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nelle strutture sanitarie pubbliche
from TEME n. 5-6/2023
by edicomsrl
L’affidamento del servizio di somministrazione e bevande mediante distributori automatici viene storicamente inquadrato nel paradigma delle concessioni di servizi.
Ai sensi dell’art. 3, del d.lgs. n. 50/2016, per concessione di servizi si intende “un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano ad uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto de contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo” (lett. vv). A sua volta il successivo punto zz) definisce come rischio operativo quello legato alla gestione dei servizi “sul lato della domanda o sul lato dell’offerta o di entrambi trasferito all’operatore economico ”. Più precisamente, “ si considera che l’operatore economico assuma il rischio operativo nel caso in cui, in condizioni operative normali, per tali intendendosi l’insussistenza di eventi non prevedibili non sia garantito il recupero degli investimenti effettuati o dei costi sostenuti per la gestione del servizio”, con l’ulteriore specificazione che “la parte del rischio trasferita all’operatore economico deve comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato tale per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile”.
In linea con la disciplina testé richiamata il Nuovo Codice dei Contratti Pubblici (d.lgs. 31.03.2023, n.
36) precisa che “i contratti remunerati dall’ente concedente senza alcun corrispettivo in denaro a titolo di prezzo si configurano come concessioni se il recupero degli investimenti effettuati e dei costi sostenuti dall’operatore dipende esclusivamente dalla domanda del servizio o del bene, oppure dalla loro fornitura” (art. 177).
Ora, in relazione al servizio in questione l’Amministrazione non riconosce un corrispettivo, ma si limita a concedere in uso al fornitore gli spazi nell’ambito dei quali quest’ultimo installa gli apparecchi e, sempre quest’ultimo, introita esclusivamente il ricavo delle relative vendite
Il servizio in questione, quindi, rientra correttamente nell’ambito della tipologia della concessione in quanto il fornitore incassa esclusivamente quanto deriva dalle vendite all’utenza, le quali, come ben sappiamo, possono subire oscillazioni per molteplici ragioni, dal che la sussistenza del rischio operativo che connatura le concessioni. In disparte eventi eccezionali quali la recente pandemia, infatti, l’afflusso dell’utenza ai distributori e l’utilizzo di questi ultimi è soggetto a variabili diverse (periodi dell’anno; presenza di bar che offrono offerte alternative, ecc.), che rimangono integralmente a carico del fornitore.
Le modalità di remunerazione e il rischio deserzione delle procedure di affidamento. Il quadro attuale Inquadrata la natura del servizio, quanto alla relativa remunerazione usualmente le concessioni prevedono che il fornitore corrisponda all’amministrazione concedente un canone mensile per ogni distributore installato, a titolo di corrispettivo della messa a disposizione degli spazi e quale rimborso delle utenze necessarie per il funzionamento dei distributori (acqua e energia elettrica).
Nel periodo pre-pandemico questo assetto era pressochè generalizzato e non contestato da parte dei fornitori che, evidentemente, avevano un margine sufficientemente certo di ricavo.
A seguito dell’avvento della pandemia si sono verificati contingentamenti degli accessi esterni dei pazienti alle strutture, riduzione delle presenze del personale amministrativo collocato in smartworking, divieto di accesso per gli accompagnatori dei pazienti, ecc., il che ha pesantemente influito sulla redditività dei distributori automatici, che hanno erogato un numero ridottissimo di prodotti.
In tale quadro la legge n. 77/2020 (di conversione, con modificazioni, del d.l. n. 34/2020, c.d. decreto rilancio) ha previsto che “in caso di contratti di appalto e di concessione che prevedono la corresponsione di un canone a favore dell’appaltante o del concedente e che hanno come oggetto il servizio di somministrazione di alimenti e bevande mediante distributori automatici presso gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, le università e gli uffici e le amministrazioni pubblici, qualora i relativi dati trasmessi all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 127, e dei relativi decreti, disposizioni e provvedimenti attuativi, mostrino un calo del fatturato conseguito dal concessionario per i singoli mesi interessati dall’emergenza epidemiologica da COVID-19 superiore al 33 per cento, le amministrazioni concedenti attivano la procedura di revisione del piano economico finanziario prevista dall’articolo 165, comma 6, del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, al fine di rideterminare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e per il solo periodo interessato dalla citata emergenza, le condizioni di equilibrio economico delle singole concessioni” (art. 28 bis).
La disposizione non ha introdotto un vero e proprio strumento di revisione delle condizioni contrattuali, ma era finalizzata a ristorare i mancati introiti in via
Gestione
eccezionale e limitatamente al solo periodo interessato dall’emergenza sanitaria.
Essa, in altri termini, non ha consentito, né tantomeno consente la rideterminazione del canone anche per il prosieguo della concessione. Il che apre uno scenario di rilevante problematicità.
In effetti, sebbene il periodo pandemico sia formalmente concluso e l’attività sanitaria sia ripresa a pieno ritmo, i dati di fatturato forniti dagli operatori evidenziano un tendenziale dimezzamento del medesimo rispetto a periodo prepandemico. Sembrerebbe, in altri termini, che siano state radicalmente modificate le abitudini dell’utenza che non ha ripreso ad affluire alle strutture sanitarie con le modalità precedenti (meno persone si recano in visita ai degenti, per esempio).
Il quadro testé delineato è confermato dagli esiti delle procedure bandite per l’affidamento delle concessioni in questione: ove è stato messo a base di gara un canone fisso, le relative procedure sono andate deserte un po’ ovunque.
Ciò, si badi, sia nei casi in cui i canoni siano stati mantenuti sul livello prepandemico (e, in questo caso, la deserzione era pressoché certa), sia nelle ipotesi in cui siano stati adeguati in riduzione. Occorre, quindi, capire come uscire da questa impasse
Le possibili soluzioni
La soluzione alla problematica sopra esposta deve, ovviamente, partire da una ragionevole riduzione del canone fisso, sulla base dei dati di fatturato della pre- cedente gestione. Diversamente, verrebbe irragionevolmente snaturato il sinallagma del rapporto contrattuale. Non pare, tuttavia, che la presenza di un canone fisso possa essere tout court messa in discussione, in quanto la sua eliminazione e la eventuale sostituzione con un canone in percentuale sul fatturato comporterebbe l’abbattimento, quando non l’annullamento del rischio dal lato della domanda, ossia quello legato alla effettiva domanda dei servizi oggetto del contratto. Dal che conseguirebbe lo snaturamento stesso della concessione, che perderebbe il suo carattere distintivo (ossia, l’assunzione del rischio operativo da parte dell’operatore economico).
A mio avviso, sembrerebbe ragionevole modulare il quantum dovuto dal concessionario in una parte fissa ed una variabile, agganciata eventualmente anche a diversi step di fatturato certificato dall’Agenzia delle Entrate. Ciò consentirebbe di mantenere inalterato l’equilibrio concessorio, con la permanenza del rischio in capo al fornitore.
In ogni caso, mai come con riferimento a questa tipologia di servizi è oltremodo opportuno l’espletamento di una consultazione preliminare di mercato che consenta di comprendere i caratteri di un settore che ha radicalmente mutato la propria connotazione a seguito della pandemia.
Attendiamo, quindi, i risultati delle prime procedure post Covid che sono state e verranno bandite al fine di comprendere quale assetto sia più ragionevole e idoneo per contrattualizzare la concessione in questione.
Monica Piovi e Piero Fidanza