UP CLIMBING #14 - TOSCANA

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR

in edicola il 20 settembre 2021

#14 | set/ott 2021 8.00 €

EDIZIONI VERSANTE SUD

STORIA DI COPERTINA Marmi cavernosi / Camaiore / Marmo, manna e distruzione / Sulla pietra della Maremma / Monte Procinto e non solo / Tre generazioni per una direttissima / Apuane: magia d’inverno / I padroni di una catena montuosa / Due notti sulle Apuane settentrionali, da rifugio a rifugio, da Carrara a Massa... Falesie La Perla / Campareccia / REM / Rocca Petrosa Nuove proposte Arco News / Lago di Como: Menaggio FOCUS: Lario Rock multipitch La rubrica della Ming Scalo perché mi piace Il graffio Nando Zanchetta Jollypower Il sogno segreto di ogni scalatore

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

TOSCANA


Sommario 004 Editoriale di Eugenio Pesci 006 Marmi cavernosi di Andrea Gobetti

STORIA DI COPERTINA

007 Camaiore di Luca Lucchesi

PROPOSTE

018 La Perla di Raffaele Giannetti 020 Campareccia di Raffaele Giannetti 022 REM di Filippo Arigoni 026 Rocca Petrosa di Andrea Gelfi, Serena Del Cima

STORIA DI COPERTINA

030 Marmo, manna e distruzione di Enrico Tomasin 044 Sulla pietra della Maremma di Barbara Santucci 052 Monte Procinto e non solo di Alberto Benassi 068 Tre generazioni per una direttissima di Serafino Ripamonti (Ragni Lecco) e Marcello Sanguineti (CAAI – GISM) 075 Apuane: magia d'inverno di Fabrizio Rossi 088 I padroni di una catena montuosa di Gianluca Briccolani (Presidente di Apuane Libere ODV) 094 Due notti sulle Apuane settentrionali, da rifugio a rifugio, da Carrara a Massa... di Giacomo e Giovanni Faggioni

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PROPOSTE

098 Arco News di Andrea Vecchi 102 Lago di Como: Menaggio di Eugenio Pesci

FOCUS

106 Lario Rock multipitch a cura di Eugenio Pesci

LA RUBRICA DELLA MING

114 Scalo perché mi piace di Federica Mingolla

IL GRAFFIO

117 di Nando Zanchetta

JOLLYPOWER

118 Il sogno segreto di ogni scalatore di Alessandro Lamberti


CHIMERA

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Editoriale Testo  Eugenio Pesci

Toscana, terra magica. Ci sono luoghi del nostro pianeta che quasi sfuggono, per bellezza, cultura e storia, alla descrizione attraverso le parole. Senza dubbio, la Toscana è uno di questi luoghi. Terra dai mille volti, dai mille paesaggi. E questo vale anche per le sue montagne e le pareti, che riescono a racchiudere, in uno spazio comunque non grandissimo, quasi tutti i segreti e le forme del verticale, del ripido, del solitario: in rocce brevi e pareti arcigne, ed in tutte le stagioni, culminando, alpinisticamente, nell’inverno feroce delle Apuane, un mondo a parte con vista sul Mar Tirreno. È per questo che abbiamo deciso, in questo numero di Up Climbing, di dare voce proprio alla Toscana verticale, con un viaggio che inizia dalle splendide numerose falesie della zona versiliese, ormai un vero must per tanti arrampicatori italiani e stranieri, e che prosegue verso la Maremma, passando dalle pareti del Procinto, ricche di storia, e giungendo, appunto, all’alpinismo invernale apuano, al misto e allo sci ripido. In questo viaggio saremo guidati dai maggiori esperti locali, con informazioni tecniche e gradevoli racconti storici. Ma la Toscana è anche terra di contrasti, di passioni e di scontri cruenti: terra apuana martoriata dalle cave, e da interessi contrapposti. Anche di tutto ciò parla questo numero di Up. In seguito, usciti dalla bella Toscana, giriamo un po’ per l’Italia con diverse proposte di arrampicata: tutte novità che ci sono apparse assai interessanti, fra Como, Lecco e Arco di Trento. Graffi graffianti e riflessioni sul senso e i perché della scalata completano il numero. Buona lettura.

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Marmi & cavernosi Testo  Andrea Gobetti

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Storia

T

erra di mezzo è la Toscana, specializzata in niente, ma straordinaria in tutto; tra mari e osterie, montagne e musei ci son tante cose e spesso si nascondono l’un l’altra. Le rocce, summa teologica del nostro interesse, si confondono coi boschi, le pareti coi ravaneti e gli squarci delle cave, la sabbia con i bagnanti in ressa; è terra di cui non bisogna abbagliarsi e allora magari trovi più di quel che vuoi. Pure l’arrampicata, stesa a casaccio qua e là dove il molto bello e il molto brutto si fanno buon vicinato. Uno dei tratti più positivi della Toscana è la notevole differenza fra posti geograficamente vicini che esprimono visioni della vita radicalmente diverse. Detto in parole più scorrevoli: se vuoi fare il bagnino va’ a Viareggio, se ti garba tagliar castagni corri in Garfagnana, spacca marmo a Carrara, parla d’arte in inglese a Firenze e per contar soldi non ti scordar di Lucca; i cavalli stanno giù in Maremma, gli olivi dappertutto. E se voglio andare ad arrampicare?

LA SCELTA TRA COME E DOVE “ FARLO SI È ALLARGATA NEL TEMPO,

CE N’È PER TUTTI I GUSTI TRA BLOCCHI, MONOTIRI, VIE LUNGHE, VIE FANTASMA, VIE MARCE, PICCOZZE NELL’ERBA, CIUFFI DI PALÈO FRA LE MANI, FILE DI SPIT, FALESIE STORICHE, FALESIE SEGRETE, GOLE BAGNATE, STRAPIOMBI, CAVERNE, CALCITE DA CANNE IN MANO. OGNUNO PUÒ TROVARE DA STANCARSI E SPAVENTARSI, DA RIPETERE O DA INVENTARSI NELLE TANTE MACCHIE DI ROCCIA BUONA CHE, SPARSE IMPREVEDIBILMENTE COME SULLA CELEBRE PELLICCIA DEL LEOPARDO, COSTELLANO E SI LASCIANO PALPARE NELLA GEOGRAFIA VERTICALE TOSCANA. Tra la parete Nord del Pizzo d’Uccello, i venti tiri dell’Eiger delle Apuane, e i rossi macigni con vista sul mare dell’Isola d’Elba anche il più esigente, il più fantasioso dei climbers dovrebbe trovare qualcosa di suo gusto, qualcosa magari pure mai toccato da mani umane, se avrà la voglia e la pazienza di cercarselo. Dimmi come chiodi e ti dirò chi sei… quindi, a meno che tu non sia un fanatico dei lunghi specchi granitici, per cui il tuo posto è al porto di Livorno sul traghetto per la Corsica, qui sei venuto a cercarti grane nel

multiforme mondo del calcare. A parte quello in forma di sasso, utile per ammonire il cinghiale e l’ominide di scarsa educazione, ne conosco due tipi. C’è il marmo, che portano via coi camion dal più strano parco naturale del mondo: è pietra nobile, cova le grotte in profondità e fuori esibisce splendide creste, ma lo vogliono in città, fatto a pezzi, per rappresentare ricchezza, igiene e freddezza. Così tra le meraviglie del parco si ammirano profonde piaghe biancastre, fiumi di scarti e si è allietati per infiniti spazi dal canto del trattore. Lì vige la legge del soldo e guai a chi ci si oppone. Poi c’è il calcare cavernoso, nonostante il nome incapace di far grotte, ma eccellente maestro d’arrampicata. Ne conosco una striscia che dal Monte Rovaio, in piena Garfagnana, salta sulla Pania Secca, ci dona lo spavaldo Pilastro Montagna, compone le preziose Rocchette e le sottostanti falesie di Trombacco, pare annegare nella spumeggiante Turrite e invece risale in clandestinità attorno al Monte Croce per esaltarsi quindi nei grandiosi appicchi del Nona e del Procinto, montagna dalla forma sacra. Ancora non soddisfatta, la nostra costola calcarea punta al mare per tuffarsi in gloria nell’anello di Camaiore. Sulla sua strada è scritta una simpatica parte della storia dell’arrampicata in Toscana, facile alle eresie creative, amica d’ogni tipo d’appiglio, anche proibito, invisibile, inafferrabile. Un tempo fra gli arrampicatori furoreggiava la roccia dai molti appigli, ora meno ne ha e più è venerata; nel lungo percorso intrapreso sempre e solo in direzione della massima difficoltà, vengono snobbate linee che per facilità s’intrufolavano tra le prese impossibili, ed è tra queste che ora è continuato un incredibile processo ottico, tattile e immaginativo, che permette di scoprire appigli mai visti prima. Questa strada non porta alle altezze e ormai neppure più ai gradini del podio, non cerca spettatori, ma piuttosto un ribaltamento di punti di vista, ora la profezia praticata nel camaiorese dice che l’appiglio è da ricercarsi sotto, non sopra la pietra; il climber del futuro striscia sotto il soffitto, inventa posizioni di riposo pazzesche per reggere alla forza di gravità. Sa di star facendo qualcosa di nuovo, presto sostituirà la rapidità neuronale alla forza, pur di toccare un nuovo estremo orizzonte e forse cambierà anche il suo panorama d’appigli, forse sentirà il richiamo del fratello marmo deportato in camion e lui gli parlerà di soffitti, di gallerie e saloni smisurati , di pozzi a campana in cui attendono difficoltà e percezioni inenarrabili. Vuoti infiniti pungono i calcari della Carcaraia, del Corchia, del Sumbra, del Pisanino, oggi sono ancor invisibili al rocciatore, ma non si sgomentano, loro sanno aspettare.

Montagne scavate. I segni delle cave nel cuore delle Apuane. Foto: G. Briccolani

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Storia

Camaiore Testo  Luca Lucchesi

Mi scuso in precedenza con tutti quelli che non riuscirò a nominare e ringraziare in questo articolo: ognuno è stato fondamentale per la crescita positiva dell’arrampicata in valle a Camaiore. Al contempo, spero di riuscire a far conoscere, a voi lettori, aneddoti e situazioni che hanno contribuito in forma importante all’arrampicata di questa valle.

L

a valle di Camaiore è situata a circa dieci chilometri dalla Versilia, giusto a due passi dalla parte Nord Ovest delle Alpi Apuane, in un contesto ambientale e culturale molto affascinante. Proprio per questo consigliamo di conciliare belle giornate di arrampicata con belle giornate di mare, torrenti freschi e passeggiate nei piccoli borghi camaioresi, godendo di un ambiente semplicemente unico. Ma adesso facciamo un passo indietro e vediamo com’è stato questo percorso. Più o meno a metà degli anni Ottanta, nella valle camaiorese, il gruppo dei Soliti Bischeri (formato da Massimiliano Merler, Stefano Sandrelli, Maruccio Pardini, Moreno Filattiera e dal mitico Lorenzo Abbarchi detto Charro, aggiuntosi un paio di anni più tardi), iniziò un grandissimo lavoro di chiodatura di vie bellissime su tutte le difficoltà, in svariati settori. In grande collaborazione con loro, c’era il già fortissimo Roberto Vigiani con la compagna di vita

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Grazia Maggiani: liguri di base, ma adottati oramai dalla bellissima terra toscana. Se vogliamo, chiamerei quel periodo “l’età dell’innocenza”, vista la forte armonia tra roccia, ambiente e frequentatori. I primi settori scoperti e chiodati furono il Primo Pilastro di Greppolungo e la magnifica ed esigente parete di Candalla Bassa. Si chiodava, si scalava, si liberavano le vie con serenità... Insomma, ci si divertiva molto.


DA LÌ A POCO, I FORTI ARRAMPICATORI TOSCANI INIZIARONO A SENTIR “ PARLARE DELLA CRESCITA ESPONENZIALE CHE STAVA VIVENDO LA VALLE

E, GIUSTAMENTE, INIZIARONO A FREQUENTARLA. C’ERA UN GRUPPETTO FORMATO DA EDOARDO BENDINELLI, CRISTIANO LUCCHESI, CARLO MALERBA, CHRISTOPHER HACON, CRISTIANO VIRGILIO E IL MITICO BARBINA, CHE DEDICAVANO MOLTE GIORNATE ALLE BELLE LINEE CHIODATE... IN BREVE TEMPO, ANCHE I GIOVANISSIMI COME LUCA LUCCHESI, MARCELLO BRUCCINI E MOLTI ALTRI, INIZIARONO A FREQUENTARE LE TEMUTE FALESIE DELLA VALLE, MA NE PARLEREMO PIÙ AVANTI.

Mondi capovolti. Luca Lucchesi su L’imperiale, 8c, San Rocchino. Foto: L. Rogora

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Proposte Falesie

Campareccia Testo  Raffaele Giannetti Foto  Samuele Ghignoli

Castaneda Cantina Parco giochi

Se siete indecisi se partire per andare a scalare in una falesia d’alta quota, o in una con vista mare, la Campareccia è quello che fa per voi. La quota è quella delle alte falesie Apuane, poco sotto i 1000 metri, ma l’aria è quella del mare, che dalle coste di Marina di Massa, sale lungo i pendii, e mischia il salmastro al profumo delle conifere. Il mare è visibile salendo la maggior parte delle vie, mentre superando la falesia si può arrivare ad un pulpito con una meravigliosa vista sulle Apuane settentrionali, dallo spigolo Est del monte Sagro, fino ai ripidi versanti marittimi del Contrario e del Cavallo, che con le sue gobbe rende un profilo unico sullo skyline della riviera apuo-versiliese. L’avvicinamento di pochissimi minuti e la comodità della base invogliano ancora di più a passare una giornata sotto queste rocce. Il breve sentiero di accesso alla falesia passa prima a fianco ad un vecchio albergo, e poi costeggia una casa privata appena prima di arrivare al settore più basso, casa di Davide Poli, che assieme ad Alberto Bandini ha deciso di crearsi la sua falesia a km 0. I primi che iniziarono a chiodare la falesia furono nel 2005 i sarzanesi Claudio Filattiera, Luciano Vatteroni e Antonio Marchetti, che attrezzarono i primi itinerari sulla struttura rocciosa più in quota, non a caso quella con roccia eccezionale, attualmente chiamata Filò Filò in loro onore. Dal 2010 Davide e Alberto iniziarono un lungo lavoro di disgaggio, pulizia delle vie e messa in sicurezza, tirando fuori altri tre settori (Il Parco giochi, La cantina e Castaneda), con 35 nuove vie. Si sono comunque ottenuti in ogni settore itinerari di tutto rispetto, anche considerate le difficoltà, a nostro avviso sempre leggermente sottostimate. Si arrampica su calcare apuano, solitamente non perfettamente compatto, ma grazie all’imponente opera di disgaggio si riduce al

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Campareccia Jessica Vivaldi, Strabene. Foto: S. Ghignoli

minimo il rischio di ritrovarsi qualche appiglio Passo del Vestito tra le mani. L’uso del casco è comunque estremamente consigliato. Le vie sono principalmente verticali, ma non mancano le statua lunghezze leggermente più aggettanti. Il settore Parco giochi, coi suoi gradi relativamente bassi, e la comodissima base, è adatto anche ai Placche di Antona principianti. Per gli amanti delle vie boulderose non si può non provare Niente Davidozzo, un 6c+ di pochi ma intensi metri. che si sviluppa tutto all’interno di una nicchia rocciosa, che per i puristi del boulder può essere anche Antona provato con qualche crashpad e un buon paratore. Gradi ben più elevati alla Cantina, con un bellissimo 7b+ che dà il nome all’intero settore, dove la verticalità lascia spazio ad ACCESSO un leggero strapiombo. Il settore Castaneda, Dall’autostrada A12 Genova-Livorno uscire al casello di Massa e prendere per il centro città. Da lì seguire le indicazioni per chiodato dopo un viaggio in Verdon, regala una S. Carlo Terme. Continuare per Pariana e Antona. Giunti ad Antona salire ancora qualche chilometro e giungere in località chiodatura più “francese”, con una spittatura Capareccia, dove sulla destra della strada si incontra uno slargo leggermente più allungata dopo i primi metri, con al centro una statua di Papa Giovanni XXIII. Qui si può lasciare l’auto. Tornare una decina di metri indietro per la strada e, ma sempre in sicurezza. Consigliate Il Nagual e Il Tonal, oltre al trittico di 6b+ La Nina, La Pinta e La Santa Maria. Si scala tutto l’anno, ottimo soprattutto da aprile a settembre sfruttando l’aria fresca d’alta quota.

appena oltrepassato il moderno hotel attualmente chiamato “Nel cuore delle Apuane”, risalire dei gradini cementati sulla destra e imboccare l’evidente sentiero Cai contrassegnato da vernice bianca e rossa. Il sentiero, costeggiando le recinzioni prima dell’hotel e poi di un’incantevole abitazione privata, arriva in dieci minuti alla falesia al settore Parco giochi.


Proposte Falesie PARCO GIOCHI

PARCO GIOCHI

6a 5c

6a+ 6b

7a+ 6b+

6b

6a

1. PER ELISA 2. GECO 3. SALAMANDRA 4. PRIMO MAGGIO 5. GHETTO BLASTER 6. RE ARTÙ 7. DAVIDOZZO 8. NIENTE DAVIDOZZO 9. ANNAPOLIS 10. FREAK BROTHERS 11. ETIOPIAN GIRL 12. IL ME PUPILLO 13. LA CIOCCA SX 14. LA CIOCCA DX 15. QUARTULTIMO 16. CANTINA 17. RONDON 18. IL FABBRO 19. BELL’ARIETTA 20. LA CANTINA 21. LA PASSEGGIATA DELLO SCOIATTOLO Grado proposto 7c+ 22. GET UP STAND UP 23. RESINELLA

6a+

6b+

6c

4a

5c 4c

6c+

PARCO GIOCHI

6c+ 7a+

7a+

12m 3m 18m 18m 18m 18m 20m 20m 20m 20m 20m 25m 15m 15m 12m

7a+ 7a+ 6c+ 7b+

15m 17m 17m 17m

?

25m

7a 6c

27m 30m

6a+ 6a+ 6b+ 6b+ 6b+ 6b 7a 7a+ 6b+ 6a+ 6a+ 6a

28m 28m 28m 28m 28m 28m 28m 28m 28m 20m 20m 26m

7a 7a 7c 7a+ 6c+ 6a 6a+ 6a+ 5c

26m 26m 10m 10m 16m 26m 26m 6m 20m

6c

7a

?

5c 6a 1 6a+ 6b 6b 7a+ 6b+ 6c+ 6a 6b+ 6a+ 6c 5c 4c 4a

7b+

CASTANEDA 24. IL NAGUAL 25. IL TONAL 26. LA NINA 27. LA PINTA 28. LA SANTA MARIA 29. VECCHIO 30. NON E DA MENO 31. MOVIMENTO CINQUE STELLE 32. SE MAGN I FIC 33. LA COZZATA 34. DESAPARECIDOS 35. VECCHIO

CASTENEDA/FILO FILO'

6a+

6a+

6a+

6b+ 6b+

7a 6b+

6b

6a+

7a+ 6b+

6a

7a

6a+

6c+ 6a

7a

7c

7a+

5c 6a+

FILÒ FILÒ 36. TETTO SU TETTO 37. FILO FILO 38. SENZA NOME 39. SENZA NOME 40. SENZA NOME 41. SENZA NOME 42. SENZA NOME 43. SENZA NOME 44. SENZA NOME

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Proposte Falesie

6a

5c 6a

5c

5b

06

5c 5a

09

5c

03 05 04

6a 02

6a+ 01

07 08

6a

10

6a+ 6b+ 6b

6c

6c

13 12

14 15

7a

6b+ 16 18 17

7a 7b 6b

6a+ 6b+

6a+

25

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19

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24

4a 28

6b

22

20

27

26

1. SFERA ESPERIENZIALE 2. MUSCHIO E SANGUE 3. GHISA DI QUALITÀ 4. ISTINTO RIBELLE 5. SOTTO LO STESSO CIELO 6. LACRIME DI BOSCO 7. RIFIUTA DI SMETTERE 8. MAGICO VENTO 9. UCCIDE SÉ STESSO 10. INCASTRANDO-SI 11. FORMICHE 12. CASTELLI DI SABBIA 13. SAMURAI 14. SGRAFFI E ONORE 15. 3D 16. NULLATENENZA 17. SKYWALKER 18. BIG BANG 19. ROSSO DI SERA 20. TUONI E FULMINI 21. FIGHT CLUB 22. HARAKIRI 23. SULLA LAMA DEL RASOIO 24. E USALA CON SAPIENZA 25. CHE LA FORZA SIA CON TE 26. MARGOT 27. PUZZLE DI RICORDI 28. QUATTRO CORDINI

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6a+ 8m 6a 8m 5c 10m 5c 10m 6a 10m 6a 10m 5c 8m 5b 10m 5c 10m 5a 8m 5a 10m 6a 15m 6a+ 15m 6b+ 8m 6b 8m 7a 18m 6c 18m 6c 25m 6b+ 25m 7a 18m 7b 18m 7a 18m 6b 15m 6b 12m 6b+ 12m 6a+ 20m 6a+ 20m 4a 15m

R2 R2 R2 R2 R2 R2 R2 R1 R2 R1+ R1 R1+ R2 R1 R2+ R2+ R3 R2+ R2 R2 R3+ R3 R2 R1 R2+ R2+ R1+

poter ridurre i rischi al minimo, perché cadere da primo con chiodi e viti nella gamba dolorante non era un’opzione possibile, dovevo avere almeno la certezza psicologica di poterla dominare, aver ben chiari i movimenti da percorrere e non avere incertezze. Un giorno, con alcuni amici, due assicuratori, due corde, un metodo copiato dal trad inglese, sono partito dal basso, tentando la libera della via. La prima sequenza aleatoria di placca verticale fila via liscia, a circa 4 metri da terra sento un po' più fatica negli avambracci rispetto alle altre volte, ma mantengo il sangue freddo, la concentrazione al massimo e termino gli ultimi movimenti della placca. Presa in mano la fessura sono a circa 6/7 metri da terra, ancora completamente sprotetto, sotto di me il terreno è inclinato ed articolato, una caduta sarebbe disastrosa... Con concentrazione mi proteggo e tiro il fiato, abbasso il battito cardiaco e riposo gli avambracci, adesso mi aspetta poco sopra il boulder chiave della via, ma la parte più pericolosa è andata. Affronto la sequenza sopra di me con determinazione e sicurezza, un po' vibro su alcuni passi, ma riesco a restare attaccato agli appigli e agli appoggi, dopo mi godo la cavalcata finale di continuità in strapiombo che mi porta in catena. Oggi un po' ho rischiato, me lo dice la ragione, il chiodo endomidollare nella mia tibia e le quattro viti che stanno accanto a lui, ma come mi sento vivo oggi non ha prezzo, arrivato in sosta dopo aver sognato la via per più di sette mesi ho una contentezza piena, mi sento felice e soddisfatto, mi scende una lacrima. È vero che può essere stato sciocco, ma per me i rischi erano calcolati a sufficienza e ho deciso di vivere a pieno i miei desideri e passioni, senza arrendermi alle difficoltà. Oggi una piccola e fragile farfalla ha raggiunto il suo piccolo e personale sogno, momentaneo, perché i sogni una volta raggiunti si trasformano e se ne crea sempre uno nuovo.

Trad Rem Boys. Foto: A. Serravalle Friends forever Foto: A.Serravalle



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Storia Marmo, manna e distruzione

MARMO, MANNA E DISTRUZIONE Multipitch Toscana Testo:  Enrico Tomasin

Dante, il Rinascimento, l’Illuminismo, Leopardi: dalla Toscana è passata la grande storia d’Italia. Nell’immaginario comune alla Toscana si associano la torre di Pisa, Santa Maria Novella, piazza della Signoria, il palio di Siena, il Chianti... non certo vette alpine e ripide pareti. Qualche studente, leggendo Ariosto, si sarà forse immaginato la Garfagnana come una terra inospitale, popolata di banditi, una sorta di Far West ante litteram ma nulla più, una terra di confine, non di montagna.

S

ono tuttavia due gli scorci che mostrano con la loro grandiosità a ogni viaggiatore, pure al meno attento, la natura anche montuosa di questa regione: il Pizzo d’Uccello visto dall’autostrada all’altezza di Aulla e il gruppo delle Panie visto recandosi da Pisa verso nord. Profili affilati, distese erbose, ripidi appicchi e, onnipresenti, le tracce dell’escavazione: meta turistica, fonte di reddito, disastro ambientale. Parlare delle pareti Apuane e non parlare del problema dell’escavazione significa nascondere la testa sotto la sabbia. Il turista che si avvicinerà a questi luoghi potrebbe rimanere scosso trovandosi a scalare con la devastazione alle spalle, se non davanti agli occhi: marmo, manna e distruzione1.

Le attività outdoor potranno offrire uno sviluppo economico alternativo alle attività estrattive, sicuramente meno redditizio, ma molto più sostenibile nel lungo termine? Spero fermamente che nel mondo post pandemico lo sguardo della politica e delle amministrazioni locali si posi su queste realtà del territorio, favorendone uno sviluppo vivace ma sostenibile. Quello che noi possiamo fare è descrivere, far conoscere, promuovere. Protagonista nel secondo Dopoguerra della stagione del sesto grado apuano è la cordata formata da Angelo Nerli assieme alla guida Elso Biagi. Uomo di fine cultura, autore della guida Cai-Tci sulle Apuane, Nerli è anche protagonista di alcune grandi salite: la Diretta dei Pisani o Biagi-Nerli al Pizzo d’Uccello

Ampi spazi Cordata su Tropicana. Foto: E. Tomasin

1

la citazione è di Eugenio Montale, La Bufera, vv. 12-13 e descrive con effetto allitterante e potentemente evocativo il carattere di Clizia.

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Storia Marmo, manna e distruzione

9. Monte Pesaro Baraka R. Vigiani, L. Siliani 2006 6c+ max, 6b+ obbl., S2, svil. 220m Con Baraka si entra nel cuore della devastazione apuana: il panorama spazia durante la scalata su enormi erosioni provocate dall’uomo, e in lontananza si sentiranno le esplosioni delle cariche e i mezzi di lavoro. Arrampicare in Apuane è anche vedere come queste montagne siano state sfruttate, dando origine a un vero e proprio disastro ambientale che nulla ha ormai a che vedere con l’escavazione dei tempi di Michelangelo. Baraka si guadagna una posizione molto alta in questa selezione soprattutto per la continuità dei passaggi obbligatori e per le difficoltà di un’eventuale ritirata: come in Verdon, la via si raggiunge infatti dall’alto con rocambolesche calate e la ritirata sarebbe possibile solo a patto di un rientro a piedi di varie ore. ACCESSO Da Carrara verso Campocecina, dalla curva prima dell’infermeria del Soccorso Cave (parcheggio) scendere l’evidente cresta che degrada verso la parete (scritta sul guardrail), seguirla per tracce fino ad un evidente ometto con scritta che porta alla prima calata (25 minuti circa). Due brevi calate (25m e 35m), due calate fuori via, la seconda delle quali richiede di innescare preventivamente un pendolo per guadagnare un rinvio fisso da moschettonare per non perdere la parete (darsi appena possibile molta oscillazione); una calata finale deposita alla base della parete. Periodo consigliato: mezze stagioni, la parete va all’ombra alle 13. Materiale: mezze corde e 15 rinvii, eventuale scelta di protezioni mobili di misura medio piccola per smorzare qualche runout L1 Salire con arrampicata delicata una placca molto tecnica, con piccoli appoggi e appigli. 6b+ 30m L2 Salire il muro sovrastante di roccia liscia e compatta. 6b+ 30m L3 Superare una fascia di strapiombetti, roccia da valutare. 6b 30m L4 Muro verticale su tacche molto continuo in ascendente obliquo a dx. 30m 6c L5 Difficile e obbligatorio passo di partenza e diedro fessura con passaggi obbligati (possibile integrare con protezioni mobili). 25m 6c L6 Obliquare a dx e salire un pilastrino con passaggi sostenuti e intensi. 6c+ 30m L7 Per muretti progressivamente più facili all’uscita. 5c 30m Dall’uscita della via in circa 30 minuti si raggiunge l’auto.

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10. Torri di Monzone All’Occhio Bacchini R. Vigiani e D. Della Valle, 2002 7b max, 7a obbl., S4, 210m ACCESSO Dal paese di Monzone salire verso Vinca alcuni km e parcheggiare sulla destra in corrispondenza di un ponticello in legno (cartelli per la Lizza del Balzone). Attraversare il ponticello e salire per vecchia Via di Lizza fino al suo termine (ignorare il primo bivio con grosso ometto sulla destra che conduce alla Pala dei Fiorentini), seguire gli ometti e attraversare un greto in secca, salire nel bosco fino ad un bivio, seguire verso sx (scritta su sasso) e per tracce con alcune corde fisse fino alla parete. Calcolare 30 minuti. ATTACCO Individuare una linea di rari fix che mirano alla verticale dell’evidente diedrone del secondo tiro. La via più a dx che la incrocia in traverso è Giungland. L1 Salire una placca delicata, un diedrino difficile, incrociare la chiodatura di Giungland e proseguire fino a sostare alla base del diedro sovrastante. 50m 6c L2 Salire il diedro fessura atletico e traversare infine a sx alla comoda cengia su cui si sosta. 30m 6b L3 Salire il bellissimo muro con scalata sostenuta e chiodatura rarefatta. 50m 7a L4 Proseguire in placca con un passaggio difficile obliquando infine a sx alla sosta. 30m 7a L5 Traversare a sx verso una fascia di tetti (fix non sempre ben visibili) e superarla, immettendosi nel muretto strapiombante che porta al termine della parete. 25m 7b DISCESA In doppia lungo la via.


Storia Marmo, manna e distruzione

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Storia Sulla pietra della Maremma

Sulla pietra della Maremma A cura di Barbara Santucci

Reduci dalla riacquisita libertà di questi mesi, avete intenzione di concedervi una vacanza in Toscana? La Maremma con Massa Marittima, e più a sud il Monte Argentario, sono le mete adatte ad ogni vostra esigenza. Situata in posizione centrale nel territorio delle colline metallifere, Massa Marittima con il suo borgo ed il territorio comunale circostante, offre uno splendido mix di attività sportive, culturali e (perché no?) culinarie! Ma è nella frazione di Ghirlanda che dobbiamo porre il nostro occhio di climber...

Barbara Santucci, Lo spigolo, 6c, Poggio al Montone. Foto: S. Fazzini

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ituata all’interno di un bosco che ricopre le colline, sorge uno sperone di meravigliosa roccia di travertino verticale (leggermente strapiombante in alcuni tiri) dal prevalente colore giallo, con una conformazione a buchi che richiede un’arrampicata di forza, resistenza e mai scontata.

Siamo alla falesia di Poggio al Montone: originariamente chiodata da locals tra i quali il maestro di sci Simone Gorelli, Granatelli padre e figlio, è stata poi all’inizio degli anni Duemila oggetto di revisione completa da parte della guida alpina valtellinese Eraldo Meraldi, figura di spicco nell’arrampicata della zona e responsabile della chiodatura di altri settori della Maremma, tra cui la splendida parete di Capo d’Uomo al Monte Argentario. Simone Gorelli scopre questo piccolo paradiso nel 1992, durante una vacanza in riposo dalla sua attività di soccorso alpino per la Guardia di Finanza. Spinto dall’esigenza di continuare ad allenarsi, e dopo importanti lavori di pulizia della parete dall’edera che la nascondeva, calandosi dall’alto Simone chioderà le prime vie sulla parete centrale con protezioni in alluminio e soste in inox. Meraldi poi nel 2003 arrampica per un periodo a Poggio al Montone, scendendo in Toscana nei periodi di ferie, quindi decide di pulire e revisionare il settore con l’aggiunta di nuovi spit nei punti chiodati più lunghi e la sostituzione di alcune soste. Eraldo ci racconta con piacere di una punta di una freccia del 1300 probabilmente scoccata da un arciere a caccia, frammento rinvenuto in cima a una via mentre faceva pulizia.


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Storia Sulla pietra della Maremma La via nasce nel 2012, quando Meraldi si cala dall’alto e individua una linea logica che si sposta leggermente a destra rispetto all’idea originaria di chiodare tutta la cresta, resa impossibile dalla pericolosità della roccia in quei punti. L’attacco della via si trova su un’evidente cengia sulla destra del sentiero ed il tiro iniziale è un atletico 6a non banale (se non altro perché rappresenta il primo). L2 è un 5c atletico con una variante di 6c (Lupo d’argento) sulla sinistra, poco prima di arrivare in sosta. L3 è un piacevole terzo grado. L4 è un 5b tecnico, per poi uscire in cresta su un altro terzo grado con la possibilità di terminare la via risalendo per il sentiero verso la torre, oppure optare (consigliato) per l’ultimo spettacolare traverso di 5c che termina con un piacevole sentiero fino alla sommità del monte. La via è interamente sportiva, le soste sono tutte comode e non sono richieste integrazioni. Un itinerario davvero suggestivo con un’arrampicata semplice, consigliata per chi muove i primi passi in via lunga, in uno scenario da cartolina che vi regalerà senza dubbio giornate piacevoli. Il periodo consigliato per l’intero settore è l’inverno o al massimo le mezze stagioni, in quanto la sua esposizione a Sud potrebbe letteralmente squagliarvi al sole in estate.

UN PLAUSO ANCORA PIÙ “ FORTE VA A MERALDI CHE CI

RACCONTA DI AVER ATTREZZATO LO SPIGOLO AD AGOSTO, SOTTO GLI OCCHI DI ALCUNI VIP CHE SULLE LORO BARCHE FACEVANO COMODAMENTE IL BAGNO GIÙ IN BASSO. CI AUGURIAMO CHE LO SPIRITO DI WALTER BONATTI CONTINUI AD ALEGGIARE SOPRA QUESTO MERAVIGLIOSO PROMONTORIO, COME I GRANDI GABBIANI CHE ACCOMPAGNAVANO ERALDO DURANTE LA SUA OPERA E CHE, INFINE, I VOSTRI OCCHI SI RIEMPIANO DI LUCE COME QUELLI DI QUESTO GRANDE ALPINISTA. Barbara Santucci, Capo d’Uomo. Foto: S.Fazzini

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Storia Apuane: magia d'inverno in vesti invernali, vie di roccia estive. C’è stato inoltre il contributo dei pisani Amoretti e Di Vestea negli anni Venti, poi una fase di stasi e fino agli anni Sessanta non ci sono state salite importanti. Dopo cos’è scattato? Nel 1960 Cosimo Zappelli al Pizzo delle Saette apre un itinerario di gran classe. Nel ‘62 Sorgato, Rulli e Zaccaria realizzano la prima invernale della OppioColnaghi al Pizzo d’Uccello. Nel marzo del ‘67 Crescimbeni, Verin e Verbi salgono la Biagi-Nerli. Alcuni lucchesi, tra cui Marcello Pesi, Roberto Da Porto e Francesco Pollastrini, hanno cominciato a fare cose nuove, intuendo che conveniva segare i manici delle piccozze. Da Porto era stato al Ben Nevis con Grassi e Casarotto, forse ha copiato dagli scozzesi queste picche di 50 cm. Nell’altra mano, un chiodo da ghiaccio come secondo attrezzo. La salita simbolo di questa tecnica è stata la Nord-Est della Pania Secca: anziché seguire la linea estiva, Pesi e Da Porto sono rimasti in aperta parete, con muretti fino a 90 gradi. Poi nel ‘70 c’è stata la prima ripetizione della Via dei Genovesi al Pizzo d’Uccello: il livello tecnico cresceva, ma si cercava di pulire gli appoggi per salire a mani nude... Ancora non si conosceva la piolet traction. Quando è stata adottata? Nel 1969, ma i primi si sono ritrovati ad usarla senza saperlo...

Alberto Benassi nella ripetizione della Via dei genovesi sulla nord del Pizzo d’ Uccello. Foto: Arch. A. Benassi Pania della Croce salendo la classica via Amoretti-Di Vestea al Colle della Lettera. Foto: Mario Zorrone

Alberto Benassi Via dei genovesi, Pizzo d’Uccello. Foto: Arch. A.Benassi

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autore dell’incantesimo è il mare: dalla Pania dista meno di venti km, gli sbalzi di temperatura sono rapidi. La neve si scioglie e rigela, si crea un ghiaccio che non è mai vetroso come quello di cascata. Come è iniziata l’esplorazione delle Apuane in inverno? I primi, accompagnati da guide del Nord, sono stati gli inglesi a fine Ottocento: Utterson Kelso, Freshfield... Firenze era capitale e sede universitaria, giravano molti anglosassoni e da lì vedevano le Apuane all’orizzonte. Il livello era basso, si cercavano canali facili. A inizio Novecento i liguri Figari e Questa hanno cominciato a ripetere,

In che senso? Francesco Cantini e Marco De Bertoldi stavano aprendo al Pizzo d’Uccello la Via di sinistra del 1969. Sull’ultimo tiro hanno trovato 40 metri di ghiaccio fino a 80 gradi. Allora hanno improvvisato una piolet traction in anticipo sui tempi, utilizzando due picche. È stato un exploit, anche se non gli hanno poi dato peso. Così è passato in sordina... C’è voluta un’evoluzione di una decina di anni perché si andasse a scovare linee di goulotte. Era un’altra mentalità: anziché cercare la roccia, o affrontare una cascata trovata per caso, si puntava a linee che dessero continuità all’ascensione. Nel 1980 i lucchesi Luca Dini e Faliero Macarini salgono i 300 metri del Couloir Nord della Roccandagia, estrema per l’epoca. Una delle spinte maggiori, nei primi anni Ottanta, è stata una serata a Pietrasanta con Gian Carlo Grassi, che ci ha aperto la mente.


Ad esplorare le Apuane arrivano in questi anni anche alpinisti da fuori, come i genovesi... Hanno cominciato a venire Gianni Calcagno, Marco Schenone, Roberto Piombo, Walter Savio, Marcello Giovale... Hanno realizzato veri e propri gioielli: sulla Nord della Sumbra, sulla NordOvest del Cavallo, nella prima ripetizione di Doccia fredda e altre ancora... Cercavano linee effimere e non scrivevano nulla, abbiamo solo qualche appunto dal diario di Calcagno. Insieme a Gianni, un altro pioniere della piolet traction è stato il fiorentino Massimo Boni. È lui ad aver creato Elisabetta al Pizzo delle Saette, nello stesso anno del Couloir Nord della Roccandagia: due vie che hanno dato il via alla piolet traction. E poi ci siete voi della Scuola Monteforato. Nel gennaio del 1985 con Alessandro Angelini, Alberto Benassi e Fabrizio Convalle abbiamo aperto il couloir-cascata Doccia fredda, la prima vera scalata di ghiaccio ripido in Apuane: esposta a Sud Ovest, ha poche ripetizioni. Due anni dopo, il canale parallelo Ghiacciomania. Eravamo incoscienti dei rischi... Da questo momento, ha preso piede il ghiaccio. Fondamentale è stata la rivoluzione della fine degli anni Novanta, quando sono stati eliminati i cordini di collegamento con la piccozza e si puntava ad arrampicare in libera. Nel 2000, complici condizioni top, c’è stato un boom di salite: una ventina di vie nuove e 15 ripetizioni. Soprattutto al Colle della Lettera, dove in vent’anni sono nati 47 itinerari. Quali sono le caratteristiche delle salite in questi anni? Un livello molto alto. Penso all’attività di Gianpaolo Betta, Silvia Petroni, Matteo Meucci, Matteo Faganello e altri ancora... Si è tornati alla roccia pura ma vinta in total dry, come ad esempio al Colle della Lettera su State of Mind, Mirjam, Sale e Pepe... E oggi? C’è ancora spazio per esplorare? Certo, servono curiosità e metodo. Non so quanti giorni ho passato in giro a fotografare le pareti: a casa ingrandivo l’immagine e scoprivo zone ghiacciate da concatenare con zolle erbose. Anche ora continuo così: il bello deve ancora venire, con gli occhi di oggi. Poi la stragrande maggioranza delle vie attende una prima ripetizione. E moltissime sono tuttora da aprire: ovviamente, però, non posso dirvi dove...

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Storia I padroni di una catena montuosa Inesistente La vetta che non esiste più.il picco di Falcovaia nel Comune di Seravezza. Foto: G.Briccolani

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orte dal mare milioni e milioni di anni fa, queste affascinanti creature rocciose hanno avuto la fortuna/sfortuna di essere - salvo rare eccezioni - interamente costituite da marmi di eccellente qualità e divenire famose nel mondo per le eccezionali opere d’arte realizzate con il loro cuore più puro: lo statuario. Adesso però, chissà cosa direbbero i vari Pisano, Michelangelo, Canova, Henry Moore e tutti quei sapienti architetti e scultori che nel corso dei secoli hanno deliziato l’umanità con i loro eterni capolavori, nel vedere questi monti così terribilmente saccheggiati per il business dei tempi moderni: quello del carbonato di calcio? Oggi è purtroppo questa la triste realtà apuana: questi monti stanno letteralmente sparendo sotto il silenzio generale delle istituzioni, di parte della popolazione e anche di molti ipocriti loro assidui frequentatori. Ma nel 2021 - dato che va di moda parlare di cambiamenti climatici - questo presente risulta ancor di più inaccettabile.

PENSARE CHE, ALL’INTERNO DI UN PARCO “BASTI NATURALE REGIONALE (FREGIATO PER GIUNTA

DEL RICONOSCIMENTO DI GEOPARCO MONDIALE UNESCO), DOVE TEORICAMENTE IL PAESAGGIO, LA FLORA, LA FAUNA, LE CAVITÀ CARSICHE E L’ACQUA DOVREBBERO ESSERE PROTETTI DALLE POCHE LEGGI ANCORA VIGENTI, VI SONO BEN 39 BACINI ESTRATTIVI - AL CUI INTERNO INSISTONO QUASI 80 CAVE ATTIVE - DOVE VIGE IL PIÙ TOTALE FAR WEST. Il recente documentario Antropocene - L’epoca umana ha definito lo scempio delle Alpi Apuane

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come uno dei 43 disastri ambientali a livello planetario, qualcuno lo ha chiamato il più grande disastro ambientale d’ Europa: a noi toscani basta far presente che la dittatura delle multinazionali del marmo sta letteralmente sbriciolando un’intera catena montuosa, portando profitto a pochissimi ed irreversibili danni alla collettività. Come se ne esce? Male… La prima colpevole sul banco degli imputati è senza dubbio quella politica partitica toscana – collusa indistintamente con quella nazionale – che, decennio dopo decennio, ha derogato, per inesistenti o inconsistenti motivi occupazionali, quei pochi regolamenti europei e quelle poche leggi nazionali che ancora tutelano il bene comune dell’ambiente. Sulle Alpi Apuane si escava - in violazione al Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio - nella Zona a Protezione Speciale, in aree boscate, di uso civico, nei circhi glaciali, sopra i 1200 metri di quota, nei corsi d’acqua e quindi, oltre alla distruzione di specie e habitat (anche endemici), ogni anno vengono asportate oltre cinque milioni di tonnellate di suolo. Come è facilmente intuibile ai più, tutto questo sterminare delle aree tutelate per legge, sta portando all’abbattimento di migliaia di metri quadri di alberi, ad un incredibile inquinamento di aria e acqua - basti pensare che su questi monti vi è la sorgente idropotabile a portata più elevata di tutta la regione Toscana (quella del Frigido, sui monti sopra alla città di Massa) - e alla vigliacca distruzione di importanti geositi che potevano raccontarci un’appassionante vicenda geologica lunga circa 220 milioni di anni. Sarebbe improbo elencare delle emergenze dentro questo grande disastro, ma è importante farlo, poiché siamo fermamente convinti che – oltre a quell’imprescindibile monitoraggio in loco che alcuni di noi svolgono – sensibilizzare più persone possibili sia di fondamentale importanza. Ed allora proviamoci. Ad uno dei primissimi posti, vi è senza ombra di dubbio, l’abbassamento di quella sella di origine glaciale posta a 1650 metri di quota, al confine tra le province di Lucca e Massa Carrara e che, prima degli anni Cinquanta, era conosciuta con il nome di Passo della Focolaccia. Oggi, quella bellissima lente marmorea a due passi dal rifugio più antico delle Alpi Apuane – il Bivacco Aronte – è stata completamente abbassata di novanta metri, lasciando un mostruoso cratere a cielo aperto, visibile addirittura anche da alcune zone dell’Emilia Romagna. Proseguendo questo ripugnante ma necessario viaggio nell’orrore, arriviamo - sempre per amor di verità - nella vicina valle di Arnetola, dove è


presente uno dei siti estrattivi più grossi di tutta la catena montuosa: i cantieri di Piastrabagnata. Lo scenario che si apre davanti agli occhi di quei pochi camminatori che ancora percorrono la settecentesca Via Vandelli, o di quegli alpinisti che amano ripetere le classiche vie di roccia alla Roccandagia e al monte Sella, ha qualcosa di apocalittico: il povero monte Pallerina, ormai terribilmente sfigurato, sembra piangere gli scarti del proprio corpo (gli inerti, come vengono chiamati da certa nomenclatura di comodo) a formare uno dei ravaneti più impattanti di tutte le Apuane. Esso rappresenta una vera e propria vergogna a cielo aperto e qualcosa vorrà pur dire se, all’interno di quell’ente territoriale complice di

questo tremendo ecocidio (il Comune di Vagli di Sotto), sono in corso delle inchieste giudiziarie con pesantissimi capi d’imputazione. Cambiando decisamente gruppo montuoso, voliamo via veloci - come fossimo bellissimi gracchi corallini - nella parte centro-meridionale della dorsale, dove alcune vertenze ambientali sono di una gravità che risulta osservabile anche dalla vicina costa tirrenica, così stracarica di turisti nella stagione balneare. Nella zona dei monti Corchia e Altissimo, avidi imprenditori ed i loro questuanti, nel corso di soli due secoli hanno decretato rispettivamente la distruzione e l’inquinamento di un complesso carsico di livello mondiale e la capitozzatura di una

Climber all’uscita da una via con sullo sfondo una cava nel comune di Vagli di Sotto. Foto: G. Briccolani

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Focus Ambiente Grigna In uscita dall’ultimo tiro di 6a+della via Achille Pasini alla Piramide Casati. Foto: G. Chiaffarelli

Lario Rock multipitch Alcune recenti novità. Testo  a cura di Eugenio Pesci

Sono passati già dieci anni dalla comparsa dell’ultima guida edita da Versante Sud e illustrante le vie di più tiri nel lecchese. Si trattava di una pubblicazione per certi versi innovativa, che univa alle descrizioni tecniche molte schede di racconto delle prime salite, di memorie, vicende verticali e personaggi, illustrate spesso con rare foto originali, frutto di un lungo lavoro di ricerca. 106


Focus Lario Rock multipitch

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distanza di dieci anni i medesimi autori, Eugenio Pesci e Pietro Buzzoni, hanno redatto la nuova edizione del testo (in uscita per Versante Sud nell’autunno/inverno 2021), arricchita di molti nuovi itinerari sulle pareti lecchesi che si sono sommati, nel decennio trascorso, a quelli esistenti: a vie molto difficili su pareti celebri come il Sasso Cavallo, la Corna di Medale e il Pilastro Rosso del lago, si affiancano itinerari più abbordabili, soprattutto in Grignetta (alcuni dei quali di stile classico) e nella zona dei Campelli sopra i Piani di Bobbio, attualmente molto frequentata e in veloce evoluzione. Presentiamo qui alcune di queste novità, riferite all’attività di apertura negli ultimi cinque anni, iniziando con lo scritto del Ragno di Lecco Luca Schiera, relativo alla recentissima via Restiamo umani alla Parete Rossa del Monte San Martino, itinerario di difficoltà molto elevata, ed attualmente l’unica via di parete nel lecchese che presenti difficoltà di 8b.

riesco a salire in libera la via: volevo provare qualche tiro senza troppe aspettative, ma in una delle mie migliori giornate di arrampicata riesco ad arrivare in cima senza essere mai caduto. La Parete Rossa, come la Medale, sovrasta il lago e la città di Lecco. Rispetto alla sua celebre vicina, però,

Dimitri Anghileri, Restiamo umani, Parete Rossa del Monte San Martino. Foto: M. Caminati Luca Schiera durante la salita in libera di Restiamo umani, 8b, Monte San Martino. Foto: M. Caminati

1 Restiamo Umani, Monte San Martino, Parete Rossa. Testo: Luca Schiera Dimitri Anghileri e Luca Schiera. 2020/2021 RP one push: Luca Schiera 240 m sviluppo, 10 tiri. Diff.: 8b Materiale: rinvii e una serie di friends Esposizione: Sud. Parete molto calda. Discesa: a piedi salendo le rocce facili fino alla chiesetta, poi lungo il sentiero per Rancio (ore 0.30). Non sulla via. Da non meno di una decina di anni guardavo la Parete Rossa con l’idea di trovare una via di salita a chiodi fra gli strapiombi, e dopo diversi pellegrinaggi sotto alla parete avevo capito solo dove partire, ma non dove sarei arrivato. Grazie a Dimitri e alla sua esperienza in vie di questo tipo, troviamo la giusta motivazione per partire e con il primo tiro iniziamo a concretizzare il progetto. Al secondo tiro, però, capiamo che è praticamente impossibile salire senza bucare, non tanto per la difficoltà quanto per l’impossibilità di piazzare protezioni. Fra alti e bassi ci alterniamo, salendo pochi metri alla volta, ma cercando di spingerci sempre al nostro massimo. A causa di due lunghe interruzioni forzate, riusciamo a finire la via solo nella stagione successiva: il nome è legato proprio alle difficoltà che tutti abbiamo vissuto in questo momento storico. Poco più tardi e in modo del tutto inaspettato,

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Falesia Bunker a San Vito Lo Capo, Trapani (© Roberto Zampino)

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO Settembre 2021. Anno III. Numero 14 Direttore responsabile Richard Felderer Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Samuele Mazzolini Alberto Milani Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa Copertina Andrea Zanone su Coup de Foudre, 8c+ a Rocca Petrosa Foto: © Marco Zanone Grafica Tommaso Bacciocchi

Impaginazione Francesco Rioda

Correzione di bozze Fabrizio Rossi

Disegni Eugenio Pinotti

Hanno collaborato Gianluca Briccolani, Pietro Buzzoni, Giacomo Faggioni, Giovanni Faggioni, Simone Fazzini, Andrea Gelfi, Raffaele Giannetti, Andrea Gobetti, Luca Lucchesi, Eugenio Pesci, Fabrizio Rossi, Barbara Santucci, Luca Schiera, Enrico Tomasin, Andrea Vecchi, Roberto Vigiani, Cristiano Virgilio Versante Sud Srl Via Rosso di San Secondo, 1 – 20134 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it Stampa Aziende Grafiche Printing srl – Peschiera Borromeo (MI) Distribuzione per l’Italia PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421

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