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Giovanni Canali

Errori vecchi e nuovi

di GIOVANNICANALI, foto E. DELPOZZOe F.O.I.

Non c’è niente da ridire, l’errore fa parte della natura umana, tuttavia sarebbe meglio non perseverare, specialmente quando l’errore è già stato spiegato. Inutile citare le varie massime sull’errore, sono ben note. Importante è riconoscere l’errore, senza commetterne un altro più grave, difendendo l’indifendibile. Nel nostro ambiente, ma purtroppo è circostanza onnipresente, di errori ne sono stati commessi parecchi e se ne continuano a commettere. Insomma non mancano errori vecchi e nuovi. Fra gli errori vecchi un posto di prima fila spetta ai bianchi. Non starò a ripetere tutto quanto già spiegato, ma darò delle indicazioni, con casi reali accaduti, che spero siano sufficientemente incisive. Tempo fa un allevatore, pure ottimo, al quale chiedevo cosa celassero dei melanici bianco recessivo che andavo a scegliere, mi disse che erano puri, del tutto puri, erano 10 anni e più che accoppiava in purezza, recessivo x recessivo. Io gli obiettai che anche se fossero stati 100 anni qualcosa di certo nascondevano, poiché il bianco recessivo non distrugge i carotenoidi ma li inibisce, cioè li blocca. Alla fine venne fuori che c’erano stati accoppiamenti con rossi mosaico e non a caso uscì un portatore mosaico ancorché diffuso e con tracce arancio. Ci fu perfino un’ipotesi pubblicata su di un testo, pur buono, degli anni 60 secondo la quale accoppiando un bianco recessivo con un cardinalino del Venezuela si sarebbe conseguito il fantomatico canarino rosso pieno. Ovviamente questo accoppiamento non diede il risultato desiderato, poiché impossibile. Questo per due motivi: ac-

Bianco, foto: E. del Pozzo

coppiare con un bianco recessivo proveniente da gialli era esattamente come accoppiare con un giallo, tranne il fatto che i figli sarebbero stati portatori di bianco recessivo; inoltre il cardinalino non è integralmente rosso. Lo si nota dalla banda alare del giovane che è arancio e soprattutto dal fatto che se il cardinalino non è colorato, non diventa rosso ma rimane arancio. Errori così evidenti si possono verificare sia per mancato approfondimento, sia per convinzioni errate. Ancora oggi come in passato c’è chi commette errori del genere. Ricordo una discussione di diversi anni or sono, fra due personaggi molto apprezzati; ebbene, uno di loro aveva ottenuto un bianco dominante dall’accoppiamento di un bianco recessivo con un giallo e pontificava che per arrivare al recessivo bisognava passare per il dominante,

Nero bianco dominante

l’altro diceva che non era possibile e mi pare tirasse fuori il crossing- overo qualcosa del genere del tutto fuori luogo. In realtà non era accaduto nulla di strano, semplicemente quel bianco recessivo era anche dominante, solo che essendo il bianco recessivo epistatico, cioè coprente su tutte le altre varietà, può nascondere tutto, anche il bianco dominante, visto che non è allelico. Il bianco recessivo può nascondere tutto, per l’ovvio motivo che inibendo totalmente i carotenoidi ha, come dicevo, l’effetto massimo. Il bianco dominante, invece, lascia delle soffusioni. Non a caso era molto correttamente detto “bianco soffuso” ed il recessivo solo “bianco”. Poi si volle peggiorare la situazione facendo riferimento al comportamento genetico, che non conta a livello di giudizio, ove si giudica ciò che si vede. Sempre citando casi reali ricordo di aver visto il caso di un ottimo soggetto melanico bianco recessivo inserito in un ceppo di soggetti pure ottimi dello stesso tipo di varietà giallo. Ebbene, per il tipo i risultati furono ottimi, ma la varietà risultò compromessa, poiché uscirono dei gialli arancio. Evidentemente quel bianco recessivo proveniva dai rossi. Recentemente mi è capitato di ottenere due bianchi recessivi uno dei quali pulito e buono ed uno macchiato, da una coppia di ottimi gialli. Si è trattato di un caso, poiché non sapevo che i due soggetti fossero portatori. Comunque li cedetti suggerendo all’acquirente, che li apprezzò molto, che con quelli, almeno con il pulito, ed i genitori, e magari i fratelli probabili portatori, si sarebbe potuto impiantare un ceppo di bianchi recessivi ed ottimi portatori (circostanza rarissima), anche se riconoscevo che la cosa non fosse poi tanto interessante, poiché nei bianchi recessivi si punta tutto sulla morfologia. Spesso con i bianchi si fanno molte confusioni. Queste confusioni derivano soprattutto dal fatto che il bianco dominante avorio è in superficie uguale ad un recessivo. In certi ceppi regna la confusione più totale poiché si mescolano bianchi recessivi con bianchi dominanti ed avorio. In più di una occasione me ne sono accorto anche durante il giudizio degli stamm. Ricordo il caso di uno stamm di melanici che era costituito da due soggetti bianchi, non saprei dire se recessivi o dominati avorio, un dominante con soffusione leggera ed anche un avorio molto debole che somigliava ad un bianco, mica male, specialmente come armonia! Un mal vezzo molto diffuso è quello di accoppiare un recessivo con un dominante, nell’illusorio intento di migliorare il dominante. Ebbene, la migliore espressione del dominante si ha selezionando i geni modificatori dello stesso, ed accoppiandolo o in purezza (sopportando la perdita degli omozigoti) o con gialli provenienti e soprattutto fratelli di ottimi bianchi dominanti. Questo non significa che dall’accoppiamento fra dominanti e recessivi non vi possano essere, a volte, buoni risultati, ma trattasi di fatti almeno in parte casuali. Nell’ultima mostra di Parma (2021) mi è capitato di vincere con una femmina satiné bianco dominante ottima per la varietà bianco dominante, con ineccepibile soffusione. Ebbene, quella femmina nasceva da un accoppiamento di ripiego (il covid non consentiva di girare troppo): il padre era un satiné bianco recessivo a struttura brinata e la madre un’agata classica bianco dominante a struttura intensa. Evidentemente il padre disponeva casualmente dei geni modificatori del bianco dominante. Non faccio certo di questo risultato una regola, le qualità di tipo e morfologia non erano casuali, ma quelle di varietà bianco dominante almeno in parte si (la madre era ottima). Raccomando come sempre di non fare di risultati numericamente limitati una regola. C’è poi la storia del bianco più bianco del bianco e degli additivi, ne ho già parlato molto, mi limito ad un aneddoto. Anni fa in occasione di un’importante mostra facevo servizio ed aiutavo nell’ingabbio. Un espositore stava ingabbiando dei bianchi recessivi brillantissimi. Gli dissi con tono ironico: “brillano davvero molto…” e lui avendo capito, di rimando: “no, no Canali non ho usato niente, niente, solo shampoo per cani…” come dire il minimo sindacale! Oggi mi è capitato di sentire, anche da parte di persone qualificate, che l’impostazione d’allevamento sui tipi base sarebbe superatao qualcosa del genere. Non posso nascondere di essere rimasto interdetto. Spiegare l’importanza dei tipi base è quasi difficile, poiché è difficile spiegare l’ovvio. Nelle mie pubblicazioni ho più volte rimarcato la basilarità dei tipi base ed in particolare di nero ed agata, recentemente in: I. O. n°3/2022. Non avrei davvero creduto di doverci tornare sopra. Cercherò di farlo nel modo più chiaro evitando spunti troppo polemici, che mi verrebbero a fiumi alla mente.

Dovrebbe essere ovvio che in tutti i casi, proprio tutti, bisogna partire dall’inizio, quindi nel tipo del canarino dal nero-bruno, forma selvatica. Sento sempre meno spesso parlare di centri di convergenza delle melanine e della tipologia del disegno: marcature, vergature, striature. Eppure la base è quella e non si può prescindere. Anche e soprattutto quando si studia una mutazione; infatti bisogna capire come funziona, paragonandola alla forma selvatica e senza confondere la penna degli uccelli con il pelo dei mammiferi, che hanno strutture ben diverse. Inoltre, fino a che i tipi aggiunti (pastello, opale ecc.), nella maggior parte dei casi, vengono ripartiti in 4 linee e cioè con base nero, bruno, agata ed isabella, non vedo proprio come si possa prescindere dal conoscere che cosa comportano i tipi base! Qui devo spiegare l’ovvio, e mi sforzo. Chiedo: come è possibile spiegare, ad esempio, il tipo bruno pastello (interazione) senza sapere come funziona il bruno (mutazione) e come funziona il pastello (mutazione con geni modificatori additivi)? Risposta: non si può! Sarebbe come cercare di spiegare come funziona un’automobile senza considerare il motore e le ruote. E non si lavori troppo di fantasia, cercando di inventare senza essere inventori, altrimenti si rischia di inventare la ruota, magari però quadrata, per poi cercare di migliorarla facendola triangolare per eliminare un sobbalzo… La conoscenza della storia e delle basi è indispensabile. Inoltre bisogna rendersi conto che ci possono essere concetti superati (personalmente ne ho demoliti parecchi, basta pensare al mosaico e non solo), ma ci possono essere, e certo ci sono, concetti di base immutabili, poiché fondamentali. Cito: “Un corpo immerso in un fluido riceve una spinta dal basso verso l’alto uguale al peso del fluido spostato” principio di Archimede, e non c’è modernità che possa alterare questo principio! Allo stesso modo per spiegare un’interazione bisogna conoscere nei dettagli il comportamento dei caratteri che concorrono a costituirla, troppo difficile? Bisogna anche saper valutare le interazioni e le interferenze, talora superiori alle attese, come ad esempio: il bianco dominante puro per l’avorio ha un effetto superiore alle attese astratte, visto che le soffusioni non sono avorio ma sono cancellate, aspetto già studiato. Per non parlare della mutazione intenso che interferisce a tutto campo: morfologia, tipo e varietà; accorciare le barbe non è uno scherzo da poco. Tornado al tipo base ed al tipo aggiunto, bisogna tener presente le caratteristiche, i pregi e i difetti che vengono fuori e la loro origine. Non è roba così da poco capire che le carenze di disegno localizzate, come su fianchi e testa, attengono al tipo base, non a caso presenti nei tipi base. Mentre altri difetti attengono al tipo aggiunto, essendone carenza, come tracce di disegno antracite nel nero pastello ad ali grigie. In altri casi vi può essere un concorso di tipo base ed aggiunto, come l’azzurro negli opale, condizionato anche dall’accoppiamento con portatori o in purezza. Tutto ciò presuppone non modernismi senza costrutto, ma competenza e valutazione approfondita con ottima co- Agata bianco, foto: E. del Pozzo

Satinè bianco, foto: E. del Pozzo

noscenza delle diverse mutazioni di tipi aggiunti, quindi, con le loro caratteristiche ed in rapporto al tipo base, e questo con le sue caratteristiche, altrettanto ben riconosciute. Tutto ciò con riferimento primario al tipo selvatico. Difficile? Non so che farci, ma per approfondire non ci sono scorciatoie o pressapochismi basati sulla prima impressione. Ai corsi allievi giudici che ho tenuto, spesso a corso inoltrato, facevo domande impegnative sul genere: che differenza c’è fra un nero brinato giallo (tipologia selvatica) ed un isabella pastello intenso rosso avorio? I migliori rispondevano: tre mutazioni a livello di tipo interagenti e cioè bruno, agata (che danno l’isabella) e pastello, una mutazione a livello di categoria, cioè l’intenso e a livello di varietà, l’avorio, mutazione, ed inoltre l’afflusso di geni estranei alla specie canarino, ereditati dal cardinalino per il rosso. Poi si approfondiva ogni aspetto, certo con il mio aiuto, non sono cose così semplici. Tuttavia che sia facile o difficile la questione dei tipi base ed aggiunti rimane fondamentale, almeno fino a che ci sarà la ripartizione con i 4 tipi base nella maggior parte dei casi. Consideriamo anche un caso raro, il phaeo. All’inizio chiamato molto più correttamente rubino, si tentò di avere i 4 tipi ma poi si ripiegò su ossidati (nero e bruno) e diluiti (agata ed isabella), poi si rinunciò ai diluiti in effetti, se ottimi, troppo simili ai lipocromici; oggi si dice solo phaeo, anche se sarebbe meglio dividere in neri e bruni, poiché sono molto simili, ma non uguali (l’ho spiegato nelle sedi opportune); inoltre l’abbandono dei neri, che sono più difficili da gestire, ci riduce ai soli bruni, si incoraggia poi una selezione esasperata a favore della feomelanina e trascurando il disegno. Siamo arrivati al punto che il disegno si va riducendo al minimo e certi portatori sono simili a dei bruni pastello super dotati! Mi dicono che qualcuno parla di un nuovo tipo, in realtà è solo una strada errata e per giunta in discesa. Posso ben dirlo, visto che anni or sono, accoppiando in modo super ortodosso con coppie nella maggior parte dei casi costituite da un nero e da un bruno e da un rubino ossidato (come si diceva allora) ed un portatore, ero arrivato ad avere il disegno al negativo, 4 binari lipocromici nei phaeo, e con i portatori bruni ero arrivato a fare un 89, punteggio inarrivabile con gli attuali. Poi, esasperato dal fatto che la maggior parte delle femmine discriminano i phaeo nei nidi misti, ho rinunciato. Un altro aspetto riguarda parziali incompatibilità fra tipo base e tipo aggiunto. Il fenomeno si verifica in alcuni casi, come nell’onice e nel cobalto, molto belli nei neri. L’effetto diffusivo delle suddette mutazioni, viene annullato in gran parte dalla diluizione della base agata o isabella. Li chiamo scherzosamente tipi Penelope, visto che un aspetto fa e l’altro disfa. In ogni caso ovviamente bisogna, se qualcuno volesse allevarli, privilegiare il tipo base ed il tono del disegno. Ho detto ovviamente, ma come spiegare l’ovvio in questo caso? Magari dicendo che un’agata è bene che non tenda a confondersi con un brutto nero ed un isabella con un brutto bruno. Chi desiderasse ulteriori spiegazioni potrà averle, non avrà che da chiederle; non garantisco però il mio abituale garbo, certi argomenti mi indispongono.

Isabella intenso giallo, foto: E. del Pozzo

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