni grafiche, fotografiche e cartografiche hanno avuto lo scopo di illustrare quanto si è studiato e quanto si è osservato unendo elementi di letteratura a indagini sul luogo. A questo percorso si aggiunge il tassello più importante dunque: la lettura del testo architettonico tramite il rilievo e la restituzione del manufatto. I laboratori di restauro hanno percorso la strada del seminario tematico per le esercitazioni e negli anni dal 2016 al 2019 sono stati oggetto di studio i già citati complessi architettonici di valore storico urbanistico e monumentale, sia pezzi di città nei quali sia stata rilevabile l’identità cittadina (ad es. i quartieri di San Frediano, Santo Spirito, via de’ Bardi) affiancati agli elementi e luoghi di alto valore paesaggistico e iconico (i Lungarni, i viali, le Mura e il Ponte Vecchio). Su tali argomenti sono state sviluppate anche ricerche ed approfondimenti oggetto di tesi magistrali in Progettazione dell’Architettura9 (Tavv. 5.18-5.21). In questo contesto si sono comunque distinti due oggetti da rilevare: la facciata nel contesto urbano e il manufatto nel complesso architettonico. Il rilievo delle facciate ha goduto di una lettura semplificata già definita nel Progetto HECO10 e nella quale si sintetizza la composizione architettonica fiorentina a favore di una schedatura di rilievo urbano nella quale le componenti metriche cromatiche e conservative sono interpolate per algoritmi alla ricerca della vulnerabilità e recuperabilità. I rilievi delle facciate, eseguiti per rilievo diretto sulle dimensioni principali (larghezza, altezza basamento e altezza edificio, numero delle finestre dei piani e degli accessi) hanno generato schemi e prospetti i quali, composti in fronti urbani, hanno consentito la lettura degli elementi, la loro collocazione

9 Le Mura ai confini di Firenze. Laureande: Benvenuti Chiara, Bianchini Gaia, Caccialupi Alessandra, rel. Prof. G.A. Centauro, corr. Arch. Ph.D. A. Bacci, Prof.ssa G. Tucci, Arch. G. Caselli, A.A. 2015/2016. 10 Bacci A. 2017, in G.A. Centauro G.A., C. Francini (a cura di), op. cit., pp.121-149.

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