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Simone Olgiati

Della fecondità degli Ibridi

testo di SIMONEOLGIATI, FOTOS. OLGIATIe N. SOSAAGUIRRE

L’arte dell’Ibridologia in ornicoltura non interessa esclusivamente la creazione di piccoli gioielli alati da presentare alle esposizioni, ma anche lo studio della sistematica e della filogenesi degli uccelli che comunemente si trovano nei nostri allevamenti. Al fine di analizzare le relazioni genetiche e genomiche tra le diverse specie allevate, uno dei modi più usati è quello di accoppiare gli Ibridi di prima generazione sia tra loro che con entrambe le specie parentali per scoprire se siano fecondi o meno. Questi Ibridi vengono chiamati con la sigla F1, ovvero prima generazione filiale(first filial generation) ed ereditano il 50% del proprio corredo cromosomico dal padre, il restante dalla madre. Teoricamente gli F1 ereditano metà delle proprie caratteristiche da un genitore e metà dall’altro, ma nella realtà non sempre è così. Ciò è dovuto alla differente ereditarietà dei caratteri che vanno a comporre il fenotipo dei parentali e al rapporto di dominanza o recessività che intercorre tra questi. Un esempio abbastanza classico è quello della mascherina del Cardellino, che tende ad essere visibile in tutti gli F1 che produce, qualunque sia l’altro parentale. Osservando gli Ibridi di Diamante di Gould a testa rossa x D. di Kittlitz, si vede come gli F1 di entrambi i sessi prenderanno il colore della testa del padre. Invertendo i parentali si vedrà come i figli maschi avranno il capo come quello materno mentre le sorelle lo avranno blu come quello paterno, indicando come il carattere “testa blu” sia recessivo legato al sesso rispetto a quello “testa rossa”. Dall’unione di due F1 la prole risultante viene chiamata F2: il genoma è lo stesso dei due genitori, ma ne può cambiare l’espressione. Accoppiando un Diamante codalunga grigio con un Diamante bavetta, tutti i figli F1 saranno eterozigoti per il fattore grigio. Unendo tra loro gli F1, il 25% dei piccoli F2 sarà di colore ancestrale e non porterà il fattore grigio. Questi saranno quindi omozigoti dominanti, cioè possiedono entrambi gli alleli del gene che codifica per il fenotipo grigio non mutati per il grigio. Il 50% invece avrà sì il fenotipo non mutato, ma è portatore per il grigio, quindi ne sarà eterozigote. Il restante 25% espleterà il fenotipo grigio, quindi sarà omozigote recessivo: possiede entrambi gli alleli del gene che codifica per il fenotipo grigio mutati per il grigio, dando quindi come fenotipo quello grigio. L’accoppiamento di un F1 con una

A sinistra F1 di Cappuccino testa nera x Passero del Giappone; a destra R1 in direzione P.d.G. portatore di ino

Teoricamente gli F1 ereditano metà delle proprie caratteristiche da un genitore e metà dall’altro, ma nella realtà non sempre è così

R2 rosso bruno di Passero del Giappone dal Cappuccino nero. Da notare il disegno ventrale molto fitto e un colore molto intenso

Maschio R1 bianco dominante di Lucherino testa nera dal Canarino. Foto e allevamento Nahuel Sosa Aguirre

delle due specie che lo hanno generato produce i cosiddetti R1; anche questo termine è una sigla e sta ad indicare reincrocio di prima generazione. Gli R1 ereditano il proprio patrimonio genetico per metà da un genitore e per metà dall’altro. Dato che l’F1 ha il genoma costituito al 50% da quello di una specie e il restante dall’altro, questo trasmetterà all’R1 un quarto dei geni di una specie e un quarto dell’altra. L’altro genitore dell’R1, invece, trasmetterà il 50% del proprio genoma. Andando a sommare le quantità di corredi genici che l’R1 eredita dai genitori (F1 e specie pura che ha generato l’F1) si giunge alla conclusione che l’R1 ha il 75% dei geni di una specie ed il 25% dei geni dall’altra specie. Accoppiando un F1 di Diamante codalunga x D. bavetta con un D. codalunga, i piccoli R1 avranno ¾ del proprio genoma del D. codalunga ed il restante ¼ del D. bavetta. Un elemento tipico degli R1 è la loro estrema variabilità, maggiore di quella presente tra gli F1. È frequente che in una nidiata di R1 i fratelli siano molto diversi l’uno dall’altro; infatti, alcuni saranno molto simili all’F1 e altri invece al genitore puro. Questo fenomeno è sempre dovuto alla ricombinazione casuale dei genomi provenienti dai due genitori, che porta alcuni caratteri ad andare in eterozigosi, altri in omozigosi dominante e altri ancora in omozigosi recessiva. La prole nata da un R1 con la specie pura che l’ha generato viene chiamata R2. Usando lo stesso principio analizzato sopra, si può capire come gli R2 abbiano i 7/8 (87,5%) dei geni di una specie e 1/8 (12,5%) dell’altra. Proseguendo con le generazioni e con gli accoppiamenti utilizzando riproduttori di una sola specie da accoppiare

Un elemento tipico degli R1 è la loro estrema variabilità, maggiore di quella presente tra gli F1. È frequente che in una nidiata di R1 i fratelli siano molto diversi l’uno dall’altro

ai reincroci, si arriva agli R3 (15/16, 93,75% di una specie e 1/16, 6,25% dell’altra) ed infine agli R4 (31/32, 96,875% di una e 1/32, 3,125% dell’altra). Le generazioni ibride successive, dagli R5 in poi, vengono ormai considerate pure dal punto di vista genetico. Ciò non vuol dire che lo siano anche dal punto di vista fenotipico: purtroppo è ancora possibile vedere Negriti della Bolivia con evidenti tracce di Ibridazione col Lucherino testa nera. E se invece di accoppiare un R1 di F1 [(Diamante codalunga x D. bavetta) x D. bavetta] con un D. bavetta lo si accoppiasse con un D. codalunga? Come si chiamerebbe la prole risultante? Arrovellandomi nel cercare una risposta, mi accorsi che effettivamente man-

cava un nome o una sigla per indicare questo prodotto di reincrocio. Ragionando su questa lacuna, elaborai una denominazione che potesse essere adatta a descrivere questa situazione, cioè l’accoppiamento di un R1 non con la specie con cui condivide la maggior parte del genoma, ma con quella con cui ne ha meno in comune: R0,5. Un R0,5 ha i 5/8 del corredo genomico di una specie e i 3/8 dell’altra, secondo lo stesso principio enunciato sopra. Con lo stesso metodo si possono poi nominare gli R1,5, R2,5 e così via, come si può vedere dalla tabella allegata. La pratica del reincrocio per alcuni allevatori è molto interessante e stimolante, mentre per altri è fonte di dubbi e perplessità, perché si paventa il rigiorno; nei Fringillidi, in particolare tra gli Spinuslungo i confini tra gli areali delle varie specie, sono presenti diverse forme intermedie. Addirittura si è scoperto un Passeriforme sudamericano che è un Ibrido tra tre specie! Si è inoltre scoperto che pure l’Homo sapiens presenta geni ereditati da altri congeneri estinti come l’Homo neanderthalensis: quindi anche noi siamo, in un certo senso, degli Ibridi. In ornicoltura, da quando sono stati scoperti, gli Ibridi fecondi hanno destato curiosità e interesse. I primi Ibridi nati da maschi di Verdone, Cardellino e di altri Indigeni con le Canarine sono però risultati sterili in entrambi i sessi, così come gli Ibridi realizzati tra gli stessi Indigeni. Questo ha radicato la convinzione che tutti gli Ibridi tra gli uccelli da gabbia e da voliera non fossero capaci di riprodursi, idea che venne però scardinata nei primi anni del Novecento. Infatti, venne casualmente scoperto che gli F1 maschi di Cardinalino x Canarina erano fecondi, almeno alcuni, in una certa percentuale. La notizia si sparse velocemente tra gli specialisti e da qui partì la corsa al Canarino rosso. Le prime femmine ibride fertili arrivarono solo alla seconda generazione di reincrocio, R2, e grazie ad esse fu possibile fissare nel genoma del Serinus canariai geni per la codifica del lipocromo rosso. Dopo queste esperienze vennero fatti altri tentativi per scovare altri tipi di F1 fertili ed alcune prove diedero esito positivo. Nel gruppo dei Fringillidi possiamo citare la fecondità in entrambi i

La pratica del reincrocio per alcuni allevatori è molto interessante e stimolante, mentre per altri è fonte di dubbi e perplessità

schio di intaccare irrimediabilmente l’integrità genetica delle specie allevate, soprattutto le più rare. Riguardo quest’ultimo aspetto, non si può negare il fatto che andrebbe preservata il più possibile la purezza genica delle singole specie. Questo per mantenere uno stock di uccelletti integri geneticamente in ambiente captivo che potranno essere utili, in un futuro non troppo lontano, per rimpolpare le popolazioni selvatiche minacciate dagli sconvolgimenti ambientali causate dall’uomo. È però ormai accertato che l’Ibridazione avviene ripetutamente in natura e ogni giorno se ne scoprono di nuovi casi: negli Estrildidi si sono riscontrati casi di Ibridi naturali tra Lonchurae; negli Anatidi gli incroci sono all’ordine del

Femmina R1 satiné di Lucherino testa nera dal Canarino. Foto e allevamento Nahuel Sosa Aguirre

sessi negli F1 intragenerici di Spinuse Chlorised alcuni intergenerici come il già citato Cardinalino del Venezuela x Canarina. Negli Estrildidi troviamo F1 intergenerici fertili nei generi Lonchura, Poephila, Euodice, Uraeginthus ed Estrilda. Il Passero del Giappone, ancora di più del Canarino, è un perfetto esempio di come la pratica del reincrocio abbia modellato una specie allevata in cattività. Nel corso dei decenni nei ceppi di P.d.G. sono state inserite alcune sottospecie del Passero striato e numerosi Cappuccini, che hanno conferito la taglia, colori intensi e disegni netti, oggi osservabili nelle Lonchura domestica attuali. In ornicoltura gli Ibridi fertili sono stati proficuamente utilizzati per trasferire le mutazioni da una specie all’altra. Non si è trattato di spostare fisicamente un gene tra due esseri viventi, ma di trascrivere l’informazione che codifica per quella variante tra le due specie. Questo processo di trasmutazioneha reso possibile vedere degli uccellini spettacolari: basti pensare ai Lucherini testa nera diluiti, ai Diamanti bavetta grigi, ai Verdoni di Cina agata o ancora ai Cappuccini testa bianca ino. Altre meraviglie aspettano solo di essere create, come gli Spinusardesia o i Cappuccini becco grosso rosso bruni. Il processo di trasferimento delle mutazioni da una specie all’altra è lungo, complesso e difficoltoso. Richiede non solo una dose di fortuna non indifferente, ma anche ottime conoscenze teoriche di genetica, di biologia e di etologia delle specie coinvolte. Per poter essere certi di aver raggiunto l’obiettivo bisogna arrivare almeno alla quarta generazione di reincrocio, il cosiddetto R4, che possiede una “percentuale di sangue” della specie con cui si sta lavorando del 96,875%. Per trasmutare una variante autosomica dominante si può procedere accoppiando di volta in volta i vari reincroci sempre con esemplari di specie pura, senza ricorrere ad unioni con soggetti mutati dell’altra specie. Per esempio, se volessimo trasferire la mutazione jaspe dal Canarino al Verzellino, bisognerebbe partire con qualche coppia di Verzellino x Canarina jaspe, ottenendo così un certo numero di F1 già mutati jaspe. A loro volta questi F1 maschi daranno alcuni R1 jaspe quando accoppiati con delle Verzelline. Procedendo con le generazioni, si arriverà ad un punto dove potremo osservare dei Verzellini puri ma col fattore mutato jaspe. Per le mutazioni recessive, autosomiche e legate al sesso, il discorso è più complesso. A volte è necessario accoppiare i reincroci eterozigoti, sicuri o probabili, con la specie che presenta il fattore mutante. Volendo, per pura ipotesi, trasferire la mutazione agata dal Diamante codarossa all’Astro di Sidney, si accoppiano gli F1 maschi portatori di agata ad una femmina di D. codarossa agata, ottenendo R1 maschi mutati. Unendo questi maschi ad una femmina di Astro di Sidney si ottengono degli R0,5 maschi sicuri portatori di agata e femmine mutate. La generazione successiva, gli R1,5 con l’81,25% dei geni di Astro di Sidney, potrà dare la metà della figliolanza femminile in mutazione agata, plausibilmente fertile. Da questo momento in poi il percorso si renderà più semplice, almeno in via teorica: si sa che la pratica spesso si discosta da ciò che ci si era prefissati e non sempre la fortuna ci accompagna. Però, come ampiamente dimostrato con esempi precedenti, queste imprese non sono impossibili. L’Ibridazione è una tematica delicata, complessa, a tratti controversa; è molto impegnativa in termini di conoscenza teorica e abilità pratiche e richiede spesso una certa dose di fortuna. Spero di aver fornito qualche spunto per nuovi ed intriganti esperimenti. Noi Ibridisti siamo pochi e un poco matti, ma qualche collaboratore in più fa sempre comodo! Non bisogna porre limiti alla propria fantasia, il mondo è ancora pieno di novità tutte da scoprire, di mutazioni da trasferire e rapporti filogenetici tra i nostri amati Uccelli da analizzare.

Ibrido/reincrocio Percentuale Frazione in 64esimi Percentuale rimanente Frazione in 64esimi rimanente

F1 50 32/64 50 32/64

R0,5 R0,75 R1 R1,5 R1,75 R2

62.5 40/64 37.5 24/64 68.75 44/64 31.25 20/64 75 48/64 25 16/64 81.25 52/64 18.75 12/64 84.375 54/64 15.625 10/64 87.5 56/64 12.5 8/64

R2,5 R2,75 R3

90.625 58/64 9.375 6/64 92.1875 59/64 7.8125 5/64

93.75 60/64 6.25 4/64

R3,5 R3,75 R4

95.3125 61/64 4.6875 3/64 96.09375 61,5/64 3.90625 2,5/64

96.875 62/64 3.125 2/64

R4,5 97.65625 62,5/64 2.34375 1,5/64 R4,75 98.046875 62,75/64 1.953125 1,25/64

R5 98.4375 63/64 1.5625 1/64

A sinistra F1 di Donacola petto castano x Passero del Giappone; a destra R1 in direzione P.d.G Tabella con indicati i valori corrispondenti ai diversi reincroci

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