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Pasolini – Pelosi, di Manuela Mazzola, pag

PASOLINI – PELOSI

Due vite tormentate

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di Manuela Mazzola

SONO trascorsi cento anni dalla nascita di uno dei personaggi più discussi del secolo passato, Pier Paolo Pasolini (Bologna, 5 marzo 1922 –Roma, 2 novembre 1975), il quale è stato un poeta, sceneggiatore, attore, regista, scrittore e drammaturgo, ma si distinse anche come pittore, romanziere, linguista, traduttore e saggista.

Si trasferì a Roma per insegnare, se ne innamorò subito, tanto che girò numerosi film nella sua periferia. All’epoca c’era tanta povertà perché mancava il lavoro. Molti vivevano in baracche umide, fredde e senza servizi igienici. Altri, ma pochi, avevano una casa. Alcuni giovani per riempire le proprie pance e quelle dei fratelli minori tentavano furti e rapine oppure prendevano la via della prostituzione. Molte zone di Roma, tra cui i giardini della stazione Termini, la notte si trasformavano in luoghi di incontro, dove c’era chi si offriva e chi comprava. A quei tempi si cresceva velocemente, i bambini e gli adolescenti venivano spesso lasciati soli nelle proprie dimore, mentre i genitori lavoravano o andavano in cerca di un’occupazione.

C’erano anche persone che avevano una vita onesta, nonostante il degrado li volesse spingere verso quello che sembrava più facile.

La vita era molto più semplice e le famiglie oneste si aiutavano vicendevolmente con coraggio. Durante le feste si riunivano nelle loro umili case, le quali erano sempre aperte a tutti; c’era una socialità completamente diversa da oggi.

Pasolini nella sua ultima opera, che avrebbe voluto diventasse un monumento letterario, Petrolio, pubblicato postumo nel 1992, denunciò la corruzione politica e culturale dell’Italia. Alcuni ritengono che sia stato ucciso per ciò che aveva scoperto.

Negli ultimi periodi, comunque, soffrì di solitudine, per essere stato rifiutato dalla società benpensante e per il rapporto conflittuale con il padre.

Un uomo terribilmente abbandonato a se stesso, disse Dino Pedrioli in Storie maledette intervistato da Franca Leosini. Cinque giorni prima di morire il fotografo fece molti scatti al poeta, stettero alcuni giorni insieme proprio a tal fine e parlarono a lungo. Erano foto in cui il poeta appariva nudo nella sua casa e che avrebbero dovuto corredare l’ultima opera. Pasolini, durante una camminata, disse al Pedrioli, che all’epoca aveva solo venticinque anni: “Il mondo non mi vuole più”. Il fotografo, visibilmente emozionato durante l’intervista, affermò di aver sentito una solitudine terribile nelle parole dell’artista.

Per alcuni è stato un assassinio maturato nell’ambiente della prostituzione, ucciso dal branco che odiava gli omosessuali, per altri il poeta era venuto a conoscenza di fatti troppo scomodi, per altri ancora è stato un fatto accidentale avvenuto mentre si mettevano d’accordo sul prezzo delle pellicole che gli erano state rubate.

Giuseppe Pelosi, colui il quale confessò di averlo ucciso, all’epoca dei fatti aveva 17 anni; era un ragazzo di piccola statura e chi lo conosceva non ha mai creduto a lui come

un possibile assassino. Da bambino era buono e ingenuo, cresciuto frettolosamente in un luogo che non era per nulla rassicurante, ossia in quella periferia romana sopra descritta. Giuseppe, detto Pino, cambiò parecchie volte versione perché – disse più tardi – aveva paura che uccidessero i suoi genitori. Nell’ultima intervista affermò che andò all’Idroscalo di Ostia con Pasolini, consumarono un rapporto e poi arrivarono altre persone, con le quali Pelosi fece da mediatore, proprio per riprende le pellicole cinematografiche rubate. Probabilmente non si misero d’accordo sul prezzo e ne nacque una rissa violenta che portò il poeta alla morte. Oramai, anche, Pelosi è morto da alcuni anni.

Su DIRE Agenzia di stampa nazionale del 20/07/2017 apparve questo articolo in cui parla l’avvocato di Pelosi, Alessandro Olivieri:

È morto Giuseppe ‘Pino’ Pelosi. Cinquantanove anni, condannato in via definitiva per l’omicidio di Pier Paolo Pasolini, è deceduto nell’hospice Villa Speranza del Policlinico Gemelli di Roma. [...] Racconta l’avvocato: “Io con lui ho scritto un libro e sono fondamentalmente colui che l’ha redatto: la firma è di Pelosi ma l’ho scritto io, chiaramente attraverso i suoi racconti. Devo dire la verità: una parte delle informazioni non sono state date e sono gelosamente custodite in una cassetta di sicurezza per ovvie ragioni, perché sono troppo forti. Lui non se l’è mai sentita di diffonderle per la paura che qualcuno potesse toccare lui o i suoi familiari. E non nascondo che la stessa paura potrei averla io, perché è vero che la firma sul libro e i fogli che ho sono a firma di Giuseppe Pelosi, ma è anche vero che avendoli io ho sempre il timore che qualcuno possa venire a bussarmi alla porta. Quindi esiste una verità, la verità non è morta con Pino Pelosi. Però è una verità talmente pesante e difficile da poter raccontare con semplicità, che vedremo… Mi lascerò consigliare, parlerò con i familiari e parlerò anche con qualche altro collega per vedere come e quando tirar fuori tutto quello che so”.

In un primo momento i funerali di Pelosi furono rifiutati dalla parrocchia nella quale la sorella Anna era andata, poi il 22 luglio ne seguì una denuncia. Anche dopo la sua morte Pino ha fatto discutere. Anna è venuta a mancare qualche anno dopo, ma fu sempre dalla parte del fratello. Rimane la moglie di Pino e suo figlio.

Al di là dei giudizi morali, delle colpe, delle diverse maniere di vivere, Pasolini era un fine letterato, un poeta e Pelosi un ragazzo di borgata, un ragazzo semplice. Due individui apparentemente diversi. Si conobbero proprio nei pressi della Stazione Termini e per un breve periodo si frequentarono. Forse la cosa che li accomuna è il legame forte con la famiglia. Pasolini, infatti, scrisse per la mamma una splendida poesia, Supplica a mia madre, nella quale affermò: “Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore, / ciò che è stato sempre, prima d’ogni altro amore. […] E non voglio esser solo. Ho un’infinita fame/d’amore, dell’amore di corpi senza anima”.

Pierpaolo sembra dire di aver fortemente bisogno dell'amore della madre, che è grande, immenso, che fa nascere in lui la paura della solitudine, poiché nessun'altra donna o uomo potrà mai sostituirla.

Alla fine, il poeta supplica la madre di non morire, di rimanere per sempre con lui. Ha paura di rimanere solo e incompreso.

È la stessa solitudine di cui parla il fotografo, ma alcuni raccontano anche di una grande rabbia che proveniva dalla mancanza di un rapporto sano con il padre.

A un certo punto, dopo nove anni di carcere e trenta dal delitto, Pelosi affermò di non essere più l’assassino e che si prese la colpa perché avevano minacciato la sua famiglia.

Restano molti dubbi e numerose sono le domande senza una risposta chiara. È certo che le loro furono due vite tormentate. Da una parte Pasolini, affamato d’amore che si sentiva solo, incompreso e cercava in questi incontri rubati di saziarsi, Pelosi, giovane umile e povero, privo di un’istruzione e di una stabilità economica, era in cerca di soldi.

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