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Laura Pierdicchi: Il Portale, di Domenico Defelice, pag
by Domenico
LAURA PIERDICCHI IL PORTALE
di Domenico Defelice
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POESIE senza titolo, brevi, a volte lapidarie; linguaggio chiaro, anche se non privo di sfumature ermetiche, d’altronde sempre presenti nella poesia di Laura Pierdicchi.
Il titolo è evocativo, pertinente al contenuto, che coinvolge il lettore richiamandogli il mistero e invogliandolo a varcare la soglia; sfidandolo nel contempo, giacché l’oltrepassare contiene sempre in sé brividi d’ansia e sottile paura; realtà sconosciute, impalpabili, particolarmente precarie, come lo sono ai nostri giorni, in cui la pandemia inorridisce con le migliaia e migliaia di morti, che tiene in scacco ormai da troppo tempo, che gioca come il gatto col topo, che sembra regredire e spinge alla speranza, per poi, improvvisa, repentina, tornare aggressiva attraverso mutamenti sempre nuovi e impensati.
Va subito precisato che la pandemia con la poesia di Laura Pierdicchi non c’entra, che non è il tema della raccolta, non è mai neppure menzionata. O meglio: c’è a nostro avviso, e si tratta di un’altra e più sottile e perniciosa: quella dello spirito, dell’esistenza, del dolore, della precarietà, della vacuità del nostro affannarci, sicché, spesso, il presente sembra elastico, continuamente teso e rilassato, rilassato e teso, e con l’Aldilà, che, forse, è la sola “oasi/che rimpiazza l’arsura ”, cioè, la sola capace di estinguere la nostra sete di assoluto, sempre vigile e fibrillante alle continue e impietose sollecitazioni del tempo. Non pandemia da Covid, allora, ma anche, giacché i versi risentono del dramma che l’umanità sta vivendo, se non altro perché scaturiti proprio in questi giorni incerti e dolorosi, sicché, “dopo 5 anni – ci scrive l’Autrice in una lettera - ho sentito nuovamente il desiderio della poesia”.
Varcare “Il Portale” significa iniziare un cammino che, breve o lungo, è sempre un’incognita, materializzato com’è da pochi rettilinei e tante svolte (“il sentiero è tortuoso -/ad ogni curva/tutto può cambiare”), sempre e comunque, imprevisti; luoghi, immagini, persone e cose con cui prender confidenza, che ci tocca esplorare e sondare, conoscere a fondo nell’indole e nell’intimo, nelle molecole della materia come nel soffio dello spirito. Le presenze son sempre reali ed evanescenti nel contempo; nella stanza c’è lei, in carne e ossa, ma ci sono anche “figure” eteree che interagiscono con i suoi “pensieri/e smuovono esperienze vissute”, separate da labilità: “Il velo che ci divide/ti ha lasciato passare/e mi chiami/con segnali concreti”. Sembra un paradosso, ma a noi paiono più reali e palpabili le figure e non lei, giacché non è tanto concreto danzare “tra realtà e illusione”; la stessa poetessa, d’altronde, aggiunge che “Un essere è un insieme/di percezioni accostate/per successione logica” e la stessa cosa non sono – almeno non sempre “realtà e illusione”.
Accennavamo al Covid-19, non presente realmente nella silloge ma latente, sotterraneo, nel dolore che ha fatto fiorire questi versi e che ha liberato la poetessa dal blocco, dal trauma causatole da un recente passato. È stato come se una sorgente, a causa di una frattura del terreno, si fosse improvvisamente prosciugata e poi, per altro trauma (la pandemia), improvvisamente sbloccata, ed il canto è così tornato a scorrere, limpido, ma misto a invisibili pagliuzze di minerali disciolti: i dolori, le pene, che non permettono il torpore e spingono a riassaporare la vita. E la “luce intravista lontano”non è altro che la speranza ansiosa che il tunnel finalmente finisca e torni a investirci la luce nella sua totalità. Covid è nell’atmosfera
di questa poesia, nel “futuro incerto”, ma “prezioso”, perché ci rende consapevoli della possibilità che sia prossimo il “riunirci al Tutto” .
I temi de Il Portale non sono solo quelli da noi appena accennati e neppure solo quelli splendidamente evidenziati da Pino Bonanno nel suo ampio saggio introduttivo (unica nostra non condivisione: quel “la poeta”, vezzo che abbiamo sempre esecrato. Poetessa non è discriminante, per noi non ghettizza. La donna dovrebbe essere orgogliosa della sua natura). Esteriore e interiore, realtà e immaginato si contrastano e ciò -i “Fulmini (che) squarciano il cielo” nella notte tempestosa – potrebbe essere figura di quel che potrebbe toccarci “nell’ombra del dopo respiro/quando attoniti vagheremo/tra l’abbaglio e l’oscuro” .
Siamo esseri che rappresentiamo il Tutto e il Sempre. Il “nostro trascorrere” non ha soste e viene da lontano, perché “Nessuno/è stato creato/in un certo momento” e siamo “destinati/a riunirci al Tutto”già da noi menzionato. Il tema passaggio -transito da questa nostra attuale realtà ad altra - è costante, come dominante sono materia e spirito, reale e ipotetico (o immaginario), tutti stati nei quali il dubbio, trovando un liquido amniotico, logora ed estenua.
Figura costante è l’uomo dalla Pierdicchi amato e che ha varcato anzitempo il Portale. Con lui, la poetessa continua “a parlare/a pronunciare il (suo) nome/nella presenza/assenza/necessità/per dare voce al silenzio” e a lui son rivolti pure i versi di chiusura.
In questo Tutto - che “si disperde nel nulla/da dove è iniziato/a dove andrà a finire” -, formalmente non si trovano virgole, né punto e virgola, né due punti, né l’esclamativo, né l’interrogativo: abbiamo solo il punto fermo. E anche questo, a nostro avviso, ha significato: il dubbio, cioè, non vincerà mai sulle certezze.
Domenico Defelice
LAURA PIERDICCHI - IL PORTALE Prefazione di Pino Bonanno, illustrazioni di copertina e all’interno di K. B. Rossetto – Edizione Biblioteca dei Leoni, 2021, pagg. 80, € 10,00
ETIAM SENI ESSE DISCENDUM
(Seneca, Epistole, 76,3)
Abitiamo soprattutto noi stessi Da giovani ci basta ma più tardi Diventati grandi Più non potremo Affatto riempire lo spazio Ch’è in noi. Dilatiamo dappertutto E ci troviamo nel vuoto. Bisognerà Creare l’anima per occupare Gli infiniti spazi dello Spirito, Per trasformare il truce paradosso In sempre effervescente Paradiso, Prima che s’imbatta nel muto muro. PETER RUSSELL Pratomagno 11 febbraio 2000
A destra, il poeta Irvin Peter Russell, con, a sinistra, il figlio George Peter Parviz Russell (la foto ci è stata fornita dalla poetessa Wilma Minotti Cerini, mentre la poesia è tra le lettere dal poeta inviate a P. N.)