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Origini e genetica del Canarino Mosaico
di SERGIOLUCARINI, foto B. ZAMAGNIEDE. DELPOZZO
Come ho già ricordato (“I.O.” n° 12/19), il mio primo scritto sul “Mosaico” risale al 1988 (“I. O.” n° 10/88). Rispetto alla disputa che in quegli anni era in essere tra gli esperti del settore sulla possibilità o meno che il Cardinalino avesse trasmesso al Canarino il proprio dimorfismo, nella nota proposi una ipotesi diversa: in concomitanza degli innumerevoli accoppiamenti messi in atto per trasferire la capacità di metabolizzare il colore rosso, il Cardinalino non ha trasmesso anche il proprio dimorfismo e la propria disposizione cromatica ma, per sostituzione, inserendo la giusta chiave genetica, ha solo fatto affiorare nel Serino una forma caratterizzata da un dimorfismo più evidente. A distanza di oltre trent’anni sono tornato sull’argomento perché, imbeccato dal mio amico Gianmaria Bertarini, nel
web sono inciampato in un interessante lavoro dove la Dott.ssa Malgorzata Anna Gazda relaziona su una sua ricerca incentrata sul dicromatismo a livello sessuale nei Fringillidi. In estrema sintesi, possiamo dire che la ricercatrice, dopo aver confrontato il DNA di diverse
Foto 1 - Maschio di Verdone Citrino, foto: B. Zamagni
specie in possesso di un più o meno spiccato dimorfismo sessuale, giunga, tra l’altro, alla conclusione secondo cui la forma “mosaico” presente nel Canarino di colore derivi dalla introgressione di un tratto genico lasciato in eredità dalle reiterate ibridazioni con il Cardinalino del Venezuela. In pratica, conferma la mia ipotesi del 1988! Giovanni Canali, ritenendo che sia la mia ipotesi sia la conclusione della Dott.ssa Gazda non collimino con i riscontri che possiamo estrapolare dalle esperienze pratiche di allevamento, ha
pubblicato diversi scritti a confutazione, dove vengono ribaditi i suoi convincimenti in merito. Condensabili in: “mosaico” è una mutazione spontanea, specifica del Canarino, che va con “brinato” ed “intenso” (anche quest’ultima, a suo parere, una mutazione esclusiva del Canarino) a formare quel trittico di forme genetiche (nell’ambiente ritenute tra loro alleliche, ma con qualche dubbio) che nell’ambito della specializzazione vengono inquadrate sotto il nome di categorie.
Approccio da una diversa ottica Sono sessant’anni che mi interesso di ornitocoltura. In tutto questo tempo, le sfaccettature legate alle problematiche genetiche sono da sempre state la parte del gioco per me più interessante ed appassionante. In tempi passati, però, se si esclude quanto apparso nei Diamanti mandarino, se volevi ragionare di “tematiche genetiche” era verso il Canarino che dovevi prestare attenzione. Poi, per fortuna, in anni successivi, anche nella “Specializzazione E.F.I.” (Estrildidi, Fringillidi e loro Ibridi) siamo stati travolti da innumerevoli nuovi fenotipi. In questo turbinio di novità, a volte sovrapponibili a quanto conosciuto in canaricoltura, altre volte invece del tutto inedite, pian piano, una acquisizione dietro l’altra, mi si è formata in testa un’immagine di insieme che aveva una sua logica: le mutazioni sono ubiquitarie, vanno cioè oltre la singola specie. Con questa consapevolezza mi si è aperto un mondo. Un solo esempio sulla positività di tale visione: in canaricoltura è ancora oggi attuale un dibattito circa la possibilità che possa esistere il Bruno Satiné. Secondo me, nello specifico, questa situazione è figlia dello schema mentale che agli specialisti del settore induce
Foto 2 - Femmina di Verdone Citrino. Una evidente “mosaico”, foto: B. Zamagni la rigida suddivisione nei “4 tipi base”, uno dei pilastri su cui si regge la canaricoltura di colore. Sulla base di quanto acquisito nell’allevamento dei Verdoni, nei primi anni ’90 scrissi una nota in proposito. In ambito E.F.I. tale scritto evidentemente è stato risolutivo, tanto che da allora, per quello che riguarda la genetica legata al fenotipo “satiné” non abbiamo più avuto il minimo dubbio. Questo aneddoto va a rafforzare il mio convincimento che alzare lo sguardo per vedere cosa succede fuori dal proprio orto è una mossa che paga. Tornando all’argomento in oggetto, discorso analogo penso si possa fare anche per lo schema delle “3 categorie”. Personalmente, non credo che a proposito della genetica che lega brinato e mosaicosi possa fare una schematizzazione rigida, con netti rapporti di dominanza/recessività come di solito traspare dalle note che a queste forme vengono dedicate. In tali scritti leggiamo infatti che mosaicoè dominante su brinato; poi, però, tra le righe viene riferito che nelle mescolanze tra Brinati e Mosaico portate avanti senza precisi intenti selettivi si ottengono soggetti di cui si fa fatica a distinguere la categoria: …Nei ceppi in cui si bada solo all’intenso e si mescola il brinato e il mosaico, gli intensi sono intensi, ma i non intensi si fa fatica a capire quando sono brinati o mosaico (G. Canali – “I.O.” n° 1/20 pag. 52).In materia, uno scritto a mio parere importante è anche quello di Gaetano Zambetta (Presidente della C.T.N. Colore) apparso su “Alcedo” n° 89/2016. In questo articolo, tra l’altro, leggiamo: … Riprendendo il filo del discorso principale, sostengo che la distinzione dei Canarini nelle tre categorie brinato, intenso e mosaico debba essere limitata all’ambito espositivo. A livello genetico, invece, esiste la mutazione autosomica dominante che determina l’intenso e non esiste una ulteriore mutazione dello stesso gene (né di nessun altro), che determina il fattore mosaico. Condivido quello che dice Chillé quando parla di geni quantitativi……L’Autore, nella stessa nota, riporta una sua esperienza di allevamento riguardo ad una selezione portata avanti nell’arco di molti anni
basata su accoppiamenti intenso x mosaico: …In prima generazione, utilizzando un maschio intenso proveniente da un accoppiamento intenso x brinato, con una femmina mosaico (…) i figli non intensi sono una via di mezzo tra il mosaico e il brinato. Nelle generazioni successive, accoppiando i figli intensi di nuovo con soggetti mosaico (…) i figli non intensi assomigliano sempre di più al mosaico con manifestazioni fenotipiche non proprio uniformi. Sulla base della progressività nei risultati descritta da Zambetta, e da quanto scritto da Canali, penso non sia sbagliato, come minimo, parlare di dominanza intermedia tra le forme mosaico e brinato con una discreta presenza di “geni minori”, che con il loro importante contributo vanno a determinare quella base di variabilità sulla quale ha modo di agire la nostra selezione. Ho riflettuto a lungo sulle interazioni a livello fenotipico appena descritte, cercando altresì di collegarle in qualche modo alle risultanze del citato lavoro della Dott.ssa Gazda ed anche alle puntuali eccezioni in merito portate dall’amico Giovanni. Alla fine sono riuscito a farmi un quadro d’insieme che fila abbastanza. Detto questo, il problema non da poco è ora quello di mettere giù questo “quadro d’insieme” in modo comprensibile.
Sul brinato Per quello che riguarda questa categoria Canali ha idee nette; è stato infatti da lui ribadito più volte che si tratta di una situazione che il Canarino sia selvatico che domestico condivide senza eccezionicon tutti i Fringillidi. L’idea di base che sta dietro le tre canoniche categorie del Canarino è infatti che sia la mutazione intensoche la mosaicosiano manifestazioni genetiche peculiari ed esclusivedel Canarino domestico. Cioè a dire che tutti i Fringillidi sia selvatici che di allevamento siano dei brinati. Questa visione “canarino-centrica” secondo me è sbagliata sia per quello che riguarda il mosaicoche per l’intenso. Più avanti, parlando del mosaico, proverò ad approfondire il mio pensiero in merito. Qui concentriamoci brevemente sulla genetica del brinato. Il Canarino selvatico è un brinato. In ambito E.F.I., considerando che il suo fenotipo non è soggetto ad alcuna mutazione, rispetto agli altri due componenti del trittico, cioè intensoe mosaico,lo definiremmo il “tipo base”. La sua variabilità a livello di espressione dei lipocromi, cioè maggiore o minore estensione della depigmentazione della parte apicale delle penne tectrici, è addebitabile ad un rumore di fondo dato da un numero discreto di geni e/o di alleli che convergono nella formazione della brinatura. Tra questi geni “minori” o “modificatori”, sono certamente da conteggiare anche quelli correlati che codificano per la qualità delle parti cornee, in particolare per l’estensione delle barbe. Come dal punto di vista biochimico avvenga tale depigmentazione ce lo ha ben spiegato lo studio della Dott.ssa Gazda: è stato individuato un gene, BCO2 (β-carotene ossigenasi 2),che catalizzando la degradazione ossidativa dei lipocromi scinde una molecola di carotenoide in due apocarotenoidi (1), molecole più corte prive di capacità pigmentanti. Il meccanismo è relativa-
Foto 3 – a) Canarino ventregiallo; b) Canarino solforato; c) Canarino di Donaldson. Specie geneticamente affini differenziate nelle manifestazioni cromatiche da specifici alleli. Tavola tratta da CLEMENT, HARRIS eDAVIS - "Fiches & Sparrows"
mente semplice: mentre l’attività di BCO2si esplica a livello cutaneo, il suo grado di espressione è mediato da una serie di geni che codificano a monte. In questo caso, i sopra descritti “geni modificatori” o “geni minori” che codificano per le depigmentazioni degli apici delle barbe inviano un segnale che va ad attivare con precise scansioni temporali la capacità di BCO2di degradare le molecole carotenoidi nella fase precoce della formazione delle penne. Prima di chiudere questa parte, volendo legare geneticamente le tre canoniche categorie, possiamo banalmente dire che è nel genoma del tipo base non mutato, il brinato,che andremo a posizionare i due loci conosciuti tra loro indipendenti “Int” (Intenso) e “Ms” (Mosaico); naturalmente in tale forma base nei due siti saranno presenti i rispettivi alleli non mutati, cioè “Int+”(non intenso) e “Ms+”(non mosaico). Non è quindi giusto parlare di “mosaico” allelico a “brinato”, in quanto “mosaico” è allelico a “non mosaico” che è uno dei tanti geni che danno il loro contributo alla caratterizzazione del fenotipo di base, il brinato.
Foto 4 - Maschio di Carpodaco messicano. Soggetto caratterizzato da un “mosaicismo” naturale molto marcato
Omettendo tutte le considerazioni ed i risvolti che la cosa comporta, è evidente che i sopra evidenziati “genimodificatori”, presenti nel tipo base, gli unici sensibili alla nostra opera di selezione, saranno gli stessi che ritroveremo, più o meno attivi o più o meno silenti, nel genoma delle due forme mutate. Ovviamente anche “Ms” ed “Int” (le due forme mutate) andranno ad impattare con la funzione di BCO2, sommando i propri peculiari inputbiochimici a quelli trasmessi dai “genimodificatori”, il primo amplificandoli (massiva contrazione delle aree pigmentate), il secondo inibendo il processo (stop alla degradazione dei lipocromi).
Sul mosaico Come sopra detto, è ferma convinzione di Giovanni che i Fringillidi, selvatici o domestici, siano tutti dei brinati. Personalmente non condivido. All’opposto, sono certo che la grande parte delle specie comprese in tale famiglia (ripeto a livello di lipocromi) siano degli evidenti dimorfici. Nei Verdoni il dimorfismo è eclatante (vedi foto 1 e 2). Tra i Canarini africani (Gen. Crithagra) ci sono specie nettamente dimorfiche, a fronte di altre che, altrettanto nettamente, non presentano dimorfismo (vedi foto 3). Stessa situazione di disomogeneità la troviamo negli Spinus: il Cardinalino del Venezuela, ad esempio, è un dimorfico, mentre il Lucherino petto nero non lo è. Ne ho citate solo alcune, ma nella Famiglia Fringillidaequelle da ritenere specie spiccatamente dimorfiche a livello di diffusione dei carotenoidi sono, a mio vedere, la mag gioranza. Dal punto di vista genetico come giustifichiamo questa situazione? Più volte nei miei scritti ho evidenziato il fatto che ci siano sequenze genetiche essenziali che negli esseri viventi sono molto conservate. I meccanismi di produzione e modulazione dei pigmenti, siano essi melanine che lipocromi, sono costituiti da sequenze molto antiche, identiche in un insetto, in un mammifero o in un pesce. In questo ambito di uniformità dei meccanismi, la variabilità sopra descritta è data dalle forme alleliche, forme cioè con diversi gradi di azione codificante (o regolatrice) che mappano nello stesso sito genico. Geni diversi che per la loro parte assicurano quella variabilità che è il motore dell’evoluzione. Nel caso in discussione, la maggiore o minore divergenza cromatica tra i due sessi è data da alleli che hanno un diverso grado di sensibilità nei confronti dell’assetto ormonale. Anche questi sono geni che lavorano a monte di BCO2. Ad esempio, nella femmina di Canarino ventregiallo Crithagra flaviventris(foto 3), eviden temente, c’è un allele che, ca ratterizzato da una spiccata sensibilità rispetto allo stato ormonale femminile, codifica per una forte attivazione di BCO2, quindi per una degradazione massima dei lipocromi; invece nella femmina di Canarino solforato Crithagra sulphuratus (foto 3) l’allele presente risulta refrattario all’influsso ormonale, quindi il segnale inviato a BCO2è molto più debole, la degradazione del lipocromo non si attiva e le penne hanno modo di colorarsi in modo consistente. In questi due casi, in una ottica canarinicola, potremmo dire che il Canarino solforato è un brinato, mentre il congenere Canarino ventregiallo, che all’opposto presenta uno spiccato dimorfismo, sempre nella stessa ottica possiamo definirlo un mosaico. Queste manifestazioni fenotipiche anche opposte, che, come detto, sono codificate da alleli diversi, nei casi citati coesistono nell’ambito dello stesso Genere, ma a ben vedere possono coesistere anche nell’ambito della stessa specie, soprattutto se questa abita areali vasti ed è soggetta a periodiche migrazioni con relativo continuo rimescolamento genico. Tra le femmine di Verzellino o di Lucherino europeo possiamo trovare di quelle diffusamente
gialle o, all’opposto, di quelle con il giallo solo nelle canoniche zone di elezione, cioè spalline e sopraccoda. Tra questi estremi c’è tutta una sequenza di forme intermedie. Differenze che sono, appunto, dettate dalla spiccata eterozigosi degli alleli sopradetti presenti nella popolazione. Le specie isolate in areali ristretti, di norma, presentano invece fenotipi molto più uniformi; questa realtà è provocata da un fenomeno che va sotto il nome di effetto del fondatore, dove le frequenze alleliche ereditate dai pochi soggetti isolatisi risultano di norma decisamente meno variegate rispetto a quelle possedute dalla più vasta popolazione originale. Questa, penso, è la situazione genetica che in qualche modo collega il Canarino selvatico con il suo cugino continentale, il Verzellino. In quest’ultimo, per la specifica caratteristica, nel locus“mosaico”, c’è un alto numero di alleli, mentre per il Serino delle Canarie il ventaglio delle possibili alternative è molto più ristretto.
Incroci e reincroci Arrivati a questo punto, è evidente dove io stia andando a parare: nel Canarino selvatico, per la funzione di cui ci stiamo occupando, è prevalente un allele relativamente refrattario rispetto allo stato ormonale. Per questo il suo dimorfismo, pur presente, è piuttosto scarso. Nel Cardinalino, invece, nell’omologo locus, è presente un allele che permette l’estrinsecazione di un ben percepibile dimorfismo. Circa cento anni fa, alla ricerca del Canarino rosso iniziarono le massive ibridazioni tra lo Spinus e il Serino domestico. A questo punto del discorso, una delle domande che vengono poste è: come mai i Canarini dimorfici non sono apparsi subito? La risposta credo vada ricercata nel fatto che al tempo non si sapeva della possibile esistenza della forma a dimorfismo accentuato: quello che si cercava era la massima espressione del rosso. Gli F1 maschi, per lo specifico locus del “mosaicismo”, erano degli eterozigoti, in possesso cioè di un allele ereditato dal padre Cardinalino ed uno ereditato dalla Canarina. Data la dominanza intermedia nell’espressione dei due alleli (come sopra indicato), i maschi ibridi erano difficilmente distinguibili rispetto ad un classico brinato, mentre le femmine erano considerate semplicemente degli inutili soggetti scarichi di colore, da allontanare al più presto dall’allevamento. Data la sterilità di queste ultime, i maschi F1 venivano accoppiati a loro volta a delle Canarine brinate: ecco quindi che metà degli R1 prodotti risultavano essere degli omozigoti per l’allele “non mosaico”, erano cioè dei brinati ben colorati. Essendo questi probabilmente più rossi dei fratelli eterozigoti, erano quelli che venivano di preferenza riaccoppiati, ovviamente sempre con Canarine brinate. Così di seguito anche nelle stagioni successive. In definitiva, per una mera questione probabilistica, la selezione operata dai primi allevatori del Canarino “a fattori rossi”, una stagione dopo l’altra, portava inconsapevolmente ad assottigliare la possibilità che l’allele per il mosaico trasmesso dallo Spinus restasse presente nei successivi reincroci. Fortunatamente, però, queste ibridazioni venivano portate avanti massicciamente, quindi è certamente successo che diversi alleli “mosaico”, nonostante la selezione avversa, abbiano potuto insinuarsi clandestinamente nel genoma della popolazione dei Canarini, che nel frattempo stavano diventando sempre più rossi. Il punto di svolta in questa ricostruzione arriva con le femmine di quarta generazione (R3): queste, a volte, cominciano a manifestare un certo grado di fecondità. L’altra variabile, come descritto, è nella possibilità, non alta, che alleli “mosaico” possano essere arrivati nel loro genoma. Quando si verifica questa fortunata coincidenza, tali femmine accoppiate a maschi portatori di analogo assetto genetico hanno un 25% di possibilità di generare figli dimorfici; tra questi rari soggetti, ecco finalmente le prime femmine dimorfiche omozigoti, le prime vere mosaico. Soggetti inediti e vistosi che, fresche di parentela con il Cardinalino, certamente presentavano zone di elezione intense e contrastanti sul piumaggio “bianco gessoso”. L’epopea del Canarino mosaico (lipocromico), anche se faticosamente, aveva a quel punto preso il via. I melaninici, da parte loro, per diverso tempo sono ancora andati avanti senza che gli allevatori stessero troppo a sottilizzare circa la loro appartenenza all’una o all’altra categoria.
Mosaico rosso maschio, foto: E. del Pozzo
Vecchi mosaico e nuovi mosaico incistate legando il lump e poi inciDopo che furono apparse le prime dendolo, ci siamo cimentati nell’imfemmine vistosamente mosaico, per presa. Io reggevo la povera bestiola anni prevalse negli allevatori la con- e mio suocero operava. Alla vista del vinzione che non esistessero maschi sangue mi sono mancate le gambe e mosaico. Idea certo sbagliata: eviden- mi è venuto da vomitare. Effettivatemente quei pionieri non erano in mente, se avessi scelto di fare il chigrado di distinguerli. Poi qualcuno più rurgo, sarei morto di fame. Alla beattento si è accorto dello stacco stiola, poveretta, è andata purtroppo bianco all’altezza dell’attaccatura peggio. delle zampe. Furono così finalmente Quello iniziale, per i Canarini lipocroriconosciuti i famosi maschi dimorfici. mici mosaico, nonostante scelte sePrima li chiamavano “Salmonati por- lettive poco ortodosse, è stato cotatori di mosaico”, nella convinzione munque un periodo veramente che il fattore coinvolto fosse sesso- esaltante. Tutti allevavano mosaico. legato. In proposito, ho condotto una faticosa ricerca tra le mie vecchie riviste stratifi- Mosaico rosso avorio maschio, foto: E. del Pozzo cate alla rinfusa in un armadio. Per il Canarino mosaico, pur fra diverse incertezze circa i meccanismi genetici coinvolti, quello iniziale penso sia stato il periodo migliore, con manifestazioni cromatiche che rispecchiavano il dimorfismo “naturale”. Successivamente, è prevalsa la convinzione che anche i maschi dovessero diventare smaccatamente mosaico ed è stato così che ci si è messi a selezionare i soli geni selezionabili, quelli “additivi” sopra citati, ovvero quelli, come detto, presenti già nella forma base (il brinato), forzandoli in direzione della massima brinatura (ricordo che questi geni concorrono, assieme al gene principale “mosaico”, ad attivare la funzione di BCO2). Con questo obbiettivo da raggiungere, si è arrivati presto a rovinare tutto. In breve, sono stati selezionati piumaggi improponibili, presenza di brinatura nelle zone di elezione, lumps, etc. Ho vissuto in diretta quella fase assieme a mio suocero, che era un appassionato di Canarini mosaico. Ricordo che un giorno, dopo aver letto un articolo che prospettava la possibilità di poter asportare le piume Dopo qualche tempo è successo anche un fenomeno nuovo, non compreso ma molto importante: ad un tratto sono comparsi e si sono rapidamente diffusi dei “nuovi mosaico”, animali con una marcia in più in direzione del mosaicismo, con maschi naturalmente predisposti verso cromatismi quasi femminili. Cosa era successo in quel frangente? Sono state fatte molte ipotesi in merito; la più gettonata era quella che vedeva un possibile inserimento clandestino dei Gloster nelle linee selettive. Questo è quanto scriveva in proposito il francese Michel Darriguez (“Uccelli” 7-8/1982): … Fu una rivelazione allorquando l’amico Ascheri portò dall’Italia qualche femmina spettacolare, ma soprattutto qualche maschio. In seguito abbiamo supposto che certi allevatori italiani abbiano captato un secondo dimorfismo sessuale dal Canarino Gloster. Infatti, contrariamente ai discendenti del Cardinalino (piume corte e fini) la piuma del Gloster è lunga e larga, ed è così, con l’addizione di due fattori che sono nati i mosaico di “nuovo tipo”. Al tempo, altri si sono spinti ad ipotizzare l’interazione con l’avorio, o addirittura con il bianco dominante. Ovviamente nulla di tutto ciò! La realtà è che, senza che noi ne avessimo avuto sentore, per lo specifico locusera apparsa una nuova mutazione, un inedito allele (oggi, per tristi consuetudini, diremmo una variante) che, grazie alle preferenze degli allevatori, è andato in breve a sostituire quello vecchio acquisito con le ibridazioni. Ricordo che allora venivano chiamati “mosaico di tipo 2”. Questa nuova situazione non è ovviamente una esclusiva del Canarino, poiché in natura tra i fringillidi ci sono diverse specie che presentano tale tipo di spinto mosaicismo, con maschi caratterizzati da aree di
colore veramente ridotte. L’avvento nel genoma del Canarino di questo nuovo assetto genetico ha consentito, in parte, di superare le vecchie problematiche selettive. Per arrivare a quella che nei criteri di giudizio è ritenuta anche nei maschi l’ottimale contrazione delle zone di elezione, non è più necessaria la esasperata forzatura dei “geni additivi”, tesa a spingere a manetta la funzione di degradazione dei carotenoidi da parte del gene BCO2, con tutti i risvolti sul colore e sul piumaggio che questo comporta. C’è un’ultima osservazione che vorrei condividere con l’amico Giovanni: agli esordi, quando veniva accoppiato un mosaico vecchio tipo con un brinato, il risultato era un intermedio che dai meno esperti poteva essere confuso con un brutto brinato. Lo stesso accoppiamento fatto con un mosaico moderno, quello che dagli argomenti che ho prospettato risulta in possesso di un allele più drastico nella degradazione dei lipocromi, è presumibile che sia in grado di produrre sul mantello dei figli un equilibrio più spostato verso un ben riconoscibile mosaicismo, sia pure con espressioni non canoniche. A questo punto la domanda è: forse questa differenza di risultati tra quello che vediamo oggi e quello che succedeva quaranta/cinquanta anni fa ha originato le nostre differenze di vedute nell’analisi del fenomeno? Arrivato a questo punto, dato che di spunti per nuove discussioni ne ho espressi in abbondanza, magari è meglio fermarsi qui. Ero partito con l’idea di scrivere due righe, invece me ne sono sfuggite un tantino di più. La speranza, quindi, è di non aver abusato della pazienza di quei pochi che hanno la bontà (o l’incoscienza) di andarsi ad impantanare appresso al mio ritorto argomentare. A costoro riservo un caro saluto e tutta la mia più umana comprensione.
NOTA
(1)Quando il carotenoide che viene scisso da
BCO2è il beta-carotene, si formano due molecole di vitamina Ao retinolo. Questa vitamina ha un’importanza fondamentale per la vista poiché insieme ai suoi precursori, i carotenoidi, fa parte dei componenti della rodopsina, la sostanza presente sulla retina che dà all’occhio la sensibilità alla luce. La vitamina Aè inoltre utile per lo sviluppo delle ossa e per il loro rafforzamento nel tempo. Un vantaggio, questo, per le femmine che, presentando meno lipocromo nella livrea, possono disporre di maggiori dosi di vitamina A in circolo garantite dalla forte attivazione del gene BCO2. Cosa certamente utile in fase di importante prelievo di calcio dalle ossa durante la deposizione.
BIBLIOGRAFIA
M. A. GAZDA:A genetic mechanism for sexual dichromatism in birds– “Science” 368, 1270-74, 2020 G. ZAMBETTA:Osservazioni sulle varie teorie riguardanti le origini del Canarino mosaico – “Alcedo” 89/2016 G. CANALI:Domande sul mosaico – “Italia Ornitologica” 2/2021 G. CANALI: Considerazioni sul rosso e il mosaico –“Italia Ornitologica” 1/2020