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La comunicazione: principi e tecniche per comunicare
from TEME 1-2/2023
by edicomsrl
Gruppo di lavoro:
Martina Luison Istituto Oncologico Veneto - I.R.C.C.S., Padova
Maria Sigona Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, Ragusa
Laura Castello Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, Ragusa
Elena De Vecchi Azienda Ospedaliera-Universitaria “Maggiore dalla Carità”, Novara
Alessandra Vasta Azienda Sanitaria Provinciale di Ragusa, Ragusa
Veronica Sartor Azienda ULSS7 Pedemontana, Bassano del Grappa (VI)
Capitolo 1 - L’arte di comunicare: un istinto primordiale. Elementi di evoluzione e, talora, di involuzione. L’istinto di comunicare è innato nell’uomo come predisposizione involontaria e si manifesta, sin dal suo concepimento, attraverso lo scambio di informazioni a livello cellulare. La comunicazione, dal latino communicare “rendere comune” ovvero “far altri partecipe di una cosa” è una condizione naturale dell’esistenza perché la possibilità di comunicare con tutto ciò che esiste è una dimensione della vita. Sin dal grembo materno, una delle condizioni in cui l’uomo viene a trovarsi per imparare a comunicare è lo stato di ascolto. Tale predisposizione è un principio base, fondamentale per una corretta comprensione dell’altro e, quindi, per impostare un corretto scambio di informazioni. Similmente a quanto accaduto nel corso della Storia della comunicazione degli uomini, le prime forme di dialogo di ciascun neonato si sviluppano, oltre che attraverso l’ascolto, con i gesti, le vocalizzazioni e, successivamente, anche attraverso le immagini, fino all’acquisizione di un linguaggio articolato. Allo stesso modo gli uomini primitivi hanno affinato le tecniche di comunicazione partendo dall’ascolto per poi servirsi dei gesti, dei suoni, delle immagini fino a riuscire a sviluppare un linguaggio basato sull’ alfabeto fonetico. Uno studio condotto da alcuni ricercatori della University of Western Australia ha confermato il ruolo primario del gesto nelle prime fasi della creazione del linguaggio proprio per la sua universalità. Le importanti pitture rupestri rinvenute, ad esempio, in Francia (grotte di Font-de-Gaume e Lascaux) e in Spagna possono essere considerate una delle prime forme di comunicazione visiva in quanto ricca di significati i quali permettono ancora oggi di intuire riflessioni, percezioni ed emozioni dei nostri antenati.
Sebbene non vi sia ancora una teoria certa sulla nascita del linguaggio, questo è arrivato ad essere il primo formale mezzo di comunicazione universale. Non vi sono teorie concordi neppure sullo sviluppo della scrittura, talora attribuito ai Sumeri piuttosto che agli Egizi o ai Fenici. Certo è che essa, nata circa 5000 anni fa quale strumento proprio dell’Homo Faber, costituì un sistema pragmatico derivato dalle necessità di una delle fasi evolutive della nostra specie. Cicerone, maestro delle tecniche di comunicazione, si distinse dal momento che intese l’arte di comunicare non una semplice padronanza delle strategie di persuasione, ma la massima espressione della profondità di pensiero. Nel corso della Storia sistemi e strumenti di comunicazione sociale innovativi, dal giornale al telefono, fino alla televisione, sono stati inizialmente accessibili solo ad una cerchia ristretta di persone. Il secolo scorso, lo stesso computer, che in un primo momento sembrò essere destinato solo a scopi pragmatici essendo riservato alle grandi organizzazioni, come ad esempio le amministrazioni o i comandi militari, a partire dagli anni ’70, grazie alla tecnologia dei microprocessori, al costante sviluppo di software e, negli anni ‘90, all’espansione della rete, è divenuto rapidamente alla portata di tutti. La rivoluzione informatica e la connessione tra informatica e telecomunicazione hanno impresso una svolta decisiva alla creazione e alla diffusione sempre più rapida di nuovi media trasformando il mondo della comunicazione e innovando profondamente il modo di intendere i mezzi di comunicazione di massa e di fruire degli stessi.
I nuovi “media” come internet, pc, smartphone, la posta elettronica e i blog, nati e utilizzati per facilitare lo scambio di informazioni e il dialogo tra le persone, sia in ambito lavorativo che privato, risultano efficaci anche nei comparti della Pubblica Amministrazione, rivelandosi spesso risolutivi nel guidare il cittadino nell’esercizio corretto dei propri diritti. Inoltre, in ambito sanitario sono ormai indispensabili nello svolgimento delle campagne informative e nel garantire i corretti iter procedurali, favorendo lo sviluppo dei rapporti comunicativi sia interni che esterni. Tra i benefici più evidenti dei nuovi mezzi di comunicazione si possono certamente citare la convergenza tecnologica (un singolo oggetto risponde a sempre più funzioni e unisce strumenti di comunicazione differenti), la velocità, l’assenza di confini, la capacità di archiviare un gran numero di dati e la partecipazione dell’utente. Quest’ultimo può interagire direttamente con altri utenti, creando comunicazioni da singolo a singolo, da singolo a molti, (ad esempio con le mail, Google Meet, i social network) e da molti a molti (blog, forum ecc.).
Talvolta, paradossalmente, sembra che gli odierni strumenti tecnologici più che facilitare la comunicazione la ostacolino, con una sorta di effetto involutivo. A tal proposito, pur riconoscendo che nel corso degli ultimi due anni di pandemia Covid-19 i nuovi media sono stati strumenti quasi “vitali” oltre che importanti vie di fuga dall’isolamento forzato, tuttavia l’immediatezza offerta dagli stessi si è rivelata, e si rivela, talora, controproducente. Infatti l’abbondanza di argomenti a disposizione di tutti, spesso senza una particolare cura delle fonti, non filtrata da una certa accortezza di discernimento e da un dovuto approfondimento, può diventare causa di una comunicazione poco efficace, sterile e non veritiera. Inoltre gli utenti, talvolta, subiscono un intorpidimento della loro curiosità in quanto i nuovi media li orientano esclusivamente solo verso determinati contenuti, oppure, attraverso i cookies, li indirizzano a visitare esclusivamente pagine web e argomenti già di loro interesse, precludendo nuovi stimoli. In tale ambito rientrano le cosiddette “fake news” che, sottoposte a una lettura immediata, superficiale e priva di approfondimenti, molto spesso sembrano trasformarsi in una sorta di pettegolezzo “virtuale” infondato e “virale”. I ritmi frenetici odierni del “tutto e subito” spesso inibiscono la creatività in quanto l’interlocutore è portato non solo a semplificare il discorso ai minimi termini ma anche, con una sorta di noncuranza della forma, a eliminare verbi, soggetti, predicati, a sbagliare volontariamente apostrofi e accenti, generando spesso l’opposto del fine della comunicazione: l’incomprensione.
Per di più la comunicazione virtuale, come ad esempio quella dei social network, non permette sempre di identificare facilmente la tipologia di uditorio e, quindi, di individuare la migliore strategia per farsi comprendere dai destinatari, spesso eterogenei per età, professione, cultura e background.
La comunicazione virtuale compromette, inoltre, alcuni valori aggiunti quali l’uso della voce e la gestualità che accompagna le parole, valori che rendono il discorso convincente, efficace e la stessa abilità comunicativa una vera e propria arte. Alcuni strumenti, come le video call, per quanto utili, dovrebbero sì continuare a essere utilizzati, ma solo in situazioni particolari dato che anche il confrontarsi direttamente con l’interlocutore è un esercizio che permette di specchiarsi nelle sue emozioni non più celate dal filtro dello schermo. Tuttavia, la conservazione e lo sviluppo delle tecniche di comunicazione sembrerebbero maggiormente compromesse da quei media che procurano l’inconsapevolezza del virtuale come, per esempio, applicazioni quali WathsApp e, in generale, i social network. A tal proposito, basti pensare che si è tornati ad esprimersi più con le immagini che con le parole, un po’ come accadeva agli inizi con l’arte rupestre, ma senza la medesima poesia.
Alla luce di quanto sopra esposto, per far sì che la comunicazione rimanga comunque un’arte, oltre che una necessità, per quanto oggi obbligatoriamente inserita nel più ampio campo delle Scienze dell’Informazione, è necessario conservare la consapevolezza che tutto ciò che di nuovo viene inventato deve rimanere uno strumento la cui funzionalità, seppur prettamente pragmatica, dopo essere stata appresa, non deve limitare la creatività e le potenzialità dell’intelletto, bensì continuare a favorirne l’espressione.
Capitolo 2 - Cosa intendiamo per comunicazione.
La comunicazione è lo strumento che mette un valore al servizio di qualcuno. Essa è alla base di qualsiasi rapporto fra le persone, rappresenta lo strumento fondamentale per condividere un’idea, trasmettere un messaggio o farsi portavoce di un proposito.
Le forme di comunicazione possono essere le seguenti: comunicazione non verbale, verbale e scritta.
La comunicazione non verbale è suddivisa i quattro componenti: 1) Sistema paralinguistico, sistema cinesico, la prossemica e l’aptica. L’utilizzo della comunicazione non verbale comporta la piena conoscenza di sé stessi. L’uso della mascherina, causato dalla pandemia, ha inciso negativamente sulla comunicazione non verbale.
La comunicazione scritta per essere efficace è necessario utilizzare una comunicazione semplice e lineare in modo da fornire informazioni e indicazioni chiare.
La comunicazione verbale per essere efficace deve presentare le seguenti caratteristiche: completezza, concisione, considerazione, cortesia, chiarezza e correttezza.
Negli anni 40 viene ideato il modello delle 5W di Lasswellche individua 5 importanti domande per poter analizzare i processi comunicativi:
- Who? Chi è interessato al problema?
- What? Di che cosa si tratta?
- Where? Dove siamo? (contesto, scenario)
- When? Quando dobbiamo agire?
- Why? Perché, con quale scopo?
Successivamente si aggiunse anche un “H”
- How? Come?