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Manuela Mazzola, pag

del Premio letterario internazionale Città di Pomezia”.

Continua Gloria Galante, direttrice del Museo Lavinium, nella prefazione: “Come il Sisifo di Albert Camus, i fondatori del Centro Studi si dispongono a far fede a sé stessi e all’etica del proprio impegno per la ricerca scientifica, nel tentativo questo sì di ascendenza mitologica – di ingannare la distruttrice mola del tempo da cui si salvano solo quanti ambiscono a superare, con l’impegno intellettuale e civile, il macigno della ristrettezza culturale, tragico e terribile emblema della nostra finitudine”.

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Appare chiaro lo scopo del Centro e di coloro i quali organizzano il Premio letterario, scopo alquanto nobile di scoprire il talento al di là di ogni possibile condizionamento.

La giuria, ogni anno diversa, valuta attentamente tutte le opere pervenute di ogni singola sezione, redigendo anche una scheda tecnico-critica.

Nella sezione simbolo del Premio, ossia quella della silloge poetica, si è distinta L’albero custode di Claudio Carbone, un esempio lampante di un surrealismo d’idillio coerente e compatto, in cui il paesaggio naturale diventa il pretesto per veicolare contenuti e immagini di alta espressività.

“Le rose non hanno ancora un’ape; Le assenze hanno edificato l’aria/ coi destini seminati nelle serre/ mai raccolti; In quale delle due terre contese/ il golfo avrebbe inondato/ di scintille le tue aspirazioni! ; Ovunque alla deriva/ flussi migratori confondono/ l’armonia dei campi; Seduto sulla riva/ aspettavo che il mare parlasse […] tutt’intorno l’acqua/ traboccava d’umanità; La foresta non fa più notizia/ nel groviglio che appaga/ nascondendo il cielo; Plastica/ i peccati non rimessi/ tra i rami/ in brandelli/ per una specie/ che sopravvive/ crocifissa. Questi alcuni dei versi presi dalle diciassette liriche che compongono il florilegio, versi in cui vi è un evidente rimando alla società attraverso la natura e i suoi paesaggi. Si parla di terre contese, assenze, mancanze di un’umanità che è spaesata e che sopravvive ai guai causati dal suo scellerato comportamento, ma in quale modo? Come sopravvive? Crocifissa, ossia messa in croce, tormentata, accettando con rassegnazione le sofferenze e i dolori. Dunque, il poeta giunge a parlare, in maniera delicata con un lessico scelto, di questioni di un certo peso riguardanti il genere umano o una parte di esso, partendo proprio dalla natura. Sembra che la realtà che lo circonda non sia più la stessa, quasi non gli appartenga.

Nell’introduzione completa il discorso Massimiliano Pecora, storico e critico letterario: “Resta in gran parte un enigma la capacità della letteratura, delle parole e delle frasi parlate e scritte di creare, di comunicare, di rappresentare personaggi indimenticabili, personaggi con le cui vite magari arriviamo a identificare le nostre di così poco conto, e la cui durata va ben oltre la vita personale dello scrittore e del lettore. Solo la letteratura può assicurare l’essere umano dalla sua incapacità di designare ciò che ancora sfugge al nostro intelletto”.

Manuela Mazzola

MANUELA MAZZOLA

PAROLE SOSPESE

Il Convivio Editore, 2021, pagg. 46, € 8,00

Leggerezza di tocco e delicatezza di sentimenti è ciò che subito si nota leggendo questo libro di versi di Manuela Mazzola, apparso presso l’editore Il Convivio nel 2021 e intitolato Parole sospese. Sono queste le poesie di un sofferto distacco e del ricordo, nelle quali il tempo passato ritorna e si fa favola di un mondo perduto. Così meno grave è anche il dolore e torna la stagione dei miracoli, che talora si riaffaccia con tutta la sua suggestione e aurorale bellezza: «L’estate, il periodo migliore. / Lunghe passeggiate / tra colline verdi. / L’odore delle piante aromatiche / ci guidava fino alla discesa» (L’estate, il periodo migliore).

E per converso, la fitta del dolore che attraversa l’anima e nel fondo più duole: «Camminavi all’ombra / del grande ombrello, / protetta dal pensiero di tuo padre, / lontano da te sepolto. / Nemmeno una lacrima / hai potuto versare» (Camminavi all’ombra).

Traspare anche da queste pagine un vero sentimento degli affetti come si può constatare dai seguenti versi, nei quali il rimpianto per la perdita delle persone care si fa cocente, anche se da altri vissuto: «Senza un papà / non hai avuto confronti, / né punti fermi» (Senza un papà); «La sirena suonava / tua madre correva / e tu sulla scalinata / salivi un gradino alla volta» (La sirena suonava); «Nel letto con tuo nonno, / la domenica mattina, / cantavi melodie ribelli» (Nel letto con tuo nonno).

Notevole è pertanto la capacità della Mazzola di trasferirsi nell’animo altrui, per intenderne i moti più segreti. Si legga in proposito: «Chiuso nell’animo, / tieni il tuo mondo, / ostile e distante / perché non più disposto / a sopportare altre pene» (Chiuso nell’animo). Oppure: «Dio non ti ha risparmiato. / Eppure in quella lettura / continua e ossessiva, / cercavi una ragione / per spiegarne l’assenza» (Dio non ti ha risparmiato).

Si nota inoltre in questo libro la presenza del senso del ritmo, che dovunque si affaccia a rendere

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