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Notizie, pag

più armonioso l’insieme. È quanto si ricava da poesie quali All’improvviso o I ricordi del passato. Leggiamo dalla prima: «All’improvviso / si apre la porta / e una luce, /come un lampo nella notte, / spalanca i tuoi occhi». E dalla seconda: «I ricordi del passato / ti sfuggono. / I contorni della mente / sono sfocati. / Le linee del tempo distorte».

Un libro vario, dunque questo nuovo di Manuela Mazzola, che sa toccare molte corde dell’animo umano e parlare agli altri con sommessa voce. Certo, un libro da non dimenticare.

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Liliana Porro Andriuoli

D. Defelice: Il microfono (1960)

NOTIZIE

“POLIFONIA. I LINGUAGGI DEL FEMMINILE”, MOSTRA D’ARTE

CONTEMPORANEAdi ALBA FOLCIOIn occasione della Giornata contro la violenza sulle donne che si celebra ogni anno il 25 novembre il Comune di Lecco, in collaborazione con il Sistema Museale Urbano Lecchese, ha ospitato presso le Scuderie di Villa Manzoni dal 21 al 28 novembre la mostra dell’artista Alba Folcio dal titolo “POLIFONIA. I LINGUAGGI DEL FEMMINILE”, inserita tra gli eventi collegati con il “bosco diffuso di Lecco”, promosso e organizzato dallo stesso Comune con lo scopo di indurre una riflessione trasversale sulla sostenibilità, nella sua accezione più ampia, come ha spiegato l’Assessore all’Ambiente Renata Zuffi, anche insegnante di “Arte e Territorio” all’Istituto “Giuseppe Parini” di Lecco: “Quando si parla di sostenibilità è doveroso non tralasciare la dimensione sociale. Questa installazione è realizzata per ricordare, con il linguaggio simbolico ed espressivo dell’arte, la Giornata contro la violenza sulle donne. L’intento è promuovere una riflessione sui linguaggi del femminile che leghi il rispetto della persona e la cura per ogni forma di vita e diversità”. La mostra constava di due installazioni, “FARSI IN 7” e “POLIFONIA”, create in tempi diversi, accomunate però dal filo che unisce le espressioni femminili. “FARSI IN 7”, nome ricavato dalle espressioni “farsi in quattro” e “sudare sette camicie”, è nata durante la pandemia e rimanda al dato di fatto che un tempo svuotato da impegni esterni può diventare opportunità di vicinanza al proprio mondo interiore. Composta da sette camicie bianche usate, simbolo maschile, decorate da ornamenti che rappresentano invece i talenti delle donne, stanno a dimostrare che solo la fusione di questi due opposti elementi permette uno stare nel mondo in modo creativo. I nomi attribuiti alle camicie rimandano alle qualità che caratterizzano l’orizzonte femminile: “ARMATE DI SILENZIO”, “TESSITRICI DELL’INVISIBILE”, “ACROBATE DEL QUOTIDIANO” “SCIENZIATE DELLA PASSIONE”, “SPELEOLOGHE DELL’

ANIMA”, “SEMPRE INNAMORATE DELLA VITA”, “BOMBE DI PAZIENZA”. Una scheda tecnica spiegava il senso del nome attribuito a ogni singola camicia e ne descriveva gli ornamenti. Rivelava anche l’aspetto autobiografico dell’opera, raccontato dalla stessa artista: “Durante la guerra e nei periodi in cui non si poteva contare su alcun supporto maschile in famiglia, mia madre e le sue sorelle cucivano raffinate camicie per clienti esigenti, sotto la guida e la gestione severa e manageriale di mia nonna”. Generalmente è quasi impossibile non trovare collegamenti tra la creazione artistica e la biografia dell’artista. Nessuna eccezione qui e la stessa cosa vale anche per “POLIFONIA”. Questa seconda installazione, incentrata su sette figure femminili, nel loro insieme davano l’impressione di formare un coro. Ogni figura rimandava alle qualità primordiali della Natura, alla TERRA, all’ACQUA, al FUOCO, all’ARIA, all’ETERE, ma anche alla STORIA e alla BELLEZZA e sempre una scheda tecnica ne illustrava il significato, gli ornamenti, descriveva i materiali di cui erano composte e ne svelava l’elemento autobiografico. L’artista aveva recuperato qualche anno prima due vecchi appendiabito e ci aveva applicato sette bacchette di legno, pensando di utilizzarle a scopo personale per poter appendere i suoi numerosi foulards; aveva poi aggiunto degli elementi di decoro, utilizzando materiali che già possedeva: un uovo di struzzo come testa, rame e altri metalli per capigliatura e cappello per avere un personaggio simpatico quando si alzava la mattina. Successe poi che due amiche le chiesero di fare degli altri porta foulards per loro. A questo punto si rese conto di poter finalizzare questo lavoro a un progetto di più ampio respiro, in grado di mandare dei messaggi più profondi. Il suo intento è stato infine realizzato grazie anche alla collaborazione con Sara Zaramella, ricercatrice della bellezza, attiva nel campo della moda. In questo modo si è chiuso il cerchio e la “femminilità, la bellezza e il senso di comunità” sono diventate pubblicamente usufruibili. Nelle due installazioni non sono mancati elementi che rimandano alla letteratura, alla poesia, alla musica, alla mitologia. Infatti sull’abito di “TERRA” è ricamato un estratto della poesia di Alessandra Paganardi e nel collo dell’ometto è incastonata una moneta da 2 euro con la raffigurazione di una divinità femminile della fertilità di epoca preistorica scoperta a Pomos, Cipro. Sulle costole di “ETERE” sono arrotolate poesie e spartiti musicali, quale nutrimento immateriale dell’anima. “STORIA” indossa un abito realizzato con foglietti della stessa dimensione, ma di tessuti differenti che arricciandosi, girandosi e stendendosi indicano situazioni di cui non si ha il pieno controllo, mentre il vestito di “BELLEZZA” è proprio un libro che ospita, ricamate con fili di colore diverso e punti differenti, parole evocative e strofe sulla bellezza. Il cuore di “ACQUA”, intrecciato con fili rossi di vari materiali, contiene segreti e parole importanti, lanciate nel flusso che portano l’attenzione sull’essenziale. Nella camicia “ARMATE DI SILENZIO” i petali dell’ornamento realizzato con carta pirkka, intrecciati tra di loro, accolgono parole, le donne custodiscono in angoli nascosti i valori importanti della vita. In “SCIENZIATE DELLA PASSIONE” erano visibili dei piccoli libri collegati tra loro da uno spago rosso come varie sfaccettature della passione. Il percorso espositivo era ulteriormente arricchito dalle poesie di Chandra Livia Candiani, Emily Dickinson e Mariangela Gualtieri e il

pensiero espresso “Piano piano le idee si sono trasformate in DEE” ne riassumeva concisamente il messaggio. È stato molto interessante visitare la mostra, anche perché le guide erano studenti/esse dell’Istituto Artistico “Medardo Rosso” di Lecco, precisamente della 3E DES a. s. 2021/2022, “addestrate/i” da Katia Negri, la loro insegnante di Educazione Artistica. Anche il materiale informativo era stato messo a punto da loro. Una grande passione animava la studentessa che mi ha accompagnata attraverso la mostra, illustrando tutto in modo dettagliato, una “prestazione” che avrebbe meritato un “dieci” nel registro della sua insegnante, talmente era chiara e rigorosa la sua spiegazione. Una conversazione avuta con l’artista, riferita a me in modo veramente coinvolgente, le aveva anche permesso di “accedere” al processo artistico che alla fine ha condotto Alba Folcio a queste sue creazioni: l’opera nasce prima come immagine, che per lei irrompe nella fase del risveglio, progetto che deve affrontare gli ostacoli della realizzazione pratica, che non sempre consente di avere l’opera così come la si è visualizzata, ma questi ostacoli servono in verità ad aggiustare il tiro e raggiungere molto spesso livelli più alti di quelli che si sarebbero raggiunti se il tutto fosse andato liscio. Un grande messaggio per adolescenti che devono affrontare le sfide di questo mondo, passaggio che non è stato mai facile per nessuno, difficilissimo in questo momento pandemico. L’impegno appassionato della studentessa ha ulteriormente evidenziato l’aspetto corale, il senso di comunità, che hanno caratterizzato tutte le fasi del lavoro, ne sono diventati la sua cifra, come mi ha poi confermato in una conversazione privata la stessa artista. Tutto il percorso è stato impregnato di condivisione, aspetto ancor più rilevante se si riflette sul periodo nel quale le due creazioni hanno visto la luce: la prima quando eravamo letteralmente chiusi in casa, con la socialità ridotta ai minimi termini, in relazione con esseri umani in presenza solo se appartenenti allo stesso nucleo famigliare, altrimenti affidati alla tecnologia che per fortuna permette incontri in ogni caso, anche se solo virtuali. La seconda ha attraversato tutte le fasi “colorate”, rosse, arancioni, gialle e bianche, che hanno comunque ridimensionato la socialità perché il rischio “contagio”non è mai venuto meno. Un vero miracolo quindi la realizzazione di questa mostra, anche grazie all’interessamento delle Istituzioni. La fortuna di conoscere personalmente Alba Folcio mi aveva permesso di vedere “POLIFONIA” a casa sua quando era ancora in fase di realizzazione. Il primo pensiero passato per la mia testa alla vista delle figure, pronte o semi pronte, è subito corso alle “Nozze”, pensiero supportato dal fatto che erano vestite di bianco. Alla luce della complessità del messaggio, all’artista questo primo impatto avuto su di me sarà sembrato molto riduttivo, ma anche dopo la visita alla mostra questa percezione è rimasta, pur inserita nella rete complessa di simboli e significati. Le “Nozze” propriamente dette sono state ridotte a cerimonie che quasi sempre non rendono assolutamente il senso di quello che dovrebbe essere, e cioè l’incontro, non fugace, di due esseri umani pronti a “contaminarsi” e sul percorso della “contaminazione” avviare un processo creativo, che eventualmente porta alla nascita di una creatura in carne ed ossa. Le “Nozze” però, intese in un’accezione più ampia, possono essere legate anche a momenti di empatia, di vicinanza, di cura, di solidarietà con altri esseri umani, qualità tangibili, anche quando sono astratte, perché una parola detta al momento giusto, un gesto d’affetto nel momento del bisogno, si imprimono profondamente nel cuore delle persone che ne beneficiano e l’effetto rimane, per sempre. E nello scambio “contaminante” ne esce più ricco anche chi ha espresso questa parola e fatto questo gesto. Queste potenzialità, nelle nozze propriamente dette o negli scambi umani, vengono molte volte sprecate, molto spesso si innesca

invece di un processo creativo uno impregnato di distruttività, ma ciò non toglie nulla al dato di fatto che “contaminarsi” rimane una delle occasioni a noi concesse come esseri umani di evolvere, mettendo a frutto quanto ci portiamo dentro dalla nascita. Non riuscire a farlo può portare tanta sofferenza, infelicità, dolore. Quindi è assolutamente indispensabile fare di tutto per raggiungere questo obiettivo, sempre in divenire, e non lasciarsi scoraggiare quando la situazione è avversa e nulla sembra accadere. Il seme a volte tarda a schiudersi, ma prima o poi lo fa, perché questo è il suo destino.

Lia Giudici

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VINCENZO ROSSI VISTO DA IMPE-

RIA TOGNACCI – Il saggio “Volli, e volli sempre… La speculazione estetica e simbolica nella poesia di Vincenzo Rossi”, della nostra amica e collaboratrice Imperia Tognacci, edito dalla Genesi, continua a ottenere consensi. Ecco quanto scrive all’Autrice il grande Emerico Giachery: Gentilissima Poetessa, sono molto lieto che sia proprio Lei, con la sua ricca esperienza umana e letteraria, a rendere presente nella durata della vita culturale, un personaggio come Vincenzo Rossi: con lui ho avuto uno scambio molto vivo di messaggi, e quando insegnavo a Tor Vergata, una studentessa presentò con successo una tesi di laurea su di lui. Ebbi uno scambio di messaggi anche con sua figlia Maria Stella, ricca di interessi intellettuali. Sono anche lieto che la postfazione l'abbia fatta quel dotto studioso e squisito gentiluomo che è Francesco D'Episcopo (se ha modo di contattarlo, La prego di porgergli i miei saluti). Lei ha giustamente fissato la ricchezza della personalità di Rossi e la sua spiccante centralità nel contesto attuale della cultura molisana (il caro Crecchia, che fu suo amico, Rita Notte e Amerigo Jannacone scomparso pochi anni fa, sono quelli che conosco). Molto attuale (non potrebbe esserlo più di così) il tema della sopraffazione tecnologica. Lei sottolinea giustamente la felice simbiosi con la terra e gli animali, favorita dalla sua nascita e prima esperienza in contatto, diretto e immediato come più non si potrebbe, con la natura e la vita contadina: a volte il caso diventa destino, diceva Ricoeur, e quel mondo ora "esiste di più", attraverso l'opera di Vincenzo Rossi, e a sua volta quell'opera "esiste di più" per merito della sua interpretazione ricca e profonda. Congratulazioni e saluti dal novantaduenne Emerico Giachery *** POETI CINESI E REGIME CINESE –Anche in questo numero, presentiamo ai nostri lettori un poeta della grande Nazione cinese. Non intendiamo far polemiche con quanti non sono d’accordo dello spazio che abbiamo sempre dato e che continuiamo a dare alla poesia della Cina. Pubblicare poeti cinesi non significa affatto, per noi, essere d’accordo con il regime comunista cinese, oppressore delle più elementari libertà, ma contribuire alla diffusione della Cultura, e, per noi, la Cultura e la Poesia in particolare sono LIBERTÀ, altro che regime e oppressione. Quel che è avvenuto e avviene in Cina, dal punto di vista politico, non è affatto avallato dal nostro scambio culturale.

D. Defelice

*** PRESENTAZIONE DEL I QUADERNO DEL CENTRO SISYPHUS - Fuori dall’ombra e al chiarore delle parole - Nella bellissima cornice del Museo Città di Pomezia – Laboratorio del 900, si è svolta la presentazione del I quaderno della collana editoriale

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