John Carpenter - il regista da un altro mondo di Edoardo Trevisani © dell'Autore dei testi 2021 © Edizioni NPE per questa edizione © degli aventi diritto per le immagini utilizzate
Collana: Narrativa, 32 Direttore Editoriale: Nicola Pesce Ordini e informazioni: info@edizioninpe.it Caporedattore: Stefano Romanini Ufficio stampa: Gloria Grieco ufficiostampa@edizioninpe.it Service editoriale: Massimo De Martino Progettazione grafica e Illustrazione di copertina: Nino Cammarata Correzione bozze: Antonio Recupero e Ada Maria De Angelis
Stampato presso Geca Srl – San Giuliano Milanese (MI) nel mese di marzo 2021
Edizioni NPE – Nicola Pesce Editore è un marchio in esclusiva di Solone srl Via Aversana, 8 – 84025 Eboli (SA)
edizioninpe.it facebook.com/EdizioniNPE twitter.com/EdizioniNPE instagram.com/EdizioniNPE #edizioninpe
Edoardo Trevisani
John Carpenter Il regista da un altro mondo
3
Indice prefazione Il cinema di John Carpenter: l'ipotesi possibile
7
introduzione John Carpenter e l’invasione degli anni Cinquanta
11
capitolo primo
Il regista da un altro mondo
17
capitolo secondo
Dark Star
23
capitolo terzo
Distretto 13 – Le brigate della morte
33
capitolo quarto
Halloween – La notte delle streghe
47
capitolo quinto
Pericolo in agguato
61
capitolo sesto
Elvis – Il re del rock
65
capitolo settimo
Fog 69
capitolo ottavo
1997: Fuga da New York
81
capitolo nono
La Cosa
91
capitolo decimo
Christine – La macchina infernale
109
capitolo undicesimo
Starman 119
capitolo dodicesimo
Grosso guaio a Chinatown
123
Il signore del male
133
Essi vivono
141
Avventure di un uomo invisibile
151
Body Bags
157
Il seme della follia
161
capitolo diciottesimo
Villaggio dei dannati
175
capitolo diciannovesimo
Fuga da Los Angeles
183
capitolo tredicesimo capitolo quattordicesimo capitolo quindicesimo capitolo sedicesimo capitolo diciasettesimo
capitolo ventesimo
Vampires 191
capitolo ventunesimo
Fantasmi da Marte
197
capitolo ventiduesimo
Masters of Horror
203
capitolo ventitresimo
The Ward – Il reparto
209
Benvenuti nel regno della razza umana
215
Filmografia
223
Bibliografia
231
Sitografia
232
capitolo ventiquattresimo
Prefazione Il cinema di John Carpenter: l'ipotesi possibile di Davide Di Giorgio
Osservando la carriera di John Carpenter si nota un'aderenza alla causa cinematografica pressoché totale: a parte qualche incursione, comunque significativa, nel campo televisivo (si pensi a Elvis, il re del rock), la filmografia onora un forte amore per il grande schermo e per le possibilità linguistiche del cinema, figlie di un'epoca che credeva di poter trattare da pari a pari con la realtà attraverso le possibilità insite nel racconto per la sala. È forse il dato che più lo avvicina a quello che in fondo era il suo vero sogno. Può infatti apparire per molti versi sorprendente, considerata la sua natura di maverick, ma il dato di fatto – e il regista lo ha confermato anche nella recente Masterclass a Cannes, durante il conferimento della Carrosse d'Or – è che il giovane Carpenter sognava di essere un regista buono per gli Studios, con cui realizzare film di vari generi. Quindi un professionista pienamente all'americana, prima ancora che un autore all'europea, più vicino al suo idolo Howard Hawks che a quell'Hitchcock cui è stato diversamente accostato. Magari buono per una riscoperta a posteriori in fase critica, che gli avrebbe in ogni caso riconosciuto la capacità di costruire storie in modo personale, difendendo il suo punto di vista.
7
john carpenter - il regista da un altro mondo
Tutto il contrario, insomma, non solo di ciò che poi il destino ha scelto per lui, ma anche della percezione che noi oggi abbiamo, ovvero quella di un autore fieramente controcorrente, restio al lavoro su budget alti e scientemente dedito al fantastico. Il giovane John Carpenter, in ultima istanza, ha dovuto imparare a diventare l'icona che oggi è considerato. In mezzo ci sono stati anni di produzione con ritmi molto elevati (la media è di circa un film all'anno), in un contesto che cambiava e che, pur ritrovando sempre più l'idea di uno studio system dopo l'esperienza della New Hollywood, ha faticato a stargli dietro, anche quando il suo cinema era pienamente calato nel suo tempo. La Cosa, in fondo, riprendeva il filo interrotto da Alien per celebrare definitivamente l'approdo del body horror nel mainstream, saldando il filo con le dinamiche che nello stesso periodo si consumavano quasi esclusivamente negli ambiti indipendenti, in cui sguazzavano ancora George Romero, Joe Dante, Sam Raimi e Wes Craven. Grosso guaio a Chinatown guardava dritto negli occhi la contemporanea new wave del cinema di Hong Kong che avrebbe contaminato Hollywood un decennio dopo. Il seme della follia è forse l'opera più compiuta nei territori della meta-narrazione che l'horror abbracciava negli anni Novanta. Strano quindi che proprio un regista così coerente, calato nella sua contemporaneità e disponibile al lavoro interno alle dinamiche del cinema industriale sia poi diventato il simbolo di tutto ciò che si oppone a una simile visione. Per capirlo c'è voluto tempo: persino in Italia la vulgata era quella di un promettente artigiano affetto da cronica discontinuità. Poche e coraggiose le voci fuori dal coro: penso al gruppo di Sentieri Selvaggi che, negli anni in cui Fuga da Los Angeles veniva liquidato come una deludente copia del precursore, gli dedicava un magnifico speciale sul numero 361 di «Cineforum» dall'illuminante titolo Fine della visione. Perché in ultima istanza la visione del tempo è sempre stata dalla parte di Carpenter: pur operando ai margini di un sistema che non lo capiva, il suo cinema era attuale e descriveva un'ipotesi possibile in cui autorialità e professionismo non erano in competizione, ma si incontravano. Il cinema raccontava il fantastico, ma attingendo sempre dalla realtà. È anche per questo che si moltiplicano i testi sul suo cinema, la bibliografia su di lui è fra le più ampie tra quelle dedicate ai registi del cosiddetto New Horror.
8
prefazione - il cinema di john carpenter: l'ipotesi possibile
E ogni libro, come questo di Edoardo Trevisani, diventa un modo per ricordarci cosa quel giovane regista pieno di speranza è stato capace di fare mentre sognava di portare avanti la storia di quella settima arte che tanto amava. Un cinema che non cercava altro alibi che essere cinema. E che oggi, anche di fronte al semi ritiro più volte annunciato, ha ancora argomenti a suo merito: mentre leggete queste pagine, infatti, Carpenter lavora a nuovi progetti riguardanti fumetti, dischi, videogame e serie tv. L'autore è ancora pienamente nella contemporaneità e la sua avventura per fortuna continua.
9
Introduzione John Carpenter e l’invasione degli anni Cinquanta Basta qualche cenno biografico per rendersi conto di come già nell’infanzia di John Carpenter fossero presenti tutti gli elementi che presagivano una futura carriera da regista. E non un regista come tanti, ma uno dei più immaginifici, straripanti, iconici. Una vera e propria leggenda che avrebbe disseminato il cinema americano di una serie di titoli la cui fama sembra crescere, generazione dopo generazione, inarrestabile come le creature mutanti di uno Sci-fi degli anni Cinquanta. Le sue sono opere popolate da antieroi che conquistano fieri lo schermo e l’immaginario collettivo con il carisma dei grandi personaggi del cinema classico hollywoodiano mentre percorrono i paesaggi posti alla frontiera dei nostri incubi, accompagnati dalle note tenebrose di colonne sonore indelebili. John Howard Carpenter nasce a Carthage, New York, il 16 gennaio 1948 e cresce a Bowling Green, nel Kentucky, in una famiglia in cui si respira l’amore per l’arte. La passione per la musica gli viene trasmessa da suo padre, Howard, titolare della cattedra di musica moderna dell’Università del Kentucky, nonché apprezzato musicista che lavora a tempo perso come session man per cantanti come Roy Orbison, Frank Sinatra e Brenda Lee e che contribuisce alla nascita del sound country di Nashville. La passione per il cinema la deve invece a sua madre, che è solita condurlo in sala sin da bambino. Lo stesso Carpenter nel ricordare la sua infanzia afferma: «Mia madre mi ha regalato la fantasia. Mio padre la musica. Regali non da poco». 11
john carpenter - il regista da un altro mondo
Il giovane John spettatore cinematografico è un divoratore di film western, horror e di fantascienza, il primo film che afferma di aver visto è La regina d’Africa di John Huston con Humphrey Bogart. La sua folgorazione avviene però nel 1953, quando ha cinque anni. È al cinema con sua madre e in sala proiettano la versione 3D di Destinazione... Terra! di Jack Arnold, uno dei film fantascientifici più agghiaccianti dell’epoca. Una volta indossati gli occhiali speciali il piccolo John vede un asteroide uscire dal grande schermo per esplodergli sulla faccia. Per lui è uno spettacolo sconvolgente: «Mi sono alzato scaraventandomi verso l’uscita. Sul momento ero terrorizzato, ma poi ho cominciato a pensare: Wow è fantastico, lo voglio fare anch’io”»1. Sarà nel 1956 che maturerà l’idea di fare il regista, dopo una visione de Il pianeta proibito. «È stato uno dei primi film che ho visto che fosse interamente ambientato in un altro mondo. Era semplicemente incredibile. Una rielaborazione della Tempesta di Shakespeare»2. Negli anni Cinquanta è in atto una vera e propria invasione di mostri: le creature aliene prendono d’assalto il mondo di celluloide e i coetanei di John scoprono le meraviglie della fantascienza, con tutte le loro possibilità narrative, le immagini sfolgoranti di asteroidi e astronavi, pistole laser, scienziati pazzi, pianeti lontani e mostri terrificanti che stringono d’assedio la nostra piccola Terra. I motivi del proliferare di pellicole di fantascienza sono legati ad almeno due elementi sociopolitici: da un lato c’era l’entusiasmo per la corsa alla spazio, con il naturale fiorire di ipotesi narrative sugli abitanti di pianeti lontani, sulle nuove tecnologie per raggiungere prima la Luna e poi gli altri pianeti. Dall’altro, il secondo Dopoguerra aveva visto sostituire il sollievo per la fine del conflitto mondiale e la distruzione dell’esercito nazista, con la paranoia per il pericolo comunista: ed ecco dunque una vera e propria esplosione della science fiction nella quale la paura per i sovietici viene rappresentata metaforicamente da creature aliene che minacciano l’incolumità dei terresti. Film come L’invasione degli ultracorpi di Siegel, Ultimatum alla terra di Robert Wise, La cosa da un altro mondo di Nyby, La conquista dello spazio e La guerra dei mondi di Byron Haskin, L’uomo dagli occhi a raggi X e Il vampiro del pianeta rosso di Roger Corman, Tarantola e Il mostro della laguna nera di Jack 1 2
G. D’Agnolo Vallan, R. Turigliatto, John Carpenter, Lindau, Torino 1999, pag. 11 Ibid. 12
introduzione - john carpenter e l’invasione degli anni cinquanta
Arnold, Cittadino dello spazio di Leslie Newman, non hanno solo attirato nelle sale orde di ragazzini entusiasti, ma hanno influenzato tutta una generazione di registi che negli anni Settanta e Ottanta avrebbero rivoluzionato il cinema dell’orrore. Joe Dante riesce a darci un’idea di quale fosse il clima cinematografico di quel periodo con il suo incantevole Matinèe, vero e proprio omaggio ai B-Movies, simbolo di una età dell’innocenza del cinema che riusciva a trasfigurare le paranoie degli adulti in un mondo prodigioso. Tim Burton fu più romantico ancora, dedicando un film a Ed Wood, considerato (a torto) il peggiore dei registi di sempre, artigiano coraggioso e ingenuo, cineasta disperato e appassionato fino all’autodistruzione. Per non parlare poi di tutta una serie di remake che i ragazzi di allora, una volta cresciuti e diventati registi, avrebbero girato, come nel caso di David Cronenberg che nel 1986 dirigerà La mosca, remake de L’esperimento del dottor K., e di John Carpenter stesso, che dirigerà un remake de La Cosa di Nyby e Howard Hawks. La fantascienza e l’horror degli anni Cinquanta e Sessanta fornirono le coordinate lungo le quali salparono le navi colme di incubi di Romero, di Craven, di Larry Choen, di John Landis, di Sam Raimi, Henenlotther, Brian Yuzna, Tobe Hooper, Stuart Gordon, solo per citarne alcuni, i più noti. Questi ragazzi frequentavano cinema e drive in dove spesso si imbattevano negli horror della Hammer e nei film thriller e fantascientifici italiani, come quelli di Mario Bava, leggevano i racconti di Edgar Allan Poe e di Howard Phillip Lovecraft, i fumetti della EC Comics e numerose fanzine. Carpenter stesso, ai tempi del college, ne fonda una, dedicata al cinema fantastico, dal titolo Fantasy Film Illustrated, dove trovano spazio i film di Hitchcock e i Kajou-eiga. Ma la sua passione di ragazzino per il cinema, John Carpenter la mette in atto maneggiando una cinepresa, una Brownie 8.mm con la quale gira i primi cortometraggi. Al 1962 risale il suo primo tentativo, dal titolo Revenge of the Colossal Beasts che si ispira a Fredric Brown, al quale seguono Terror from Space, del 1963 e, nel 1969, Gorgo Versus Godzilla e Sorceror from Outer Space, che presentano elementi del moster movie nipponico, del western e della commedia. Si tratta in ogni caso di esercizi di stile su scenografia ed effetti speciali fatti in casa. Per finanziare questi film, che non superano i 45 minuti, fonda una minuscola casa di produzione, la Emerald Prod., grazie alla quale riesce a girare due corti più elaborati: Warrior and the Demon, che presenta 13
john carpenter - il regista da un altro mondo
riferimenti con i film di Bert Gordon, e Gorgon, the Space Monster, il tentativo giovanile più tecnicamente riuscito, nel quale abbondano effetti speciali artigianali e make-up. Durante gli studi universitari alla Western Kentucky University mette su anche un gruppo rock con il quali suona nei locali, i “Caleidoscope”, nel quale John suona il basso e canta. Nel 1968 fa domanda per iscriversi alla scuola di cinema alla UCLA e alla USC, viene ammesso a quest’ultima avendo ragione delle prove di selezione piuttosto difficili. Durante gli studi alla USC John segue corsi dedicati non solo alla regia, ma a ogni singolo aspetto che riguardi la produzione di un film, al montaggio, al missaggio, alla fotografia, impara quali acidi si usano per tagliare la pellicola, come proiettare il film e come sviluppare e stampare la pellicola. In questa maniera assimila un vasto bagaglio di competenze che gli permetteranno di orientarsi agilmente nel contesto della produzione di film e nel suo caso, assecondare la sua tendenza gestire il più possibile ogni fase della lavorazione dei suoi film. Un’attitudine che lo porterà nella carriera futura anche a circondarsi di collaboratori abituali dei quali può fidarsi, molti dei quali conosciuti proprio durante gli studi alla Usc, costituendo una sorta di factory, a cominciare dalle produttrici, prima Debra Hill e Sandy King (la sua attuale compagna) passando poi per Tommy Lee Wallace, Nick Castle, Dean Cundey, Gary B. Kibbe, Larry Franco. In quel periodo di studio, durante il quale fonda anche una band rock, i Coup de Villes, insieme ai suoi compagni di corso, Nick Castle e Tommy Lee Wallace, Carpenter ha l’opportunità di incontrare diversi registi, come Howaks, Polanski, Welles, Ford, Hitchcock, Vidor, invitati dalla scuola alle proiezioni dei loro film per discutere con gli studenti. Dei tanti esperimenti filmici condotti durante la sua formazione universitaria, uno dei più interessanti è Captain Voyeur, del 1969. Si tratta di un cortometraggio di 7 minuti che racconta le vicende di un tecnico di computer che di notte, indossando un cappuccio e una maschera, si aggira tra i villini del quartiere per spiare i vizi privati delle coppiette. Il film è un breve esperimento tutto dominato dall’ironia, ma dove alcuni movimenti di macchina e l’idea dell’uomo mascherato che si vaga inquieto e minaccioso fra i viali notturni di un tranquillo quartiere, anticipano in quale modo Halloween. Poco dopo Carpenter partecipa alla realizzazione di The Resurrection of Broncho Billy, che nel 1971 vince l’Oscar come Miglior Cortometraggio. 14
introduzione - john carpenter e l’invasione degli anni cinquanta
Il film, diretto da James Rokos, racconta di Billy, un ragazzo costretto in una quotidianità che non gli appartiene, mentre sogna di vivere nel selvaggio West. La sceneggiatura è scritta dal regista insieme a Nick Castle e John Carpenter, che si occupa anche del montaggio e delle musiche. L’idea del protagonista fuori dal tempo, che non riesce a riconoscersi nei valori contemporanei, anticipa tutta una serie di eroi carpenteriani, come Napoleone Wilson, Jena Plissken e Jack Burton. Il saggio di fine corso, Dark Star Carpenter lo realizza con Dan O’Bannon e si tratterà anche del suo esordio nelle sale cinematografiche, ma rappresenta anche il punto di rottura con la USC che gli fa causa per aggiudicarsi i diritti del film.
15
capitolo 1
Il regista da un altro mondo John Carpenter è un regista fuori dal tempo, il suo modo di vedere le cose è sempre legato a un passato cinematografico dal fascino mitico, quello della “frontiera”. I suoi film spesso sono stati degli insuccessi commerciali che lo hanno messo in attrito con le grandi major, perché erano film usciti in anticipo sui tempi, compresi e metabolizzati dal pubblico John Carpenter, © Tutti i diritti riservati solo in un secondo momento. In America, Carpenter non ha mai avuto vita facile neanche con i critici che, rispetto a quelli europei, non l’hanno mai capito veramente. È un regista che cerca il conflitto. Il suo è un cinema politico, proprio perché decide di partire sempre da una prospettiva diversa per raccontare la realtà, insegnandoci a diffidare dei nostri sensi. Fuori dalla certezza dei nostri canoni e delle nostre abitudini, ci sono altre possibilità, altri mondi. C’è l’ignoto sterminato, che atterrisce. Quello che ha fatto Carpenter lungo la sua carriera è stato raccontare la natura del Male, come questo penetri nella nostra realtà, lasciando interdetta la nostra razionalità, costringendoci a porci delle domande alle quali non riusciamo mai a dare risposte certe. I film di Carpenter non sono mai consolatori, il regista non ci concede mai il lieto fine: la redenzione non è nello spettro delle ipotesi possibili. 17
john carpenter - il regista da un altro mondo
Carpenter in Body Bags, © Tutti i diritti riservati
Il Male in Carpenter è spesso legato al mondo dell’infanzia, perché è il più fragile e può condizionare l’intera esistenza futura. Si veda la maledizione di Michael Myers da dove ha inizio, da un bambino deluso durante la notte di Halloween. Della sua infanzia Carpenter dirà: Tutto quello che avevo bisogno di imparare sul male l’ho imparato nelle strade della cittadina in cui sono cresciuto. Ed era sia fuori che accanto a me. Era ovunque. Ma appariva in posti strani. Dai bulli del liceo agli orribili razzisti che vivevano lì… perché quello era un postaccio. […] E non riuscivo a capacitarmene: “Ma che cos’è questa cosa? Che cosa vuol dire?”. Poi ho dovuto farmene una ragione, perché erano i miei compagni di scuola. Era la gente che conoscevo. C’è una spiegazione per quest’ossessione della paura del male, del “che cos’è la realtà”. C’è una ragione concreta nella mia vita, in certe cose che combattevo da bambino. Ed erano battaglie grosse, lo sono ancora. Lo sono ancora. Almeno sono riuscito a convogliarle in una 18
il regista da un altro mondo
Carpenter sul set di Vampires con Sheryl Lee, © Tutti i diritti riservati
professione e a trasporle sullo schermo, invece di reagire facendo qualcosa di particolarmente distruttivo3.
La prima vittima dei banditi di Distretto 13 è una bambina, il male di Hobb’s End ne Il seme della follia parte dai bambini e ancora i bambini sono gli assassini feroci di Villaggio dei dannati. Tutto questo per raccontarci di come il Male si nasconda nelle pieghe più strane e inaspettate della realtà, mettendo in discussione i nostri principi, le nostre aspettative. Il Male è l’entità che si appropria delle identità, come accade ne La Cosa, in Essi vivono, ne Il signore del male, minando le nostre certezze, renderci fragili perché incapaci di comprendere dove sia realmente il pericolo. Allora comprendere il male, prima ancora di poterlo affrontare, diventa una questione prima di tutto di prospettive, ovvero di sguardi. Dal piano sequenza di Halloween, agli occhiali di Essi vivono, dal telescopio di Pericolo in agguato al volto riflesso nello specchio ne Il signore del Male, la questione è sempre cosa stiamo guardando noi spettatori. 3
G. D’Agnolo Vallan, R. Turigliatto, John Carpenter, cit. pag 32. 19
john carpenter - il regista da un altro mondo
John Carpenter in concerto, © Tutti i diritti riservati
Per mettere in scena la sua visione della realtà Carpenter ha sempre optato per la scelta di spazi chiusi, di mondi isolati, costantemente sotto assedio, poco importa se siano fisicamente circoscrivibili come il distretto 13 o più astratti ma altrettanto reali, come la mente ne Il seme della follia. Afferma il regista: «Mi viene in mente pensando al Male, un capo tribù che seduto davanti al fuoco dice agli altri: “il Male è lì fuori nelle tenebre�. Ci sono due modi di affrontare il Male, pensarlo come un’entità che arriva dall’esterno o cercarlo dentro di noi accettando l’idea che l’uomo ha in sé un alto potenziale di cattiveria. Io ho sempre lavorato sulla prima ipotesi, sull’idea di un Male assoluto, perché individuare le cause della seconda è più difficile»4. Un’idea che prende forma anche grazie alla passione per il western, genere preferito che lo ha influenzato fortemente, insieme alla fantascienza e all’horror. In lui coabitano Howard Hawks e Roger Corman come punti di 4 L. Esposito, Carpenter, Romero, Cronenberg. Discorso sulla cosa, Editori Riuniti, Roma, 2004. pag 72.
20
il regista da un altro mondo
riferimento creativi, ma anche Jack Arnold e Terence Fisher, Lovecraft e i fumetti della EC Comics. Il più grande desiderio della sua vita da regista è stato quello di girare un western e non ne ha mai avuto la possibilità, ma ha fatto di ogni suo film un film western. Del resto è proprio dal western che prende il formato usato pra- John Carpenter, © Tutti i diritti riservati ticamente in tutti i suoi film, il Cinemascope, 2:32:1. Quel rettangolo allungato, che ricorda tanto Sergio Leone, nel quale distribuisce i diversi piani della realtà e nel quale prendono forma le paure e le ossessioni della nostra civiltà. Unendo le ambizioni artistiche alle necessità materiali di tenere bassi i costi e ridurre i tempi di lavorazione, il regista è finito per diventare autore anche delle colonne sonore dei suoi film (le pellicole in cui non è autore delle musiche sono poche). Caratterizzate dal gusto minimalista e dai suoni cupi del sintetizzatore, le sue composizioni risultano sempre perfettamente integrate con il materiale visivo, finendo per fornire a ciò che vediamo
John Carpenter in concerto, © Tutti i diritti riservati
21
john carpenter - il regista da un altro mondo
ulteriore profondità, ’riuscendo, con il passare del tempo a influenzare persino il mondo della musica. Ultimamente alcuni dei brani più importanti sono stati raccolti in una antologia: Anthology: Movie Themes 1974-1998, che di fatto costituisce il terzo album musicale di John Carpenter. Sì, perché il regista pare non abbia più voglia di tornare a dirigere film, sostenendo che è ormai un’attività troppo stancante, ma in compenso ha deciso di dedicarsi alla musica, incidendo tre album di tracce inedite, Lost Themes, Lost Themes II e Lost Themes III: Alive After Death, e suonando in tournée in giro per il mondo con una band in cui c’è anche suo figlio Cody. E quando non suona? Passa il tempo a guardare l’NBA (è tifoso dei Lakers) e a giocare ai videogames. Fra gli ultimi progetti a cui ha preso parte c’è la sceneggiatura del fumetto Joker: Year of the Villain #1, speciale di quaranta pagine scritto insieme ad Anthony Burch e disegnato da Philip Tan. Ma il mondo del cinema non sembra essersi comunque dimenticato di lui, tant’è che il 15 maggio 2019, durante la cerimonia d’apertura della sezione parallela del Festival di Cannes, ha ricevuto il premio alla carriera della Quinzaine des Réalisateurs. E per l'occasione è stato proiettato La Cosa, film scelto proprio dal regista come una sorta di “vendetta”, perché all’epoca dell’uscita fu odiato da pubblico e critici.
22
«John Carpenter, Maestro dell’horror politico, visualizza la realtà come un profetico incubo.» Antonio Tentori
Quello di Carpenter è un cinema che fagocita i generi e li ripropone secondo le direttive della sperimentazione e dell’intrattenimento, sotto il quale si sedimentano però le pulsioni, i malesseri e i turbamenti di una società in preda agli spasmi di mutazioni irreversibili.
isbn:
978-88-94818-97-0
edizioninpe.it Edizioni NPE euro 14,00