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Caro Pier Paolo, di Lucio Zaniboni, pag
by Domenico
scuola, nello studio, nel lavoro, nella famiglia… Poi Pier Paolo spariva nell’oscurità, verso i suoi luoghi occasionali d’evasione… Prediligeva piazza della Repubblica, i giardinetti della stazione Termini. Libero di agire come voleva. Di incontrare chi voleva.
Pasolini uomo. Com’era?
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A questa domanda, sinceramente, non posso risponderle. Come le ho accennato i nostri incontri sono stati occasionali, sporadici. Troppo poco per giudicare una persona. Ero troppo giovane per esprimere un giudizio. I suoi amici di allora oppure coloro che lo hanno frequentato nelle sedi del Pci o della Federazione giovanile comunista (come Gianni Borgna, Goffredo Bettini, Walter Veltroni, ad esempio) ne hanno parlato a sufficienza, anche se - per quanto ho letto – Pasolini era riservato specialmente negli aspetti più intimi. Nel libro che ho scritto assieme a Gianni Borgna (purtroppo prematuramente scomparso) mi sono affidato alle testimonianze di alcuni frequentatori dei giardinetti della Termini. Nella mia professione ho sempre prediletto il giornalismo di inchiesta. Anche quasi tutti i libri che ho scritto, ultimo in ordine di tempo “I ragazzi del ciclostile” che percorre la storia ventennale della Giovane Italia organizzazione studentesca di destra, mi attengo ai fatti, reali, alle testimonianze, ai documenti. Nulla è lasciato al caso o alla fantasia. Ebbene anche per il saggio su Pasolini, ho cercato, attraverso le mie conoscenze, chi poteva averlo conosciuto. Ho scovato due persone, affidabili, ambedue omosessuali che mi hanno descritto il Pasolini “segreto”. Più che essere “affamato di amore”, come lei mi ha chiesto, mi sembra che fosse affamato di sesso. A lui piacevano le avventure, non le relazioni. Ci sono parti del libro incompiuto “Petrolio” dove l’autore descrive minuziosamente approcci, patteggiamenti di danaro con le “marchette”, rapporti sessuali descritti minuziosamente con appagamento mentale più che fisico, le estenuanti nottate passate a cacciare le prede, fino all’ alba… Alla Termini come al Pratone della Casilina.
Cosa pensa di Pino Pelosi, il presunto omicida di Pasolini?
C’è poco da pensare. Pino Pelosi, come è stato descritto anche da chi lo ha conosciuto, era un ragazzetto sprovveduto in cerca di danaro. Il rapporto sessuale all’ Idroscalo di Ostia nella notte del 2 novembre 1975, è stato un “incidente di percorso”….che si è trasformato in una tragedia. Si tenga conto che non era la prima volta che Pasolini andava incontro a gravi disavventure. Ne sono piene le cronache dei giornali, i rapporti della polizia, ecc. ecc. Secondo uno dei miei testimoni, può darsi che Pelosi abbia fatto da esca per altri balordi, il cui unico scopo era quello di rapinarlo. Escludo nella maniera più categorica che l’uccisione di Pasolini sia stata fatta per motivi politici. È un’ipotesi che calpesta la verità dei fatti.
Manuela Mazzola
CARO PIER PAOLO di Dacia Maraini
di Lucio Zaniboni
IL critico letterario Carmelo Aliberti, sempre attento a discernere nel magma delle pubblicazioni i cui titoli ogni giorno affollano i media, pubblica una partecipata e interessante recensione del libro “Caro Pier Paolo” Edizioni Neri Pozza, nella nuova Collana Bloom, edito in occasione del centenario della nascita del poeta, narratore e sceneggiatore, figura di primo pian o del Novecento Letterario Italiano, Pier Paolo Pasolini.
L’opera, in forma epistolare, fa scaturire il ricordo dell’amico scomparso, con cui tante erano state le frequentazioni a Roma, dagli anni sessanta-settanta, fino alla sua tragica scomparsa.
Come per tanti altri personaggi del tempo, poeti, artisti, intellettuali, gli incontri erano a
Piazza del Popolo, al bar Rosati, al ristorante La Campana… ed era per il piacere di trascorrere serate insieme a raccontarsi progetti, esperienze, speranze…
Nel commosso e commovente ricordo, riferisce che spesso egli appare nei suoi sogni “come quel giovane cinquantenne” “profeta solido dal corpo agile, sportivo, la faccia seria, non imbronciata, ma pensosa, lo sguardo sognante”.
Pasolini qui, ritorna vivo in tutta la sua grandezza di intellettuale, mentre vengono rievocate le figure femminili che gravitarono nella sua vita. In primo piano la madre Susanna, per cui il poeta aveva un culto, una venerazione, a lei aveva dedicato “un’amara e bellissima poesia”, la cugina Graziella Cerami, Elsa Morante, legata a lui da un appassionato rapporto, Laura Betti e Maria Callas, spiritualmente veramente amate. Lunga pure l’amicizia e la frequentazione con la giornalista Oriana Fallaci che lo amava come una madre ama il figlio o una sorella il fratello.
Di Pasolini la scrittrice riesce a fare risaltare il carattere di un uomo mite, generoso, sempre pronto a dare a chiunque si rivolgesse a lui.
Erano la sua penna e la sua dialettica feroci nell’indignazione, nella diatriba in un discorso pubblico, pronte a colpire il segno qualunque fosse il bersaglio, civile, politico o religioso.
La sua autorità letteraria e artistica e le sue stoccate suscitavano reazioni, tanto che nel corso degli anni aveva ricevuto più di ottanta denunce pretestuose e persecutorie.
Lo stesso era avvenuto anche per la Maraini e, a volte, ad entrambi contemporaneamente, contestazioni anche da parte di giovani rivoluzionari del sessantotto.
Scrive la Maraini: “Caro Pier Paolo, i ricordi saltano come cavallette. Sembravano corpi morti e invece eccoli vivi e vegeti, che si agitano per farsi sentire e vedere”.
E tra i ricordi la capacità discorsiva del poeta: “Tu volevi provocare ed eri bravissimo a suscitare collere, irritazioni e reazioni rabbiose. Eri contento quando riuscivi ad accendere furie viscerali e urgenti voglie di vendetta”.
Ecco, forse queste parole possono essere la chiave di lettura della morte di Pier Paolo Pasolini. Una vendetta forse, e forse di carattere politico.
Come i più sanno, la morte di Pasolini fu dichiarata come uccisione da parte di Pelosi, un giovane di vita, uno dei tanti descritti da lui, per un diverbio, in un loro incontro.
Pelosi fu sorpreso a viaggiare per Roma sulla macchina del poeta e, fermato, si autoaccusò dell’omicidio.
Già questo (la Maraini lo mette in rilievo) avrebbe dovuto rendere palese che il giovane aveva attirato su di sé l’attenzione, impedendo così che l’inchiesta e le indagini potessero procedere.
Il ricordo continua, sfilano le pagine e ritornano i giorni sul mare di Sabaudia, sul litorale di una bellezza selvaggia, dove l’autrice, Moravia e Pasolini avevano affittato Villa Antonelli, casa in cui trascorrere le vacanze.
Così, come nella fotografia in copertina del libro in cui appaiono la Maraini e Pasolini in un giorno d’estate, ritornano i ricordi: “Caro Pier Paolo, ho in mente una bellissima fotografia di te, solitario come al solito, che cammini, no forse corri, sui dossi di Sabaudia, con il vento che ti fa svolazzare un cappotto leggero nelle gambe, il volto serio, pensoso, gli occhi accesi.
Il tuo corpo esprimeva qualcosa di risoluto e doloroso”.
Per comprendere meglio la personalità di Pasolini può aiutarci anche la lettera che la grande giornalista Oriana Fallaci, gli ha inviato postuma.
Mentre ricorda i tanti momenti trascorsi insieme a lui e alla Callas, ne traccia un profilo interiore sicuramente convincente.
Uno spirito inquieto, ma dolcissimo, teso alla purezza, che considerava il sesso un peccato.
Nella contraddizione fra purezza e sporcizia, bellezza e bruttura, intelligenza e bestialità, grazia e grossolanità la ricerca dell’umiliazione in quegli incontri sordidi e detestati e voluti come una punizione.
Dice la Fallaci: “Come certi frati che si flagellano, la cercavi proprio con il sesso che per te era peccato”.
Un libro questo della Maraini che alla forza della rievocazione in forma epistolare unisce la richiesta, l’invito alla ricerca della verità.
Aliberti, al vaglio della letteratura, ci da una lettura dell’opera della Maraini con sapienza di dettato e profondità d’indagine mettendone in luce l’intensità dei ricordi e la bellezza della tessitura formale che spesso assurge a lirismo.
Lucio Zaniboni
UN DOLENTE DOLORE
Un fiume tortuoso dalle acque calme sponde di salici e arbusti selvaggi animati da qualche fiore silvestre passi stanchi, solo mani avvinte, balsamo risanante.
Qua e là anatre naviganti con ali protese in un volo rasenti l’acque da sponda a sponda donavano lieve sorriso: quel poco per sopravvivere.
Non v’è peggior ferita di quella che infligge un figlio ingrato!
Wilma Minotti Cerini
Pallanza, Verbania
DIO DEL NULLA E DEL DOLORE
Dio del nulla e del dolore Dio dei poveri mio Dio assistimi ti prego nel salire i gradini del buio con l'involucro del male con la pena del prossimo nel cuore. Dio del nulla e del dolore Dio riemerso dal buio a intermittenza nel delirio ingiusto dell'ingiusto assistimi ti prego mentre sgrano storie di pietà e di speranza...
Carmelo Aliberti
DiCarmelo Aliberti mi piace ricordare l'eticità del suo proporsi come poeta in cui si incarna la ribellione a un mondo ingiusto in cui il capitale ha schiacciato l'individuo slegato dal potere, ridotto a robot il contadino, emigrato in citta, alla catena di montaggio in fabbrica e la caduta dei costumi. Il Dio del nulla, soltanto lui, può essere l'ancora di un'umanità che naviga senza più certezza d'approdo. L'assenza di Dio nella vita odierna crea sconcerto, relatività e l'uomo, senza destinazione, lotta contro il fratello e contro un destino che disorienta. Ma in Dio, nel suo disegno per l'umanità, non muore la speranza del poeta che attende il riemergere dal buio, in cui sono stati confinati, Dio e l'uomo.