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Le più recenti estinzioni di uccelli
Cause e strumentalizzazioni
di ROBERTOBASSOe MARTINALANDO, foto COLLEZIONICIVICOMUSEODIJESOLO
Sono decenni che l’Associazione Nazionale A.R.C.A, Associazione per la Ricerca e la Conservazione Ambientale, che oggi gestisce il Civico Museo di Storia Naturale di Jesolo, ricerca dati e informazioni attendibili su questo delicato e complesso fenomeno. Tanto si è detto, tanto si è scritto in epoca storica e contemporanea cercando a volte di strumentalizzare le cause dirette e indirette di queste estinzioni. Seppur vero che a monte la causa o concausa veda come costanza l’invadenza della specie umana, è anche vero che l’alterazione dell’ambiente e i danni a volte insanabili perpetrati a danno della biodiversità ne hanno fortemente condizionato gli esiti. Oggi vi sono nuove e ulteriori aggravanti che pongono a rischio d’estinzione molte specie sul pianeta, non solo animali ma anche vegetali. Ci si riferisce ai cambiamenti climatici, alle crescenti fonti di inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo ma anche alla colonizzazione di specie alloctone invasive che stanno stravolgendo equilibri e dinamiche di popolazione. Vedremo qui di seguito in ordine cronologico le estinzioni di alcune note specie di uccelli a partire da circa due secoli fa, dati sintetizzati anche da tesi sperimentali condotte da studenti universitari e ricercatori con cui si è potuto in più occasioni lavorare e confrontarci.
Alca impenne (Pinguinus impennis, Linnaeus, 1758) L’alca impenne si è estinta nel 1852; è
Fedele ricostruzione di alca impenne adulta, collezioni Civico Museo di Jesolo
una specie che apparteneva alla famiglia degli Alcidae,viveva nelle acque settentrionali dell’Oceano Atlantico e si poteva trovare comu nemente lungo le coste europee e mediterranee, atlantiche e del nord America. Si pensi che sono stati rivenuti dei fossili anche nella penisola Salentina all’interno della Grotta dei Cervi. Specie inetta al volo ma abile nuotatrice soprattutto in immersione, si recava a terra solitamente durante il periodo di nidificazione, in cui si riuniva in grandi colonie. La sua popolazione originaria si presume fosse costituita da qualche milione di esemplari, ma nei secoli decrebbe, soprattutto per mano dell’uomo. L’estinzione della specie fu dovuta principalmente al fatto che il suo piumino molto pregiato venisse utilizzato per la realizzazione di cuscini o coperte imbottite. Già a partire dalla metà del sedicesimo secolo, tutte le colonie europee di alca impenne erano state sterminate proprio per la grande richiesta delle sue penne e carni, che venivano lavorate e salate dagli equipaggi dei naviganti e ritenute sostanziose proteine. Fu già nel 1553 che la specie venne protetta in Gran Bretagna, vietandone la sua uccisione. Sulle coste nordamericane la specie visse invece per lo più indisturbata sino agli anni ’70 del Settecento, quando anche lì gli esploratori e commercianti di penne iniziarono a perseguitarla. La popolazione dell’alca impenne iniziò inevitabilmente ad avere un rapido declino e, data la sua rarità, ben presto musei e studiosi di tutto il mondo cercarono di acquisire pelli salate o uova per le loro collezioni scientifiche. Le colonie di questa specie andarono sempre più rarefacendosi:
Due maschi adulti di anatra del Labrador, collezioni Civico Museo di Jesolo.
l’ultima coppia di alca impenne fu uccisa nel 1844 nell’ultima colonia a largo dell’Islanda. L’ultimo esemplare fu avvistato nel 1852 sulle coste dell’isola canadese di Terranova e a seguito di questo la specie fu dichiarata estinta.
Anatra del labrador (Camptorhynchus labradorius, Gmelin, 1789) L’anatra del Labrador era un’anatra endemica nordamericana, la cui estinzione è avvenuta più di un secolo fa nel 1878. Quest’anatra deve il proprio nome alla penisola canadese del Labrador, in quanto si pensava nidificasse nelle isole della costa meridionale di questa regione. Tuttavia, non vi sono dati certi in merito alla sua presenza in questa penisola ed oggi si può affermare che in realtà il suo areale di distribuzione si estendesse dalle coste atlantiche meridionali del Canada fino alla baia di Chesapeake (Virginia, USA), comprendendo perciò tutta la costa nord-orientale statunitense. Fu osservato che l’anatra del Labrador si presentava solo stagionalmente lungo le coste atlantiche statunitensi; ciò confermò che fosse di fatto una specie migratrice. Questa specie, di fatto, nidificava a nord, presso il Golfo di San Lorenzo e le coste meridionali canadesi, successivamente, migrava e durante la stagione invernale svernava lungo le coste orientali degli Stati Uniti. È interessante notare come l’anatra del Labrador sia stata dichiarata estinta nel 1878, poco meno di un secolo dopo la sua scoperta, avvenuta nel 1788. Dopo il 1871 furono avvistati solo due esemplari: uno fu ucciso da un cacciatore di Long Island (New York) nel 1875, l’altro fu avvistato a Elmira (New York) nel 1878. La causa principale di estinzione della specie è ad oggi ancora poco chiara, in quanto essa risultava già in difficoltà prima dell’arrivo dei coloni europei. Si può affermare che l’uomo ebbe però un ruolo decisivo, creando delle criticità. Vi sono infatti testimonianze secondo cui, presso i mercati alimentari di New York e Baltimora, tra il 1840 e il 1870 comparvero numerosi esemplari di anatra del Labrador. Quest’anatra non era principalmente cacciata per scopi alimentari; la carne, infatti, era stopposa e aveva un forte sapore di pesce, dovuto alla sua dieta a base di fauna marina. In quel contesto storico, vi erano invece molti commercianti di penne ornamentali che causarono la diminuzione di diversi uccelli acquatici della costa atlantica, tra i quali anche l’alca impenne. Molti zoologi ipotizzano che l’uomo influì sul destino di quest’anatra non solo mediante la caccia ma anche diminuendo la sua principale fonte di cibo. I molluschi, infatti, erano la base della sua dieta alimentare, in quell’area allora, come ancora oggi, erano pescati in grande quantità da cui nacque una vera e propria economia. L’anatra del Labrador, a differenza di altri uccelli acquatici, risultò altamente specializzata e dipendente dai molluschi, per cui la sua estinzione è stata inarrestabile. Si può quindi comprendere come l’azione dell’uomo possa impattare notevolmente su una specie già in difficoltà, provocando severe conseguenze non solo sul singolo elemento ma sull’intero ecosistema.
Colomba migratrice (Ectopistes migratorius, Linnaeus, 1766) La colomba migratrice era una specie di origine nordamericana molta diffusa in passato ma che, nonostante ciò, agli
inizi del Novecento si estinse. La specie apparteneva alla famiglia dei Columbidaee, a dispetto del nome volgare, il suo aspetto si avvicinava di più a quella di una tortora. La colomba migratrice viveva tipicamente nella parte centroorientale del Nord America, anche se nei secoli è stata talvolta avvistata in centro America (Cuba, Mexico). Agli inizi del diciannovesimo secolo era considerata l’uccello più diffuso al mondo, con una popolazione costituita da più di tre miliardi di individui. Vi sono inoltre alcune testimonianze di coloni europei dell’epoca secondo cui, già durante il Seicento, la colomba migratrice era ampiamente diffusa. Furono osservati branchi in migrazione o erratici lunghi chilometri, che oscuravano il sole e il rumore delle loro ali era così assordante da udirlo a grande distanza. Quindi com’è possibile che si sia estinta? E soprattutto, perché così rapidamente? L’estinzione della colomba migratrice si può infatti considerare come il risultato di una serie di diversi fattori tra loro concatenati. Con l’arrivo dei coloni europei si ridussero, a causa della caccia, i predatori di questa colomba e allo stesso tempo anche i suoi competitori che si alimentavano degli stessi semi. Inizialmente la specie perciò crebbe enormemente ma la disponibilità di cibo nelle foreste risultò insufficiente a mantenere la sua numerosa popolazione. Ad aggravare la situazione ormai precaria si aggiunse, inoltre, il fenomeno della deforestazione che andò a depauperare gli alberi ad alto fusto, su cui la specie nidificava in immense colonie. Con la distruzione dell’habitat e la diminuzione di risorse alimentari, la colomba migratrice si trovò così in estrema difficoltà. Questa fase di declino repentina si accentuò tra il 1870 e il 1890: il prelievo venatorio fu determinante, in quanto si sa che la sua carne era molto apprezzata. Decisiva fu sicuramente la stagione venatoria del 1878 in Michigan (USA), durante la quale si stima sia stato ucciso almeno un milione di esemplari. L’estinzione della colomba migratrice è stata convenzionalmente individuata nell’anno 1914, quando il 1° settembre morì nello zoo di Cincinnati (Ohio, USA) quello che si riteneva fosse l’ultimo esemplare della specie, chiamato “Martha”. Il caso della colomba migratrice ci insegna quindi come una qualsiasi specie, anche quella che sembra la più numerosa e inattaccabile, può essere messa in pericolo dal sovrapporsi di più cause o concause; la natura è basata su equilibri che possono essere talvolta molto fragili.
Anatra testarosa (Rhodonessa caryophyllacea, Latham, 1790) L’anatra testarosa è un’anatra tuffatrice che vive per lo più nelle zone umide del nord-est dell’India, in particolare nella zona che confina a sud con il fiume Gange e a est con il fiume Brahmaputra. L’habitat tipico di questa specie è rappresentato da stagni appartati e ricoperti di fitta vegetazione, acquitrini e paludi, presenti nelle foreste planiziali o in alte praterie. L’anatra testarosa risulta attualmente una specie in pericolo d’estinzione o addirittura estinta: ciò è confermato dalla red list della IUCN, secondo cui viene considerata “in pericolo critico” (CR). La situazione risulta essere concretamente allarmante, in quanto l’ultimo avvistamento accertato è avvenuto tra il 1948 e il 1949 presso il lago Manroopa (Bihar, India). La specie, già in passato, era considerata poco comune ma si può associare l’inizio del suo declino con la fine del diciannovesimo secolo, quando il suo habitat fu drasticamente ridotto per l’ampliamento dell’aree coltivate dall’impero coloniale inglese. Si pensa, inoltre, che la rarità della specie incentivò ad offrire alte ricompense per la cattura di questi esemplari, destinati poi ad essere esportati in diversi zoo di tutto il mondo. L’intensa pressione di
Fedele ricostruzione di maschio adulto di anatra testarosa, collezioni Civico Museo di Jesolo
raccolta sulla popolazione rimanente potrebbe pertanto aver segnato ulteriormente il suo destino. Durante gli anni Sessanta del secolo scorso ci sono stati alcuni presunti avvistamenti che però non sono stati riconosciuti dalla maggior parte della comunità scientifica. Questo ha fatto sì che, per molti, la specie sia da considerare già estinta a partire dagli anni Cinquanta. D’altra parte, però, visto il comportamento particolarmente schivo, ad oggi non vi è ancora la concreta certezza che la specie sia completamente scomparsa. L’anatra testarosa fu oggetto di ripetuti tentativi di riproduzione da parte di appassionati allevatori, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, anche in diversi zoo e giardini zoologici d’Europa e dell’India. Caso emblematico fu l’allevamento creato dall’esperto avicoltore Alfred Ezra, che nel 1925, presso la sua casa a Foxwarren, in Inghilterra, creò un grande recinto in cui inizialmente inserì cinque esemplari di anatra testarosa, che gli furono mandati dal fratello che viveva a Calcutta. Ezra constatò come gli esemplari in suo possesso, se da una parte si dimostravano piuttosto longevi (vissero all’incirca 10-12 anni), dall’altra non tentavano in alcun modo di riprodursi, nonostante vivessero in condizioni eccellenti. La riflessione che ne emerse fu che se è vero che sia stato possibile detenere questa specie in cattività così a lungo, facendole raggiungere una longevità ragguardevole, ciò significava che le condizioni di stabulazione e alimentazione erano sicuramente ottimali, mentre la loro indole schiva e timorosa ne ha compromesso la riproduzione. Negli anni a seguire Ezra si fece spedire diversi esemplari ma tutti non si riprodussero. Si ha testimonianza che suo fratello, Sir. David Ezra, avesse nel 1945 un maschio nelle sue voliere a Calcutta. Quest’esemplare era stato catturato agli inizi degli anni ’30 del secolo scorso al confine tra l’Assam e il Bengala e perì l’11 novembre 1948. Sulla base delle informazioni presenti, quest’ultimo individuo coincide con l’ultima registrazione di anatra testarosa tenuta in cattività. Cosa ancor più sconcertante sarebbe scoprire che forse era anche l’ultimo membro vivente della specie. La rarità di questa specie è associabile alle sue abitudini etologiche piuttosto singolari e altrettanto specializzate, per cui la sua sopravvivenza, al di fuori del suo habitat naturale, risulta essere particolarmente difficile, come testimoniato dai diversi tentativi di allevamento avvenuti nella prima metà del secolo scorso. Ma proprio per questi motivi e abitudini di vita così schive e notturne che diversi ricercatori sono convinti che la specie non sia ancora estinta, ma che sia relegata ad alcuni ambienti scarsamente esplorati e di non facile accesso, perché trattasi di biotopi ricchi di vegetazione acquatica e impenetrabile, se non da guide del posto particolarmente pratiche.
Casarca crestata (Tadorna cristata, Kuroda, 1917) La casarca crestata è un’anatra di superficie di origini orientali, la cui esistenza oggi risulta essere gravemente minacciata e secondo alcuni studiosi potrebbe essere addirittura estinta. La red listdella IUCN classifica, infatti, la specie come “in pericolo critico” (CR) e stima che ad oggi la popolazione sia inferiore ai 50 individui. L’areale di distribuzione della casarca crestata comprende la Russia orientale, la Corea e il Giappone. Oggi si conosce ancora poco in merito all’etologia di quest’anatra e questo è dovuto ai suoi rarissimi avvi-
Fedele ricostruzione di maschio adulto di casarca crestata, collezioni Civico Museo di Jesolo Bella preparazione di chiurlottello, collezioni Civico Museo di Jesolo
stamenti. Si ipotizza che sia una specie migratrice che si riproduce in Russia nord-orientale per poi svernare in Giappone, Corea e in Russia meridionale. Vi sono diverse ipotesi in merito all’attuale statusdi popolazione della casarca crestata, ma nessuna di queste può essere confermata con certezza. I pochissimi avvistamenti sono infatti avvenuti per la maggior parte più di 60 anni fa. Alcuni propongono che la specie si sia drasticamente ridotta a partire dagli inizi del ventesimo secolo, in quanto si ha testimonianza che, all’incirca due secoli fa, fosse effettivamente più abbondante e con una distribuzione più ampia. Nel Settecento, infatti, diversi esemplari furono catturati ed esportati a scopo ornamentale dalla Corea in Giappone. Fino al 1854, in Giappone molti esemplari furono catturati a questo scopo, tanto che sono stati raffigurati in un importante trattato giapponese di avicoltura dell’epoca. È proprio per la rarità degli avvistamenti che nel 1916, a seguito dell’uccisione di un esemplare femmina in Corea del Sud, la casarca crestata fu dichiarata estinta. Inaspettatamente, a quasi trent’anni da quell’evento, nel 1943 fu nuovamente avvistato un esemplare in Corea del Sud, tanto che allora crebbe la speranza che la specie fosse effettivamente più numerosa di quanto previsto. A questo avvistamento segue l’ultima testimonianza accertata, avvenuta nell’estate del 1964 vicino a Vladivostok: due studenti russi videro un gruppo di tre individui, due femmine e un maschio. Ad oggi non si sa ancora con certezza quale sia il motivo principale della riduzione di popolazione, ma sicuramente si può affermare che la sua sopravvivenza sia stata messa in pericolo nei secoli scorsi a causa dall’uomo e più recentemente dalla perdita del proprio habitat. Negli anni ’80 del secolo scorso si cercò di
Raro esemplare del 1857 di colomba migratrice, collezioni Civico Museo di Jesolo
ottenere maggiori informazioni riguardanti la specie e il suo statusdi popolazione con due campagne di volantinaggio. Purtroppo, non si ebbe un significativo riscontro e l’unico risultato fu un singolo avvistamento non confermato in Corea del Nord. Purtroppo, negli ultimi anni la comunità scientifica non si è più attivata per effettuare delle verifiche in merito; ciò non consente di sapere se la specie sia effettivamente estinta o ancora presente in piccoli nuclei. Fondamentale sarebbe effettuare delle spedizioni scientifiche nelle aree in cui la specie è stata maggiormente avvistata in passato, così da verificarne la sua presenza ed eventualmente studiare in dettaglio la sua etologia e le strategie di conservazione. Ciò permetterebbe di ipotizzare un tentativo di riproduzione in cattività e successiva reintroduzione nell’habitat naturale, così come in passato è avvenuto con successo per diverse altre specie ritenute a rischio.
Chiurlottello (Numenius tenuirostris, Vieillot, 1817) Il chiurlottello è un uccello appartenente alla famiglia degli Scolopacidi e attualmente risulta essere estinto dagli inizi del terzo millennio. L’areale di distribuzione della specie coincideva perlopiù con l’Europa orientale ma comprendeva anche parte dell’Europa centro-meridionale; sono anche stati avvistati degli esemplari in alcuni stati nordafricani, in particolare in Marocco. Questo areale così vasto è giustificato dalle sue abitudini migratorie. Il chiurlottello durante l’estate si riproduceva per lo più in Russia (nella regione di Omsk) per poi spostarsi verso sud-ovest, verso le sue aree di svernamento, tra le quali vi era anche l’Italia. Quest’uccello viveva in un’ampia varietà di habitat: solitamente prediligeva le aree umide come lagune, paludi e praterie. Agli inizi dell’Ottocento la specie era considerata piuttosto comune ma in un solo secolo la sua popolazione ebbe un rapido declino, tanto che durante la seconda metà del Novecento era già considerata molto rara. Sono state individuate diverse possibili cause di questo decremento: tra le più avvalorate vi è la distruzione degli habitat di nidificazione e svernamento, con la conversione delle
aree umide in terreni agricoli. Da sottolineare che il chiurlottello era conosciuto per la sua natura molto confidente e gregaria, perciò, riducendosi in piccoli nuclei, ne è derivata un’alterazione dei suoi schemi sociali, come ad esempio individuare adeguate aree di sosta durante la migrazione e colonie di nidificazione ove poter difendere uova e pulli dai predatori naturali. Nel 1996, quando ormai la situazione era diventata più che allarmante (si stimava fossero rimasti solo un centinaio di esemplari), fu avviato un piano d’azione internazionale che consisteva nell’individuare delle aree a protezione speciale (siti di nidificazione, svernamento e migrazione del chiurlottello) e nell’educare i cacciatori e le popolazioni locali in merito allo statusdi popolazione della specie. I risultati furono ben scarni: gli ultimi avvistamenti accertati pare ci siano stati in Ungheria. Anche per questa specie si ha perciò conferma di come le bonifiche e il dissodamento delle aree umide siano state le cause principali e più impattanti per la sua sopravvivenza. Il ruolo della specie umana, mai come oggi, risulta determinante per poter salvaguardare non solo le specie animali e vegetali, ma il bene più importante, che è la biodiversità. Si dovrà porre il massimo impegno a non commettere gli stessi errori del passato e, nell’immediato futuro, agire con tempestività e competenza.
I NOSTRI LUTTI
In memoria di Gabriele Rodella
Nel pomeriggio del 26 Marzo 2021 comincia a girare tra noi soci una notizia tremenda: Gabriele ci ha lasciato, si Gabriele Rodella, a soli 64 anni improvvisamente se n’è andato. Incredulità e sgomento colpisce tutta l’Associazione Ornitologica Legnaghese. Amico di tutti, sguardo sempre sorridente, attento osservatore della realtà, all’interno della nostra Associazione è stato sempre disponibile per qualsiasi necessità. Dispensava con generosità consigli e pareri spassionati a chi gli chiedeva di ornitologia o di meccanica, il lavoro di una vita. Gabriele è sempre stato in prima linea per allestire le mostre, mettendosi a disposizione senza orari, senza mai tirarsi indietro. Se subentrava un problema o difficoltà lui era presente per dare il suo contributo. Caro Gabriele, tu non ci sei più, ma tra di noi rimarrà vivo non solo il tuo ricordo, ma anche il tuo esempio. Ti ricorderemo come una persona molto sincera, di cui si poteva avere piena fiducia, una persona che, una volta data la sua parola o la sua disponibilità, potevi essere sicuro che sarebbe andata fino in fondo. Ciao Gabriele riposa in pace
Gli Amici e Soci dell’Associazione Ornitologica Legnaghese