5 minute read

Giampaolo Austa - Avvocato - Professore incaricato di Diritto amministrativo presso l'Università degli studi della Tuscia mortifera

Il payback sui dispositivi medici è un meccanismo ideato dallo Stato italiano per fronteggiare l’aumento della spesa sanitaria pubblica. Nel caso di superamento della spesa regionale preventivata per l’acquisto di dispositivi medici da parte di ASL e Aziende ospedaliere, le imprese che nell’annualità di riferimento hanno fornito i dispositivi medici agli enti della regione che ha sforato il tetto di spesa stabilito dallo Stato sono obbligate a compartecipare al ripiano dello scostamento, a regime, nella misura del 50% (la restante parte è a carico della Regione in questione).

Il comma 557 della Legge di Bilancio 2019 ha poi precisato che il superamento dei tetti di spesa regionali viene certificato con un decreto del Ministero della Salute che, di concerto con il MEF, entro il 30 settembre di ogni anno, certifica, per l’appunto, in via provvisoria e poi in via definitiva, gli scostamenti.

La norma individua le soglie percentuali di quanto posto a carico delle aziende fornitrici: base al fatturato, per il periodo 2015-2018. Tali somme ammontano complessivamente a 2,2 Miliardi di euro circa.

Questo strumento nasce nel 2011, con il d.l. 98/2011 (conv. in L. 111/2011) che, all’art. 17, ha stabilito che la spesa per l’acquisto dei dispositivi medici sostenuta dal SSN dovesse essere fissata entro tetti regionali stabiliti dai decreti ministeriali. La norma stabiliva inizialmente che, in caso di sforamento del tetto di spesa, il ripiano avrebbe dovuto essere totalmente a carico delle regioni. Solo successivamente, l’art. 9-ter del d.l. 78/2015 (conv. in L. 125/2015) ha previsto che una parte dello sforamento rispetto al tetto di spesa per l’acquisto dei dispositivi medici venisse posto a carico delle imprese fornitrici.

L’art. 9-ter, co. 9, d.l. 78/2015, è rimasto inattuato fino al 2022, quando l’art. 18 del d.l. 115/2022 (c.d. decreto aiuti-bis) ha modificato in parte l’art. 9-ter del d.l. 78/2015, dando esecuzione all’istituto rimasto, fino a quel momento, solo sulla carta. La norma ha introdotto il comma 9-bis, specificando che per le annualità 2015, 2016, 2017 e 2018, il Ministero della Salute, di concerto con il MEF, debba adottare entro il 30 settembre 2022 un decreto che certifichi il superamento del tetto di spesa per l’acquisto di dispositivi medici.

Con il decreto del Ministero della Salute del 6.7.2022, pubblicato in G.U. 15.9.2022, sono stati così certificati gli sforamenti per le annualità 2015, 2016, 2017 e 2018.

Il comma 9 dell’art. 9-ter del d.l. 78/2015 specifica che “ciascuna azienda fornitrice concorre alle predette quote di ripiano in misura pari all’incidenza percentuale del proprio fatturato sul totale della spesa per l’acquisito di dispositivi medici a carico del Servizio sanitario regionale”. La norma individua le soglie percentuali di quanto posto a carico delle aziende fornitrici: 40% per l’anno 2015, 45% per il 2016 e 50% a partire dal 2017 in poi.

Con il decreto del Ministero della Salute del 6.10.2022, pubblicato in G.U. il 26.10.2022 sono state adottate le Linee Guida propedeutiche all’emanazione dei provvedimenti regionali e provinciali in tema di ripiano del superamento del tetto dei dispositivi medici per gli anni 2015, 2016, 2017, 2018.

Il contenzioso in essere e i provvedimenti governativi I molteplici provvedimenti legislativi e amministrativi sinora emanati hanno spinto migliaia di operatori economici ad adire il Giudice amministrativo per tutelare i propri diritti e interessi. In particolare, sono stati instaurati migliaia di contenziosi tanto dinanzi al TAR Lazio quanto dinanzi ai restanti Tribunali Amministrativi Regionali cui si aggiungono altrettanti di ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica che sono stati oggetto di trasposizione in sede giurisdizionale.

I ricorsi riguardano, in particolare, tre aspetti. Innanzitutto, le imprese hanno contestato la legittimità della disciplina resa in violazione delle norme e dei principi della Direttiva 2014/24/UE e d.lgs. 50/2016 che vietano che vengano applicati agli operatori economici oneri ulteriori rispetto a quelli previsti dal bando, dalla lex specialis di gara e dalla base d’asta con introduzione surrettizia e retroattiva di oneri imprevisti e imprevedibili a carico dell’aggiudicataria. Peraltro, la quantificazione dello sforamento è avvenuta, da parte del Ministero della Salute e delle Regioni, con grave ritardo con conseguente violazione del termine di legge di pubblicazione dei dati relativi al superamento del tetto di spesa previsto dall’art. 9-ter del d.l. 78/2015 (i.e. il 30.09 di ogni anno).

In secondo luogo, è stata contestata l’illogicità di un meccanismo che addossa le conseguenze del superamento del tetto di spesa (i.e. il costo) sulle imprese che, diversamente dalle regioni, non sono messe in condizione di scegliere se continuare ad eseguire la fornitura (ed essere sottoposta alla decurtazione) o meno dopo il superamento della soglia. Ci spieghiamo meglio. Se uno dei due soggetti che si è inteso obbligare a pagare lo sforamento (i.e. la regione) può effettivamente controllare l’andamento della spesa e, quindi, non superare il tetto imposto, l’altro (i.e. l’Impresa) è in balìa di decisioni incontrollabili ed eterodeterminate delle Amministrazioni del SSR che, pur potendo monitorare l’andamento della spesa per la fornitura di dispositivi medici, possono decidere di sforare il tetto confidando, peraltro, di dover pagare solo per il 50% per le forniture successive.

In questo contesto, l’impresa fornitrice non ha alcun modo per incidere per evitare di dover pagare parte dello sforamento. La stessa, infatti, non può rifiutarsi di eseguire la fornitura perché, altrimenti, sarebbe responsabile sotto il profilo contrattuale e pubblicistico, nonché sotto quello penalistico per la possibile configurazione del reato di interruzione di pubbliche forniture e/o di interruzione di pubblico servizio per cui è prevista anche la responsabilità della società ai sensi della normativa L. 231/2001.

Vi è, poi, da considerare che, anche in ragione di una normativa non sempre chiara nella sua portata applicativa, parte dei dati forniti dalle singole strutture del SSN e aggregati dalle Regioni si è rivelata errata, ad esempio, perché, in molti casi, le strutture preposte hanno considerato sia forniture che servizi e/o hanno computato prodotti che non sono qualificabili come dispositivi medici..

Infine, tutte le imprese hanno contestato la legittimità costituzionale della normativa che impone il payback in quanto violativa, in sintesi, dell’art. 3 della Costituzione, per disparità di trattamento e violazione del principio di ragionevolezza, degli articoli 41 e 117, per violazione della libertà di iniziativa economica privata, e dell’art. 53, per l’imposizione di una prestazione patrimoniale anche in assenza di una capacità contributiva effettiva.

In ragione del contenzioso in essere, dell’enormità della pretesa e delle difficoltà oggettive delle imprese di reperire le risorse necessarie in un tempo così limitato, con diversi provvedimenti succedutisi negli ultimi mesi, il Governo ha prorogato il termine per provvedere ai pagamenti al 30.06.2023 e ha previsto un abbattimento del contributo del 52% circa condizionato, però, all’abbandono del contenzioso (se) proposto dinanzi al TAR. Lo “sconto”, dunque, è riservato esclusivamente alle imprese che rinunciano ai ricorsi pendenti mentre non è riconoscibile alle imprese che insisteranno con l’impugnazione dinanzi al Giudice amministrativo.

Nel caso in cui le imprese non dovessero pagare la quota richiesta dalle regioni, in base alla normativa vigente, queste ultime potranno agire in via esecutiva o compensare il credito esistente con i debiti maturati e maturandi nei confronti dei medesimi fornitori.

Da ultimo, l’art. 9, d.l. 34/2023, ha previsto (i) la detrazione dell’IVA per le imprese soggette al payback, nonché (ii) in relazione alle imposte sui redditi e all’IRAP, la possibilità per le medesime imprese di dedurre quanto pagato in attuazione della citata normativa.

Gli effetti del payback sulle imprese

Il payback, utilizzato da anni nel settore farmaceutico, non è adattabile a quello dei dispositivi medici, perché il prezzo dei farmaci viene stabilito, senza sconti, a monte tramite una negoziazione con l’AIFA mentre, la fornitura di dispositivi medici avviene a seguito di gare pubbliche a ribasso rispetto ad una base d’asta iniziale. Le imprese offrono, spesso, in gara ribassi che possono arrivare anche al 50-60% rispetto alla base d’asta con un utile che, mediamente, non supera il 10%.

Risulta che, in alcuni casi, la somma dello sconto offerto in gara e del corrispettivo richiesto dalle regioni in applicazione del payback conduce ad uno sconto complessivo del 70-75% con una perdita netta per le imprese. In que-

This article is from: