5 minute read

Under

Next Article
Digitale

Digitale

Vivaio, non garden center

Un’identità propria che rifugge gli standard caratterizza Botanicus di Moncalieri, gestito da un ragazzo che è riuscito a realizzare il suo sogno: diventare un vivaista

colloquio con MASSIMO VILLA di ALICE NICOLE GINOSA

Massimo è giovanissimo ma all’età di trent’anni

è già proprietario di un

vivaio. No, non è l’attività di famiglia e il suo ruolo non se l’è guadagnato da un semplice passaggio generazionale. La sua storia è molto più interessante e me la sono fatta raccontare tutta d’un fiato in una trentina di minuti di un giovedì pomeriggio di settembre: il tempo è tiranno, il lavoro tanto ed essere il proprietario di un vivaio significa avere ritmi intensi. Ma partiamo da capo, da dove tutto è cominciato. Massimo si laurea in Agraria e successivamente si specializza in Architettura del paesaggio. Fin da subito trova lavoro

nello stesso negozio di cui oggi è proprietario e lavora qui due

anni e mezzo, prima come tirocinante poi come apprendista. Il pensionamento della precedente proprietaria e la conseguente messa in vendita dello spazio lo mettono davanti a una scelta. Acquisterà

quell’immobile che diventerà

quello che oggi è Botanicus. Una decisione che ha trasformato il suo sogno in realtà, una passione che sente sua fin da piccolo e che da ormai adulto lo fa sentire, come mi confessa, una persona felice.

Un nome diverso dai soliti vivai, come mai “Botanicus”? «L’idea e l’identità del mio vivaio sono nati grazie alla collaborazione con mia cugina e mio fratello. Volevo qualcosa lontano dai soliti stereotipi, né in inglese né con riferimenti a me o altre persone.

Abbiamo tantissime parole in italiano o in latino per definire le cose, non volevo essere scon-

tato; e poi, se devo essere sincero, per me si dovrebbe parlare di “vivaio” e non “garden center” perché l’inglese mi sembra richiamare

la “grande distribuzione” dove si presta meno attenzione al det-

taglio. Da tutto questo insieme di idee e pensieri è scaturito il nome Botanicus, con un chiaro rimando alla botanica e con un logo con la beccaccia, la regina dei boschi».

Dall’idea, passiamo al concreto... «Parliamo di circa 3.000 mq e di

una struttura non grandissima ma decisamente particolare.

Nella parte centrale abbiamo una cupola esagonale in cui le pareti richiamano le grandi finestre bianche tipiche dell’Inghilterra e del nord Europa in generale, uno stile che ritroviamo anche all’interno della serra. Botanicus è compo-

NON MI PIACE CADERE NEGLI STANDARD, ANCHE NELLA PROPOSTA. COMPIO UNA RICERCA ATTENTA E SCRUPOLOSA PER EVITARE LE SOLITE VARIETÀ

Interno di Botanicus.

VOGLIO CHE IL MIO VIVAIO SIA UN PUNTO DI RIFERIMENTO PER INFORMARSI MA ANCHE PER INCONTRARSI E CHE SIA MENO “NEGOZIO” E PIÙ “SPAZIO” PIACEVOLE

sto da due serre, in realtà, che si incontrano e sfociano, appunto, in questa area in muratura sormontata dalla cupola. Nella parte esterna è possibile trovare dalle classiche piante commerciali fino alle piante più ricercate, specie rare e di nicchia come rose antiche, ma anche erbacee e graminacee perenni. All’interno, invece, trovano spazio varietà rare, tropicali e desertiche, con qualche accenno di oggettistica come vasi alla francese, di carattere. Ho cercato di ricre-

are un’atmosfera volutamente poco italiana e più aperta alle

influenze europee: non è il classico vivaio italiano con serra. Non

mi piace cadere negli standard,

anche nella proposta. Compio una ricerca attenta e scrupolosa per evitare le solite varietà del mercato italiano e olandese. Sotto un certo punto di vista è più complicato perché spesso si tratta di piante

che provengono dall’altra parte del mondo ma è la parte più bella del lavoro lo “scouting”, e

mi stimola. Ogni tanto (ride) sono dispiaciuto quando un cliente acquista una pianta speciale e mi chiedo sempre se riuscirò mai a rintracciarla un’altra volta».

Identità definita e atmosfera ricercata: come hai iniziato a farti conoscere? «Ho aperto nel 2019 e il primo anno è stato “di preparazione”. Ho effettuato delle migliorie e ristrutturato alcune aree perché volevo che l’esperienza del cliente cambiasse rispetto al passato: l’ingresso ora è direttamente nella serra di vetro.

Ho cercato anche di farmi conoscere online con una pagina Facebook e Instagram a cui inizialmente non davo molto conto ma che nell’anno successivo si sono rivelate fondamentali e

di grande aiuto. Il motivo credo che sia stato anche questo interesse crescente della clientela per il verde che ci ha assaliti da fine marzo 2020. Meno male direi. Ormai la componente digitale è entrata a tutti gli effetti nel mio lavoro e

in ogni post che pubblico mi preoccupo personalmente di scrivere una didascalia con informazioni sulla cura e prove-

nienza della pianta. Una parte del lavoro che mi “porto a casa” la sera e che si trasforma in materiale da pubblicare con le novità del periodo e della stagione».

Chi è il tuo cliente medio? «A dire la verità ho più tipologie di cliente. Prima su tutte la fascia degli over 60 che si mantiene costante e che si affianca ormai da qualche tempo a una porzione di persone che mi hanno conosciuto su Instagram. Tutti tra i 25-40 an-

ni e tutti “appassionati” e con la voglia di incominciare a capire

di più sulle piante tanto che mi portano in negozio le proprie o le foto alla ricerca di risposte ai loro dubbi. Addirittura molte perso-

ne tornano ogni settimana a rifornirsi, sia locali sia dalla

Lombardia, e non sono pochi anche gli stranieri, principalmente inglesi e francesi che vivono qui in zona. Probabilmente sono attirati dalla contaminazione straniera del mio vivaio. I clienti abituali

poi cerco di farli sentire a casa: prendiamo il caffè insieme, fac-

ciamo due chiacchiere. Sono il primo a cercare di far capire che qui da Botanicus possono venire anche solo a fare un giro, senza l’obbligo di acquistare. Voglio che il mio vivaio sia un punto di riferimento per informarsi ma anche per incontrarsi e che sia meno “negozio” e più “spazio” piacevole».

In percentuale quanta clientela proviene dal digitale? «Un 35%-40% arriva dal digi-

tale, sia con ordini online direttamente dai social sia come calamita che spinge le persone a

presentarsi fisicamente nel punto vendita. Per esempio durante il periodo natalizio lo scorso anno ho ricevuto un boom di richieste per le ghirlande, e ne ho spedite diverse in Toscana, Abruzzo, Roma: tutti contatti generati tramite Instagram».

La ricerca di varietà da proporre nasce da spunti esterni o ricerca personale? «Principalmente è una mia ricerca personale: se vedo qualcosa che mi piace lo prendo. Non seguo alla lettera gli andamenti del mercato o dei social. Chiaramente se noto un maggiore interesse verso una verità specifica, ne acquisto in maggiori quantità ma tendenzialmente vado a naso. Seguo il mio gusto e per ora tutto bene».

www.botanicusvivaio.com

@botanicusvivaio

Botanicus

This article is from: