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La vita è una combinazione di pasta e magia

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Weekend goloso

Weekend goloso

A proposito di politica, non si potrebbe mangiare qualche cosarellina?!?» - domanda Totò in Fifa e arena (1948). Risponde il Principe de Curtis quattro anni dopo con la magistrale abbuffata di spaghetti in Miseria e Nobiltà: anche nelle orecchie, nelle tasche del soprabito, ballando sul tavolo. E quale salsa può condire il cibo italiano cinematografico per eccellenza, se non la salsa che rende felicemente famoso nel mondo il delizioso borgo di Amatrice? Preparazione pastorale che ha come protagonista il guanciale, anch’esso Prodotto Agroalimentare Tradizionale, la versione originale è quella “bianca”. Memorabile anche lo spaghetto di Alberto Sordi in uno degli episodi del film Dove vai in vacanza? (1978) e gli Spaghetti a mezzanotte (1981) di Lino Banfi, con le fiamminghe cariche di ogni sorta di pasta, a partire dai maccheroni. Superlativi quelli alla chitarra, pasta all’uovo artigianale abruzzese preparata con un antico attrezzo casalingo, la chitarra appunto, una sorta di telaio rettangolare in legno di faggio che racchiude sottili fili di ottone o rame posizionati a una distanza di 2 millimetri l’uno dall’altro.

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Pasta che nutre, ceci che consolano

a vita è una combinazione di pasta e magia» disse Fellini. Ma non solo di foggia e condimento è fatta la pasta: fondamentale è la materia prima, il grano duro. E perché non scegliere una varietà tricolore, antica e nutriente, come la “Senatore Cappelli”? Risale al 1920, ha parametri qualitativi elevati, la sua regione d’origine e di massima coltivazione è la Sardegna. Arriva invece dagli arabi che un tempo regnavano in Puglia la ricetta dei “Ciciri e tria”, la versione salentina della pasta coi ceci. La più famosa del cinema è senza dubbio quella de I soliti ignoti (1958), dove gli iellati ladri protagonisti del capolavoro di Mario Monicelli, invece che arrivare al tesoro del Monte della Pietà, sbucano in una cucina qualsiasi e si consolano con la popolare pietanza. Tradizione del tacco d’Italia vuole che sia una specie di tagliatella, che viene in parte lessata e in parte fritta, unita poi ai ceci, sostanzialmente stufati. Restiamo in Puglia per assaggiare un’altra versione speciale di un grande classico del trio Italia-cibo-film.

La bella e la bestia

Vi ricordate la bellissima Julia Roberts che mangiava pizza nei locali senza tempo di Roma, in Mangia, prega, ama (2010)? Fosse stata nel Gargano, si sarebbe fatta una “pizza a Vamp”, cioè cotta con la “vampa” (fiamma) del forno a legna. Un pan-focaccia conosciuto sin dal 1500, di forma allungata - da cui il nome locale, Paposcia, pantofola - condito con olio che proviene dagli ulivi monumentali di Vico del Gargano, spettacolare borgo tra cielo, foresta e mare, soprannominato “paese dell’amore antico”. Se parliamo di pizza non possiamo non parlare di pomodoro. Anzi, pomodorino! I pomodorini hanno questa tragica caratteristica: fuori, freddi. Dentro, palla di fuoco a 18mila gradi!!!” (Il secondo tragico Fantozzi, 1976). Chissà quanti gradi raggiungerebbe il pomodorino da inverno da appendere o pomodoro pendolino toscano? Grappoli di frutti lisci dalla spessa pelle arancione, forma allungata e appuntita, si conservano appesi in locali arieggiati e possono essere consumati freschi fino a Natale, a volte fino a febbraio… «Non vorrà sputarlo qui, Fantozzi: eschi!!!»

Grasse mozzarelle e magri paté

poi la mozzarella. La più celebre sul grande schermo? Almeno per noi, quella sfilacciante in carrozza che fa venire l’acquolina a Bruno, il ragazzino di Ladri di Biciclette (1948), di fronte a un suo coetaneo di buona famiglia che può permettersela. Conoscete la mozzarella silana? È una produzione artigianale calabrese limitata al periodo della transumanza estiva delle mandrie dalle praterie aride della costa ionica verso i monti. Più grassa, pastosa e nutriente, viene avvolta in steli di giunco o felci. Per finire, non ci resta che darci a La grande abbuffata (1973). Tra le pietanze curate da Ugo Tognazzi per la pellicola che lo vede protagonista con Mastroianni, Noiret e Piccoli, spicca il paté de foie gras. La cui produzione è per fortuna proibita in Italia: da una dozzina d’anni la legge vieta il “gavage”, l’ingozzamento fino allo scoppio delle oche. Esiste un prodotto nostrano altrettanto valido e riconosciuto: il paté di fegato d’oca (non “grasso”!) della Lomellina, territorio del pavese votato all’allevamento del palmipede fin dal Medioevo, quando lì viveva una grande comunità ebraica che non consumava suini.

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