14 minute read
Compio 50 anni di F.O.I
di GIOVANNICANALI
L’autore all’interno del Museo F.O.I.
Vorrei ricordare qualcosa del mio passato ornitologico, poiché penso che le mie esperienze e valutazioni possano essere condivise da qualcuno e possano suggerire conside ra - zioni, mi auguro utili. Poiché mi sono iscritto il 01–01–1970, ho compiuto il mezzo secolo di iscrizione alla mia associazione, che è quella di Parma, allora A.O.P. oggi A.D.O.P. affiliata alla F.O.I., veden domi attribuito l’R.N.A. A895. Va aggiunto che allevavo già da tempo; ho avuto i primi uccellini (pappagallini ondulati) ad 8 anni e mi sarei iscritto prima; avevo letto qualcosa della F.O.I. su di un libro, ma il negoziante che frequentavo non era in buoni rapporti con l’associazione locale e non faceva informazione in tal senso. Da qui il consiglio che do alle associazioni di avere un buon rappor to con i negozianti. Finalmente, quando ebbi informazio ni precise, avevo quasi 22 anni, andai nella sede dell’associazione, che poi non era una sede, ma il bar di un circolo sportivo (mi pare che fosse il Rapid) dove alla domenica i soci si riunivano. Il bar è un contesto utilissimo per fare gruppo, e sarebbe bene che non mancasse. Mi presentai e mi iscrissi, come se stessi facendo una cosa da tempo desiderata e che ritenevo importante. Fui accolto bene, ma non riscontrai subito il coinvolgimento che avrei gra dito. Anche da qui nasce la disponibilità che ho sempre nei confronti dei nuovi iscritti e che sollecito anche agli altri soci anziani. All’inizio il mio rapporto con l’ambiente
degli allevatori del quale venivo a far parte era quasi esclusivamente limitato all’associazione locale. Purtroppo, all’epoca non c’era la rivista Italia Ornitologica e quindi il collegamento F.O.I.- allevatori era alquanto labile. Della Federazione sentivo parlare poco e come qualcosa di lontano. Solo successivamente ci fu qualche importante contatto in più; del resto, ebbi anche un’esperienza a livello di raggruppamento e divenni giudice. Poi ricevetti anche l’alto incarico di tenere diversi corsi allievi giudici che non credo possano essere dimenti cati tanto facilmente. Un ulteriore impegno è stato anche il museo, ove ho collaborato e collaboro. Ho a vuto anche partecipazioni nella commissione tecnica. Mi fu utilissimo l’abbonamento alla rivista “Il giornale degli uccelli” edito dall’Encia di Udine, pubblicazione mensile di notevole pregio per l’epoca sulla quale scrissi i miei primi due articoli, assieme ad un valoroso compianto a - mico, Paolo Franzosi. Su quella rivista si parlava non solo di tecnica, ma qualche volta anche della Federazione, delle mostre ecc.. C’era anche un’altra rivista: “Uccelli”, pure di Udine, alla quale mi sono abbonato dopo, ma la apprezzavo meno: c’era qualche buon articolo, ma lo spazio dato alle polemiche, spesso opinabili e di dubbia utilità, ritenevo fosse eccessivo. Successivamente migliorò sotto questo aspetto, ma purtroppo non durò e chiuse. Avere riviste di settore è importantissimo poiché sono strumento utilissimo di approfondimento e l’approfondi men to è cosa ben diversa dalle chiacchiere da bar. Inoltre, è bene diversificare le fonti di informazione. Poi è arrivata la rivista “Italia Ornitologica” che ha costituito un salto di qualità nei rapporti con gli allevatori e
pure pregevole per gli aspetti culturali. Timidamente, do po qualche tempo, mandai qual che contributo anche a questa rivista; in seguito ho accresciuto la collaborazione e da diversi anni sono impegnato nel comitato di redazione. Successivamente apparve la rivista “Alcedo”, davvero splendida, con la quale, pure, ho avuto delle frequentazioni. La sua chiusura la considero una vera grave perdita a livello culturale e trovo incredibile che gli abbonamenti non siano stati numericamente adeguati. Oggi abbiamo anche “L’informatore alato” dell’associazione di Monza e “Il Corriere Ornitologico” di Palermo. Riviste piccole di formato ma non di contenuti, che sono spesso pregevoli; sono in rapporti costruttivi anche con queste. C’è solo da rattristarsi per la scarsa atten zione che gli allevatori hanno per le pubblica zioni, così utili a livello culturale e di ap pro fon - dimen to. Si consideri che i vari social, così alla moda, dove chiunque può dire qualunque cosa, non sono sostitutivi di testi e riviste importanti. Diverso il caso di riviste informatiche o siti gestiti adeguatamente da persone competenti. A livello di collaborazione con I. O. ebbi un notevole esito quando entrai nel gruppo dei collaboratori più impe gna - ti. Andavo molto volentieri alle riunioni di Piacenza; qui conobbi diverse persone importanti del nostro ambiente, in particolare ricordo il compianto prof. Zingoni. Non capita tutti i giorni di conoscere un docente universitario, ancorché a riposo. Nonostante la differenza di età, ebbi con lui rapporti cordiali e perfino amichevoli. Spesso l’ho disturbato per avere conforto scientifico a certe mie osservazioni. Del resto, un perfezionista come me ha sempre timore di sbagliare e gradisce l’avallo di persone qualificate. Ebbi anche la fortuna di conoscere altri ornitologi e docenti universitari. Uno fu il cordialissimo compianto prof. Sergio Frugis; anche con lui ebbi colloqui di straordinario interesse. Poi il prof. Renato Massa, col quale ho pure tut - tora rapporti amichevoli, nonché interessanti culturalmente. Abbiamo anche pubblicato assieme un articolo che ha lanciato l’idea del pappagallino ondulato di colore, successivamente riconosciuto, grazie soprattutto a Sal - va tore Cirmi che ne comprese il pregio. Non a caso il prof. Massa ed io siamo ostili a certe selezioni eccessive, specialmente riguardanti il gigantismo. I rapporti con il mondo universitario ed ornitologico scientifico sarebbero interessantissimi, ma purtroppo le difficoltà sono proibitive. Può esserci qualcosa solo se tali scienziati sono interessati a livello personale al nostro ambiente amatoriale. Ho avuto la fortuna di conoscere il compianto prof. Danilo Mainardi in occa - sione di una trasmissione televisiva sui canarini, quando gli fornii alcuni ragguagli. Rimasi colpito dalla sua brillantezza intellettuale; infatti, quando gli il lu s tra - vo qualche aspetto particolare a lui non noto, capiva al volo, prima ancora che avessi terminato! Una cosa ben diversa da certi personaggi che non capiscono anche dopo reiterate spiegazioni e poi dicono di non essere d’accordo... Successivamente, ricorsi a lui per la faccenda del mosaico e molto gentil - mente mi procurò un appuntamento all’istituto di genetica. Con estremo imbarazzo ci andai e qui mi si disse che, dal punto di vista teorico, il discorso reggeva. Quindi non una adesione, non conoscevano la fattispe cie, ma almeno un avallo teorico sì. Questo mi consentì di scrivere l’articolo considerato a lungo “eretico”, ove escludevo l’ori gine cardinalina del mosaico. La stessa cosa
Il “primo amore” un pappagallino ondulato
feci per l’ali grigie come effetto di geni modificatori, poi non osai disturbare oltre. Recentemente ho instaurato rappor ti cordiali via pc e telefono con il dott. Pasquale De Luca, importante genetista, già allevatore di Lizard, che ha apprezzato una mia ipotesi, o forse già teoria, sull’intenso, tanto che l’ha tradotta in inglese scientifico e con una sua nota a margine. Grandi soddisfazioni culturali le ho avute anche in precedenza con il com - pian to prof. Riccardo Stradi, un’autorità nel campo dei carotenoidi. Persona piacevolissima, conosciuto in un convegno scientifico. Fu per me molto gra ti ficante constatare che l’ottica sui fattori rossi sua e mia potevano coincidere, visto che i suoi studi sui carotenoidi, dal punto di vista chimico, erano compatibili con le mie osservazioni genetiche. Successivamente scrisse qualcosa per I. O. ed un articolo era a firma di entrambi, onore non certo piccolo. Più vicino al nostro ambiente, ho avuto contatti e collaborazioni con il grande compianto G. P. Mignione, uomo coltissimo, direi non sufficientemente valorizzato. Ho tuttora utilissimi contatti con il dott. Alamanno Capecchi, pure di grande cultura, e con Giuliano Fer rari, che ha una cultura ampia e profonda in varie discipline e con il quale ho calato il poker di quattro articoli, direi apprezzati, su aspetti anatomici e morfologici.
Cito in ordine alfabetico alcuni tecnici con i quali ho avuto utili collaborazioni, certo di dimenticarne alcuni coi quali mi scuso anticipatamente: C. Alfonzetti, L. Baruffaldi, D. Crovace, E. Lenzo, R. Paganelli, M. Tolomelli, G. Trainini. Cito a parte il dott. Tiziano Iemmi prezioso veterinario e coautore del mio ultimo libretto “L’ABC del Canarino”. Non devo e non intendo dimenticare Paolo Franzosi. Eravamo coetanei ed amici anche fuori dall’ambito ornitologico. Pa - o lo, quando lo conobbi, era un brillante studente universitario di fisica. Poi si sarebbe laureato con la lode e sarebbe diventato un importante ricercatore in quel campo. Eravamo considerati due promesse per l’allevamen to, ma purtroppo Paolo dovette allontanarsi per via di una grave forma allergica. Poi morì prematuramente. Fu una tragedia per la sua famiglia, ma anche un danno per la ricerca nel suo campo, visto che stava ottenendo ottimi risultati. Anche quando si era dovuto allontanare io lo frequentavo e spesso gli facevo leg gere dei miei scritti; del resto, era un esaminatore formidabile, data la formazione scientifica. Con lui, come anticipato, scrissi i miei primi due articoli, il secondo dei quali penso possa avere un certo posto nella storia del nostro ambiente, visto che per la prima volta si spiegava in modo chiaro e certo come la categoria (intenso, brinato e mosaico) fosse presente anche nei bianchi. Concetto che prima aveva già fatto capolino, ma in modo incerto e poco chiaro. Paolo ed io, da ragazzi, frequentava mo diversi allevatori ed anche personaggi ritenuti importanti. Ebbene, già allora avevamo letto testi anche scolastici ed avevamo nozioni almeno discrete su certi temi, quindi a volte, di fronte a certi errori enormi, ci facevamo qual che risata. C’era chi diceva che per allevare ottimi verdi (nero gialli) bisognasse partire incrociando un verde con un bronzo (nero rosso). Una cosa totalmente assurda; si sarebbe solo danneggiata gravemente la varietà, visto che i gialli devono essere del tutto privi di tracce rosse e per giunta di tonalità limone. Eppure, lo si dava come fatto certo, e per altrettanto certo si dava il fatto che le macchie melaniche ossee si trasmettessero, mentre quelle delle penne no! Dove per macchie ossee intendeva quelle di becco e piedi. Peccato che il becco non sia un osso, ma una produzione cutanea, un astuccio corneo, costituito cioè da cheratina come le penne; le ossa stanno sotto. Quanto al piede, anche qui le ossa stanno sotto e sono rivestite anche da squame, che come le unghie sono di cheratina e sono produzioni cutanee come le penne. Di conseguenza, nessuna differenza c’è fra la trasmissibilità (elevatissima) delle macchie in rap porto alla loro localizzazione. Qui mi veniva anche il dubbio che lo si dicesse per vendere bene i mac chia -
Tre grandi ex Presidenti: R. Coffetti, S. Cirmi e P. Droghetti
ti di piumaggio, ma forse no, sembravano convinti. Altri avevano uscite altrettanto assurde; si diceva ad esempio che “la femmina non dà nulla, dà quello che ha e te lo fa vedere, dà solo un poco di morfologia”. Come se tutti i caratteri fossero legati al sesso e più! Poi si aggiungeva di comprare femmine perché i maschi sono pericolosi, poiché non si sa cosa nascondano… inutile dire che anche qui ci scappavano facili battute e qualche risata, con frasi, da parte mia, del tipo: “Se avessi un bel maschio isabella le femmine sarebbero tutte campionesse, anche con la mamma or - ribile, magari bruna!” Oppure “Una volta ho comprato un maschio, ebbene era pericoloso; infatti è esploso!” Qualche piccola ironia ci può stare. Del resto, chi parla senza averne la com - peten za, non può lamentarsi. Dovrei ora spendere qualche parola su Silvano Gasparini, ma la cosa mi imbarazza molto, poiché dopo un inizio di forte collaborazione siamo diventa ti “acerrimi nemici” ed in modo insa nabile. Visto che non è più fra noi, non sto a dire i motivi, non potrebbe difendersi. Per onestà devo dire che all’inizio Gasparini mi ha insegnato qualcosa a livello di giudizio e mi ha incoraggiato a diventare giudice. Non posso ricor - darle tutte, ma le discussioni costruttive sono state tante. Quanto ai dirigenti F.O.I. ne ho co no sci u - ti molti ed ho sempre avuto ottimi rapporti. Ho stimato e stimo moltis simo il presidente Droghetti a lungo rieletto, come pure gli altri, come il compianto Coffetti; quanto a Cirmi, oltre a stimarlo, avevo con lui anche rapporti di amicizia personale. All’inizio delle nostre carriere da giudice, abbiamo talora giudicato nelle stesse mostre. Del direttivo attuale posso solo parlare più che bene: ho collaborato e collaboro benissimo. A livello di redazione mi trovo pure benissimo con Gennaro Iannuccilli che è un giornalista molto preparato. Non dico di più, non vorrei che sembrasse piaggeria. Posso dire che, anche a livello di associazione, ho sempre aiutato tutti i direttivi senza distinzioni, perché i direttivi passano e le associazioni restano. Danneggiare un’associazione per ostilità verso un direttivo o un presidente lo tro
vo molto sbagliato. Nella mia associazione non sempre mi sono tro vato in piena sintonia con i direttivi, ma credo che nessuno se ne sia accorto, visto che ho sempre collaborato al massimo, nell’interesse dell’associazione stessa. Certo, di liti ne ho viste parecchie; decenni or sono, mi è toccato vedere anche un violento scontro fisico. Ho anche potuto fare, sia pure approssimative, valutazioni psicologi che. Molti investono perfino troppo nel - l’hobby e talora ho assistito a zuffe verbali da bambini. Intendiamoci, anch’io mi rendo conto di investire molto nell’hobby, però vedo che non rinuncio all’autocritica ed all’autoironia, talora ridimensionandomi alquanto. Quando, in auto con il collega ed amico Ghillani, diretti ad una mostra, andiamo verso una pallida aurora autunnale, che di rosee dita non ha molto, le mie frasi autocritiche diventano anche pesanti, diciamo irripetibi li. Un brutto ricordo è legato all’uscita della prima edizione del mio primo libro, con relativo esaurimento nervo - so per lo stress profuso… stavo “andando per la tangente”. Inoltre, rimasi allibito per l’invidia che avevo suscitato. Persone che credevo amiche mi fecero attacchi incredibili. Ne avevo già viste di tutti i colori, ma riuscirono a stupirmi, cosa non facile. Comunque, come dice il proverbio “è sempre molto meglio essere invidiati che compatiti” e poi si sa: “chi si mette in luce fa ombra”. Chi volesse impegnarsi in qualsiasi ambiente è bene che lo sappia. Posso dire che le mostre attuali con l’aiuto del computer sono più facili da gestire. Ricordo come in un incubo che un tempo mi dicevano, ad esempio: “Vai a prendere tutti gli agata rossi” ed io di corsa passavo dalla prima gabbia all’ultima per tirarli fuori, una sorta di pre-classificazione. Mi chiedo come facessi, anche considerando che qual - cuno rimaneva indietro, ma non poi tanti. Quindi la premiazione su due tavoli con tutti i mucchietti delle matrici, divertentissi mo quando mancava il numero della gabbia... finivo verso le 2 e poi, il giorno successivo, ecco l’assillo di aver sba gliato qualcosa. Ovviamente in caso di errore mi accusavano di boicottaggio. Quelle che
Il “secondo amore” dell’autore
rimpiango sono le bellissime mostre sociali di una volta, molto libere. Mi capitava di giudicare tutto a punteggio globale e trovavo molto divertente valutare indigeni ed esotici; del resto, mi interesso di ornitologia in generale e la specializzazione non è settaria. Era particolarmente interessante giudicare in presenza dell’allevatore. Sembrerà impossibile, ma non ho avuto mai contestazioni e non credo per la lar g hez - za delle mie spalle, ma perché con confronto e spiegazioni tutto risultava chiaro. Certo, occorrono giudici adeguati. Mi sono poi sentito molto gratificato
L’autore con Maria Carla Bianchi
quando i miei punteggi, fuori dal co - lore, venivano confermati in mostre ufficiali. Divertente una frase che mi disse un amico: “Ma se sei così bravo e ti diverti con gli IEI perché non cambi specializzazione?”. Direi leggibile in due modi opposti. Mi piaceva molto l’ambiente informa - le ed amichevole delle “sociali”. Quando mi invitavano gli amici di Borgo Val di Taro era una festa, non avrei voluto neppure il rimborso del carburante, di - cendo che mi sarebbe bastato ed avanzato il pranzo in compagnia e con le pre - li ba tezze confezionate con i celeberrimi funghi locali. Ricordo anche altre belle "sociali", per limitarmi alla provincia di Parma cito Albareto. Oggi le “sociali” sono cam bia te ed hanno maggiore ufficialità; si può ripiegare quindi sulle divulgative, didattiche o qualcosa del genere, ma le mo stre fatte in amicizia sono davvero im por tan ti, per fare gruppo e dare spiegazioni agli allevatori, specie se esordienti. Ciliegina finale: nell’ambiente F.O.I. ho conosciuto la mia attuale compagna Maria Carla Bianchi, quindi una fortissima interferenza dell’ornitologia nello strettamente privato. Non aggiungo altro per non scivolare nel sentimentale. Spero di aver dato qualche spunto e penso che anche qualche veterano abbia avuto qualche “amarcord”.