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I rapaci notturni in Sardegna
Tra leggende e presagi
testo e foto di PIERFRANCOSPADA
Pau è un paesino di 290 abitanti, nella provincia di Oristano situato nell’area geografica denominata Alta Marmilla, sul versante occidentale del massiccio vulcanico del Monte Arci, dove i boschi di lecci e sughero primeggiano tra le essenze dell’intero territorio. Qui la mano dell’uomo non è intervenuta a modificare il terreno impiantando vigneti e frutteti, anche perché questo splendido territorio montano fa parte del Parco Naturale del Monte Arci, dove sono presenti numerosi sentieri utilizzati un tempo da cacciatori e pastori che permettono oggi di visitare il monte nei suoi aspetti più nascosti, scoprendo ad ogni passo le meraviglie naturali. Questo paese è infatti anche il paese dell’ossidiana, l’oro nero della preistoria, un prezioso vetro vulcanico ben conosciuto sin dal VI millennio a.C. da tutti i popoli del Mediterraneo per la sua utilità, prima che l’uomo maturasse la perizia di lavorare i metalli. Per questo motivo, tutti i popoli del Mediterraneo giungevano via mare in questa parte dell’isola per approvvigionarsene. Proprio in questo paesino dell’isola si trovano il Museo dell’ossidiana e la famosa “Oasi naturale di S’Ennixeddu”. Questa Oasi è caratterizzata da un rimboschimento a pino situata a circa 600 metri d’altitudine sul versante orientale del monte Arci, con zone di Leccio e Sughere confinanti con zone agricole, condizioni ideali per i rapaci notturni in quanto consentono di trovare riparo e cibo. Nell’oasi la specie maggiormente presente è l’Assiolo (Otus scops) che rimane stanziale tutto l’anno. Secondo alcuni censimenti eseguiti dal “Progetto O.TU.S.” si segnala anche la presenza del Barbagianni (Tyto alba) mentre scarseggiano le Civette (Athene noctua) e non è stato segnalato il Gufo comune (Asio otus). Il Progetto O.TU.S. nasce nel 2017 con l’obiettivo di studiare le principali specie di rapaci notturni presenti in Sardegna; tra le azioni più importanti vi è la realizzazione di zone di tutela chiamate “Oasi” dove vengono posizionate delle cassette-nido artificiali per la nidificazione degli Assioli, cassette che diventano oggetto di monitoraggio costante durante tutto l’anno e in particolare nel periodo riproduttivo. Per le altre specie si stanno attualmente raccogliendo dati sulla presenza, con particolare attenzione al Gufo di Palude (Asio flammeus) e al Gufo Reale (Bubo bubo), quest’ultimo segnalato raramente in Sardegna. Le cassette-nido possono ospitare microcamere o foto trappole utili per cogliere e documentare ogni momento della loro vita. Questo progetto, oltre
Uno dei tanti cartelli in legno di indicazione presenti nell'Oasi di S’Ennixeddu L’Oasi è caratterizzata da un rimboschimento a pino situata a circa 600 metri d’altitudine sul versante orientale del monte Arci, con zone di Leccio e Sughere
San Sisinio protettore della citta di Villacidro dalle streghe, icona di Fabio Mocci
alla ricerca puramente scientifica, propone attività di divulgazione e laboratori didattici che hanno come tematica la conoscenza dei rapaci notturni, perché questi animali hanno una grande importanza ecologica: sono infatti fondamentali per il controllo di molti animali infestanti e potenzialmente nocivi per l’uomo. Alcune specie come quelle presenti in quest’angolo della Sardegna, e mi riferisco all’Assiolo e alla Civetta, sono dei voraci predatori di insetti, mentre il Gufo e i Barbagianni, essendo di maggiori dimensioni, preferiscono predare roditori e uccelli. In campo agricolo, il controllo delle specie invasive è fondamentale e, in questo periodo storico, la problematica è purtroppo risolta con l’utilizzo di fitofarmaci e topicidi. Una soluzione alternativa può invece venire proprio dai rapaci notturni; in Israele, negli anni ’80, si è studiato un metodo che diminuisce dell’80% l’utilizzo di pesticidi chimici semplicemente ospitando i Barbagianni nelle zone agricole. Attraverso uno studio dell’Università di zoologia di Tel Aviv si è scoperto che i rapaci notturni riescono a tenere sotto controllo le popolazioni di roditori e, posizionando delle cassette-nido, gli animali si stabiliscono e proliferano nell’area riuscendo a limitare i danni nel tempo. La Sardegna, fin da epoche remote, ha avuto nella sua cultura popolare un insieme di miti e leggende relativi agli uccelli notturni che hanno caratterizzato le fantasie e le tradizioni. Fantasmi, esseri fantastici, figure che hanno influenzato l’immaginario collettivo, un insieme di elementi fantastici e di tradizioni che hanno fomentato negli anni la nascita delle più comuni leggende popolari. Dalla tradizione orale a quella scritta, molti miti sono sopravvissuti negli anni e vivono ancora oggi nei paesi e nelle città sarde, caratterizzando in alcuni casi le festività locali. I rapaci notturni abitano i boschi, i giardini, gli alberi della Sardegna, talvolta i tetti delle case di campagna e i vecchi edifici nelle città più grandi. Dormono di giorno e vivono la notte, sfrecciando nel cielo grazie al loro volare silenzioso che richiama mistero. Hanno fatto dell’isola la loro casa da sempre, abitandone non solo la terra, ma anche gli incubi, simboleggiando ruoli tipici del trascendente. In Sardegna sono presenti diverse specie di rapaci notturni, le quali hanno fatto dell’isola il loro habitat stanziale anche se si trattava in origine di uccelli migratori. A vivacizzare il cielo dell’isola illuminato dalla luna ci pensano i Barbagianni (Tyto alba), uccelli dai simpatici ma ambigui occhi a mandorla. Nella zona settentrionale dell’isola, in Gallura e nel Sassarese la Strega è conosciuta con il nome di Stria. È interessante notare che nella medesima maniera viene chiamato anche il Barbagianni, l’animale notturno che la tradizione latina, prima, e sarda, poi, ha rivestito di significati profondi e inquietanti, forse per via del verso misterioso, del piumaggio bianco che li rende presenze “spettrali” nei loro silenziosi voli notturni o, ancora, per l’abitudine di frequentare posti abbandonati a caccia di topi. I Barbagianni godono fin dai tempi più antichi, in Sardegna, di una fama negativa: considerati portatori di sventure, incarnazioni di streghe o veri e propri fantasmi. Spesso individuati con dei nomignoli come “gufo del demonio” o “civetta fantasma”, hanno nei vari secoli corso il rischio di essere sterminati per via di queste superstizioni e leggende. Questa cattiva abitudine, purtroppo, è continuata fino ai giorni nostri: ancora negli ultimi decenni del ventesimo secolo, persino in luoghi cari e carichi di emozioni a tutti noi allevatori di canarini come le isole Canarie, l’uccisione dei Barbagianni ha portato alla riduzione drastica della popolazione locale, fino a ridurla ad una dozzina di esemplari. Fortunatamente, in condizioni favorevoli, questa specie riesce a riprodursi con grande velocità e molte leggi oggi la proteggono. Anche nell’Italiano di uso comune, i Barbagianni hanno un significato metaforico poco lusinghiero: la Treccani, ad esempio, attesta il significato di “uomo sciocco e brontolone”, sinonimo di “vecchio barbògio”. Rapace notturno, portatore di malaugurio e tristi novelle, il Barbagianni nella credenza popolare sarda può, semplicemente sorvolando i tetti, far ammalare le persone di un male tremendo: “sa Istriadura”, meglio nota come itterizia. Plinio il Vecchio,
Pannello riassuntivo dei sensi dei rapaci notturni
il famoso scrittore vissuto a Roma nel 35 d.C. era certo che se il cuore di un Barbagianni fosse posto su quello di una donna, questa non si sarebbe potuta esentare dal raccontare i propri segreti, e che se un guerriero avesse portato la piccola reliquia in battaglia, si sarebbe dimostrato ancor più valoroso. Ma quello che maggiormente incuriosisce è che, secondo la tradizione latina, gli strigidi erano soliti posarsi sulle culle
Luogo religioso per la protezione dell'Oasi
dei neonati e succhiarne il sangue, così come in Sardegna si dice facessero le streghe. La tradizione sarda vuole che la Strega, “sa stria”, per assumere sembianze animali, si spalmasse su specifiche parti del corpo, (talloni e ascelle) un misterioso unguento, della cui miscela, tanto segreta, si sapeva poco o niente. Si dice che fra le erbe con probabilità usate dalle streghe sarde per la creazione del potente olio, tornassero ricorrenti le bacche di ginepro e la peonia, nota appunto come “orrosa e cogas”, la rosa delle streghe. Sembra che l’unguento custodito gelo samente dalle sue proprietarie avesse la capacità di confinare in uno stato di trancela strega, aiutandola nel volo e nella trasformazione in un rapace notturno. Sotto queste false spoglie, le leggende sarde raccontano che le streghe s’insinuassero nelle dimore delle giovani malcapitate attraverso il camino, magari scivolando da una finestra lasciata sbadatamente aperta, o attraverso la serratura. Oltre ai Barbagianni, un’altra abitante stabile e discreta delle notti sarde è la Civetta (Athene noctua), la più diffusa probabilmente tra gli uccelli del calar del sole. È un animale astuto, capace di sopportare la convivenza con l’uomo e particolarmente adattabile nella scelta dei siti riproduttivi. In Sardegna nidifica a terra e la sua immagine è profondamente legata al mondo della pastorizia. Infatti le civette, per riprodursi e nidificare, sfruttano gli accumuli di pietre dei muri a secco, che spesso segnavano, e talvolta segnano ancora, i confini dei terreni di pascolo degli ovini. È così, manutenendo queste recinzioni, che i pastori si fanno protettori inconsapevoli dei rapaci notturni dai grandi occhi gialli, salvaguardando insieme alle recinzioni indirettamente l’habitat ideale che gli uccelli hanno trovato nei terreni dell’isola. Le Civette volano maestose tra gli alberi, ma passano anche molto tempo al suolo, così come fa il più piccolo dei rapaci notturni: l’Assiolo. Si tratta di una specie lunga appena 19 cm, che si nutre di insetti cacciando all’agguato e sfruttando i suoi piccoli artigli per condurre la preda al nido. I canti delle Civette, dei Barbagianni e dell’Assiolo, sembrano provenire dall’oltretomba. Ed è per questo che la tradizione sarda, con i suoi risvolti talvolta lugubri, ha assegnato ai rapaci notturni un ruolo mitologico negativo. Secondo le leggende della terra dei nuraghi, gli animali della notte e la morte avrebbero una relazione privilegiata. È nota fin dai tempi antichi la capacità degli animali di percepire prima dell’uomo il verificarsi di alcune calamità naturali. Partendo da questo presupposto, le fantasie degli antichi antenati sardi hanno interpretato i versi dei rapaci notturni come canti dell’aldilà, veri e propri presagi di morte inaspettata. Ma Civette, Assioli e Barbagianni, non risiedono solo negli incubi di uomini e donne legati alla tradizione magica, ma dimorano felicemente nel vocabolario della lingua sarda. Ogni rapace notturno ha un suo nome peculiare, talvolta anche più di uno. Famosissimo in tutta l’isola il nome dato alla Civetta, “sucuccumiau”; il Barbagianni è invece “istria”, mentre il piccolo Assiolo è chiamato “assaggi o più”. A quanto pare il Gufo sembra essere l’unico nottambulo senza nome e la ragione è molto semplice: il Gufo, al contrario delle Civette, dei Barbagianni e degli Assioli, non è un incontro comune da fare sull’isola. La specie non risulta essere nemmeno annoverata tra gli inquilini del mondo animale della terra sarda. Eppure, qualche anno fa, nei territori quasi inesplorati della Barbagia nella provincia di Nuoro, si dice siano stati avvistati dei Gufi comuni. Il principe dei principi della notte è forse planato sull’isola e questa è senz’altro una grande novità. I vecchi abitanti della Sardegna, infatti, erano acuti osservatori della natura, tanto che attribuirono un nome diverso per ogni specie di rapace individuato, cogliendone quindi le differenze fisiche e comportamentali. Nonostante l’estrema riservatezza del Gufo, l’animale non sarebbe mai potuto sfuggire all’occhio attento dei nostri nonni.
Capanna utilizzata in passato come rifugio per i pastori