e-borghi travel magazine: n. 12 - marzo 2020

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Rivista digitale di viaggi, borghi e turismo slow

Anno 2 Numero 12 Edizione gratuita

SPECIALE PARCHI Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi Oltreconfine Utah, fenomenali Mighty Five

Val di Fiemme, Unesco in verde

Masserano,

scrigno biellese

Leggende e curiositĂ

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Lago del Mis, Belluno travellifestyle/Shutterstock.com


® e-borghi travel 12 • 2020 www.e-borghitravel.com Publisher Giusi Spina direzione@3scomunicazione.com Direttore editoriale Luciana Francesca Rebonato coordinamento@e-borghi.com Art director Ivan Pisoni grafica@e-borghi.com Segreteria di redazione Simona Poerio segreteria@e-borghi.com Hanno collaborato a questo numero Antonella Andretta, Beatrice Calamari, Luca Sartori, Simona PK Daviddi, Carola Traverso Saibante, Nicoletta Toffano Revisione Bozze Luca Sartori Promozione e Pubblicità 3S Comunicazione – Milano Cosimo Pareschi pareschi@e-borghi.com Redazione 3S Comunicazione Corso Buenos Aires, 92, 20124 Milano info@3scomunicazione.com tel. 0287071950 – fax 0287071968 L’uso del nostro sito o della nostra rivista digitale è soggetta ai seguenti termini: Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di www.e-borghitravel.com può essere riprodotta, memorizzata in un sistema di recupero o trasmessa, in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo, elettronica, meccanica, fotocopia, registrazione o altro, senza previa autorizzazione scritta da parte di 3S Comunicazione. Nonostante l’accurata verifica delle informazioni contenute in questo numero, la 3S Comunicazione non può accettare responsabilità per errori od omissioni. Le opinioni espresse dai contributori non sono necessariamente quelle di 3S Comunicazione. Salvo diversa indicazione, il copyright del contributo individuale è quello dei contributori. È stato fatto ogni sforzo per rintracciare i titolari di copyright delle immagini, laddove non scattate dai nostri fotografi. Ci scusiamo in anticipo per eventuali omissioni e saremo lieti di inserire l’eventuale specifica in ogni pubblicazione successiva. © 2020 e-borghi

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n numero intriso di verde, questo di e-borghi travel. Verde intenso come lo smeraldo nelle sue sfumature ritmate da cromo, ferro e vanadio, verde come l’urgenza della clorofilla ad assorbire la luce solare che proprio a marzo diventa più intensa, verde dal latino viridis, anche nell’accezione di vivace e vitale. Ovunque si giri lo sguardo, in Italia in questo periodo il verde inizia a fare da sfondo a ogni inquadratura e noi abbiamo scelto, quindi, di dedicare uno speciale ai parchi, quintessenza di “verde”. A iniziare dal Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emilano, scrigno naturale tanto prezioso quanto incontaminato, con borghi dal fascino montano e dalle solide architetture in pietra, per proseguire con il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, che manifesta con imponenza tutto lo spettacolo della natura nella quale sono disseminati come coriandoli località e malghe, musei e rifugi. Arazzo verde è la Val di Fiemme, nella quale respirare la melodia del Trentino griffato Unesco mentre i festival musicali si susseguono nei borghi a ritmo di jazz e di percorsi gourmet. E poi Masserano, nel biellese e in Piemonte, borgo abbracciato da colline illanguidite da corsi d’acqua e risaie alternate a baragge e a una brughiera punteggiata da querce. Qui apre i battenti il Polo Museale Masseranese, un museo diffuso che coinvolge i più pregevoli edifici di Masserano: monumenti, spazi e opere d’arte, tutti uniti da un fil rouge di bellezza e scanditi da itinerari di visita che ne valorizzano le cifre stilistiche. Ancora parchi, ma all’insegna di sfiziosità enogastronomiche, prodotti agroalimentari tradizionali e presidi slow food, un viaggio nella Penisola attraverso territori salvaguardati anche nel gusto mentre oltreconfine il servizio lo abbiamo dedicato ai “Mighty five”, i cinque parchi nazionali dello Utah: labirinti di canyon e archi, vigneti e villaggi, cattedrali e anfiteatri di roccia. Infine, piccolo è bello. Ovvero i giardini privati. Il trionfo di geometrie disegnate da affreschi naturali con un mentore d’eccezione, il tardo-rinascimentale “giardino all’italiana”, un mosaico scandito dal genio umano e dalle sue coreografie che in questa stagione apre il sipario e si rinnova. Il risveglio della natura, cromie accese e intensa energia, slancio e coscienza di sé: un nuovo inizio, per ripartire con maggiore determinazione. Luciana Francesca Rebonato direttore editoriale


Sommario Parco delle Dolomiti Bellunesi

Parco dell’Appenino Tosco-Emiliano

Val di Fiemme

Masserano


Borgo Conventi

Oltreconfine: Utah

Montasio

Una fame da lupo

Vacanze Fuori Posto

Leggende

CuriositĂ

In copertina: Forra del Travignolo marcociannarel/Shutterstock.com


Parco delle Dolomiti Bellunesi, natura rara


Luca Sartori

twitter.com/LucaSartoriIT

life_in_a_pixel/Shutterstock.com


Monte Pavione, Francesco Marinello/Shutterstock.com


Sassolungo e Sassopiatto Kristin Pineda/Shutterstock.com

È

lo spettacolo della natura montana, ad andare in scena nel Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. Acque, boschi, praterie, montagne e ambienti rocciosi compongono uno dei mosaici paesaggistici più straordinari delle Alpi, estremo lembo settentrionale di una delle regioni italiane di grande impatto turistico, quel Veneto ampiamente e preziosamente custodito e tutelato dall’Unesco, che anche nelle sue montagne eccelle per bellezza. Bellezza che caratterizza fortemente il Parco Naziona-

le delle Dolomiti Bellunesi, ma che è solo uno dei tanti elementi a contraddistinguerne l’unicità. Dai boschi di abeti, faggi, larici e pini alle acque con laghi e torrenti, dalle dolci distese prative ai pascoli d’alta quota, dagli ambienti rocciosi, contraddistinti da rupi e ghiaioni ai monti, il parco è una moltitudine di ambienti dove scoprire e conoscere luoghi popolati da una flora e una fauna uniche, alle quali si uniscono una ricca e variegata tradizione artigianale e un’ampia scelta di prodotti tipici.


Malghe e rifugi

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he lo si esplori a piedi, in bicicletta o a cavallo, il Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi regala tante emozioni e sorprese. Chi decide di scoprirlo a piedi può scegliere tra “sentieri natura”, con il “Sentiero Natura Val Pramper”, la “Val Falcina” e la “Val di Canzoi”, “sentieri tematici” con “la Via degli Ospizi”, i “Covoli in Val di Lamen”, i tanti “sentieri CAI” e gli itinerari come “Il Cammino delle Dolomiti”, un percorso ad anello in trenta tappe che abbraccia l’intera provincia bellunese. Chi

Cima di Pramper sematadesign/Shutterstock.com

invece preferisce la bicicletta può scegliere, tra gli altri, la salita a malga Pramper, nel cuore dolomitico del parco, la salita al rifugio Bianchet, un giro in Val di San Martino, in Valle dell’Ardo o in Val di Canzoi, oppure pedalare tra le nuvole tra il Passo Croce d’Aune e il Rifugio Dal Piaz. Per scoprire le meraviglie del parco a cavallo, sono tre le grandi alternative di visita, “i prati di Salet”, il “Rifugio Dal Piaz e la malga Monsampiano” e la “Val Vescovà e Rifugio Bianchet”.


Rifugio dal Piaz Scott Sinclair/Shutterstock.com

Julia Kuznetsova/Shutterstock.com


Lago Del Mis freisein/Shutterstock.com



Kristin Pineda/Shutterstock.com


Codex Bellunensis

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in dal XVIII secolo la zona che oggi appartiene al Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi era meta di visite e studi di alcuni tra i più importanti botanici dell’epoca. Ancora oggi l’area custodisce uno straordinario patrimonio naturale, con una flora ricca di rarità. Il celebre Codex Bellunensis, prezioso erbario figurato degli inizi del Quattrocento che descrive le piante raccolte dagli studiosi sulle montagne oggi parte del parco, è conservato alla British Library di Londra. Un patrimonio

Kristin Pineda/Shutterstock.com

di colori e profumi che ogni anno si rinnova sui monti che guardano Belluno e regalano ogni anno spettacoli meravigliosi tra i boschi, le vette e le acque di questo angolo di Veneto. Dal giglio rosso al giglio dorato, dal giglio di monte al papavero alpino, dalla nigritella rossa al ranuncolo alpestre, dalla stella alpina alla tozzia, dalla campanula di Moretti alla coclearia alpina, dal geranio argenteo al giaggiolo del Monte Cengio, la flora del parco è un susseguirsi di meraviglie botaniche.


Ian Duffield/Shutterstock.com

Farfalle e caprioli

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lle 115 specie di uccelli che nidificano nel parco si uniscono 20 specie di anfibi e rettili, 3.000 camosci e più di 2.000 caprioli, poi 50 specie di coleotteri e oltre 100 specie di farfalle diurne. Sono questi alcuni dei numeri della fauna del parco, contraddistinto da una grande varietà di ambienti che garantisce a una ricchissima varietà di specie animali di adattarvisi. Uccelli, mammiferi, rettili, anfibi, pesci e insetti popolano e si adattano alle condizioni spesso avverse di questa zona delle Alpi, dove al gelo invernale e al vento sferzante

si contrappongono le forti radiazioni solari, tutte condizioni difficili alle quali gli animali di montagna hanno saputo resistere. Camoscio, capriolo, cervo e marmotta sono solo alcuni dei mammiferi in cui ci si imbatte esplorando il parco e ai quali si uniscono i rettili tra cui il ramarro e la lucertola muraiola, anfibi come il rospo smeraldino e la rana dalmatina, pesci come la trota fario e l’alborella, gli uccelli come l’aquila reale, il gheppio e la civetta nana e le tantissime nonché coloratissime specie di insetti.


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Caciotta e fischietti

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l parco non è solo montagne, torrenti, boschi e animali talvolta unici, ma anche prodotti agroalimentari tipici di lunga storia e artigianato tipico. La tradizione gastronomica locale propone salumi, carni e formaggi di qualità ma anche pregiati mieli di montagna, le noci e i marroni di Feltre, il farro, l’orzo agordino, antiche varietà di mele e legumi particolari come il fagiolo di Lamon. Tra le tante produzioni casearie vi sono la caciotta biologica di capra, il formaggio casel bellunese, la ri-

cotta affumicata, il salame bellunese biologico, la tipica luganega e il pastin, impasto della salsiccia arricchito di spezie e aromi. Sono invece gli oggetti di feltro, le sculture in legno, i mosaici, le meridiane e i fischietti in terracotta i tesori dell’artigianato locale, proposti nelle botteghe artigiane disseminate su un territorio che si racconta anche attraverso la sapiente ed esperta attività di chi, quotidianamente, ne plasma i materiali per creare bellezza e mantenere viva la tradizione.


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alessandro guerriero/Shutterstock.com



Simona PK Daviddi

facebook.com/simona.pk.daviddi


Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano, green targato Unesco

Monte prado e Monte cusna francesco de marco/Sgutterstock.com


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i estende lungo la dorsale appenninica su un territorio di oltre 23mila ettari, tra le province di Reggio Emilia, Parma, Modena, Massa-Carrara e Lucca, il Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emilano, una distesa di faggi, castagni e querce interrotta da coreografici laghi, cascate improvvise e impetuosi torrenti e punteggiata da deliziosi borghi montani, praterie d’alta quota e rilievi che superano anche i 2mila metri di altitudine. Uno scrigno naturale tanto prezioso quanto incontaminato, dove l’occhio più attento e paziente non mancherà di avvistare

Giuliano Bianchini/Shutterstock.com

cervi, caprioli, lupi, volpi e persino aquile reali, mentre i più fortunati potranno imbattersi in specie botaniche rare, come alcuni esemplari di affascinanti orchidee selvagge e di variopinti tulipani di montagna. Non è un caso, quindi, che dal 2015 – il Parco è stato istituito nel 2001 – il Parco dell’Appennino sia stato dichiarato Riserva MaB (acronimo di Man and Biosphere) dall’Unesco, una dicitura che riconosce e salvaguarda il patrimonio naturalistico e quello storico che vi si è intrecciato, all’insegna di uno sviluppo consapevole e sostenibile.


Castelnovo ne’ Monti D-VISIONS/Shutterstock.com


Cerreto Laghi Gigi Peis/Shutterstock.com


A tutto sport, tra laghi e torrenti

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ici natura e pensi subito agli innumerevoli sport possibili per immergersi nel verde assoluto e assaporarne pienamente ogni sfumatura. Dalle passeggiate ai trekking più impegnativi, dal nordic walking all’arrampicata, ma anche dallo sci alle ciaspole, il Parco dell’Appennino Tosco-Emiliano è in grado di accontentare davvero tutti. Numerosi sono infatti i sentieri, da percorrere anche a cavallo o in mountain bike –bellissimi quelli che partono da Cerreto Laghi, dove è presente anche una pista per downhill – e gli itinerari per scoprire gli angoli più scenografici del Parco (una curiosità: anche una tappa della via Francigena

Pietra di Bismantova D-VISIONS/Shutterstock.com

passa attraverso il Parco, quella che porta da Pontremoli ad Aulla). I più esperti potranno cimentarsi nell’arrampicata delle ripide pareti della Pietra di Bismantova, mentre gli appassionati di sport invernali potranno scegliere tra diversi impianti di discesa – Febbio per chi preferisce piste semplici e poco affollate, il comprensorio del Cerreto Laghi per chi ama anche i pendii più ripidi, per fare solo un paio di esempi – e passeggiate con le ciaspole ai piedi. Infine, nel parco sono presenti anche tre avvincenti parchi avventura: a Cervarezza Terme (Reggio Emilia), Prato Spilla (Parma) e San Romano in Garfagnana (Lucca).


Feel good studio/Shutterstock.com



La pietra di Bismantova: da Dante ai celti

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sicuramente tra i luoghi più misteriosi e affascinanti non solo del Parco, ma dell’intera Penisola, la Pietra di Bismantova, uno stretto altipiano dalle pareti scoscese alto appena un migliaio di metri che emerge solitario tra i rilievi circostanti e al quale sembra che un gigante crudele abbia mozzato la punta, tanto da farlo assomigliare più a una arcigna fortezza che a una montagna. E forse è proprio per la sua forma che Dante – secondo alcuni commentatori il poeta avrebbe visitato personalmente la Bismantova durante un viaggio da Padova alla Lunigiana –, oltre a citarla nel IV Canto del Purgatorio, la scelse come ispirazione

Pietra di Bismantova D-VISIONS/Shutterstock.com

per la descrizione del Monte Purgatorio stesso. Storia e leggende si intrecciano in questo luogo e il misticismo che la Pietra emana si respira non appena si raggiunge la vetta –accessibile anche ai camminatori meno esperti, con un trekking di circa mezz’ora e con solo un paio di tratti appena più impegnativi –, da dove appaiono chiare le diverse ipotesi sull’etimologia del nome, come quella che lo fa risalire all’etrusco man (pietra scolpita) e tae (altare per sacrifici) o alla più accreditata origine celtica, da vis (vischio), men (luna) e tua (che richiama la raccolta notturna del vischio), espressione di un antico culto lunare.



Castello della Verrucola, Fivizzano wsf-s/Shutterstock.com

Tra borghi e castelli

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on solo natura nel Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano: sono infatti ben 34 gli agglomerati urbani all’interno della Riserva MaB, 13 dei quali nel cuore del Parco vero e proprio, borghi dal fascino montano e dalle solide architetture in pietra, che narrano di tempi passati e di attività agricole spesso ancora portate avanti dalle nuove generazioni. Tra i paesi che meritano una visita, ci sono sicuramente Fivizzano (in provincia di Massa-Carrara) dominato dal poderoso castello; San Romano in Garfagnana (Lucca) con la fortezza delle Verrucole che “protegge” il pae-

saggio dalla sommità di un rilievo montuoso; la medievale Corniglio (Parma); e la vivace Castelnovo ne’ Monti (Reggio Emilia), porta d’ingresso alla Pietra di Bismantova. Spostandosi invece nella Riserva, non si possono non citare i possedimenti (in provincia di Reggio Emilia) della grande Matilde di Canossa, a iniziare da Canossa stessa, con i resti del minaccioso e inespugnato castello, per proseguire con Carpineti e il suo maniero – dove la leggenda vuole che la grancontessa sia morta – e Toano, impreziosita da una pieve matildica dai bellissimi capitelli antropomorfi.


Castello di Carpineti D-VISIONS/Shutterstock.com


San Romano in Garfagnana robertonencini/Shutterstock.com



Culatello Giorgio Rossi/Shutterstock.com


robertonencini/Shutterstock.com

I gusti del parco

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arlando di Emilia-Romagna e di Toscana non può mai prescindere il discorso enogastronomico e infatti una visita al Parco Nazionale dell’Appennino Tosco-Emiliano riserva sorprese anche al palato: siamo nella zona dei grandi prodotti italiani, famosi – ed esportati – in tutto il mondo, a iniziare dalla “triade” Parmigiano Reggiano Dop, Prosciutto Crudo di Parma Dop e Aceto Balsamico di Reggio Emilia Dop. Ma il territorio

Pecorino barmalini/Shutterstock.com

offre in realtà numerosissime altre prelibatezze, da assaggiare magari nelle locali osterie e trattorie dal sapore tradizionale o direttamente “on site”, visitando qualcuna delle aziende agricole che punteggiano il territorio: dal pecorino della Garfagnana a quello dei Colli Lucchesi, dalla caciotta della Lunigiana al caprino dell’Appennino Modenese Bio – da accompagnare al miele della Lunigiana –, dal pregiatissimo prosciutto di suino nero di Parma a quello saporito toscano, dal culatello di Canossa al farro della Garfagnana, il tutto da “innaffiare” con i vini dal gusto deciso come il Vermentino dei Colli di Luni e il Rosso Toscano.


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Lago della Bargetana francesco de marco/Shutterstock.com



Val di Fiemme, in pista solo “buona� musica


Beatrice Calamari

visitfiemme.it

DOLOMITI SKI JAZZ 172revence!


Ski Center Latemar F. Modica

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e percezioni si dilatano, sulle piste innevate della Val di Fiemme, dove lo sguardo incontra le vette delle Dolomiti, patrimonio Unesco. E le albe in pista di Trentino Ski Sunrise si degustano, con le sconfinate colazioni dolci e salate da assaporare in rifugio. Questa valle trentina esprime la sua identità gastronomica con i menù a chilometro zero di “Tradizione e Gusto” un club di prodotto che abbraccia ristoranti, rifugi, hotel, agriturismi e bed & breakfast. Durante il festival musi-

cale “Dolomiti Ski Jazz”, inoltre, i sapori locali esplodono fra gli apericena di Happy Cheese e i menù musicali della rassegna gastronomica “Dolomiti Food Jazz”. Fino al 20 aprile 2020, si scia nel gusto sui 110 chilometri di piste del Fiemme-Obereggen, in un trionfo di rifugi tipici e chalet di design. Ricordiamoci che in Val di Fiemme quando le giornate di sci sono più lunghe… Una è gratis! Dal 21 marzo, infatti, si possono vivere 7 notti in hotel al prezzo di 6!


Chalet Cermis D. Rodorigo


NATURA VIVA a Respirart di Mauro Olivotto orlerimages.com_pampeago1

Che gusto, l’alba dolomitica

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e albe in rifugio di Trentino Ski Sunrise invitano a un contatto esclusivo con la montagna. Si gustano i sapori tipici, dolci e salati, della Val di Fiemme, proprio mentre le prime luci del giorno rivelano i profili delle cime dolomitiche. Trentino Ski Sunrise invita il 5 marzo allo Chalet 44 Alpine Lounge di Bellamonte e il 26 marzo al Rifugio Monte Agnello di Pampeago. Qui, dopo l’alba, si possono lasciare le prime “impronte” sulla pista Agnello, dove si ammirano le installazioni d’arte del parco RespirArt. Le opere a bordo pista sono create da artisti di fama internazionale che ogni

Bellamonte F. Modica

anno si ispirano alle guglie dolomitiche per aprire un dialogo con la natura d’alta quota di Pampeago. È facile cedere la tentazione di immortalarsi fra le otto gambe del cavallo mitologico Sleipnir di Duilio Forte, sulle ascetiche sedute di Dorota Koziara, dentro alla grande testa di Olga Ziemska, in mezzo alle gocce ramate di Federico Seppi o al cerchio radioso di Cosimo Allera, sotto alle sedie sospese di Piergiorgio Doliana o nella cornice sul Latemar di Mauro Olivotto. La gigantesca stella di Mariano Vasselai, mentre il Rifugio Agnello, infine, ispira uno scatto da “giornata stellare”.


Bellamonte Gaia Panozzo


Chalet Cermis D. Rodrigo


Musica in pista e anche nel piatto

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l ritmo si fa incalzante sulle piste del comprensorio Fiemme-Obereggen con il festival di musica nera sullo sfondo bianco del Dolomiti Ski Jazz (7-15 marzo) e dei concerti in rifugio delle band europee del Fiemme Ski Festival (12-22 marzo). Questi eventi di giorno animano le piste da sci, di sera i paesi. Per nove giorni la musica nera, nata a New Orleans, va a sposarsi con i panorami “ultra white” della Val di Fiemme. Fra i più attesi jazzisti di fama mondiale vi sono i sassofonisti afroamericani Vincent Herring e Jesse Davis. Nel program-

DOLOMITI FOOD JAZZ orleirmages.com zaluna01

ma del Dolomiti Ski Jazz spicca anche il nonetto di Michele Francesconi e Francesca Bertazzo pronto a evocare le melodie indimenticabili di Hollywood e Broadway composte da Jimmy Van Heusen. I concerti prendono vita ogni giorno sulle piste da sci all’ora di pranzo, con ingresso gratuito. Mentre alla sera approdano nei teatri e nei pub della Val di Fiemme. Dal 7 al 15 marzo il Dolomiti Ski Jazz si assapora anche a tavola, grazie alla terza edizione della rassegna “Dolomiti Food Jazz”, fra melodie di formaggi, vini trentini e birra a chilometri zero.


Note jazz, ensemble di formaggi e Trentodoc

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spirandosi al grande jazz, gli chef di ristoranti e rifugi della Val di Fiemme scatenano performance saporite. Si va dal piatto Billie Holiday, al piatto Louis Armstrong, passando per effervescenti jam session di Trentodoc e fantasiosi ensemble di formaggi di malga. L’accordo multisensoriale fra

Food Jazz ristorante Primoteca Pierluigi Orler

“Dolomiti Ski Jazz” e “Dolomiti Food Jazz” crea una nuova alchimia di musica, neve e sapore. Quando sfuma il jazz, sulle piste da sci della Val di Fiemme prendono quota i concerti delle band europee, ospiti del “Fiemme Ski Festival”, che regalano un nuovo ritmo allo sci dal 14 al 21 marzo 2020.


Food Jazz Predazzo Pierluigi Orler

Food Jazz Predazzo Pierluigi Orler

Food Jazz Predazzo Pierluigi Orler


Dolomiti Food Jazz Pierluigi Orler



Predazzo MoLarjung

Di borgo in borgo, con tradizione e gusto

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n Val di Fiemme, fra le Dolomiti del Trentino, ogni paese ha custodito come reliquie le ricette di nonni e bisnonni. Per scoprire sapori, prodotti, ristoranti, alberghi e agriturismi ancorati alle origini, basta sfogliare la mappa “Tradizione e Gusto�. Cercatela negli uffici informazione della

Val di Fiemme o consultatela sul sito www.visitfiemme.it. Passeggiando fra i borghi di Fiemme, quando le strade sono imbiancate dalla neve, si incontrano storie di streghe, scoperte geologiche, segreti di palazzo, boccali di birra, formaggi caprini e paioli fumanti.


Palazzo Magnifica Comunita, Cavalese A. Campanile


Cavalese, sapori autentici fra antichi palazzi

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Cavalese, di fronte al palazzo della Magnifica Comunità di Fiemme, spicca palazzo Riccabona, che ospita la birreria pizzeria Excelsior di Cavalese. Qui è possibile degustare la birra di Fiemme, una birra artigianale a chilometro zero prodotta nel vicino paese di Daiano. Dal gusto pieno e ricercato, presenta un tenue aroma di luppolo e un retrogusto asciutto leggermente acidulo e fruttato. A pochi passi, in piazzetta Rizzoli, si incontra un piccolo ma delizioso museo, il Centro d’arte contemporanea di Cavalese. Cavalese, nota per gli impianti di risalita dell’Alpe Cermis, ci immerge nella storia a ogni passo. Domina il bor-

Cavalese Alberto Campanile

go il campanile merlato della chiesa di San Sebastiano. Nel centro storico si affacciano vetrine di artigianato e di abbigliamento sportivo, una discoteca, pub, wine bar, rinomati ristoranti, palazzi d’epoca perfettamente restaurati, eleganti ville e moderne strutture sportive. Tra queste, il Palazzo del Ghiaccio e il Centro Acquatico comunale con vasche idromassaggio anche esterne. Non si può lasciare Cavalese senza assaggiare i formaggi del Caseificio Sociale che, oltre alle ricotte e ai caprini, propone diversi formaggi, fra cui il gustoso “Formae Val Fiemme” e il nuovo “Stravecchio di Fiemme”.


ComunitĂ di Fiemme, Cavalese

Cavalese, Pista Olimpia Cermis pieluigi orler


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Caseificio Sociale Val di Fiemme Carola Traverso Saibante

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un punto di riferimento per l’intera Val di Fiemme, il suo Caseificio Sociale, dove vengono prodotti oltre 30 formaggi con il latte proveniente solo ed esclusivamente dalle stalle dai suoi soci, un’ottantina di allevatori che abitano con le loro bovine a 800 metri d’altitudine di media e di media hanno circa 20-25 capi a testa. Un contesto di pura montagna, di piccole aziende familiari che si tramandano, dove alla guida c’è il papà, ma a volte il nonno o per fortuna anche il figlio ventenne. Aziende dove il benessere animale è importante: la bovina che sta bene rende comunque di più, non solo in termini quantità, ma anche di qualità. E la qualità, nel Caseificio Sociale Val di Fiemme, è cruciale: questa cooperativa fa infatti riferimento al “protocollo di pagamento latte-qualità”. Cosa vuol dire? Che il latte viene pagato in base alla sua qualità, appunto: l’allevatore che accudisce bene i suoi animali, riceverà una remunerazione maggiore. Cuore


pulsante del caseificio è il casaro: un maestro che con l’esperienza delle sue mani riesce a interpretare il latte, per capire quale sia il suo destino migliore affinché le sue caratteristiche siano esaltate nel prodotto finito. Oltre la metà del latte del Caseificio viene destinato al Trentingrana, grana di montagna dal rigido disciplinare di produzione, che ha influenzato il modo di fare azienda di tutti i soci del Caseificio Sociale Val di Fiemme. L’alimentazione delle bovine è fatta esclusivamente con fieno secco, in maggioranza autoctono e mangimi selezionati NO OGM. La Val di Fiemme è da sempre considerata un “mosaico geologico”: prati grassi e magri, latte con sfumature di bianco diverse perché cambiano fiori e spezie erbacee e quindi anche gli aromi del latte, che

il formaggio prenderà. Dal Puzzone di Moena - formaggio Dop con quel suo caratteristico profumo… decisamente forte! – al Fontal di Cavalese, eccellenza trentina (Qualità Trentino); dal Caprino Cavalese a latte crudo, fiore all’occhiello tra i caprini, ai prodotti di nicchia come quelli di Fossa: il Caseificio Sociale Val di Fiemme trasforma il latte delle sue montagne con sapienza e amore.


Daiano Gianluca Piccin/Shutterstock.com

Varena F. Modica


Prodotti della Macelleria Dagostin

Le Ville, 3 borghi genuini

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ono nove, i borghi della Val di Fiemme, e ognuno merita di essere visitato. A partire da Le Ville, il comune che raggruppa Daiano, Carano e Varena, piccoli agglomerati di case esposte al sole che conservano il gusto della tradizione. A Varena troviamo “Frosch”, un nuovo ristorante che, oltre ai piatti della tradizione, sorprende con inaspettate eccellenze italiane e internazionali. Sempre a Varena c’è il Ristorante La Cantinetta, gestito da “Giuliana la Stregona”, con un menù di “magie culinarie” tramandate nei secoli. Nello

stesso paese si incontrano i Macellai e Salumieri Dagostin. I loro prodotti trionfano anche nei reparti gastronomici della tradizione delle Famiglie Cooperative di Predazzo, Ziano e Tesero. A Daiano incontriamo uno dei più accoglienti masi della Val di Fiemme, il Maso di Tito Speck. Oltre al ristorante con il suo camino acceso, c’è uno shop che offre salumi di propria produzione. Si possono assaggiare e acquistare otto versioni di speck: tradizionale, riserva, di filetto, mattonella, carrè, di mezzena, di fesa e di cinghiale.


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Macelleria Dagostin Luca Sartori

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a storia dei Macellai e Salumieri Dagostin inizia nel 1963, quando papà Vittorino, alla giovane età di 14 anni, si avvia al lavoro di macellaio, attività che prosegue fino all’aprile del 1983. Con l’esperienza, la professionalità e la passione, l’azienda è gradualmente cresciuta nel tempo, mantenendo la storica e

tradizionale impronta artigianale e familiare. È nel laboratorio interno che si selezionano le carni, rigorosamente locali e di prima scelta, ed è nella storica sede che si trova oggi il punto vendita “Macelleria di Varena”, al quale si aggiunge la gestione dei reparti macelleria delle Famiglie Cooperative di Predazzo, Zia-


no e Tesero. A breve Dagostin avrà anche una propria filiera in modo da offrire al cliente non solo un prodotto ma un’esperienza a 360 gradi. Un tripudio di unicità di sapori condito da storia, tradizione ma anche indispensabile innovazione. Dagostin è una ricca gamma di prodotti selezionati che regalano emozioni e profumano di storia. Un’eccellenza trentina che si apprezza nella molteplicità dell’offerta al cliente, che va dai salumi stagionati ai salumi cotti ai salmistrati, dagli insaccati stagionati a quelli cotti per arrivare alla carne fresca. Tra i salumi stagionati vi sono lo speck nostrano, il nostrano riserva, la pancetta, il guanciale, la coppa e la carne affumicata nostrana. Tra i salumi cotti l’ottimo prosciutto cotto ”Il Ma-

gnifico”, lo speck cotto affumicato, i deliziosi prosciutti al fieno, al cirmolo e il saporito prosciutto di cervo. Poi la pancetta cotta, il carré cotto e lo stinco cotto, tutti rigorosamente affumicati, il filetto e le puntine cotte affumicate. Tra i salumi salmistrati di Dagostin la carne salada e la lingua salmistrata. Nel variegato universo di prodotti della Dagostin ci sono poi gli insaccati stagionati come la lucanica nostrana di Fiemme, quella di capra Fiemme, di cervo, poi il salamino da passeggio, il tipico salamino tirolese e il salame nostrano di Fiemme. Dagostin è anche insaccati cotti come i classici würstel, ma anche particolari come quelli di vitello, ai quali si aggiunge la testina, sempre di vitello.


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Pensione Serenetta

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Luca Sartori

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nel cuore della val di Fiemme, nel borgo di Varena, che si trova la pensione Serenetta. In un anfiteatro montano di rara bellezza, Varena sorge ai piedi del Corno Nero, a due passi da Cavalese e dal passo di Lavazè, nel versante soleggiato della valle, ed è lo straordinario scenario in cui si colloca la pensione Serenetta, dove alla passione, alla cortesia e all’ospitalità si uniscono la calda atmosfera familiare, la simpatia e la disponibilità del suo personale, elementi fondamentali per godere di pia-


che nazionali, con particolare cura della scelta delle materie prime e dei prodotti, riservando molta attenzione verso gli ospiti con problemi di celiachia o altre intolleranze alimentari. Su richiesta è anche possibile usufruire di cucina vegetariana o vegana. La pensione Serenetta è la meta ideale per chi ama la montagna da vivere in pieno relax mangiando i prodotti di una cucina sana ed equilibrata, ma anche per chi desidera approfondire la conoscenza di questa parte delle Alpi tra gli emozionanti scenari del caratteristico centro di Varena con la sua antica chiesa, il palazzo del Municipio, il Museo Casa Antonio Longo - sacerdote e prolifico pittore originario del borgo di Varena -, e anche con le numerose, interessanti espressioni della sua ruralità: le caratteristiche stalle, le fontane e gli orti. Tanta storia, tradizione e cultura che si uniscono allo splendido patrimonio paesaggistico e naturalistico, trionfo di colori e profumi, tra foreste di abeti e larici.

cevoli momenti in pieno relax. Una struttura accogliente e confortevole che dispone di impianti fotovoltaici per la produzione di corrente elettrica e solari per la produzione di acqua calda, a testimonianza del fatto che l’albergo dimostra grande attenzione e particolare sensibilità e rispetto verso l’ambiente e il paesaggio. Alla predisposizione green della struttura e ai comfort per gli ospiti, si unisce un’apprezzata cucina, curata direttamente dai proprietari, che propone piatti tipici trentini ma an-


Castello di Fiemme Alberto Campanile

Tutto l’agrodolce di Capriana, Valfloriana, Castello e Molina di Fiemme

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l paese più isolato, e forse per questo rimasto un esempio autentico di architettura montana, è Capriana. Meta privilegiata per gli amanti della natura, il borgo è vicino ai vigneti della Val di Cembra, dove nascono i vini e grappe Cembrani Doc, ed è immerso nel Parco Naturale del Monte Corno. Fra i sapori da gustare in questo paese ci sono quelli proposti dall’azienda agricola Barbugli nel Maso Bait: erbe officinali, fiori eduli, zafferano d’alta quota, ma anche l’agro di mirtilli e l’agro di lampone che esaltano il sapore di verdure, carne e pesce. A Castello di Fiemme meritano un assaggio i mieli dell’apicultura “Dolci momenti

dalle Dolomiti” dove si trovano il polline fresco, il propoli e molte varietà di miele, dalla melata di abete a quello di rododendro. Il nome Castello di Fiemme deriva dall’antico maniero posto sul colle roccioso dell’abitato. Nel 1296 il castello fu saccheggiato e dato alle fiamme dagli abitanti della valle perché rappresentava un simbolo di oppressione. Ora vi sorge la chiesa parrocchiale ottocentesca di San Giorgio. Da Castello si raggiunge Molina di Fiemme e quindi Valfloriana, quest’ultima è nota per il suo Carnevale dei Matoci e per la cucina genuina di Malga Sass, una romantica baita a 2mila metri di altitudine.


Cala Domestica (Iglesias) Valfloriana G. AlvitoCampanile Alberto


Chiesa di San Giorgio, Castello-Molina di Fiemme Nadezda Murmakova/Shutterstock.com



Tesero gab90/Shutterstock.com


Tesero, due passi “dolci come il miele” tra i forni del pane

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uffiamoci ora nel cuore della Val di Fiemme. Tesero è una vera e propria culla di tradizioni. Il centro storico è costellato da chiese, capitelli, meridiane, affreschi e forni “dal pan”. Da visitare è Casa Jellici, un edificio storico adibito a museo. L’antico borgo è rinomato per l’artigianato artistico, i mobilifici e le creazioni di strumenti musicali, tra cui organi e tavole armoniche per violini e pianoforti. Tesero è la meta ideale per gli sportivi. Nella frazione Lago sorge lo Stadio del Fondo

Tesero gab90 /Shutterstock.com

che, dopo aver ospitato tre edizioni dei Campionati del Mondo di Sci Nordico (1991, 2003, 2013), sarà sede delle discipline di sci nordico dei Giochi Olimpici Milano-Cortina 2026. La frazione di Tesero Pampeago, dove si passeggia fra le 27 installazioni di RespirArt, vanta il parco d’arte più alto al mondo. Fra le eccellenze del territorio a Tesero, il Maso delle Erbe produce mieli energizzanti, propoli e cosmetici naturali a base di erbe officinali e prodotti apistici.


Tesero gab90/Shutterstock.com



Ponte Coperto di PanchiĂ

Predazzo MoLarjung/Sthutterstock.com


Predazzo MoLarjung/Sthutterstock.com

Panchià, Ziano e Predazzo: grappe, affreschi e minerali

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el vicino paese di Panchià, noto per il suo antico ponte di legno coperto, il laboratorio L’Ones, è specializzato nella creazione di infusi naturali a base di grappa trentina. Prima di raggiungere Predazzo, il paese più popolato della Val di Fiemme, ci fermiamo a Ziano per ammirare le sue piccole frazioni Zanon, Roda, Bosin, Parti del Cioto e Zanolin. Ziano è adagiato lungo il torrente Avisio, di fronte alla Catena del Lagorai. Eccoci nella cittadina di Predazzo, chiamata il “Giardi-

no geologico delle Alpi” perché vanta la più alta concentrazione di varietà geologiche al mondo. Nella piazza centrale è possibile visitare il Museo Geologico delle Dolomiti. Il centro storico di Predazzo, dominato dalla chiesa neogotica dei Santi Filippo e Giacomo (eretta nel 1870), conserva numerose vecchie case, alcune delle quali sono decorate da affreschi. La chiesa più antica è quella di S. Nicolò, risale al Cinquecento, i cui affreschi sono stati appena restaurati.


Risotto al Teroldego e canederli ai finferli fra le Dolomiti Unesco

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redazzo è un’importante stazione turistica, con lo Stadio del salto che ospiterà l’Olimpiade 2026 e gli impianti di risalita che conducono nei paradisi d’alta quota fra le Dolomiti Unesco. Se nella frazione Bellamonte si degusta la tradizione attraverso le rivisitazioni del Ristorante-Rifugio Ciamp de le Strie e dell’Hotel Ristorante Zaluna, a Predazzo meritano una sosta gastronomica il ri-

Ski Center Latemar F. Modica

storante Primoteca, con il suo risotto mantecato al Teroldego, e il ristorante Miola, noto per i suoi canederli ai finferli. Predazzo è conosciuto per due grandi eccellenze italiane: il formaggio Puzzone e la pasta Felicetti disponibile anche nelle versioni monograno Matt, Kamut o Farro. Info: ApT Val di Fiemme, info@visitfiemme.it, tel. 0462 241111, www.visitfiemme.it


Ristorante Primoteca, Predazzo Pierluigi Orler


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Cascata di Cavalese Vaclav Volrab/Shutterstock.com



Masserano, scrigno biellese


Simona PK Daviddi

facebook.com/simona.pk.daviddi


Fr. Mombello


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n prezioso castone di colline verdeggianti attraversate da corsi d’acqua e di scenografiche risaie alternate a fitte brughiere dominate da rade querce abbraccia il borgo di Masserano. Siamo in Piemonte, in provincia di Biella, e le origini del delizioso agglomerato risalgono addirittura al X secolo, mentre il primo documento ufficiale nel quale compare il nome di “Messerano”, sotto la giurisdizione del Vescovo di Vercelli, è del 1141. Se le ipotesi delle fondazioni hanno l’accento gutturale delle tribù germaniche,

curiosa è l’etimologia del nome, che deriva da “Messer-Hand” che in longobardo significa “mano armata” – la stessa che compare sullo stendardo – in riferimento probabilmente a un’antica torre di vedetta che doveva servire in difesa del villaggio. E sempre per la difesa del borgo, sono ancora visibili anche i resti della cinta muraria e dell’antica rocca, che narra di quando il vescovo di Vercelli Lodovico Fieschi, nel 1394, ottenne dal papa Bonifacio IX il feudo pontificio per il fratello.


Da feudo a principato

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ome feudo pontificio, Masserano godeva di diversi privilegi, ma ce n’è uno che risale addirittura al 1158 ed è stato concesso dall’imperatore Federico Barbarossa in persona: il diritto di batter moneta! La zecca di Masserano è stata attiva fino al 1690 e, benché abbia coniato soprattutto contraffazioni, le sue monete sono ancora oggi molto ricercate dai collezionisti. Ma torniamo all’affascinante storia del piccolo borgo. Nel 1517 la famiglia assume anche il cognome Ferrero e il feudo (che oltre a Masserano includeva anche Crevacuore e altri territori biellesi)

viene elevato a contea da papa Giulio II (1506), a marchesato da Paolo III (1547) e a principato da papa Clemente VIII nel 1598. A causa dei continui soprusi subiti da parte dei Ferrero-Fieschi, tuttavia, nel luglio 1624 la popolazione insorge e assale il castello distruggendolo interamente: il principe Francesco Filiberto è costretto a fuggire, mentre il figlio primogenito viene assassinato. Passato sotto i possedimenti dei Savoia circa un secolo dopo, Masserano viene anche occupato dai francesi nel 1833 prima di essere definitivamente annesso al territorio italiano.


Scuole e San Teonesto


Chiesa della Collegiata


Tra sacro e profano

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l modo migliore di scoprire Masserano è quello di “perdersi” senza fretta tra i suoi vicoli e le sue pittoresche piazzette, passando sotto gli antichi voltoni in pietra, passeggiando lungo i portici, cambiando strada solo per ammirare un balcone fiorito – il paese fa parte dei Comuni Fioriti – o svoltando al primo angolo attirati da un profumo o da una melodia. In questo piacevole vagabondare si incontreranno sicuramente i monili architettonici che sono il vanto del borgo, a iniziare dalla Reggia

dei Principi Ferrero Fieschi, dall’austera facciata e dagli interni sontuosi (si tratta di un vero e proprio tesoro del territorio, al quale dedichiamo un paragrafo a parte); per continuare con la duecentesca chiesa romanica di San Teonesto, la più antica del paese e oggi sconsacrata, e con la Collegiata, risalente al 1486, dagli interni maestosi e imponenti. Infine, anche la chiesa barocca di Santo Spirito non mancherà di attirare l’attenzione con la sua candida facciata e lo svettante campanile.

Cala Francese Elisa Locci/Shutterstock.com

San Teonesto e Santo Spirito




La Reggia dei Principi: fasti d’altri tempi

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e gli esterni sono sobri e quasi austeri – a eccezione di due affreschi che li ingentiliscono: una meridiana e, sulla torretta centrale, lo stemma di una famiglia che si imparentò con i feudatari – sono i saloni e le sale che ne scandiscono gli interni a rendere prezioso – e degno di una casata principesca – il Palazzo Ferrero Fieschi: stanze affrescate, soffitti a cassettoni, stucchi di rara fattura e decori a profusione lasciano letteralmente a bocca aperta. Tra le stanze, merita sicuramente

Palazzo Municipale

un cenno la Sala dello Zodiaco, dai bellissimi affreschi attribuiti a Ercole Procaccini il Giovane e dal monumentale camino in marmo nero, sormontato da bellissimi decori in stucco. Magnifica infine anche la Galleria: lunga 41 metri, vanta una volta a sesto ribassato interamente coperta di splendidi stucchi, probabilmente dell’artista barocco Giovan Luca Corbellino da Lugano, attivo anche nel Castello del Valentino a Torino, con il quale la Reggia di Masserano ha diverse assonanze.


Sala dello zodiaco Polo Museale Masseranese


Michele Buzzi


Non solo arte

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opo aver visitato Masserano, sempre con i ritmi slow che richiede un territorio vocato al turismo lento e di qualità, ci si può dedicare alla scoperta del territorio circostante, scegliendo tra innumerevoli direttrici: da quella archeologica all’equestre, dall’enogastronomica alla naturalistica. Gli amanti di reperti e fossili non possono non concedersi una passeggiata lungo il greto del rio Osterla, magari accompagnati da una guida locale, per scoprire le testimonianze di quando, circa quattro milioni di anni fa, il territorio masseranese era coperto da un caldo mare tropicale, con insenature, golfi e spiagge. Se, a fine

passeggiata, si fa sentire un certo languorino, ci si può rifugiare in una delle accoglienti osterie del paese e assaggiarne i piatti tipici, con il riso come superstar (Carnaroli, Sant’Andrea e Baldo sono le varietà maggiormente coltivate), seguito da brasati, arrosti, formaggi biellesi – buonissimo il ‘macagn’ – e dalla Paletta, un salume locale ricavato dalla spalla del maiale cotta e pepata in abbondanza. Di tutto rispetto anche l’offerta enologica, che schiera il suo alfiere più importante, il Bramaterra, un rosso dalle tonalità granate e dal profumo intenso, ottenuto da uve Nebbiolo e dichiarato Doc già dal 1979.


La natura: tra equitazione e trekking

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nche gli amanti della natura troveranno escursioni di raro fascino da fare nel territorio masseranese, sia a piedi sia in bicicletta o a cavallo – in zona non mancano maneggi e centri ippici –. Imperdibile è l’incolta Baraggia, uno degli ultimi lembi di “savana europea”, protetta dai confini della Riserva Naturale delle Baragge. Ma anche il lago artificiale delle Piane regala scorci emozionanti, con le sue acque azzurre, provenienti dal fiume Ostola. A una manciata di chilometri da Masserano merita una visita anche la Riserva della Bessa, con le misteriose incisioni rupestri e il

giacimento aurifero alluvionale, noto fin dal tempo dei romani, dei quali rimangono i resti di un insediamento minerario. Infine, il biellese è sinonimo di lane e filati pregiati, il cui ambasciatore nel mondo è Ermenegildo Zegna: un’escursione all’Oasi Zegna consentirà un raro mix tra una natura incontaminata ed esuberante, un’interessante visita alla Fondazione di Trivero con il prezioso archivio storico, e una cena gourmet, con abbinamenti originali e uso di erbe e fiori edibili autoctoni al ristorante Bucaneve (nel cuore dell’Oasi) preparata dal famoso chef Giacomo Gallina.


Rongio Camillo


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Simona PK Daviddi

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oinvolge i maggiori edifici di pregio di Masserano, il Polo Museale omonimo, quelli che erano anche il centro della vita secolare e religiosa dello storico Principato: monumenti, spazi e opere d’arte uniti da un fil rouge di bellezza e scanditi da itinerari di visita che ne valorizzano le cifre stilistiche. Non solo, grazie alla collaborazione dell’Amministrazione Comunale e alla lungimiranza dell’Associazione culturale don Vittorino Barale, si è creato il Polo nell’aprile 2016. In virtù di una specifica convenzione stipulata tra le par-

ti, il Palazzo dei Principi Ferrero Fieschi, la chiesa Collegiata, l’ex chiesa di San Teonesto e la chiesa di Santo Spirito hanno scoperto nuove vocazioni e inedite fruizioni. Una su tutte, la possibilità di celebrare il proprio matrimonio con rito civile – e relativo shooting fotografico – all’interno della Reggia dei Principi, anche sede del Palazzo Comunale, scegliendo tra le splendide Sala dello Zodiaco – magnificamente affrescata – e la Grande Galleria, prevedendo anche una visita in esclusiva per gli invitati e un rinfresco finale.

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Polo Museale Masseranese, un museo diffuso



Le opere d’arte

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e vi abbiamo già accompagnati in un giro del borgo di Masserano nell’articolo precedente, vogliamo ora entrare con voi negli edifici che formano il Polo Museale, per ammirarne i tesori preziosi. Non possiamo che iniziare dalla chiesa più antica, quella di San Teonesto, dagli interni imponenti scanditi da volte a crociera e a tutto sesto, impreziositi dagli stucchi e dagli affreschi delle cappelle laterali – ricchissimi i decori di quella dedicata a San Francesco e bellissimi gli affreschi della cappella di San Pietro d’Alcantara. Se Romanico e Barocco si rincorrono e si fondono all’inter-

no della chiesa di San Teonesto, creando un unicum artistico nella storia dell’arte piemontese, è invece un inno al Barocco più puro la chiesa del Santo Spirito, la cui influente confraternita che la reggeva per circa due secoli riuscì ad arricchirla di arredi preziosi e rare opere d’arte. Anche qui sono gli stucchi i protagonisti degli interni, in un gioco di rimandi e simbologie religiose di pregevole fattura, come testimoniano, un esempio fra i tanti che popolano i muri della chiesa, i tre angeli con i simboli della Passione: la spugna imbevuta di aceto, i tre chiodi e il velo della Veronica.




Quando la fede incontra l’arte

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vetta imponente sulla via principale del paese l’attuale chiesa parrocchiale di Masserano, la Collegiata, che deve il nome alla presenza, un tempo, di un collegio di canonici. Già la facciata, a righe orizzontali policrome, lascia intuire gli interni maestosi e solenni, scanditi da volte e possenti colonne di marmo color ocra intenso, in un tourbillon di affreschi e stucchi pregevoli, alcuni dei quali portano la “firma” sapiente di Galeazzo Riva e Giovanni Vasiello da Lugano, apprezzati stuccatori seicenteschi. Ma la vera “protagonista” è la statua della Madonna

Nera di Masserano, l’opera più preziosa e più antica dell’intero borgo, risalente verosimilmente alla seconda metà del XIV secolo – anche se la tradizione la vuole addirittura plasmata da San Luca – e venerata dai fedeli per i suoi poteri taumaturgici. Infine, meritano assolutamente uno sguardo anche due tavole cinquecentesche – la Madonna in trono con Santi di Girolamo Giovenone e la Madonna del Rosario, a opera del figlio dell’artista – e la statua della Madonna di Felice Cassina, risalente al 1697 e interamente rivestita di foglia d’oro.


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Il Polo Museale per i bambini

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er i piccoli visitatori, il Polo Museale Masseranese ha messo a punto una serie di laboratori – pensati per diverse fasce di età, dall’infanzia ai ragazzi della scuola secondaria – per avvicinare i più giovani all’arte in maniera divertente e interattiva. Dal Tableau Vivant al Castello, che farà entrare i piccoli visitatori direttamente “dentro” un’opera d’arte, a una caccia al tesoro all’interno del Palazzo dei Principi, ascoltando la storia dei ghiri che, secondo la leggenda, ne abitavano il sottotetto; da una

visita sensoriale del museo focalizzata sulle decorazioni di stucco, per avvicinare i ragazzi a un’arte artigianale così preziosa e delicata, alla caccia di lettere e monogrammi tra i fregi che abbelliscono le diverse sale del Palazzo. Attività coinvolgenti e, soprattutto, interattive, che aiutano i più piccoli a sviluppare una propria sensibilità all’arte, alle quali si può poi abbinare, per esempio, la visita a uno dei centri ippici della zona, per un’esperienza davvero memorabile e fuori dai normali schemi didattici.



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Borgo Conventi Alessandra Boiardi


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orgo Conventi è un’azienda bellissima in un’area a grande vocazione e rappresenta il coronamento di un sogno per chi, come noi, è sempre guidato dalla ricerca della qualità e dell’eccellenza, nel rispetto delle identità territoriali». È così che Giancarlo Moretti Polegato ci introduce a Borgo Conventi, un’azienda storica a Farra d’Isonzo, in provincia di Gorizia, un luogo di pace e tradizione che vanta 30 ettari di viti, dei quali 20 nella Doc Col-

lio e 10 nella Doc Isonzo. Fondata nel 1975 da Gianni Vescovo, Borgo Conventi affonda le sue origini nella leggenda, secondo la quale Rizzardo di Strassoldo, feudatario della zona, donò un appezzamento di terra ai Padri Domenicani, che vi eressero un convento. Dall’aprile 2019, è di proprietà della famiglia Moretti Polegato, che vanta una lunga storia nel mondo del vino, nata e cresciuta sullo scenario dell’area Prosecco.


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a vent’anni i Moretti Polegato aprono le porte della loro Villa Sandi, una splendida dimora secentesca a Crocetta di Montello, in provincia di Treviso, conducendo appassionati di vino, ma anche di territori e tradizione, in un percorso che abbraccia le cantine storiche e l’azienda vitivinicola. Oggi, portano avanti anche la tradizione di Tenuta Borgo Conventi, arricchendo la linea di vini prodotti in famiglia con l’eccellenza dei vini friulani, nel solco della continuità, rappresentata da Paolo Corso, responsabile della cantina e dei vigneti da decenni. I vigneti sono quelli preziosi

che, nella pianura della zona DOC Isonzo, sono caratterizzati da suoli di medio impasto e ricchi di ghiaia di fiume, mentre quelli sulle pendici della zona DOC Collio si distinguono per il tipico terreno argilloso e minerale. L’età media dei vigneti si aggira intorno ai 20 anni e tra le varietà piantate, oltre ai vitigni internazionali che meglio si sono adattati al territorio del Friuli quali Pinot Grigio, Sauvignon, Chardonnay, Merlot e Cabernet Franc, troviamo le varietà autoctone tra cui Friulano, Ribolla Gialla, Refosco dal Peduncolo Rosso e Schioppettino.


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a Tenuta sposa una precisa filosofia, dal vigneto al prodotto finale: quella di produrre vini di riconoscibile identità geografica e alta espressione varietale, ricercando eleganza ed equilibrio tra struttura e piacevolezza. È così che ogni bottiglia racconta una storia di tradizione, passione e alta qualità. L’azienda è anche tra quelle più all’avanguardia della regione e il suo approccio moderno le permette di ottenere dei vini che esprimono al massimo il territorio lasciando intatte piacevolezza e tipicità, dai bianchi Collio DOC con Sauvignon, Friulano, Ribolla Gialla e Pinot Grigio ai bianchi Isonzo DOC ai rossi Refosco e Shioppettino fino al prezioso cru Braida Nuova.


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noltre, consapevole che il futuro dipende da sostenibilità e tutela dell’ambiente, la famiglia Moretti Polegato ha trasferito anche ai vigneti di Borgo Conventi le stesse pratiche a basso impatto ambienta-

le che hanno permesso alle tenute di Villa Sandi di ottenere la certificazione Biodiversity Friend. Dalla vendemmia 2019 anche Borgo Conventi, infatti, è certificato Biodiversity Friend.


La natura negli Usa: i Mighty Five dello Utah

Zion Canyon bjul/Shutterstock.com


Oltreconfine: Oltreconfine: Francia Utah

Nicoletta Toffano

facebook.com/nicoletta.toffano


Springdale f11photo/Shutterstock.com


Oltreconfine: Utah

Fiume Virgin Kris Wiktor/Shutterstock.com

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l Far West non è solo la celebratissima Monument Valley a cavallo tra Utah e Arizona, ma anche il luogo dei Mighty Five,“i possenti cinque”, ossia i parchi nazionali dello Utah, rappresentazione iconica di quell’America forte e selvaggia tante volte immortalata dalla settima arte tra le alture dei canyon con i pionieri, le rapide e le cascate, le praterie dei bisonti e degli indiani. Punto di partenza per un itinerario alla scoperta di questa unicità naturalista made in Usa è lo Zion National Park: qui la roccia rossa fa da sfondo agli alberi sempre-

verdi e lo scintillante Virgin River pennella con maestria un paesaggio formidabile: i tratti di fiume incanalati tra sponde strette e ripide creano paesaggi fantastici e intorno a loro il gocciolamento dai versanti trasforma i terrazzamenti rocciosi in inattesi “giardini pensili”. Il centro principale è Springdale, sede del centro parco, un classico borgo americano svolto sui due lati di una singola strada. Qui ci si può fermare al Kings Landing Bistro per una cena western all’aperto con spettacolare vista delle montagne al tramonto.


“La leggenda degli indiani Payute” nel parco del Bryce Canyon

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l Bryce Canyon deve il suo nome a uno dei pionieri che, intorno al 1875, iniziò a costruire canali e strade in questa valle: nel parco si può ancora visitare la baracca dove Ebenezer Bryce abitava. Divenuto parco nazionale nel 1928, secondo un’antica leggenda indiana era abitato dagli “Uomini leggendari”, una sorta di semidei che vivevano in questo luogo in modo dissennato prendendo dalla natura più del necessario. La punizione del dio Coyote li trasformò in colonne di pietra, gli hoodoos, ancor oggi l’at-

Bryce Canyon margaret.wiktor/Shutterstock.com

trattiva più singolare del parco: si tratta di formazioni rocciose disposte ad arte in una specie di anfiteatro naturale. A 10 miglia dal parco si trova il borgo di Tropic, una pittoresca e accogliente comunità mormone di cinquecento anime all’ombra della massiccia formazione rocciosa rossa. A Tropic, ai soliti ristoranti turistici, si contrappone “Idk Barbecue”, locale rinomatissimo tra i webnauti, nato da un furgone nel posteggio di un motel: vitello, maiale e pollo qui si tagliano con lo sguardo.


Oltreconfine: Utah

Bryce Canyon Ekaterina Pokrovsky/Shutterstock.com


Bryce Canyon Karel Triska/Shutterstock.com


Oltreconfine: Utah


Cathedral Valley Oscity/Shutterstock.com

Un po’ di tutto e il Capitol Reef

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l Capitol Reef è un luogo eclettico modellato dai movimenti della crosta terrestre, dai paleo-indiani, dal popolo di Fremont dai fuorilegge e dai mormoni. Qui tra le meraviglie geologiche troviamo delle unicità come la Cathedral Valley, costituita da isolati monoliti e da un’enorme dolina di gesso, che sale e scende da una pianura alluvionale piatta, e la Waterpocket Fold, una ruga sulla superficie terrestre lunga 160 chilometri che crea un susseguirsi di strapiombi, canyon e archi naturali nella roccia rossa. Ma anche gli uomini hanno segnato questo territorio.

Nel Capitol Reef si trovano infatti i rari reperti dei paleo-indiani (10.000 a.C.) e degli indiani arcaici del deserto (6.000 a.C - 400 d.C. ), ma anche petroglifi e pittogrammi del misterioso popolo di nomadi cacciatori Fremont (300-1.300 d.C.). Ma sarà cinque secoli dopo che i Mormoni fonderanno il centro di Junction, poi ribattezzato Fruita (nome che ricorda l’abbondanza di frutteti che qui vegetano grazie all’abbondanza dell’acqua e al calore del canyon), oggi misterioso borgo-fantasma abbandonato dagli ultimi coloni negli anni Sessanta.


Oltreconfine: Utah

Fruita NatalieJean/Shutterstock.com

Barbara Ash/Shutterstock.com


Temple of the moon, Capital Reef Quinn Calder/Shutterstock.com


Oltreconfine: Utah


Parco Nazionale Arches Daniela Constantinescu/Shutterstock.com

Parco Nazionale Arches anthony heflin/Shutterstock.com


Oltreconfine: Utah

Arches National Park e gli hippies di Moab

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ercorrendo la Scenic Road dell’Arches National Park, le ruote dell’auto rotolano su un territorio antichissimo, sviluppatosi sopra un colossale letto di sale, vecchio trecento milioni di anni e nato dall’evaporazione di un mare che ricopriva la regione. Su questo si depositarono milioni di anni fa le vaste arenarie Navajo color cuoio e quelle Entrada color corallo. Poi le rocce furono nei millenni erose dal vento e dall’acqua formando una costellazione di archi: il Delicate Arch, simbolo del parco, il sottilissimo Landscape Arch, l’inaspettato Double-O Arch e lo sce-

nografico Partition Arch. E se da un lato gli archi ispirano pace e serenità, d’altro lato le emozioni forti vengono dal Fiery Furnace, un percorso-labirinto fatto di gole e di stretti passaggi scavati tra pareti di roccia rossa. A una decina di chilometri dal parco si trova il borgo di Moab, sviluppatosi dapprima negli anni Cinquanta, grazie ai minatori, poi meta di produttori e sceneggiatori hollywoodiani e infine frequentato da hippies in cerca di esperienze mistiche. Oggi Moab è piena di artisti e hippies di tutte le età che si raccolgono in cerchi suonando tipici tamburi.


Parco Nazionale Arches anthony heflin/Shutterstock.com


Oltreconfine: Utah


Island in the Sky Johnny Adolphson/Shutterstock.com

Needles crbellette/Shutterstock.com


Oltreconfine: Utah

Canyonlands National Park:

il territorio più selvaggio

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l parco più grande dello Utah, con un’estensione di ben 1400 chilometri quadrati, è il frutto dell’instancabile azione erosiva di due fiumi: il Colorado River e il Green River. L’immensa area naturale è composta da tre zone distinte. La prima, più a nord, è l’Island in the Sky, la più accessibile formata da mesas di arenaria alte fino a quattrocento metri che offrono punti panoramici mozzafiato. La seconda zona è Needles, una carrellata delle più straordinarie forme naturali della roccia: un susseguirsi di fitti pilastri di arenaria, guglie di roccia, mesas, gallerie e piccoli canyon.

Moab Ogletree Photography/Shutterstock.com

La terza zona è The Maze; a ovest dei fiumi, isolata, selvaggia, impervia e pericolosa, richiede almeno tre giorni per esplorarla e una grande preparazione atletica. Qui si trovano canyon labirintici che offrono paesaggi improbabili, come le cime Chocolate Drops, rocce simili a tavolette di cioccolato. Il borgo più vicino, a 50 chilometri di canyon, è ancora Moab, ma basta superarlo di qualche chilometro a nord per regalarsi una pregiata Bistecca di Bisonte (Buffalo Steak) al The Cowboy Grill Restaurant servita con uno spettacolare tramonto sul fiume Colorado.


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Oltreconfine: Utah

Sulla strada per il Canyonlands National Park Tupungato/Shutterstock.com


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Formaggio Montasio Dop, storia ed emozioni in tavola Luca Sartori

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una delle eccellenze gastronomiche del nordest italiano e appartiene alla famiglia dei grandi formaggi alpini. Il Montasio Dop viene oggi prodotto in Friuli-Venezia Giulia in tutto il territorio delle province di Udine, Pordenone, Gorizia e Trieste e nel Veneto, in tutte le aree delle province di Treviso e Belluno e in parte delle province di Venezia e Padova. A vigilare sul suo commercio e sulla produzione, occupandosi della valorizzazione promozionale e della tutela del prodotto, è il Consorzio per la tutela del Formaggio Montasio. Quest’ultimo svolge una

continua opera di assistenza, verifica le lavorazioni, preleva campioni per analisi, sovrintende e coordina l’attività di ricerca e svolge un’intensa attività di vigilanza e di controllo sulla commercializzazione del formaggio a tutela del consumatore finale, con particolare attenzione e verifica delle norme igienico-sanitarie di vendita, dell’uso leale del marchio e il corretto uso della denominazione di origine. Per approfondire la conoscenza del Consorzio e per scoprire le caratteristiche del Montasio Dop si può consultare il sito www.montasio.com.


Tra le Alpi Giulie e Carniche

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tra le vallate delle Alpi Giulie e Carniche che affonda le sue radici il Montasio Dop. E’ verso il Duecento che grazie alla costanza e all’intelligenza dei frati Benedettini che inizia la storia di uno dei formaggi più apprezzati. E’ a Moggio Udinese, sul versante nord del Montasio, che si trova il convento, oggi utilizzato dalle suore Clarisse, dove probabilmente si affinarono le tecniche di produzione dei malghesi di questa porzione delle Alpi. Tecnologia

produttiva che ben presto si diffuse nelle vallate di tutta la Carnia e della pianura friulana e veneta. La prima storica dicitura “Formaggio Montasio” compare sui prezziari della città di San Daniele, risalenti al 1773, dov’è stabilito il prezzo del Montasio, di gran lunga superiore alla media dei prezzi degli altri formaggi. E’ da quel momento che il prestigioso formaggio friulano è sempre stato presente in tutti i documenti mercantili del nord-est d’Italia.



Tipicità dal 1955

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deale per l’alimentazione di bambini e anziani, in quanto privo di lattosio e particolarmente digeribile, il Montasio Dop è un formaggio ad alto valore nutritivo dalla composizione equilibrata, con un 32-36% d’acqua, un 32-34% di lipidi e un 24-26% di proteine. Prodotto anticamente sugli alpeggi con caratteristiche uniche grazie alla combinazione fra tre particolari fattori quali il fieno, il latte e l’aria, oggi il Montasio Dop, secondo il Disciplinare di produzione, prevede una zona di produzione che comprende l’intero territorio del Friuli-Venezia Giu-

lia, le province di Belluno e Treviso e parte di quelle di Venezia e Padova. Una tipicità tutelata fin dal 1955 che nel 1986 diventa Doc. Nel 1984 poi, per volere di produttori e stagionatori, nasce il Consorzio di Tutela, e nel 1996 il Montasio si fregia della più importante certificazione di tipicità riguardante i formaggi dell’Unione Europea, il marchio Dop, esclusivo marchio per prodotti di riconosciuta storicità, realizzati in una determinata zona geografica e dalla produzione regolamentata da un severo disciplinare.


Delizia per ogni occasione

Q

uelli del Montasio Dop sono numeri da record. Ai 60 stabilimenti dislocati nella zona di origine tra produttori e stagionatori, un’associazione di produttori del latte unisce le oltre 1000 stalle certificate dall’Ente di Certificazione CSQA, le 850mila forme prodotte all’anno, le oltre 1000 analisi chimico fisiche presso produttori e stagionatori, le più di 30mila analisi sul latte, gli oltre 500 campioni di formaggio sottoposti ad analisi organolettica e oltre 250 controlli sulla filiera distributiva. Un autentico universo che dà vita a un formag-

gio a latte fresco interno a pasta dura o semidura cotta. Un formaggio dalle forti valenze sensoriali che può essere gustato in quattro diverse stagionature, per poter apprezzare le sue straordinarie sfumature di sapore; fresco, dal gusto morbido e delicato, stagionato da 60 a 120 giorni, mezzano, dal sapore pieno e deciso, stagionato da 5 a 10 mesi, nella versione stagionata, piacevolmente saporito e stagionato per più di dieci mesi, e stravecchio, anche da grattugia, di oltre 18 mesi di stagionatura.



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NATURALE

perché fatto solo con carne di maiale italiano, sale marino e l’aria di San Daniele.

SINCERO

perché non ha segreti, solo un ambiente intatto e magie naturali; terre alte, le Alpi, l’Adriatico e il vento.

…UNICO

perché più che un Prosciutto è una cultura.

Il segreto del San Daniele è San Daniele w w w. p r o s c i u t t o s a n d a n i e l e . i t


Carola Traverso Saibante

Una fame da lupi!

miami beach forever/Shutterstock.com


Una fame da lupi!

G

li animali sono nostri maestri. Dal lombrico che fertilizza la terra all’aquila reale che sorveglia i cieli, gli altri animali ci accompagnano. E ci nutrono, non solo il corpo. E allora perché non farsi guidare in questa avventura enogastronomica nei parchi proprio da loro, che in quei territori protetti trovano casa e rifugio? Partiamo da un parco nazionale, quello dell’Arcipelago Toscano, che comprende due santuari per animali, quello internazionale dei cetacei e quello delle farfalle sull’isola d’Elba. Qui il mare offre all’uomo la palamita,

erroneamente considerata sottospecie del tonno, pesce generoso dalle mille possibilità che l’uomo sapientemente lavora in cucina. La palamita del mare di Toscana è un prodotto conservato, Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) e Presidio Slow Food: i filetti sono preparati sott’olio con foglie di alloro, pepe e il fondamentale “zenzero”, che all’Elba è il nome del peperoncino! Al Giglio provate il Panficato, una pagnotta bruna e dolce di fichi bagnati nel vino e impastati con frutta a guscio, miele e cioccolato fondente.


Isola d’Elba Balate Dorin/Shutterstock.com

Una fame da lupi!

Isola del Giglio Artyart/Shutterstock.com


Una fame da lupi!

Sulle orme dell’orso N

on ce lo dimentichiamo, vero, che in Italia abitano gli orsi? E cosa mangiano questi pelosoni plantigradi? Ma il miele, naturalmente! Il mìel di rasabèch, ossia di rododendro – “l‘albero delle rose” -, può dare a seconda delle specie un miele velenoso o uno delizioso, delicatissimo e quasi trasparente. Come quello che si produce nel Parco Naturale Paneveggio Pale di San Martin in Trentino-Alto Adige, regione dove vive l’orso bruno, animale da trecentocinquanta-quattrocento chili. Nel Parco

Pale di San Martino Ihor Serdyukov/Shutterstock.com

Adamello Brenta, la più vasta area protetta del Trentino, segnaliamo la leggerissima Acqua Minerale Surgiva, la stessa che bevono gli orsi che vi abitano. Sono poco più di una cinquantina in tutto, invece, gli orsi bruni marsicani, una sottospecie più piccolina che un tempo popolava gli Appennini fino alla Puglia. Oggi, a causa del bracconaggio e dell’eccessiva caccia, sono rimasti solo nei boschi del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Se siete in zona, non perdetevi il torrone di Alvito.


Parco Adamello Brenta Boerescu/Shutterstock.com

Una fame da lupi!


Una fame da lupi! Alvito Paolo Paradiso/Shutterstock.com

Parcvo Nazionale del Cilento e Vallo di Diano Landscape Nature Photo/Shutterstock.com


Gatti e gattò N

facciato a mare, si produce il Maracuoccio, legume simile al pisello, protetto da Slow Food, con la cui farina si fa una polenta. Siamo nel Parco Nazionale del Cilento e Vallo di Diano, e in queste foreste abita il gatto selvatico, felino massiccio e solitario. Parliamo di gatti, nel Regno delle Due Sicilie: e che dire del gattò? Lo si deve alla équipe di cuochi francesi al servizio di Maria Carolina d’Asburgo, moglie di Ferdinando I di Borbone. Un “gateau” rustico di patate schiacciate e farcite con prosciutto, salame, pecorino, provola, fiordilatte, oggi mitico PAT della Campania.

Una fame da lupi!

el borgo di Alvito si produce questo dolce a base di pasta reale, ossia mandorle tritate finissimamente e cotte con zucchero a bagnomaria quasi un’intera giornata. «Le mandorle arrivano dalla Sicilia – spiega la signora Virginia, titolare della pasticceria Macioce – Perché? Perché noi facciamo parte del Regno delle Due Sicilie! Il nostro torrone morbidissimo si chiama Ducato di Alvito perché il nostro era un Ducato (feudo del Regno di Napoli, poi confluito nel Regno delle Due Sicilie, n.d.r.)». E allora visitiamo le terre del Regno! A Lentiscosa (Salerno), borgo sdraiato su un colle af-


Una fame da lupi! Velerio Mei/Shutterstock.com

Attenti al lupo! I

lupi sono tornati! Il Wolf Appennine Center si trova nel Parco Nazionale Appennino Tosco-Emiliano. Dove potrete gustare molti prodotti tipici, tra cui il vino IGT Val di Magra, fresco e non eccessivamente corposo, che in versione bianca è perfetto con gnocchi o testaroli al pesto e torte di erbette. Provate le etichette dell’azienda agricola biologica La Vigna, che sta recuperando vigneti e uve locali in via d’estinzione. Vini naturali, senza solfiti e con i terreni concimati solo con letame ovino dell’azienda, che alleva allo stato semibrado ovini di razza zerasca. Pecore&lupi... suona il cam-

panello d’allarme! «All’imbrunire con un po’ di pane li facciamo avvicinare alla stalla: il lupo gira di notte – racconta Manolo, che col fratello guida l’azienda – Però ultimamente i piccoli allevamenti, che hanno 10-15 capi, la mattina dopo se ne ritrovano la metà. Il lupo è sceso e a saltare un metro di recinto ci mette un attimo!». Le istituzioni, che dovrebbero finanziare le recinzioni anti-lupo, latitano... L’agnello di Zeri, antichissima razza appenninica, è Presidio Slow Food. Assaggiatelo in spiedino e abbinato a un IGT Val di Magra rosso. Con grande gusto, rispetto e gratitudine.


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Una fame da lupi!

Testaroli al pesto Fotografiche/Shutterstock.com


OPERA

BALLET

GIUSEPPE VERDI

PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ

CONDUCTOR DANIELE GATTI DIRECTOR VALENTINA CARRASCO

VINCENZO BELLINI

I CAPULETI E I MONTECCHI CONDUCTOR DANIELE GATTI DIRECTOR DENIS KRIEF

PËTR IL’IČ ČAJKOVSKIJ

EVGENIJ ONEGIN CONDUCTOR JAMES CONLON DIRECTOR ROBERT CARSEN

SWAN LAKE

CONDUCTOR NIR KABARETTI / CARLO DONADIO CHOREOGRAPHER BENJAMIN PECH

SERATA JEROME ROBBINS CONDUCTOR CARLO DONADIO CHOREOGRAPHER JEROME ROBBINS

IL CORSARO CONDUCTOR ALEXEI BAKLAN CHOREOGRAPHER JOSÉ CARLOS MARTÍNEZ

GIACOMO PUCCINI

SUITE EN BLANC / SERENADE / BOLERO

CONDUCTOR ALEJO PÉREZ DIRECTOR AI WEIWEI

CONDUCTOR FAÇAL KAROUI CHOREOGRAPHY SERGE LIFAR, GEORGE BALANCHINE, KRZYSZTOF PASTOR

LEOŠ JANÁČEK

MAURICE JARRE

TURANDOT

KÁŤA KABANOVÁ CONDUCTOR DAVID ROBERTSON DIRECTOR RICHARD JONES

GIUSEPPE VERDI

LUISA MILLER CONDUCTOR ROBERTO ABBADO DIRECTOR DAMIANO MICHIELETTO

GEORGES BIZET

CARMEN

CONDUCTOR BERTRAND DE BILLY DIRECTOR EMILIO SAGI

IGOR’ STRAVINSKIJ

THE RAKE’S PROGRESS

CONDUCTOR DANIELE GATTI DIRECTOR GRAHAM VICK

GIACOMO PUCCINI

TOSCA

CONDUCTOR PIER GIORGIO MORANDI DIRECTOR ALESSANDRO TALEVI

GIUSEPPE VERDI

LA TRAVIATA CONDUCTOR PAOLO ARRIVABENI DIRECTOR SOFIA COPPOLA

OLTRE L’OPERA

Roma Opera aperta

SEASON 2019-20

NOTRE-DAME DE PARIS

CONDUCTOR LOUIS LOHRASEB CHOREOGRAPHER ROLAND PETIT

CARACALLA 2020 GIUSEPPE VERDI

AIDA

CONDUCTOR JORDI BERNÀCER DIRECTOR DENIS KRIEF

GIOACHINO ROSSINI

IL BARBIERE DI SIVIGLIA

CONDUCTOR STEFANO MONTANARI DIRECTOR LORENZO MARIANI

FRANZ LEHÁR

Ettore Festa, HaunagDesign - Illustration by Gianluigi Toccafondo

LES VÊPRES SICILIENNES

THE MERRY WIDOW CONDUCTOR STEFANO MONTANARI DIRECTOR DAMIANO MICHIELETTO

STRICTLY GERSHWIN CONDUCTOR GARETH VALENTINE CHOREOGRAPHER DEREK DEANE

GIUSEPPE VERDI

MESSA DA REQUIEM CONDUCTOR MYUNG-WHUN CHUNG

IGOR’ STRAVINSKIJ

OEDIPUS REX

CONDUCTOR DANIELE GATTI

operaroma.it

FOUNDERS

PRIVATE SHAREHOLDERS

PATRONS


Antonella Andretta

facebook.com/antonella.andretta

E Z N A VAC

o t s o P i Fuor

Verdi si nasce, giardini si diventa L

o sappiamo sin da piccoli: il verde ci rende felici. E non c’è bisogno di scomodare gli scienziati, che pure confermano. Lo sappiamo e basta. Ecco perché lo speciale dedicato ai parchi di questo numero è un

toccasana ed ecco perché abbiamo scelto di restare nello stesso ambito e di parlare di giardini privati, un po’ il contraltare dei parchi pubblici, concepiti con scopi e funzioni diverse.

Villa della Porta Bozzolo Fabio Caironi /Shutterstock.com


Villa Litta Dante1969/Shutterstock.com

FUORI POSTO

G

iardini speciali, s’intende, spesso situati in borghi e cittadine delle quali rappresentano l’attrattiva principale, da ammirare non solo per la loro vegetazione ma anche per il loro essere “monumenti viventi”, testimoni di un’epoca non meno di quanto lo siano altri manufatti. Iniziamo dal “giardino all’italiana”, nato nel XV secolo, uno stile geometrico, con più piante che fiori (soprattutto bossi, cipressi, spesso potati secondo forme fantasiose) nel quale nulla è lasciato al caso. Il risultato è una composizione ricca e piena di attrazioni, tra statue, fontane, tempietti ma anche automi, cascatelle, giochi d’acqua. Villa Litta a Lainate (Milano) mette

in scena proprio una serie di automi e di giochi d’acqua davvero sorprendenti: il parco è visitabile da maggio a ottobre, ma andateci quando fa caldo e gli spruzzi vi piaceranno ancora di più! Di grande impatto è anche il giardino della Villa della Porta Bozzolo a Casalzuigno (Varese), con l’originale scenografia di terrazze scolpite in pietra, attraversate da uno scalone che risale la collina fino a un grande prato da cui parte un sentiero diretto a un belvedere. La villa è uno dei beni tutelati dal Fai ed è visitabile tutto l’anno. Nel tempo, il giardino all’italiana lascia poi il posto al “giardino alla francese” (il cui esempio per eccellenza è Versailles),

VACANZE


VACANZE FUORI POSTO

Villa della Porta Bozzolo Dante1969/Shutterstock.com


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Giardino di Ninfa Buffy1982 /Shutterstock.com

VACANZE


VACANZE

cesi ed è caratterizzato da saliscendi del terreno, da laghetti e torrentelli che creano paesaggi pittoreschi insieme ad alberi e cespugli, più liberi di crescere secondo natura, con forme e colori di stagione che si mescolano fluidamente. Risaliamo allora l’Italia fino a Latina, dove si trova uno degli esempi più belli di questa tipologia: il Giardino di Ninfa. Realizzato sui ruderi del borgo medievale di Ninfa, è attraversato dal fiume omonimo che, insieme a ponticelli, rovine, alberi e cespugli, genera un vero e proprio incanto “pittorico” e romantico, solo apparentemente spontaneo ma in realtà progettato dall’uomo e curato nei minimi dettagli. È aperto da

FUORI POSTO

con geometrie più morbide, meno pietra e più materiali vegetali, ampie prospettive che spaziano verso l’orizzonte, alberi e cespugli fiancheggiati vegetali più minuti e fiori. La maniera francese di realizzare giardini dominerà in Europa per tutto il XVIII secolo e anche in Italia è possibile vederne degli splendidi esempi, come il parco della Reggia di Caserta. Andateci muniti di scarpe comode e tanto tempo: non solo è immenso, ma è anche diviso in due zone la seconda delle quali è nello stile del giardino all’inglese. Questo genere di giardino, che ha preso piede dal Settecento in poi, ripudia la simmetria e la geometria tanto care agli italiani e ai fran-

Reggia di Caserta Geert Smet /Shutterstock.com


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Giardino Botanico La Cutura Irina Kzan/Shutterstock.com

aprile a novembre, esclusivamente con visite guidate. Il giardino come forma d’arte in sé, dunque, ma il giardino anche come “contenitore” d’arte, ad esempio alla Fattoria di Celle di Santomato di Pistoia. In questo celebre giardino è stata allestita una collezione di land art contemporanea con installazioni di grandi artisti da Mimmo Paladino a Michelangelo Pistoletto ad Anselm Kiefer e molti altri ancora che ha valso a questo luogo il titolo di Giardino più bello d’Italia del 2019. Il giardino è visitabile solo su appuntamento tra marzo e settembre. Un’ultima preziosa chicca in Puglia: il Giardino Botanico La Cutura (da “cute”, termine dialettale per “pietra”)

a Giuggianello, un borgo in provincia di Lecce che possiede anche un patrimonio megalitico di grande valore archeologico. Il giardino, aperto tutto l’anno, si estende per 35 ettari e ospita una delle più ricche raccolte di piante rare, grasse e tropicali d’Italia, raccolte in parte in un’imponente serra di circa mille metri quadrati, in parte nel giardino roccioso che ospita ottanta varietà di agavi e numerosissime cactacee. Altre zone, 11 in totale, ospitano un giardino all’italiana, un giardino mediterraneo, un lago popolato da papiri e ninfee e molto altro ancora, in un mix di grande interesse e fascino non solo per appassionati di piante.

VACANZE


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Giardino Botanico La Cultura Girodiboa/Shutterstock.com



Ivan Pisoni

facebook.com/pisoni.ivan.7

Leggende di parco in parco

Valle di Ledro 4H4 Photography/Shutterstock.com


Leggende di parco in parco Gruppo del Rosengarten (Catinaccio) PMW89/Shutterstock.com Pierosara GAL Colli Esini

La leggenda di Pierosara F

u un giorno triste, quello in cui il conte di Revellone passò nei pressi delle gole della Rossa, entrando nella Rocca Petrosa. Gli bastò un attimo per rimanere estasiato dalla bellezza di Sara, una fanciulla locale dalla grazia notevole. Sara era

innamorata e promessa in sposa a Piero, un suo coetaneo che contraccambiava i sentimenti della bella, e avrebbe fatto di tutto per difendere il loro amore. Indispettito, il conte riuscĂŹ a rapire la bella innamorata con un piccolo esercito - mentre si


si scagliò verso il malvagio nobile ma questo lo colpì a suon di scure. Piero cadde sul corpo della sua amata e morì mentre la stava abbracciando un’ultima volta. Da quel triste avvenimento quel luogo prese il nome che porta ancora oggi, Pierosara.

Leggende di parco in parco

preparava alla fuga. La popolazione fece giusto in tempo a chiudere le porte del castello, dando inizio alla battaglia. Il conte non impiegò molto a capire che lo scontro stava volgendo a suo sfavore e uccise Sara. Alla scena Piero impazzì dal dolore e


Leggende di parco in parco

Cesuna Merlino82/Shutterstock.com

La leggenda della Zizzara I

n un giorno freddo e ventoso, sull’Altipiano dei 7 Comuni, lungo la via principale di Cesuna, si fermò una carrozza nera trascinata da 7 cavalli bianchi. Il cocchiere stava scaricando dalla carrozza 7 bauli neri decorati di oro e di bronzo quando la popolazione incuriosita iniziò a guardare la bizzarra scena. Dalla carrozza scese una donna di mezza età dai lineamenti nordici, dai lunghi capelli corvini, con una pelle bianca e perfetta, lunghe unghie e un cappello a falda in velluto nero in testa. La signora prese

come dimora una casetta disabitata con un tetto di paglia, in una contrada leggermente defilata dal paese. Gli abitanti del paese la guardavano con timorosa curiosità e iniziarono a spiarla dando origine a diverse voci. La chiamarono la Zizzara. La Zizzara aveva diversi cappelli a falda di velluto. A volte ne portava uno rosso, a volte uno blu, a volte quello nero, a volte uno viola e si diceva che portasse 7 sottane, una sopra l’altra. C’è chi affermava di averla vista raccogliere strane piante dal suo giardino, al chiaro


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di luna, chi diceva di averla sentita parlare con i suoi 7 gatti, chi la vide rimestare una grande marmitta nella quale buttava intrugli ed erbe, ma la popolazione fu scossa sentendo la voce di qualcuno che la vide parlare con il marito, emigrato a Vienna, attraverso un piatto colmo d’acqua. Già si pensava “alla strega!”, ma la realtà era ben diversa. Da quando la Zizzara prese dimora in quel luogo i campi erano generosi di raccolto, l’acqua era fresca e abbondante, gli animali da pascolo erano tranquilli, il latte era ottimo

Leggende di parco in parco

Altipiano di Asiago Ekaterina Polischuk/Shutterstock.com

e i bambini ricevevano caramelle e mele quando passavano nei pressi della sua capanna. Ma un giorno scesero le tenebre. Una grande bufera si scagliò contro Cesuna e la Zizzara sparì. Nessuno sa che fine fece. La casetta era stata abbandonata e rimase in rovine dopo un incendio. Solo pochi sassi ne testimonierebbero il posto ma i vecchi del villaggio non rivelarono mai dove fosse, tenendo stretto nel cuore il ricordo di quanto fossero buone le caramelle che ricevevano dalla loro strega di paese.



Ivan Pisoni

facebook.com/pisoni.ivan.7

lo sapevate che...

Mny-Jhee/Shutterstock.com


lo sapevate che... Parchi da record

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ue degli alberi più antichi d’Europa si trovano in Sicilia. Uno è il “Castagno dei Cento Cavalli”, situato all’interno del Parco dell’Etna, nel comune di Sant’Alfo (Catania), e l’altro è l’Olea europaea del comune di Luras (Sassari) in Sardegna. Hanno un’età stimata tra i 3mila e i 4mila anni.

Una Olea Europea in Sardegna Shutterschock/Shutterstock.com

I

n Brasile c’è un’altra Mirabilandia. Si trova a Olinda, nello stato di Pernambuco, ha lo stesso nome, le stesse mascotte e lo stesso logo (quello vecchio) ma non appartiene allo stesso gruppo. Sembra che durante la gestione Loffelholz Casoli, il parco ravennate abbia ceduto i diritti d’utilizzo del nome, del logo, del merchandising e delle mascotte al parco brasiliano e che l’allora amministratore delegato abbia fatto un periodo di training nella nostra Mirabilandia.

Mirabilandia Andrea Berg/Shutterstock.com

L

a pianta più alta d’Italia è in un giardino della Brianza. Dall’alto dei suoi 52 metri (quanto un palazzo di 15 piani), con un tronco alla base dalla circonferenza di 5 metri, il Liriodendro (Liriodendron, o albero dei tulipani) cresce nel Giardino di Villa Besana a Sirtori, nel lecchese. Seppur alto, è solo la metà delle sequoie americane del parco di Redwood (California, Usa).

Un fiore dall’albero dei tulipani kodec/Shutterstock.com


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I

n Italia vantiamo l’orto botanico più antico del mondo. Si tratta dell’orto botanico di Padova: è fra i Patrimoni Unesco, ed è datato 1545.

Orto Botanico di Padova EQRoy/Shutterstock.com

I

record di uno dei più importanti raduni di cosplayer in un parco… Da record! È successo nel settembre del 2019, quando oltre 4mila cosplayer si sono radunati al Parco di Sigurtà di Valeggio sul Mincio durante la tredicesima edizione de “Il magico mondo del Cosplay”, attirando oltre 10mila visitatori nel parco che vanta seicentomila metri quadrati di giardino, una passeggiata panoramica, un labirinto con corridoi di piante di tasso, 18 laghetti fioriti in un’atmosfera davvero... Magica.

I

l ponte tibetano più lungo del mondo è... anzi, sarà in Italia. Lo stanno costruendo nei pressi del borgo di Castelsaraceno (Potenza) tra il Parco Nazionale del Pollino e il Parco Nazionale dell’Appennino Lucano-Val d’Agri Lagonegrese. Sarà lungo 580 metri e avrà un’altezza a mezz’aria di 80 metri. Non vediamo l’ora!

Parco Nazionale del Pollino lauradibi/Shutterstock.com

lo sapevate che... Parchi da record

Il magico mondo del Cosplay 2019 TinoFotografie/Shutterstock.com



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