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L’Azzeruolo

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Il fuoriclasse

Il fuoriclasse

Pianta ornamentale, da frutto e medicinale

di PIERLUIGIMENGACCI, FOTOP. MENGACCIERIVISTANATURA.COM

Premessa: la gazza “sentinella” e le “mombrielle” È la prima domenica di ottobre del 2019: una bella giornata di sole. Visto il bel tempo, abbiamo invitato figlie, generi e nipoti a pranzo dai nonni. La bella giornata autunnale li ha sicuramente spinti a fare una passeggiata in campagna, prima di sedersi a tavola e gustare le squisitezze dell’Angela. Con il cestino nelle mani, ero pronto per andare a raccogliere un po’ di “mombrielle” (azzeruole), quando mi raggiungono di corsa Sahumi e Niccolò: - Ciao, nonno, dove vai? - Vado a raccogliere un po’ di “mombrielle”.

«Ciò che non si conosce è sempre visto con diffidenza»

- Oh, carino, possiamo venire con te? Sono per i canarini? - Prima date un bacione al nonno… adesso possiamo andare. Sono dei frutti per dopo pranzo e, sì, anche per i canarini. Arrivati vicino all’azzeruolo, un paio di tortore volano via dall’albero ed una giovane gazza, intenta a beccare sotto la pianta, si allontana saltellando. I bambini, appena la vedono,

Gazza (Pica pica),fonte: rivistanatura.com, autore: A.Curi

Azzeruolo in fiore nel giardino-frutteto dell’autore

si mettono a rincorrerla, ma questa, dopo qualche saltello, prende il volo e Sahumi e Niccolò, ai quali si è aggiunto anche Federico, seguitano a rincorrersi fra le piante. Dai rami più bassi raccolgo alcune azzeruole più mature. Le assaggio: vanno bene. Chiamo i bambini e quando mi raggiungono sotto l’azzeruolo: - Nonno, come è bello quell’uccello bianco-nero! Come si chiama? mi chiede Sahumi - “È una gazza - le rispondo - è un uccello molto furbo, goloso e “ladro”: quando vede oggetti luccicanti, li “ruba” e li nasconde nel suo nido -indico un rametto pieno di frutti rosati - Bimbi, queste sono le “mombrielle” che dobbiamo raccogliere; in italiano si chiamano azzeruole e l’albero si

chiama azzeruolo. Questi piccoli frutti, oltre alla gazza, piacciono anche a merli, tortore e altri uccelli, e… - Niccolò mi interrompe: - Ma nonno, mi sembrano piccole meline,anche i tuoi canarini le beccano?- Bravo Nico, hai notato che hanno la forma di una piccola mela ma il sapore è un po’ diverso, assaggiane una, attento ai semini! Ti è piaciuta? Ai miei canarini le do prive dei semini mescolate al pastoncino e le gradiscono molto. Dovete sapere che questa è una pianta molto antica e molto rara, con frutti poco conosciuti ma che una volta erano molto ricercati perché gustosi e ricchi di molte proprietà che fanno bene alla salute di tutti quelli che li mangiano. Mentre parlo, Sahumi e Niccolò saltando raggiungono un rametto che si spezza:- Nico e Sahumi, state attenti, vi potete graffiare, ci sono delle spine ed i rametti si rompono. Ecco, tenetemi il cestino; ve le dà il nonno le “mombrielle”. Se fate i bravi vi racconto la storiella della “gazza sentinella” e della pianta di azzeruolo che una volta esisteva nella Villa Costantini, quella casa diroccata che si trova all’inizio della nostra Via Montecipollino. - Nonno, nonno, dai racconta, facciamo i bravi. Ci piacciono le tue storie. Do loro alcune azzeruole, così si trastullano e non tentano più di raggiungere i rami; prendo vicino a me il più piccino, Federico, ed inizio: - Allora… la villa, molto antica, dove abitava il “Sor Lello”, aveva una dependance, dove c’era il custode-contadino con la sua famiglia, ed una stanza adibita ad asilo Parrocchiale che ho frequentato fino al 1950. Vicino al “nostro” asilo sorgeva l’azzeruolo, alto, contorto e spinoso, e quando i frutti iniziavano a prendere un colore rossiccio era oggetto di continue “sassate” da parte di noi piccoli “ladruncoli”, per atterrare e mangiarne i frutti. Un “uccellaccio bianco-nero”, una gazza molto grossa ai nostri occhi, compariva sempre alla prima sassata, seminascosta fra le foglie, e rimaneva lì, immobile, con un’azzeruola nel becco, a guardarci. Al primo sasso che la sfiorava, volava via verso di noi “sghignazzando” come volesse aggredirci. In un Mentre noi bambini, incuranti del gracchiare della gazza ricomparsa sulla pianta, eravamo intenti alla raccolta delle “mombrielle” atterrate, ecco comparire il custode con una frusta in mano che grida: - Brutti lazzaroni, se vi prendo… - Non vi dico le fughe, a gambe levate, per sfuggire non alla “gazza sentinella” ma alla frusta del custode che, attirato dai nostri schiamazzi e dalle sassate alle “mombrielle”, appariva all’improvviso e ci rincorreva minaccioso. Quando un giorno il custode arrivò in paese con il conto del vetraio ed un ceffone di mio padre mi fece arrossire un orecchio, capii che i nostri “sassi” non finivano solo sulle “mombrielle” ma anche sulle finestre della villa e che la “gazza sentinella” non era altro che un uccello molto ghiotto di “mombrielle” e non era affatto una “pericolosa sentinella”, mentre il contadino, se ti prendeva… - “Nonno, ma è una storia vera?– mi interrompe Sahumi – “Come no?! L’azzeruolo è una pianta molto antica, i suoi frutti erano molto ricercati e così i signorotti dell’epoca, in qualche modo, lo proteggevano dai ladroni che imperversavano nella zona. Noi, da piccoli discoletti, per gustarci qualche frutto, con le nostre “sassate” facevamo danni, non solo all’albero. - NuovamenteSahumi mi interrompe: - Nonno, però le “mombrielle” hanno troppi semini, mi piace più la giuggiola… e poi sono stanca di stare qui e anche Nico e Fede sono stanchi. Andiamo su dalla nonna! Lasciato il cestino, si allontanano di corsa ed io rimango solo con i miei ricordi a raccogliere questi gustosi frutti, sì pieni di semini, ma ricchi di grandi proprietà. Dopo questa storiella semiseria, eccomi a descrivere questo “piccolo” frutto antico.

Bacca di Azzeruolo

certo qual senso ci faceva un po’ paura. Dopo un paio di volteggi andava a posarsi, gracchiando, sul davanzale di una finestra del custode. Si diceva, in paese, che quella gazza fosse stata ammaestrata dal Sor Lello e che fungesse da “sentinella” della villa e soprattutto delle “mombrielle”, dato che avvisava con il suo ripetuto e stridulo “cra-cra-cra” quando qualcuno si avvicinava. Anticamente le “mombrielle” erano un frutto rarissimo ed esistevano solo nelle ville dei signorotti, che ne degustavano la prelibatezza a fine pranzo. Ed anche il Sor Lello, non da meno, le offriva in segno di omaggio, assieme ai rinomati fichi di Monteciccardo, alla contessa Perticari che abitava nel paese di S. Angelo in Lizzola, dove anche il Monti veniva a declamare le sue poesie.

Fiore di azzeruolo

Note botaniche e colturali L’azzeruolo (Crataegus azarolus) è forse, tra le piante antiche, la più dimenticata. Il suo nome difficile, botanico, deriva dal greco “krataigos” e dall’arabo “az-Zou’rour”. Fa parte, come le mele, della famiglia delle Rosaceae, e allo stesso genere del

biancospino (Crataegus oxyacantha). Altri nomi comuni della pianta, più o meno simili, sono azarolo, lazzeruolo, razzerolo e altri simili. L’azzeruolo vanta origini antichissime e molto probabilmente è originario dell’Asia orientale, da cui giunse nei paesi del Mediterraneo. In Italia venne portato dai soldati di Ottaviano Augusto, dopo che ne ebbero gustato i frutti molto succosi. L’azzeruolo può essere coltivato ad albero o ad arbusto; è di lenta crescita e può raggiungere un’altezza di circa 8 metri. Riesce a vegetare su tutti i terreni, ma sono ideali quelli asciutti, di medio impasto e leggermente calcarei a reazione neutra. Sopporta il caldo elevato e la siccità e resiste alle temperature invernali fino a meno 20°C. La chioma ha forma arrotondata o piramidale con rami più o meno contorti e spinosi, ma con poche spine nelle varietà coltivate. Il porta innesto ideale è il biancospino, in quanto dello stesso genere e con ottima affinità che favoriscono una precoce entrata in produzione. Le foglie sono caduche ed alterne e la forma del lembo fogliare e della stipola varia a seconda che sia inserita su un ramo da frutto o da legno. I fiori sono bianchi, riuniti in corimbi di numero variabile. La fioritura avviene generalmente da fine aprile alla prima quindicina di maggio e fiori e frutti si formano all’apice del germoglio dell’anno. Il frutto è un pomo sferico-appiattito assimilabile ad una piccola “mela rosa”, del diametro di circa 3 cm al cui interno troviamo fino a 5 semini. Il colore della buccia va dal giallo pallido al giallo intenso, talora soffuso di rosso, all’arancio-rosso, al rosso. La polpa è dolce, più o meno acidula, succosa, saporita ed aromatica a seconda della varietà. La maturazione si verifica dai primi di settembre a tutto il mese di ottobre; i frutti si possono conservare in ambiente asciutto per qualche mese senza essere troppo manipolati, in quanto si ammaccano facilmente e si deteriorano. L’azzeruolo possiamo trovarlo in tre gruppi di varietà: azzeruolo bianco (molto raro), giallo e rosso. Queste ultime due varietà sono presenti nel mio giardino. Nasce anche spontaneo nei boschi ed ha rami molto spinosi. Da alcuni anni c’è la riscoperta di queste piante antiche e vivaisti, paesaggisti, agronomi, ecc. le propongono anche in parchi e giardini pubblici, alternandole ad altre essenze, in modo tale da costituire una sequenza di forme mutevoli e colori diversi a seconda dello stadio fenologico (germogliazione delle gemme, fioritura, maturazione dei frutti, caduta e colorazione delle foglie ecc), tali da impreziosire il paesaggio e come alimento per l’avifauna stanziale come merli, tortore ed altri uccelli selvatici.

Proprietà, benefici e utilizzi vari I contenuti principali delle azzeruole sono glucosio, fruttosio, vitamine (in particolar modo Vit. A e soprattutto Vit. C), acidi organici (acido malico e acido citrico), fibre, minerali (in prevalenza ferro e fosforo), tannini. Ciò fa sì che foglie, fiori e frutti abbiano ottime proprietà medicinali. Le foglie hanno funzione astringente e si possono utilizzare in tisane e decotti. I fiori sono molto utili per la salute e vengono consigliati per vari disturbi a partire da quelli cardiaci (pressione sanguigna, ritmo delle pulsazioni, tachicardia, nevrosi cardiache) fino a quelli dovuti a stati d’ansia ed eccessiva debolezza causata da stress, insonnie nervose, arteriosclerosi e ronzii alle orecchie. Va ricordato che i fiori da essiccare si devono cogliere al mattino presto appena schiusi o in bocciolo. I frutti contengono acqua, zuccheri, proteine, acido malico, polifenoli, vitamina C e provitamina A e sono ottimi come ricostituenti, tonici, astringenti e rinfrescanti per l’intero organismo. In fitoterapia vengono prescritti in casi di carenza di vitamine, esaurimenti, stati di debilitazione generale e come disinfiammantidell’apparato digerente. Per l’alto contenuto di vitamina A, hanno anche proprietà antianemiche e sono pure utilizzati, in cosmesi, per rivitalizzare le pelli sciupate. Nella ristorazione vengono talvolta riproposti come ingredienti di ricette antiche e nuove, per insalate e macedonie di frutta, confetture, marmellate e gelatine. Si conservano in frigorifero appena raccolte per non più di 10 /15 giorni. Assieme a mia mo-

Azzeruole gialle nel frutteto-giardino dell’autore

Ramo di azzeruole gialle mature

glie, oltre a confezionare delle ottime confetture, prepariamo un paio di vasi di vetro anche sotto spirito e grappa: sono molto gradevoli a fine pasto o servite a metà pomeriggio; quasi quasi come i “duroni di Vignola” che l’amico Sergio Scaglioni mi procura! Quand’ero piccolo, mia madre, per merenda, assieme ad una mela o alle “mombrielle” mi dava sempre una fetta di pane e più il pane era ancora fresco e croccante più ne gustavo il sapore. Le stesse sensazioni le ho volute far provare, quel giorno, ai miei nipotini per merenda: ad una fetta di pane fresco riscaldata nel forno della stufa ho abbinato alcune azzeruole: un dolce connubio che a me fa ritornare alla memoria sapori, ahimè, perduti. E i bimbi? Sputando i semini delle “mombrielle” son corsi dalla nonna con il vaso di una nota crema di nocciole per farsela spalmare sulla fetta di pane!

Utilizzo nell’alimentazione dei volatili Le azzeruole, come le giuggiole, non hanno riscontri nella letteratura dell’alimentazione ornitologica amatoriale; ho letto di alcuni casi in cui vengono usate come leccornia per pappagalli, frosoni, ciuffolotti ed altri silvani. A mio avviso, chi ha la possibilità di reperirle in qualche mercatino (tipo “Campagna amica”) non solo per gustarne la squisitezza, le faccia assaggiare anche ai propri volatili sminuzzate o frullate e mescolate al pastoncino secco per alcuni giorni ed anche loro potranno beneficiare di tutte le proprietà che questi frutti contengono; sono un ottimo ricostituente, dopo la stagione espositiva ed in previsione della rigidità invernale. Qualora fossimo nell’impossibilità di reperire i frutti dell’azzeruolo e volessimo beneficiare delle sue proprietà, nelle erboristerie o farmacie fitoterapiche possiamo trovare sia la tintura madre di azzeruolo (racchiude tutti i principi attivi) ed anche confezioni di fiori essiccati con cui fare delle tisane. Di un amico erborista propongo: - un’ottima tisana: in una tazza di acqua bollente, versare un cucchiaio di fiori essiccati sminuzzati, lasciare in infusione per 10 minuti e filtrare; si consiglia di berla 2-3 volte al giorno per circa un mese, eventualmente aggiungere del miele, se poco gradevole. -Ed anche un decotto di frutti: in un litro di acqua bollire 150 grammi di azzeruole essiccate, a fuoco lento, per un quarto d’ora circa; lasciar raffreddare a pentola coperta a temperatura ambiente, poi colare in una bottiglia di vetro. Si consiglia di berne 2-3 bicchieri al giorno. Sia con la tisana che con il decotto, possiamo tranquillamente inumidire il pastoncino secco che usiamo nell’allevamento dei nostri volatili, senza che si abbiano controindicazioni. Ah! Dimenticavo: suggerisco anche il mio cocktail di frutti (giuggiole, sorbe e azzeruole privati dei semini e frullate) con cui ho inumidito il pastoncino secco per alcuni giorni (vedi I.O. pag.27/31-n.8/9-2020).

Conclusioni Si conosce molto poco o forse nulla di queste importanti specie fruttifere; anzi, spesso e volentieri vengono guardate con sospetto e cautela: ciò che non si conosce è sempre visto con diffidenza! Quando riesco a riconoscere qualche pianta o frutto, mi ritornano in mente sapori e profumi particolari, col tempo dimenticati, o qualche tisana elaborata da mia nonna Marietta (r.i.p.) che con tanta pazienza faceva sì che il sottoscritto, pur riluttante, riuscisse a “deglutirne” qualche sorso! A mio avviso, tornare alla coltivazione di queste specie antiche è molto importante, non solo per le rilevanti proprietà salutari, ma anche perché rappresentano una ricca fonte di biodiversità. Oggigiorno il concetto di biodiversità è sempre più importante e va tenuto in considerazione da tutti, non solo da agronomi, paesaggisti, ecologisti e vivaisti, ma anche da noi “ornitofili” (allevare è proteggere), in quanto specie diverse presenti in una determinata area rappresentano non solo il patrimonio biologico attuale ma anche quello futuro, e arricchiscono il territorio in termini di varietà di colori, forme, frutti, adattabilità ambientale e cibo, non solo per l’avifauna. Coloro che hanno la fortuna di possedere un piccolo appezzamento di terreno o giardino, come il sottoscritto, dovrebbero coltivare queste varietà per gustarne la squisitezza dei frutti ed usufruire delle loro proprietà fitoterapiche, nonché per goderne l’impatto paesaggistico durante tutto il processo di sviluppo primaverile, estivo e autunnale, senza dimenticare che possono giovarne sia l’avifauna presente in loco e, perché no, anche i volatili del proprio allevamento. Con i miei “esperimenti”, se così vogliamo chiamarli, porto queste informazioni a conoscenza di chi mi legge ed ha la possibilità di reperire ciò che la natura ci offre in ogni stagione (erbe selvatiche, frutti, fiori officinali ecc.), da colture biologiche o in siti lontani da diserbanti e inquinanti vari, per idee e ricette con le quali è possibile integrare l’alimentazione dei

nostri volatili. Senza ricorrere a costosi prodotti chimici, si possono ottenere risultati più che soddisfacenti sotto ogni punto di vista ed avere anche un buon riscontro economico, il che assolutamente non guasta mai. Logicamente, i miei “esperimenti” non sono una panacea generale, per cui ognuno di noi non deve mai dimenticare che l’alimentazione è un lato del famoso “Triangolo della vita” (Walther) e che il patrimonio ereditario edun ambienteidoneosono gli altri due lati di questo ipotetico triangolo equilatero, dove tutti e tre i lati delimitano la superficie del triangolo identificata come individuoed è acclarato che concorrano in parti uguali alla corretta nascita, sviluppo e mantenimento del nostro volatile. Pertanto, un’alimentazione non equilibrata o sbagliata determina una sproporzione in questo “Triangolo della vita” e, di conseguenza, i nostri volatili avranno una minor vitalità, saranno soggetti a malattie, fino ad un decesso precoce.Anche la sovralimentazione con pastoni molto grassi, con semi molto oleosi, i trattamenti medicinali pre-cova “per sentito dire”, creano situazioni irreparabili per la gestione dell’allevamento, riconducibili a malattie varie dell’apparato gastrointestinale, infecondità, mortalità embrionale dei pulli ecc. Io, quando si parla di alimentazione, consiglio sempre un’alimentazione il più possibile spartana e ricca di alimenti di stagionee, a conferma delle mie argomentazioni, rimando all’attenta lettura o all’acquisto del libro Canaricoltura del prof. U. Zingoni, edito dalla F.O.I. (piccola enciclopedia dell’allevatore) dove il capitolo sull’alimentazione è trattato in maniera più che esaustiva per tutti i periodi della vita del canarino. Ad maiora semper!

Composta di Azzeruolo

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