Christopher Nolan – L’architetto del tempo di Riccardo Antoniazzi © dell’Autore dei testi © degli aventi diritto per le immagini utilizzate 2022 © Solone srl per questa edizione
Collana: Narrativa, 39 Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini e informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufficio Stampa: Gloria Grieco ufficiostampa@edizioninpe.it Coordinamento editoriale: Valeria Morelli Progetto grafico e illustrazione di cover e quarta: Nino Cammarata Correzione bozze: Ada Maria De Angelis
Stampato tramite Tespi srl nel mese di ottobre 2022
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Riccardo Antoniazzi
Christopher Nolan L’architetto del tempo
Indice introduzione
Christopher, il prestigiatore
capitolo 1
Doodlebug (id., 1997)
capitolo 2
Following (id., 1998)
capitolo 3
Memento (id., 2000)
capitolo 4
Insomnia (id., 2002)
capitolo 5
Batman Begins (id.,2005)
capitolo 6
The Prestige (id., 2006)
capitolo 7
Il Cavaliere Oscuro (The Dark Knight, 2008)
capitolo 8
Inception (id., 2010)
capitolo 9
Il Cavaliere Oscuro - Il ritorno
(The Dark Knight Rises, 2012)
capitolo 10
Interstellar (id., 2014)
capitolo 11
Quay (id., 2015)
capitolo 12
Dunkirk (id., 2017)
capitolo 13
Tenet (id., 2020) Conclusione Bibliografia e fonti
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introduzione
Christopher, il prestigiatore «Qual è la forma più flessibile di un parassita? Un’idea... Un’idea ha il potere di costruire una città, di cambiare il mondo e di riscriverne le regole». Christopher Nolan Se esiste un regista mainstream che più di tutti ha polarizzato l’opinione pubblica, quello è proprio Christopher Nolan, prestigiatore della macchina da presa capace di suscitare ammirazione e sgomento con racconti intricati, cerebrali matrioske epistemologiche su ricerca del sé e manipolazione della linearità. Che si tratti della monumentale trilogia sul Cavaliere Oscuro (20052012) o delle apocalittiche visioni di Inception (2010) e Interstellar (2014), il cinema di Nolan è garanzia di grande evento in sala, remunerativo per gli studios e avvincente per la platea; persino i detrattori più tenaci del regista ne riconoscono il perfetto connubio di vivace personalità stilistica e mentalità industriale. Malgrado l’ingegnosità narrativa dei suoi rompicapi cinematografici, Nolan è pur sempre un intrattenitore di lusso, e ogni volta cura emotività e spettacolarità su vasta scala, alzando continuamente l’asticella di una grandeur sempre più ambiziosa, quasi come se ci si trovasse davanti a film di Michael Mann (Collateral, 2004) diretti con il tocco possente di Terrence Malick (La sottile linea rossa, 1998). 7
christopher nolan– l’architetto del tempo
Christopher nasce il 30 luglio 1970 in Inghilterra, mezzano di tre figli. Il padre è un dirigente pubblicitario britannico, la madre un’insegnante americana. L’infanzia è trascorsa in tranquillità tra Chicago e la nativa Londra, dove il giovane frequenta il collegio infantile di Haileybury. Il primo approccio con il mondo del cinema è precoce; la visione di capolavori visionari come Guerre Stellari (George Lucas, 1977) e Blade Runner (Ridley Scott, 1982) lo spinge a girare cortometraggi amatoriali con la fotocamera Super-8 paterna, con protagonisti i giocattoli e i peluche della sua collezione, già esemplificativi dell’immaginazione di Nolan nel concepimento di complessi intrighi narrativi.
Christopher Nolan sul set di Batman Begins, Warner Bros. Pictures (2005). Tutti i diritti riservati.
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Christopher, il prestigiatore
Dopo aver studiato letteratura inglese all’University College di Londra, si fa le ossa a suon di video aziendali, e nel frattempo inizia a dare forma al suo pedigree di autore non convenzionale. Assieme alla compagna di studi e futura moglie Emma Thomas, Christopher fonda una società cinematografica indipendente presso il campus universitario, grazie alla quale realizza il corto Tarantella (1989), andato in onda poi sulla televisione inglese. La difficoltà nel farsi assumere da studios locali incendia l’animo indipendente del filmmaker, il cui successivo lavoro è il corto in 16 mm Doodlebug (1997), girato in un bianco e nero sgranato e incentrato su un uomo a caccia di un insetto (in realtà versione minuscola di sé stesso). È un’opera angusta ma straordinariamente dinamica, limpida annunciazione della futura inventiva nolaniana. Nel giro di un anno il filmmaker inglese realizza il suo primo lungometraggio, Following (1998), cupa favola sulla ricerca dell’ispirazione che riscuote un buon successo presso numerosi festival, aprendogli le porte di Hollywood. Il film della svolta è Memento (2000) con Guy Pearce e CarrieAnn Moss, adattamento di un destabilizzante racconto scritto da Jonathan, fratello minore e assiduo collaboratore del regista. L’innovativa rappresentazione di una memoria frammentata, ricostruita da un montaggio in ordine inverso, ha fatto urlare la critica al capolavoro, tant’è che non è tardata una nomination all’Oscar come Miglior Sceneggiatura Originale nell’anno di Gosford Park (Robert Altman, 2001). La repentina ascesa di Nolan al potere della macchina hollywoodiana prosegue con Insomnia (2002), un poliziesco ambientato tra i ghiacci dell’Alaska che, pur contrapponendo i due divi Al Pacino e Robin Williams, passa relativamente inosservato. L’atteso blockbuster supereroistico Batman Begins (2005) permette un maggior avvicinamento al pubblico, e conduce a definitiva rappresentazione l’antieroismo crepuscolare in stile noir tipico dell’autore. L’analisi di una struttura urbana moralmente decaduta ha un ottimo successo, aprendo la pista a due ottimi seguiti (rispettivamente Il Cavaliere Oscuro del 2008 e Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno del 2012) e a un modo più realistico e introspettivo di affrontare le grandi figure pop. Tra un film di Batman e l’altro, Nolan si dedica a progetti ben più personali, come l’ottima storia d’illusionismo vittoriano The Prestige (2006) e l’affascinante racconto di spionaggio onirico Inception (2010) con Leonardo DiCaprio. Tutti questi film e in special modo Inception, sono stati grandi successi di pubblico e critica, e hanno cementificato la reputazione di Nolan come uno dei più interessanti registi anglofoni della sua generazione. 9
christopher nolan– l’architetto del tempo
Le ultime tre controverse opere del cineasta manifestano le proporzioni delle ambizioni di un autore ormai completo e maturo, determinato a lasciare la sua impronta in generi ormai usurati: Interstellar (2014) è un mastodontico dramma fantascientifico sulla ricerca di nuovo inizio per la Terra devastata da guerre e carestie; Dunkirk (2017) invece s’appropinqua agli stilemi del thriller d’azione teso e minimale per narrare l’evacuazione delle truppe britanniche dal fronte francese durante l’invasione hitleriana. Nel 2020, Nolan scrive e dirige Tenet, altra fusione di spy-story e fantascienza quantistica che sublima la sua ossessione per la malleabilità temporale, ricordato soprattutto per esser stato il primo grande film-evento nell’era del Covid-19.
Christopher Nolan sul set di Dunkirk, Warner Bros. Pictures (2017). Tutti i diritti riservati.
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Christopher, il prestigiatore
Dedicando al corpus nolaniano anche solo una visione aerea, si possono evidenziare numerosi marchi di fabbrica che si discostano dall’imperante, spersonalizzante modus operandi hollywoodiano. Il primo è la già citata narrazione non lineare, spesso ricreata tramite l’uso del flashback e strumentalizzata per instillare tensione nell’attesa di scene rivelatorie: in film come Memento, Tenet e (anche se in misura minore) Batman Begins, il “riavvolgimento” temporale di specifiche scene crea un ponte empatico con il disorientamento dei personaggi e, cosa più importante, dà di volta in volta un peso o un significato nuovi alle loro scelte morali. L’espressione dello stravolgimento narrativo che si allinea al contenuto tocca però l’apice in Dunkirk, dove l’intrecciarsi di tre distinte linee spazio-temporali esaltano l’impatto orrorifico di altrettanti modi di sopravvivere a un’azione di guerra; quando Nolan decide di non manipolare la linearità, è invece la tecnica del montaggio parallelo di più eventi simultanei a ricreare le temperature emotive appena citate. Questa precisa orchestrazione del racconto si collega alla declinazione del tema del “tempo” quale contenitore della memoria (Memento), ideale punto di riferimento morale (Insomnia), o impalpabile nemico su cui è necessario avere la meglio al fine di preservare la civiltà (Il Cavaliere Oscuro). Una volta spostatosi dall’indipendenza pura alle grandi major, il cinema di Nolan si è evoluto in spettacolo su vasta scala; a ciò ha sicuramente giovato la ricca partnership con il compositore tedesco Hans Zimmer (Il Re Leone, 1994), noto ai più per il taglio muscolare e fiammeggiante delle proprie colonne sonore. Di film in film, il regista londinese si è sempre battuto affinché la sua freschezza immaginifica garantisse al pubblico intuizioni innovative, che rigenerano gli ambiti collaudati del noir e della fantascienza. Protagonista assoluta di Memento, ad esempio, è la storia stessa, dipanata con un’attenzione per il colpo di scena estremamente immersivo, pur partendo da un concept di base poco originale. The Prestige attinge dalla più classica rivalità tra doppi, svoltando inaspettatamente in un viaggio nei misteri delle meccaniche quantistiche. E ancora, la trilogia di Batman sviscera le contraddizioni e le paure della modernità attraverso il pretesto della decostruzione supereroistica, plausibile e priva di sfumature fantastiche. In Interstellar, il topos del viaggio spaziale di scoperta conseguente all’apocalisse avvia invece un’esplorazione della paternità trascendente le leggi fisiche. Malgrado la ricerca dell’originalità (la preparazione delle sceneggiature si accompagna a rigorose ricerche su fisica quantistica, meccaniche belliche, sfaccettature letterarie), talvolta i film nolaniani vengono tacciati di presunzione e eccessiva volontà di stupire a ogni costo con furbe scorciatoie narrative o inaspettati deus ex machina, 11
christopher nolan– l’architetto del tempo
difetti che il filmmaker riesce comunque a smussare grazie alla sua affascinante mise-en-scène. Lo spettro di argomenti affrontato da Nolan è ciò che molto spesso si tende a sottovalutare. La tensione alla speranza, la riscoperta di sé, l’incisività della verità in mondi disillusi e le molteplici sfumature dell’amore che rifiutano le incertezze metafisiche regalano numerosi livelli di profondità ai singoli film. Inoltre, la presenza di finali generalmente ambigui è una costante che lascia ampio raggio all’interpretazione dello spettatore: l’esempio più celebre lo rappresenta Inception, dove un semplice oggetto di scena quale è una trottola apre uno spiraglio agrodolce e inquieto all’interno di un film già di per sé sconcertante. Un altro segnale di allontanamento dall’ortodossia hollywoodiana è il ripudio nolaniano della digitalizzazione; se non costretto dalla necessità, il filmmaker predilige la celluloide o gli effetti speciali pratici a vantaggio di una tangibilità ormai rara nell’odierno ambito action.
Christopher Nolan sul set di Tenet, Warner Bros. Pictures (2020). Tutti i diritti riservati.
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Christopher, il prestigiatore
Persino in Inception e Interstellar, dove una buona parte delle scene è ricreata al computer, sequenze impressionanti come quelle del corridoio rotante e del pianeta di ghiaccio hanno orgogliosamente rifiutato il rischio della piattezza di un green screen. Qualcuno può sostenere che le opere di Nolan suonino troppo fredde e cerebrali, come progettate da un’intelligenza artificiale, ma forse è proprio questo che le rende così coinvolgenti. Attraverso i suoi astuti trucchi narrativi, Nolan è un maestro abile nel ripensare il blockbuster americano e nello stuzzicare profondi interrogativi. Quando il cinema d’intrattenimento riesce a essere così divertente e acuto, non deve sorprendere l’entusiasmo di pubblico e addetti ai lavori.
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capitolo 1
Doodlebug (id., 1997) soggetto: Christopher Nolan sceneggiatura: Christopher Nolan fotografia: Christopher Nolan musiche: David Julyan montaggio: Christopher Nolan interpreti: Jeremy Theobald produzione: Alliance Atlantis origine: Regno Unito, 1997 durata: 3 min «Doodlebug ha dimostrato il talento di Christopher Nolan per la costruzione di narrazioni inquietanti». «The Daily Telegraph»
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Jeremy Theobald in Doodlebug, Alliance Atlantis (1997). Tutti i diritti riservati.
Doodlebug è l’effettivo esordio registico di Christopher Nolan: un cortometraggio di 3 minuti, girato in bianco e nero, 1.33:1, ascrivibile al genere noir psicologico. Interpretato da un singolo attore (l’esordiente Jeremy Theobald, compagno di università del regista), il corto è stato scritto, girato e montato da Nolan durante gli studi di letteratura inglese, con l’ausilio di una semplicissima macchina da presa 16 mm. Le riprese si sono svolte nell’arco di un fine settimana, mentre la post-produzione ha visto coinvolto il compositore in erba David Julyan, autore di una partitura elettronica dal tono impalpabile e inquietante, quasi lynchano (Eraserhead, 1977). La trama, sempre che si possa considerare tale, segue le nevrosi di un uomo senza nome (Theobald) all’interno del suo sudicio appartamento, dove sta dando la caccia a un insetto che infesta il locale. Si scopre che la creatura è un doppio miniaturizzato dello stesso protagonista, uguale a lui in tutto e per tutto, persino nei concitati movimenti. 16
Doodlebug
Il protagonista riesce finalmente a uccidere l’“insetto” con una scarpa, venendo a sua volta schiacciato da una sua versione ingigantita. Poco più che un divertito esercizio di stile ed effetti ottici, Doodlebug si presta alla lettura di un trattato sulla recorsività e sui paradossi, che Nolan infarcisce di particolari kafkiani e rifacimenti visuali alla MC Escher. La macchina da presa infonde una vitalità cinetica che contrasta con l’ambientazione spoglia e ristretta (l’intuizione del vuoto come prigione dell’angoscia deriva da Andrej Tarkovskij). Il tutto viene cesellato dalla prefigurazione dei giochi di prestigio narrativi. All’epoca la ricezione del corto fu modesta, ma ciò non impedì a Nolan di continuare ad alzare il tiro con le proprie ambizioni, presentando al pubblico trame sempre più intricate, che comunque rispettassero l’intelletto dello spettatore e non tradissero il loro primo intento: l’intrattenimento.
Jeremy Theobald in Doodlebug, Alliance Atlantis (1997). Tutti i diritti riservati.
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capitolo 2
Following (id., 1998) soggetto: Christopher Nolan sceneggiatura: Christopher Nolan fotografia: Christopher Nolan musiche: David Julyan montaggio: Gareth Heal, Christopher Nolan interpreti: Jeremy Theobald, Alex Haw, Lucy Russell, John Nolan, Dick Bradsell, Gillian El-Kadi, Jennifer Angel, Nicolas Carlotti, Daniel Ormandy, Guy Greenway, Tassos Stevens, Tristan Martin, Rebecca James, Paul Mason, David Bovill produzione: Next Wave Films origine: Regno Unito, 1998 durata: 70 min «Tutti hanno una scatola». Cobb
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Alex Haw e Jeremy Theobald in Following, Next Wave Films (1998). Tutti i diritti riservati.
Ancora impegnato nella produzione di Doodlebug, Christopher Nolan s’è visto vittima di un’irruzione domestica da parte di audaci scassinatori. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il filmmaker inglese ha preso con filosofia l’accaduto, interrogandosi invece su cosa potesse passare nella mente di un ladro in azione. La riflessione ci mise poco a diventare soggetto, e da qui alla realizzazione di Following, primo lungometraggio del regista, il passo fu breve. Come Doodlebug, anche Following è impregnato di un gradevole sapore indie, e si presenta come una sorta di thriller sobrio, dotato di una tensione affilata come una lama, autofinanziato con a malapena seimila dollari ricavati dai risparmi personali dello stesso Nolan. Il regista, infatti, ha formato la sua troupe chiamando a rapporto amici e parenti, ai quali poi ha “affittato” le abitazioni per farne oscure e claustrofobiche location. Obbligato a girare solo nei week-end, Nolan è riuscito a ultimare il tutto nel giro di quasi un anno, ma ciò gli ha solo garantito un controllo artistico che anche le più piccole realtà cinematografiche inglesi gli avrebbero negato. 20
Following
La trama infiltra le sue radici tra le fondamenta di un noir classico. Jeremy Theobald, già protagonista di Doodlebug, impersona Bill, uno scrittore disoccupato che passa le sue solitarie giornate a pedinare gli sconosciuti lungo le strade londinesi, nella speranza di poter trovare l’ispirazione necessaria alla stesura del suo nuovo romanzo. L’acerba interpretazione di Theobald – la natura scomoda di un personaggio voyeur e la pseudo-amatorialità del progetto ha sicuramente influito – riesce in un certo modo a sostenere l’attenzione dello spettatore per circa un’ora e un quarto, ma viene tiranneggiata senza troppi problemi dalla presenza di quello che può essere considerato il vero protagonista del racconto. Il carismatico Alex Haw, infatti, interpreta Cobb, un ladro in abiti eleganti che vede nell’arte del furto una forma di catarsi dalle convenzioni sociali. Lucy Russell completa il terzetto di protagonisti e si presta a incarnare l’archetipo della femme fatale bionda (non a caso è accreditata semplicemente come The Blonde). Unico membro del cast che negli anni costruirà una nutrita carriera attoriale, perlopiù televisiva, Russell si avvicina alle iconografie penetranti di Marylin Monroe (Gli uomini preferiscono le bionde,
Jeremy Theobald e Lucy Russell in Following, Next Wave Films (1998). Tutti i diritti riservati.
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christopher nolan– l’architetto del tempo
1953) o Grace Kelly (La finestra sul cortile, 1954), e offre una performance assolutamente naturale e convincente, che però non va oltre il ruolo di supporto – si può dire sia partita proprio da qui la critica alla presunta caratterizzazione dozzinale dei personaggi femminili nel cinema di Nolan. Al giorno d’oggi Nolan è noto per gli spettacoli grandiosi, i budget da capogiro e la narrazione enfatizzata dal formato imax, eppure c’è qualcosa di estremamente tattile e immediato nella quadrata grettezza in bianco e nero 16 mm di Following. Nolan ha svolto per l’occasione pure il ruolo di operatore, manipolando l’esposizione della luce naturale e conferendo fluido dinamismo con un uso massiccio della macchina a spalla – i lisci movimenti di macchina hanno evitato il retrogusto di scadente amatorialità. Il regista londinese ha, infine, deliberatamente scelto di provare a lungo le scene, al fine di ottimizzare i risultati in massimo due ciak e risparmiare, così, sulle scorte di pellicola 16 mm. L’insistenza nolaniana sulla celluloide sarà ciò che, poi, differenzierà l’autore da numerosi coevi che hanno preferito abbracciare il più economico digitale. La povertà di mezzi fa sì che l’estetica di Following lavori in sottrazione e si attesti come la più seminale di tutto il cinema di Nolan. L’estro del regista si fa riconoscere nel raffinato vestiario, essenziale a conferire una sensibilità alla moda che va di pari passo con la caratterizzazione dei personaggi. Per quanto riguarda la post-produzione, Nolan rafforza dopo Doodlebug la collaborazione con David Julyan, che presta alle immagini una nevrosi elettronica, lurida tanto quanto il microcosmo londinese che costituisce il mondo del film. Come in ogni lavoro d’esordio è sempre divertente scovare i primi germogli del regista che verrà, e nel caso di Following non si può non parlare dell’invadente non linearità del tempo filmico. Laddove i successivi Memento e Batman Begins faranno del flashback o del riavvolgimento cronologico il loro fenotipo, Following rimescola la consequenzialità delle scene e maschera per tutta la durata la risoluzione dell’intreccio, rivelando gli indizi visivi solo quando necessario e riuscendo, così, a frammentare lo sconcertante arco narrativo del protagonista verso l’autodistruzione. L’apparente casualità con cui Nolan ha mescolato le scene sostiene un’acuta costruzione della suspense, e sfida ripetutamente lo spettatore a ipotizzare dove la storia andrà a parare. All’uscita, Following ha condiviso il medesimo destino di molti altri progetti a budget zero, passando abbastanza inosservato sia agli occhi della critica che del pubblico. La mancanza di star di grido ha impedito al film di poter concorrere a festival di larga fascia come il Sundance, mentre al San Francisco Film Festival riuscì a raccogliere qualche tiepido plauso. La fortuna comunque arrise il filmmaker inglese, che aveva già pronto il suo prossimo progetto. 22
Following
Una scena di Following, Next Wave Films (1998). Tutti i diritti riservati.
La rivalutazione giunse, ovviamente, nel momento in cui Nolan era già diventato uno dei nuovi big di Hollywood. Nel 2010, i critici colsero numerose assonanze tra questo primo, piccolissimo progetto e il ben più ambizioso Inception (a partire dall’idea di una “rapina mentale” attuata da uno scaltro antieroe chiamato Cobb); due anni più tardi, la prestigiosa Criterion Collection avrebbe incluso Following nel suo fitto catalogo di blu-ray dedicati al grande cinema d’autore internazionale.
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Labirinti narrativi, spettacoli su vasta scala e ardite riflessioni sui valori morali. Si potrebbe riassumere così il cinema di Christopher Nolan: un prestigiatore della macchina da presa, capace di coniugare personalità stilistica e mentalità industriale. Attraverso le sue architetture visionarie, ha stravolto il blockbuster americano introducendo strutture irregolari, sovrapposizioni e sperimentazioni temporali.
DA MEMENTO A TENET, PASSANDO PER INCEPTION E IL CAVALIERE OSCURO: UN SAGGIO CRITICO SU UNO DEGLI ARTISTI PIÙ CONTROVERSI E CORAGGIOSI DI HOLLYWOOD.
isbn: 978-88-36271-04-7
€ 16,90