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Il modello biologico fa la differenza
Un momento di approfondimento e confronto su un tema di grande attualità: l’impatto dell’allevamento sull‘ambiente e il valore del benessere animale (ma è giusto chiamarlo così?). Il modello biologico e il suo ruolo
A cura della Redazione
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Un altro modo di fare allevamento esiste e fare la differenza si può: vuol dire scegliere un metodo che tenga insieme vantaggi per l’ambiente, per l’uomo e per il benessere degli animali. L’occasione è la Festa del BIO, a Milano, nell’ambito del progetto Being Organic in EU; il tema il ruolo di agricoltura e allevamento biologici all’interno di un modello di alimentazione che impatta su clima, ambiente e sulla salute dei consumatori e come sia indispensabile comunicare per sensibilizzare sull’importanza di scelte alimentari consapevoli.
Scegliere la zootecnia biologica vuol dire crescere le specie in maniera totalmente naturale, senza forzature, nel rispetto dei bisogni etologici fondamentali.
Ne hanno discusso Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBio, Damiano di Simine di Legambiente, il medico veterinario Sujen Santini, Barbara Nappini presidente di Slow Food e Marco Paravicini Crespi, agricoltore biodinamico e vice presidente di FederBio.
IL QUADERNO CAMBIA LA TERRA: ALLEVAMENTI. SOSTENIBILE NON BASTA: IL MODELLO È QUELLO DEL BIO
Maria Grazia Mammuccini, presidente di FederBIo, ha presentato il quaderno Cambia la Terra, dove si fa il punto sull’impatto degli allevamenti in Italia e si pongono degli obiettivi concreti. “Il primo passo – ha affermato Mammuccini - è passare da un modello intensivo a uno basato sul biologico e sull’agroecologia per ottenere gli obiettivi definiti dalle strategie europee Farm to Fork e Biodiversità che agricoltura e allevamento devono raggiungere entro il 2030. Significa dimezzare l’uso di pesticidi chimici e antibiotici e raggiungere l’obiettivo del 25% di superficie agricola coltivata a biologico. L’allevamento, in questo scenario, rappresenta un punto critico. Aver separato agricoltura e allevamento ha trasformato il letame da risorsa a problema. Ha creato da una parte inquinamento delle acque e del suolo e dall’altra carenza di nutrienti per il terreno. Passare a un approccio integrato è fondamentale; infatti, i metodi biologici e biodinamici sono da sempre basati sulla circolarità degli alimenti”.
Inoltre, come ha sottolineato Maria Grazia Mammuccini, l’agricoltura è la principale fonte di emissioni di ammoniaca di cui l’Italia è il quarto emettitore con emissioni stimate a 363.000 tonnellate nel 2020, impattando sulla qualità dell’acqua e sull’inquinamento dell’aria. È provato che la principale causa dell’inquinamento da polveri sottili nella Pianura Padana è l’ammoniaca emessa da allevamenti e agricoltura intensivi. In questo contesto, la comunicazione corretta e l’avvio di un percorso virtuoso sono utili e, per questo, il tipo di allevamento deve essere indicato in modo chiaro in etichetta affinché i cittadini possano fare delle scelte consapevoli.
Il Territorio Al Centro
Per Damiano di Simine il tipo di allevamento pra- ticato è di fondamentale importanza: “I cibi biologici, non solo contengono meno sostanze inquinanti, possiedono proprietà nutrizionali superiori. Investire nella zootecnia secondo i disciplinari biologici e biodinamici, inoltre, può alimentare il settore agroalimentare in maniera positiva. Se analizziamo il comparto, oggi, ci accorgiamo che le principali eccellenze italiane derivano da materie prime di origine intensiva, pensiamo ai grandi latticini, per esempio. Gli allevamenti che generano queste materie prime sono alimentati con cereali e soia provenienti da agricoltura intensiva extraeuropea: il modello made in Italy che esportiamo, di fatto, ha un costo in inquinamento superiore al valore della produzione. Occorre chiudere il cerchio dei nutrienti e rimettere il territorio al centro e per ottenere ciò bisogna virare sui consumi e sulla qualità: produrre meno ma meglio”.
LA RICERCA DELL’EQUILIBRIO
Un esempio è fornito dall’azienda biodinamica diretta da Marco Paravicini Crespi, Cascine Orsine che afferma: “Biodinamico non significa arretratezza, ma stimolo alla ricerca. L’approccio biodinamico conduce all’equilibrio creando un insieme di pratiche agricole che danno vita a un’azienda nel suo complesso, perché la campagna è fortemente legata all’allevamento. Per creare questo equilibrio è importante rispettare i limiti di densità di animali per ettaro, incentivare la rotazione delle colture, gestire il letame, prezioso, e il pascolo al fine di originare una svolta di cui l’animale è la chiave di volta, e creare un organismo autosufficiente. Equilibrio è la parola chiave e la pratica estensiva lo strumento”. Non è un metodo semplice perché trova ostacolo nell’impreparazione culturale. Per questo bisogna insistere, anche a livello di comunicazione. “Oggi il termine benessere animale è abusato – dichiara Paravicini Crespi – generalizza il significato e induce in inganno, quasi una foglia di fico per nascondere quello che è il reale mare magnum dell’allevamento”.
ACCOMPAGNARE IL CONSUMATORE
ALLA TRANSIZIONE CULTURALE
Di questo parere anche Barbara Nappini, presi- dente di Slow Food: “Il punto fondamentale è l’educazione del consumatore perché quello che viene definito benessere animale è una questione culturale che deve indurre una riflessione sul rapporto dell’uomo con l’animale. Benessere animale suggerisce una declinazione troppo umana. Non vuol dire far ascoltare la musica classica alle vacche in una stalla intensiva, non consiste nel massaggiare gli animali e cose di questo tipo. Non serve, serve rispetto per l’animale in funzione delle sue esigenze e necessità naturali”.
IL MEZZO È LA LIBERA ESPRESSIONE DELL’ETOGRAMMA DI SPECIE
Opinione condivisa da Sujen Santini, medico veterinario, che dichiara: “Le linee guida diffuse da FederBio in merito al benessere animale sono redatte per promuovere la salute dell’animale attraverso la libera espressione dell’etogramma di specie, ovvero il rilevamento delle azioni di un animale di una data specie eseguiti al fine di stabilire le sue azioni in relazione alle motivazioni interne ed esterne, naturali o indotte sperimentalmente. Per fare un esempio, possiamo facilmente assecondare l’indole di un suino, mangiare ad libitum, ma possiamo anche lasciargli la scelta di grufolare dandogli un valore non compensabile in altro modo”.
Conclusione
Agricoltura e allevamento devono collaborare per generare un unico organismo in cui la diversificazione è un valore.
Le aziende specializzate in un’unica produzione dovrebbero convertire le loro azioni in ottica di diversificazione, passaggio che può avvenire gradualmente. La collaborazione tra allevatori e produttori agricoli di uno stesso territorio è in grado di creare un legame con la terra e con il territorio stesso valorizzandolo: gli animali fungono da elemento di condivisione nella comunità locale. L’educazione e la sensibilizzazione del consumatore sono fondamentali. Solo attraverso la comunicazione e la comprensione reciproca sarà possibile attuare quel cambiamento culturale indispensabile per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Il progetto BEING ORGANIC in EU è una campagna di promozione proposta da FederBio in collaborazione con Naturland cofinanziata dall’Unione Europea ai sensi del regolamento UE n.1144/2014 e prevede un insieme articolato di azioni con l’obiettivo di migliorare la conoscenza, il prestigio e il consumo dei prodotti ortofrutticoli biologici verso i due paesi target: Italia e Germania. In particolare, il progetto intende:
• aumentare e rafforzare la considerazione da parte del consumatore verso l’agricoltura biologica europea e la sua qualità;
• aumentare la consapevolezza e il riconoscimento del metodo e dello standard dell’agricoltura biologica dell’UE;
• far conoscere il logo biologico dell’UE.
È un programma triennale partito il primo gennaio 2022 e terminerà il 31 marzo 2025 ed è cofinanziato dall’Unione europea (80%) e da FederBio e Naturland, le più importanti organizzazioni di operatori biologici in Italia e in Germania.