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Francesco Saverio Dalba

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Ivano Mortaruolo

Ivano Mortaruolo

Sui canarini parlanti

di FRANCESCOSAVERIODALBA, foto AUTORIVARI

[1.] Prolegomeni Nei primi anni ‘90 mi interrogavo se lo zoologo irlandese Nicholas A. Vigors, vissuto a cavallo tra XVIII e XIX secolo, avesse attribuito ai Brotogerisil nome del Genere in ragione di una loro particolare inclinazione a parlare. In greco oi brotòisono “i mortali”, sineddoche per “gli umani”(chiunque abbia tradotto Omero non può non rammentarlo)–mentre “γῆρυς” significa “voce”, dunque: “coloro che hanno una voce umana”. Trai pappagalli, oltre a loro, solo l’Amazona oratrixsi è vista assegnare, nel nome scientifico, un riferimento alle proprie abilità locutorie; alcuni altri attributi di specie sono al più legati al clamore che i pappagalli sono in grado di generare: così festiva o garrulus (il riferimento è al Lorius garrulus; ma tra i Corvidi si incontra un altro parlatore, il Garrulus glandularius, la ghiandaia. Di recente sul Monte Baldo ho notato al suolo alcune inconfondibili piume azzurre di un G. gladulariuspredato nei pressi di un tronco ove erano presenti anche dei segni di affilatura delle unghie da parte di un orso, all’apparenza tuttavia molto più risalenti). Uno dei più abili parlatori, il Melopsittacus ha invece un nome che significa “pappagallo cantante”. Mentre scrivo, intorno al mio tavolo di lavoro stanno alcuniBrotogeris: un tirica, cinque cyanopterus, di cui tre nati quest’anno e due jugularis, e, con animo sereno, posso affermare che le loro emissioni vocali hanno ben poco di umano (specie al mattino presto): esse sovrastano di molto le urla di Lorius lory, Trichoglossus euteles ed eguagliano quelle di Chalcopsitta scintillata. IBrotogeris sono animali assai confidenti e tendono a vocalizzare tutto il dì (specie quando i piccoli erano involati, i genitori tendevano a scacciarli con molto strepito); il più confidente di tutti è il tirica, che ha nome Beniamino, si avvicina sempre al dito e lo prende delicatamente nel becco. Pur avendo già due anni di età ed essendo allevato dai genitori, ha iniziato rapidamente ad accettare il cibo dalle mani ed ora sembra volere articolare qualche parola: saluta ed al momento di ricevere la frutta emette un verso particolare, che denota un misto tra attesa e compiacimento. Questo conferma quanto dice R. Harris nel volume Grey-checked Parakeets and Other Bro-

Prima parte

Dante Gabriel Rossetti piange il Vombato chiamato "Top" togerisdel 1985 riguardo ai loro costumi assai confidenti. Vigors, comunque, non dà alcuna spiegazione alla sua scelta. La descrizione del Genere si rinviene nel secondo volume del The Zoological Journal, 1825, ove pubblicò il suo articolo intitolatoOn the arrangement of the genera of Birds: vari suoi amici ornitologi gli avevano richiesto di compilare una lista dei Generi degli uccelli esistenti, così si indusse a scrivere una bozza e, in seguito, a pubblicarla. A p. 400 dell’articolo vi è l’elenco dei Generi dei pappagalli -molti dei quali, all’epoca, erano ancora inseriti nel genere “contenitore” linneano “Psittacus”. Qui Vigors introduce per la prima volta il genere Loriused appunto il Brotogeris, senza però che sia dato conto delle ragioni alla base della scelta dell’epiteto (questo perché si tratta -con un gioco di parole - di un nomen loquens immediatamente intelligibile in greco, ma che nulla in realtà dice sulla motivazione ad esso sottesa). Il tipo del GenereBrotogeris, indicato dal Vigors, era lo Psittacus pyrrhopterus descritto da Latham nel Supplementum Indicis Ornithologici Sive Systematis Ornithologiaedel 1801, p. XXII. Anche in quest’ultima opera (e nella parte, in lingua inglese, che la precede – Supplement II to the General synopsis of Birds) non si rinviene alcun riferimento alle abilità oratorie del pappagallo. Latham scrive: “Abita nel Brasile, o quantomeno si suppone che sia così, poiché fu portato in Inghilterra da una delle navi baleniere dei mari del sud, ora è nella collezione del generale Davies” (p. 90). È improbabile che Latham lo avesse visto in vita: il generale Davies è Thomas Davies, membro della Royal Society e

della Linnean Society, era militare ma anche pittore e collaborava continuativamente con Latham. Nel 1770 aveva pubblicato sulle Philosophical Transactionsdella Royal Soc. di Londra, una lettera nella quale si diffondeva sulla preparazione tassidermica degli uccelli, oggetto della sua collezione , mentre alla sua cooperazione con Latham si deve la descrizione della Menura novaehollandiae: è l’uccello lira, anch’esso un ottimo imitatore, che predilige i suoni degli apparati meccanici, come le motoseghe, i martelli pneumatici, gli allarmi delle autovetture (basterà cercare qualche video dal titolo “Lyre bird imitating” e si rimarrà stupiti, anche dalle imitazioni di altri uccelli, come il kookaburra. A proposito di kookaburra, nel Parco Natura Viva di Verona ve ne sono alcuni e, se si emette il loro tipico verso in prossimità della gabbia, essi invariabilmente rispondono, posandosi sulla rete. I motivi di un tale interessante comportamento sono chiaramente spiegati nel volume di S. Legge, Kookaburra, pubblicato da Csiro, per me una delle letture più interessanti del 2021). Comunque il Brotogeris di Latham non proveniva dal Brasile, in quanto ilpyrrhoptherus vive in Ecuador e Perù; attualmente a San Francisco, in California, è registrata una popolazione selvatica. Animato dall’interrogativo sull’origine del nome, mi rivolsi dunque al manuale di Karl Russ, Die sprechende Papageien, i pappagalli parlanti, scritto in un’epoca in cui il tedesco era la lingua della scienza (come oggi lo è della filologia classica), ma che per via dell’interesse destato, presto ottenne anche una versione in inglese: The speaking parrots, a scientific manual. Qui, per accidente e del tutto inaspettatamente, trovai una notizia tale da destare il mio massimo grado di stupore. Ma di questo più innanzi.

[2.] Su alcuni uccelli parlanti Oltre ai pappagalli vi sono altri uccelli in grado di articolare parole umane. Primi tra tutti i Corvidi. La ghiandaia blu (Cyanocitta cristata) sfrutta la sua capacità di imitare i rapaci per far fuggire, allarmandoli, gli altri uccelli dal loro pasto (così leggo in M. Unwin, Crows). Lo storno è un provetto parlatore: Mozart ne aveva uno, acquistato per 34 kreuzer, circa 50 euro attuali. Egli era appassionato agli uccelli canori ed il suo storno più celebre probabilmente non era il primo che avesse avuto. Il compositore si affezionò molto all’animale, tantoché quando dopo tre anni lo storno morì, fu seppellito in giardino con una processione e Mozart gli dedicò un epitaffio. Anzi, era solito organizzare un ufficio funebre per tutti gli uccelli che passavano a miglior vita, con accompagnamento canoro e recitazione di versi di commiato. Io stesso, tra le mie primissime memorie, ricordo di avere voluto un corteo funebre per un canarino, morto nel 1977, a nome Cipì (il romanzo di Rodari era di cinque anni precedente). Un celebre brano polifonico, dedicato ad un pappagallo, è la Marcia funebre sulla morte di un pappagallo di Valentine Alkan (nel titolo ricorda una delle Silvae di Stazio: Psittace, dux volucrum, domini facunda volputas,/ humamae sollers imitator, psittace, linguae,/ quis tua tam subito praeclusit murmura fato?). Un altro artista, il pittore pre-raffaelita Dante Rossetti, molto tempo più tardi, dedicherà una illustrazione alla morte del suo vombato, componendo anche egli dei versi (sebbene si possa a buon diritto dubitare che le specifiche esigenze del vombato potessero venire assicurate, specie a quell’epoca e latitudine, da un privato. Ne ho visti invece degli esemplari in salute ed attivi negli zoo di Budapest e di Praga). Dalle lettere di Mozart risulta che avesse posseduto anche dei canarini. Il celebre storno aveva appreso un passaggio del terzo movimento del concerto per pianoforte KV 435, ma lo riproduceva con alcune sue varianti particolari. M West ed A. King hanno pubblicato un lungo studio sullo storno di Mozart, in American Scientist, 1990, vol 78, pp.106-114, nel quale viene avanzata la curiosa e suggestiva ipotesi che lo Scherzo musicale KV 522, scritto il 12 giugno 1787 derivasse da materiale canoro originariamente dello storno. Il brano è sempre stato inteso come un motteggio dei compositori principianti, ma nel primo movimento vi sono frasi strane, non proporzionate, prive di ispirazione e mescolate in maniera illogica, come è caratteristico di uno storno che imiti dei brani musicali. Nella campagna di Abano Terme il mio allora professore di fagotto aveva un merlo che dagli alberi vicini imitava alcune frasi musicali. A Trento, all’inizio del 2000, viveva un merlo che tornava ad ogni primavera in una edicola di giornali, vicino al centro e stazionava tranquillamente sopra e sotto di essa, tuttavia non parlava. Un corvo, parlante, più celebre era solito

Il compositore si affezionò molto all’animale, tantoché quando dopo tre anni lo storno morì, fu seppellito in giardino con una processione e Mozart gli dedicò un epitaffio

Il tema del III movimento del concerto per pianoforte e orchestra KV 453 di W.A. Mozart, nell'interpretazione dello storno (in alto)

fermarsi presso una bottega di un calzolaio in Roma antica: sotto il principato di Tiberio era caduto da una nidiata, nata sopra il tempio dei Dioscuri. Il calzolaio, considerata anche la sua sacra origine, lo salvò ed il corvo prese presto a parlare; “volava tutte le mattine sulla tribuna degli oratori e, rivolto verso il foro, salutava per nome i principi Tiberio, poi Germanico e Druso, e in seguito la folla dei Romani che passava di lì; poi tornava alla bottega e diventò oggetto di ammirazione per questa sua assiduità che durò parecchi anni”. Venne ucciso da un calzolaio vicino, perché aveva macchiato dei calzari; l’uccisore fu prima allontanato dal quartiere, poi ucciso a sua volta. “Il funerale dell’uccello fu celebrato con un affollato corteo, il letto funebre fu portato sulle spalle da due Etiopi, preceduto da un suonatore di flauto e da ghirlande di ogni genere fino al rogo, che fu costruito sulla destra della via Appia, al secondo miglio, nel terreno che ha il nome di Redicolo. Così al popolo di Roma sembrò che l’intelligenza di un uccello fosse una giustificazione adeguata per fargli esequie solenni e per la punizione di un cittadino romano”. Che ad un uccello parlante sia attribuito spesso un connotato di sacralità è attestato dall’attributo di specie della Gracula, appunto Gracula religiosa.

[3.] Animali parlanti dell’antichità Giulio Cesare aveva da poco varcato il Rubicone, quando a Roma iniziarono a manifestarsi i presagi di una imminente guerra: Tum pecudum faciles humana ad murmura linguae(Luc. Phars., I, 561), Allora la lingua degli animali riuscì agevolmente a mormorare parole umane. Anticamente si dava per certo che molti animali, in circostanze particolari, parlassero con voce umana, per annunciare imminenti eventi. Sicuramente gli animali della latinità erano più loquaci di quelli giudaico-cristiani: nell’Antico Testamento, oltre al serpente, vi è solo un altro animale che articola parole umane, l’asina di Balaam. Si duole col padrone e dice: “Che cosa ti ho fatto, perché mi bastoni?” Nei secoli gli esegeti cristiani attribuirono la capacità di parlare non tanto all’animale, quanto all’intervento dell’angelo (così S. Agostino, in De Genesi ad litteram, ripreso da S. Tomaso in Summa theol.II, 165, 2, 4). Nel XVI secolo Francesco Maria Guaccio,

Balaam e l'angelo, G. Jaeger, 1836 nel suo Compendium maleficarum elenca una lunga serie di animali in cui può trasformarsi il demonio, tra questi la mosca: “Se qualcuno, con la sua presenza, gli impedisce di esprimersi, si trasforma in mosca, e, accostatosi all’orecchio, suggerisce ciò che gli preme” (L. I, cap. V). Gli annalisti romani registrano le ipotesi nelle quali alcuni animali avrebbero spontaneamente profferito parole intelligibili. I più loquaci erano bovi e vacche. Una silloge di animali parlanti si trova nel Liber prodigiorum di Giulio Ossequente, dove parlano principalmente buoi (Bos locutus), dei cani ed in un caso degli uccelli che emettono “lamenti umani”, non ci viene invece riferito il contenuto dei discorsi. Anche Tito Livio non manca di registrare i bovini parlanti, spesso a Roma, ma anche ad Anagni, nelle sue Storie si legge anche di una gallina che avrebbe detto parole umane. Varrone è più preciso e, nel De re rustica, riporta le esatte parole pronunciate da un bue (in un passo purtroppo parzialmente guasto) così come conservate in precedenti fonti scritte: in Senato venne riferito che un bue aveva detto: “Plauzio piuttosto che Irrio pretore” (De re rustica, II, 5,5).

[4.] Animali parlanti della modernità Nessuno ha sentito in prima persona parlare un bovino. Invece chiunque può udire le orche (Orcinus orca) imitare parole umane, articolate in maniera abbastanza comprensibile (si cerchi qualche video con la stringa “talking killer whale”). Anche gli scimpanzé riescono a dire qualche parola, è celebre il caso di John ny che sapeva dire “mama” e, nella Roma moderna del 1962, vi era uno scimpanzé, a nome Renata, che diceva la parola “mamma” in maniera ancora più chiara (si può vedere un filmato, intitolato The Talking Chimpanzee in Rome, 1962). Si avverava così la profezia del La Mettrie, scritta nel più celebre trattato del meccanicismo, L’homme machine(1747), per cui sarebbe stato possibile insegnare a parlare alle scimmie. Ma a parte questi racconti veritieri, merita di esserne menzionato uno che fu invece frutto di decezione. È il curioso caso della mangusta parlante, dimostra-

Canarini Harzer-Roller, fonte: http://pagesperso-orange.fr/canariharz/ Dalby, la fattoria della famiglia Irvin era molestata da rumori e sussurri provenienti dalle pareti di legno. Si “presentò” così alla giovane figlia una creatura che dichiarò di essere una mangusta indiana (i giornali dell’epoca sono zoologicamente poco accurati, alcuni la definiscono donnola parlante). La vicenda destò molto scalpore, e le fu dedicato un libro, the Haunting of Cashen’s Gapdel 1936, ma ovviamente non vi ricorre alcuna prova non solo della capacità di parlare della mangusta, ma dell’esistenza della mangusta stessa. Quello che però interessa, nell’economia dell’articolo, è la situazione in cui la mangusta sarebbe stata sentita parlare: in estremo isolamento, da una ragazzina probabilmente annoiata o in vena di scherzi (d’altro canto le origini dello spiritismo sono dovute proprio ai trucchi delle sorelle Fox), naturalmente senza alcuna prova concreta. Tutto ciò premesso, sono veridiche le attestazioni di canarini in grado di prof-

La Menura in un'illustrazione di Th. Davies, fonte: commons.wikimedia.org

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