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News International
from retail&food 04 2022
by Edifis
New Markets Outlook | a cura di Luca Esposito esposito_mail@yahoo.it
L’evoluzione dei Convenience Store giapponesi
I Convenience Store rappresentano un modello retail diffusissimo in Giappone. Sono negozi di prossimità aperti 24 ore tutti i giorni con più di 3.000 tipologie diverse di prodotti venduti su una dimensione media di 100 mq. Questi negozi, vengono quotidianamente frequentati per comprare alimentari, alcolici, sigarette, consumare un pasto veloce o bere un te caldo, prelevare contante, inviare pacchi, pagare bollette, ritirare acquisti online, fare le fotocopie, acquistare biglietti del teatro, ecc.
In uno dei nostri interventi già pubblicato, abbiamo avuto modo di evidenziare come le principali catene stiano modificando i loro modelli di business per potersi ulteriormente sviluppare.
Tale esigenza ora è divenuta più impellente a causa del raggiungimento di quello che appare essere il limite massimo delle vendite nell’ambito del mercato nazionale (sul territorio giapponese ci sono circa 56.000 convenience store, uno ogni 2.300 abitanti), nonché del drastico cambiamento del comportamento dei consumatori avvenuto durante la pandemia.
Seven-Eleven Japan Co (7 Eleven), che con circa 20.000 negozi è la più grande catena del Paese, ha così reso noto che cercherà di allontanarsi dal modello di business “unico store per tutti” adottato finora, affermando che è sempre più importante che ogni negozio personalizzi l’offerta in base alla clientela locale, come stanno già facendo i supermercati, sviluppando nuovi prodotti da commercializzare nelle diverse aree del Paese. Inoltre, a fronte di un’accresciuta attenzione dei consumatori per la propria salute, dall’autunno 2021 la società ha ampliato l’offerta di prodotti legati alla cura della salute. Lawson Inc., un’altra importante catena, ha incrementato l’offerta di alimenti freschi nei suoi negozi per soddisfare le richieste dei clienti che, a causa della pandemia, hanno modificato le loro abitudini di spesa, preferendo fare acquisti in esercizi situati nelle vicinanze della propria abita-
Fig.1 Seicomart convenience store a Hokkaido
zione piuttosto che recarsi in supermercati lontani. FamilyMart Co., invece, riferendosi alla digitalizzazione dei negozi, ha affermato che intende espandere la rete dei punti vendita di dimensioni più piccole privi di personale a circa 1.000 unità entro febbraio 2025. Di conseguenza, tali modelli distributivi tradizionali sono ora più aperti a considerare nuovi assortimenti.
Al riguardo, l’ICE, la Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, ha siglato un accordo con Secoma, l’azienda giapponese che gestisce la catena Seicomart (fig.1). Quest’ultima è attiva dal 1971, principalmente nella regione settentrionale del Paese (Hokkaido) con 1.170 negozi dove è la prima catena, mentre occupa il sesto posto a livello nazionale.
Secoma è intenzionata ad ampliare i prodotti italiani nel proprio portfolio e, con il supporto di ICE, intende valutare le proposte delle aziende italiane, offrendo di comprare direttamente i prodotti, semplificando così le complesse procedure per l’accesso alla GDO in Giappone. Questa catena, inoltre, nascendo in origine come distributore di liquori, dispone della licenza per la vendita di alcolici e ciò faciliterà la promozione dei vini italiani.
Il progetto si articola su 14 mesi, da febbraio 2022 a fine marzo 2023 e, partendo dalle categorie di prodotti italiani attualmente venduti nei propri negozi, mira sia ad incrementare le importazioni di questi ultimi sia ad introdurre in modo stabile nuove referenze come sughi pronti, salse e condimenti per la pasta, succhi di frutta, prodotti dolciari confezionati, pomodori in scatola, carne e vini. In particolare, è prevista l’organizzazione di cinque eventi in-store (Italian Fair) e sette eventi online sul sito e-commerce della catena, l’allestimento di corner appositi per dare visibilità ai prodotti italiani e la realizzazione di flyer specifici per prodotto. Tutti gli eventi saranno supportati da campagne di comunicazioni ad hoc sui media da parte di Seicomart.
Per quanto riguarda le modalità di adesione, le aziende italiane interessate possono inviare la propria manifestazione di interesse al progetto compilando un modulo di adesione disponibile sul sito www.ice.it










NIKE CORRE DA SOLA e affossa i negozi Foot Locker
Nel giro di pochi giorni, il titolo di Foot Locker a Wall Street è sprofondato, dimezzato rispetto ai massimi di maggio 2021. Per l’anno fiscale 2022, il marchio ha pubblicato previsioni di vendita in calo dell’8%-10% nei suoi negozi. In più, ha specificato che nessuno dei brand distribuiti coprirà più del 60% delle vendite complessive. Qui sta il problema. Nel 2020, la sola Nike apportava il 75% della torta dei ricavi, seguita da Adidas e Puma. Non sarà semplice rimpiazzare questi ricavi che Nike sta cercando di dirottare altrove. L’azienda, infatti, è impegnata da mesi in una strategia che punta a implementare le vendite tramite i canali propri e allentare quelle effettuate tramite i retailer. A dicembre, aveva già annunciato lo stop alle forniture a DSW, importante catena con circa 500 negozi negli Usa. Almeno in Borsa, poco è valso per Foot Locker l’annuncio dell’imminente ritorno sugli scaffali di un altro noto brand, Reebok, che la nuova proprietà (Abg-Authentic brands group) sta cercando di rilanciare.


PRIMARK: NUOVO SITO e ipotesi click-and-collect
Primark ha annunciato il lancio nel Regno Unito, entro la fine di marzo, e in altri 13 mercati, entro l’autunno, di un nuovo sito web, e ha ipotizzato l’introduzione del servizio click-and-collect. “Stiamo facendo un grande passo avanti nel digitale sia nel Regno Unito che nel resto d’Europa. Questo porterà più vendite e profitti”, ha dichiarato all’agenzia Reuters John Bason, direttore finanziario della Associated British Foods, che controlla Primark. “Questo ci dà la capacità di andare avanti? Se ci fosse un’opportunità di e-commerce per noi, probabilmente sarebbe più nell’area del click-and-collect”, riferendosi alla modalità di acquistare online e di ritirare in negozio. Un modello di business più sostenibile per il brand che propone abbigliamento a prezzi molto bassi. La catena di fast fashion, che non è ancora sbarcata nell’e-commerce e nel mondo delle consegne a domicilio, continua comunque a considerare il negozio fisico il suo principale canale di crescita e scommette sulle nuove aperture in Italia e negli Stati Uniti.
KOHL IN VENDITA, valutata almeno 8 miliardi
Si scalda la corsa per l’acquisto della catena di grandi magazzini americana Kohl. La società, in un comunicato ufficiale, ha confermato di aver ricevuto più di una offerta di acquisto, comunque per ora non vincolanti. Il cda della società ha assoldato Goldman Sachs per fare da tramite fra proprietà e offerenti. Secondo la Cnbc tra i possibili pretendenti c’è Hudson’s Bay, un operatore canadese di department store controllato da HBC, mentre un secondo soggetto in gara potrebbe essere il fondo di private equity Sycamore. Il valore di mercato di Kohl si colloca intorno agli 8,1 miliardi di dollari, dunque il mercato si aspetta che l’offerta convincente toccherà almeno il livello di 9 miliardi. A inizio anno, già il fondo hedge Starboard Value aveva inoltrato un’offerta, sempre compresa fra 8 e 9 miliardi di dollari complessivi, in quel momento rispedita al mittente.


ZARA &CO: i big lasciano la Russia
Più di 250 aziende e multinazionali hanno condannato l’attacco russo all’Ucraina e hanno deciso di sospendere le attività in Russia. L’elenco continua a crescere e il Paese del Cremlino è sempre più isolato. Un vero e proprio esodo. Un gesto simbolico dal grande impatto economico. Tra i big c’è l’IKEA che ha temporaneamente chiuso i suoi 17 negozi e le fabbriche in tutta la Russia, un settore che nel Paese coinvolge 15.000 lavoratori. Anche il gigante dello sportwear Nike blocca l’e-commerce e chiude temporaneamente i negozi di proprietà e gestiti direttamente, continuando a pagare i dipendenti. Effetto domino anche su H&M, Mango e Inditex (Zara, Oysho, Pull&Bear, Massimo Dutti, Bershka, Stradivarius) che scelgono di fermare le vendite. Per Inditex, la Russia rappresenta l’8,5% dell’Ebit totale del gruppo. Tra i brand che hanno preso provvedimenti si segnala anche Apple. Immediata la reazione della Russia che, dopo l’annuncio dello stop alla vendita deglii smartphone di Cupertino, decide di puntare sui marchi domestici e di promuovere i suoi dispositivi “home made”. Stessa sorte per le catene del food. McDonald’s (proprietaria dell’84% delle sue sedi russe) sospende i suoi punti vendita, compresa la storica sede in Piazza Pushkin aperta nel 1990. Stessa scelta per Starbucks.
AMAZON dice addio alle librerie
Amazon fa marcia indietro. Ma solo sui libri. L’azienda prevede, infatti, di chiudere tutte le 68 librerie fisiche, le Amazon Books, aperte negli ultimi 7 anni negli Stati Uniti e nel Regno Unito. Lo stesso vale per i punti 4-star aperti nel 2018 (per la vendita di giocattoli e articoli per la casa) e per la catena Pop Up. Gli unici spazi fisici a marchio Amazon saranno quelli dedicati al grocery. La multinazionale fondata da Jeff Bezos intende, infatti, concentrarsi sui suoi supermercati (le catene Whole Foods, Amazon Fresh e Amazon Go) e sullo sviluppo dei negozi di abbigliamento (Amazon Style)


IKEA APRE IL SUO PRIMO MINI-STORE a Londra
IKEA inaugura il suo primo store formato “small” all’interno del centro commerciale Livat di Hammersmith, nel cuore di Londra, e si avvicina ancora di più ai suoi clienti con nuovi servizi, shopping e una nuova offerta di ristorazione. Il nuovo punto vendita cittadino, con un focus sui complementi d’arredo, è il risultato di un investimento di 1 miliardo di sterline per i prossimi tre anni e sarà seguito da un secondo store cittadino (in Oxford Street) che aprirà nell’autunno 2023. L’azienda ha comunicato che sono allo studio altre location. IKEA Hammersmith ha un quarto delle dimensioni di un negozio tradizionale con 1.800 prodotti disponibili da acquistare subito e 4.000 in showroom. L’intera gamma sarà sempre disponibile per la consegna, insieme ai servizi di progettazione in negozio per spazi più complessi, come cucine, camere da letto e bagni. Non manca l’angolo dedicato alla ristorazione: la Swedish Deli di Hammersmith aprirà ogni giorno un’ora prima del negozio per consentire agli abitanti del quartiere e ai pendolari di fermarsi per un caffè o per un take away di specialità svedesi.
MANGO, RICAVI 2021 OLTRE I DUE MILIARDI e utile triplicato
Mango ha archiviato il 2021 con un utile netto di 67 milioni di euro, che triplica i 21 milioni di euro raggiunti nell’esercizio 2019. Il brand spagnolo l’anno scorso ha generato ricavi per oltre 2,23 miliardi di euro, il 21,3% in più rispetto agli 1,84 miliardi del 2020. Le vendite online sono cresciute del 23% raggiungendo 942 milioni di euro, mentre la quota e-commerce sul fatturato globale è rimasta al 42%. Nel 2021 il marchio guidato da Toni Ruiz ha portato la sua attività online in nuovi mercati, come la Thailandia, raggiungendo un totale di 85 Paesi. Buone notizie anche sul fronte dei negozi fisici: nonostante la chiusura media di 48 giorni nel 2021, le vendite sono migliorate del 21,4% rispetto al 2020. Le attività internazionali rappresentano il 79% del giro d’affari, il mercato spagnolo il 21 per cento. A livello di linee di business, Woman (in seguito all’integrazione con Violeta) cresce ancora e vale l’82%, contro il 18% restante di uomo, bambino/ragazzo e casa. Anche Mango, segnala una nota, ha temporaneamente sospeso le proprie attività in Russia.


IN UK PRIMO OUTLET (con servizio riciclo) per H&M
H&M ha annunciato che a breve aprirà nel Regno Unito il suo primo outlet presso l’Affinity Centre, nello Staffordshire. Lo store avrà una superficie di 650 metri quadrati. L’outlet offrirà, inoltre, il servizio di raccolta e riciclo degli indumenti del rivenditore, consentendo ai clienti di portare vestiti usati in negozio in cambio di buoni per l’acquisto online. Il country manager di H&M Regno Unito e Irlanda, Toni Galli, ha dichiarato: “Ci sforziamo sempre di offrire ai nostri clienti un’esperienza di acquisto significativa in cui lo stile, la creatività e la cultura siano celebrati e siamo fiduciosi che il nostro nuovo negozio Staffordshire offrirà ai nostri clienti esattamente questo”.
I DIPENDENTI DI MACY’S diventano influencer
Svolta per Macy’s. Il colosso americano della vendita al dettaglio cambia il look del sito e lancia la sezione Style Crew: 25 dipendenti, con una media di mille followers, diventeranno influencer sui social media oltre che personal stylist all’interno del negozio fisico. Condivideranno suggerimenti online, demo dal vivo e tutorial sui prodotti tramite il social-shop collegato al sito di Macys.com. Inoltre, riceveranno commissioni per le vendite andate a buon fine. Non solo: i dipendenti potranno scegliere dai capi del negozio un outfit ogni giorno diverso, dal casual fino al più ricercato, ispirando in questo modo la clientela. L’obiettivo del brand è di rendere le esperienze di acquisto online e offline sempre più divertenti, coinvolgenti e giocose, riducendo sempre di più il confine tra negozio fisico e digitale.


IL “BREAKFAST” DI WENDY’S raggiunge Burger King
Terminate le restrizioni, le abitudini degli americani tornano ai livelli pre-Covid. Anche la classica colazione al fast food, in puro stile americano, riprende quota. E se il menu di Wendy’s si preannunciava come un flop, visto il lancio poco prima del lockdown, oggi i numeri premiano la catena. E dopo due anni, i suoi breakfast a base di panini con uova e salsicce sono, a sorpresa, i più venduti dopo quelli di Burger King e di McDonald’s, che è in testa alla classifica per quella sezione del menu. Nel 2021 le colazioni dell’azienda sono salite di circa il 25% e per il 2022 si prevede che aumenteranno di un ulteriore 10%-20%. Il punto di forza del servizio di Wendy’s? Dedicare le prime due ore e mezza del servizio “breakfast” esclusivamente alla vendita drive-thru. Oggi le abitudini degli americani sono tornate al livello pre-Covid e l’accesso ai ristoranti in quella fascia oraria è aumentato dell′11%, rispetto a un calo del 10% nel periodo di un anno fa. La sfida tra le colazioni “fast” è appena iniziata.