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Imperia Tognacci e Il prigioniero di Ushuaia, di Anna Aita, pag

Imperia Tognacci

IL PRIGIONIERO DI USHUAIA

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di Anna Aita

MI giunge da Imperia Tognacci, una nuova edizione della raccolta poetica “Il prigioniero di Ushuaia”, una scrittura in versi, a me già nota, della quale non ho mai perso memoria. Una poesia emotivamente forte, che ci racconta la località, Ushuaia, per me, a quel tempo assolutamente sconosciuta.

In questa seconda versione, edita dalla “Genesi Editrice”, il prefatore, Sandro GrosPietro, ci fa un racconto ben preciso su questa “terra posta alla fine del mondo, spettacolare trionfo della natura selvaggia, che riunisce in un solo scenario i suoi elementi più ricchi di fascino, cioè il mare, le montagne, i ghiacciai e i boschi fitti e verdeggianti”. E ci aiuta nella comprensione dei versi, facendoci riflettere sul termine “prigioniero” che, spiega, è una meravigliosa metafora poetica, una persona imprigionata “sia dagli uomini sia dalla natura, in una sorta di algido paradiso terrestre/…/una croce e una delizia finché morte non giunga, con nessuna possibilità di fuga o di affrancamento dal destino di prigioniero”…”.

Una sorte dunque, terribile, che la nostra Autrice, presa da un invincibile tormento, ha riversato in composizioni poetiche.

Apre questa pubblicazione, definita dall’editore “poemetto in venti sequenze”, la poesia di un prigioniero che piange la sua amara sorte. All’autrice è bastata la lettura di questo canto (veicolato e tradotto, in lingua italiana, da Marcelo J. Salazar), per scatenare in lei un fiume di emozioni che, condensate nell’anima e veicolate in parole, continuano a raccontare e a divulgare l’esistenza di questa terra, estrema propaggine dell’America del Sud, e dei suoi infelici abitatori, peccatori e vittime delle loro stesse colpe.

Sono pagine stupende sulle quali riporto in parte quanto scritto a suo tempo, nulla essendo cambiato nelle mie emozioni e nei miei sentimenti, con il rinnovarsi della lettura.

Su questa lunga notte desolata, in cui si alternano sogni e angosce, Imperia Tognacci scrive e, con grande partecipazioneemotiva, ci investe dei sentimenti che tormentano i tanti carcerati. Al tempo stesso, ci coinvolge nella realtà di una natura dal fascino misterioso: una magia fatta di neve, di ghiaccio, di sole “stremato”.

Nella mente dell’Autrice, si raffigura questo mondo immerso nel gelo. Ed è sufficiente la fantastica visione del ghiaccio che si scioglie, per ispirare momenti lirici tanto delicati, quanto profondi: “E tu, ragione, non puoi nel tuo/ solco condurre la forza dei ghiacciai, / né il ritmo cambiare dell’aurora australe /né intrappolare l’oceano dell’anima./ Oltre il buio del pensiero/ onde misteriose ci sospingono, / mentre da lontano ci chiama il tempio dell’infinito”.

La nostra autrice non si smentisce. Continua il suo convincente flusso poetico, che, passi

pure il tempo, non soffre pause né incertezze: “Tu sola Croce del Sud,/ tu sola hai visto, tra l’essere/ e il non essere, la poesia/ mutare la sua rotta / e nelle mie mani depositare/ un desolato canto…”

Anna Aita

ZUCCHERO FILATO

Querula cantilena: vuole il triciclo riposto, gareggiare sull’asfalto al vento.

Ma altri pensieri travagliano la madre e l’imbronciato placa con lucenti monetine, lo accomiata.

Brevi i fanciulli affanni: dal girovago omino fugge, presto rincasa: in mano splende bioccolo di zucchero filato.

Rocco Cambareri

Da Versi scelti, Guido Miano Editore, 1983

PAESE

Silenzioso il paese, già dal mattino. Deserta la piazza, la strada, ogni via. Chiuse le case. E i pochi abitanti scomparsi, fuggiti, o dormono ancora? Il cielo è limpido, il sole scotta, il vento dorme. Tacciono gli uccelli e non si esibiscono in voli sfrenati: si adeguano? Non ronzano gl'insetti. E' questo, per i forestieri che dovessero venire, il paese dei morti? Tale appare. Eppure è giugno, già estate, già stagione balneare.

Antonia Izzi Rufo

Castelnuovo al Volturono, IS

IL POETA, I FRUTTI E LE FOGLIE

Come una margherita è tutto il mondo: rappresenta ogni petalo un settore e ognuno pensa a sé, ma solo il cuore del poeta è nel calice profondo.

Non visto, vede tutto il girotondo dei petali e li sente in tutte l’ore, confitti come frecce di dolore: li nutre e li subisce nel suo fondo.

E mentre ognuno porta il proprio peso, egli riunisce in sé quello di tutti: comprende tutti e non è mai compreso.

Poi che alla terra lascerà le spoglie, i ladri e i furbi ne godranno i frutti e lui, sia pur d’alloro, avrà le foglie…

Nino Ferrù

Da Orme di viandante, Edizioni G. B. M, 1985

Nella foto, cerimonia della presentazione, il 9 maggio 2021 a Galati Mamertino, del libro su Nino Ferraù di Francesco Spadaro: Il Poeta e la bambina, Armando Siciliano Editore.

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