Feltrino News n. 7/2022 Luglio

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ANNO 3° - N° 07 - Luglio 2022 - Supplemento del periodico Valsugana News - www.feltrinonews.com

Periodico GRATUITO di Informazione, Cultura, Turismo, Attualità, Tradizioni, Storia, Arte


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PERCHÉ LA BIOCERAMICA? La BIOCERAMICA è un tessuto particolare composto da un mix di cristalli bio-ceramici e da fibre tessili. A differenza dei tessuti con fibre metalliche come rame e carbonio usati come schermatura per l’inquinamento elettromagnetico, il tessuto in BIOCERAMICA, oltre a svolgere questa funzione, permette di sfruttare al meglio i raggi FIR (detti anche raggi della vita), ovvero i raggi infrarossi. I raggi FIR sono onde di lunghezza ridotta al di fuori dello spettro visibile dell’uomo, risultano quindi invisibili. I raggi FIR della BIOCERAMICA ricevono e ritrasmettono in maniera amplificata l’energia termica sotto forma di calore. In pratica: il nostro corpo emette calore, le fibre della Bioceramica lo ricevono e lo rispediscono al corpo e grazie ai raggi FIR saranno irradiati direttamente all’interno dell’apparato circolatorio. Il tessuto BIOCERAMICA quindi, favorisce la microcircolazione e rafforza il metabolismo cellulare, fondamentale per mantenere i tessuti del nostro corpo giovani e in salute, eliminando più facilmente le tossine. Gli effetti benefici della BIOCERAMICA sono molteplici: • Aiuta a prevenire, controllare e alleviare diverse patologie • È una terapia naturale che migliora l’ossigenazione del sangue verso tessuti e muscoli • È un antidolorifico naturale • Diminuisce le infiammazioni e accelera i processi di guarigione • Favorisce l’aumento delle difese immunitarie • Favorisce la termoregolazione corporea durante il sonno

Possiamo quindi definire BIO ENERGY MED® un materasso con proprietà antidolorifiche naturali, e bioenergetiche.

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L'editoriale di Waimer Perinelli

INTERNET:

GLI ESAMI NON FINISCONO MAI

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o diceva Eduardo De Filippo nella celebre commedia: gli esami non finiscono mai. E' proprio così la vita è tutto un esame, oggi anche sui banchi a rotelle, che proprio non ruotano nelle aule, circostanza forse sconosciuta all'ex ministra Lucia Azzolina, che li ha commissionati. Cinque stelle non l'hanno illuminata a sufficienza e mentre i banchi a rotelle sono rimasti in maggior parte degli scantinati, gli esami di maturità sono usciti dal limbo della pandemia da Covid e la prova scritta ha evidenziato quanto siamo tutti interconnessi. Il 28 per cento dei maturandi, prendendo spunto dal testo di Vera Gheno e Bruno Mastroianni, ha scelto il tema: Tienilo acceso, posta, commenta, condividi senza spegnere il cervello. Ovvero pensa anche quando sei connesso. Non mancavano altri temi interessanti e l'attuale ministro all'istruzione, Patrizio Bianchi che ha definito i banchi a rotelle "cartoline del passato", ha dichiarato la sua preferenza per il testo sulla musicofilia

descritta da Oliver Sacks. La tecnologia digitale, presente da sette anni, in varie forme nella prova d'esame, ha aperto una montagna di polemiche fra i sostenitori e gli oppositori del suo uso. Naturalmente si riferisce al telefonino e al computer. Molti genitori ed educatori si sono dichiarati impreparati e impotenti davanti al dilagare della connessione con le centinaia di app e giochi. I meno informati o connessi dicono che chattare a lungo annebbia il cervello e la vista. Ricordo la nonna che usciva dalla stanza ogni volta che il frigorifero di prima generazione si refrigerava e il motore cigolava; ho nelle orecchie le raccomandazioni dei genitori per le radiazioni emesse dal televisore dove i ragazzini degli anni Sessanta s'incollavano per seguire le avventure di Rin Tin Tin o Penna Bianca. E che dire dei cartoni animati giapponesi degli anni Ottanta, Ufo Robot e Mazinga, dei

quali dicevano le mamme " a forza di guardare questi cartoni diventerete gialli". Oggi il pericolo è che rimanendo troppo interconnessi si spenga il cervello. La psicologa Laura Fratini teme che i giovani abbandonino la lettura perché essa richiede concentrazione e tempi lunghi, mentre le nuove tecnologie digitali sono immediate e non richiedono fantasia. Si apprende con un clic. Ma attenzione non tutto è scienza quel che luccica. Ci sono le fak news, gli hackeraggi, le proposte indecenti. L'ultima novità, temo già penultima, è la proposta di TikTok per la parlata in CORSIVO. Ha già due milioni di visualizzazioni e insegna a strascicare le vocali allungando le parole come fossero di gomma. Il corsivo d'altri tempi era scrittura istituzionale, nella connessione è spesso vissuto come minaccia. TikTok la giudica ironica. Imita si dice sul web, la parlata snob milanese con la erre moscia. Su Milano vigila la Madonnina con la quale pare non tutti siamo interconnessi.

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Sommario DIRETTORE RESPONSABILE Prof. Armando Munaò - 333 2815103 direttore.feltrinonews@gmail.com CONDIRETTORE dott. Walter Waimer Perinelli - 335 128 9186 email: wperinelli@virgilio.it REDAZIONE E COLLABORATORI dott.ssa Katia Cont (Cultura, arte, cinema e teatro) dott.ssa Elisa Rodari (Curiosità, cultura e tradizioni). dott. Emanuele Paccher (politica, economia e società) Laura Paleari (moda e costume) dott.ssa Alice Vettorata - dott.ssa Francesca Gottardi (Esteri - USA) dott.ssa Laura Mansini (Cultura, arte, tradizioni,attualità) dott. Nicola Maschio (attualità, politica, inchieste) Patrizia Rapposelli (attualità, cronaca) dott. ssa Chiara Paoli (storia -cultura e tradizioni) dott.ssa Eleonora Mezzanotte (Arte, storia e cultura) dott. Marco Nicolò Perinelli - Francesco Zadra (Attualità) dott.ssa Sonia Sartor (Cultura, arte, attualità) Ing. Grazioso Piazza - dott. Franco Zadra (politica, attualità) dott.ssa Monica Argenta - dott.ssa Erica Zanghellini (Psicologa) dott. Casna Andrea (Storia, cultura, tradizioni) Francesco Scarano (Attualità, storia) Caterina Michieletto (storia, arte, cultura) dott.ssa Beatrice Mariech (Cultura, arte, storia) dott.ssa Daniela Zangrando (arte, storia e cultura) Alex De Boni (attualità e politica) dott.ssa Erica Vicentini (avvocato) CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA dott. Francesco D’Onghia - dott. Alfonso Piazza dott. Marco Rigo . dott. Giovanni D’Onghia COMMERCIALE: Prof. Armando Munaò - 333 2815103 - direttore.feltrinonews@gmail.com Gianni Bertelle - 340 302 0423 - email: gianni.bertelle@gmail.com IMPAGINAZIONE E GRAFICA : Punto e Linea di Alessandro Paleari - Fonzaso (BL) Cell. 347 277 0162 - email: alexpl@libero.it EDITORE E STAMPA GRAFICHE FUTURA SRL- Via Della Cooperazione, 33- MATTARELLO (TN) FELTRINO NEWS Supplemento al numero di Luglio di VALSUGANA NEWS Valsugana News – Registrazione del Tribunale di Trento: n° 5 del 16/04/2015. COPYRIGHT - Tutti i diritti riservati Tutti i testi, articoli, intervista, fotografie, disegni, pubblicità e quant’altro pubblicato su FELTRINO NEWS, sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl - PUNTO E LINEA, quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore Responsabile o dell’Editore, è vietata la riproduzione e la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni pubblicitarie, per altri giornali o pubblicazioni, posso farlo richiedendo l’autorizzazione al Direttore Responsabile o all’editore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio le loro grafiche e quindi fatto pervenire alla redazione o all’ufficio grafico di FELTRINO NEWS, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.

Luglio 2022

Internet: gli esami non finiscono mai

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SPECIALE FONZASO

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Sommario

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Personaggi e arte: Augusto Murer

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Quando si dice donna: Tina Anselmi

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Pedavena e le sue vie

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In filligrana: per chi suona la campanella

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Società oggi: Dolomiti aging

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Protagonisti del nostro mondo: Leonardo Del Vecchio 13

I personaggi di ieri: Bronislaw Malinowski

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A Feltre la festa delle Penne Nere

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Le meraviglie nascoste del mondo: Atlas Obscura

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Gli Alpini di Feltre

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La battaglia di Lepanto

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La politica e l'interesse generale

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Salute e benessere: a Pergine nasce MusicalMa

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Mala-movida giovanile

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Il Museo Diocesano di Feltre

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Ketanji Jackson fa la storia

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Medicina & Salute: bambini e autostima

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Juneteenth: la nuova festa nazionale USA

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L'Italia in Albania e nei Balcani

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Italia povera

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La moda in controluce: metaverso e moda

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Il senso religioso

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Racconti d'arte: il merlo sa tutto

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Storie di guerra: Monte Fontanasecca

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I giardini Zen

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Società oggi: le insidie del web

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Meteorologia: la grandine

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Conosciamo le aziende: Technowrapp

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Il microchip per gatti

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Le strane curiosità: vi dichiaro marito e mo...nitor 38

Conosciamo le aziende di casa nostra: Plaviserivizi.com

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Francesco Feltrin, genio di casa nostra

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La Commissione Medica Locale

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Fra storia e religione: Madonna di Caravaggio

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Quando si dice donna TINA ANSELMI Pagina 7

Promuovere crescita è da sempre il nostro volano. Siamo felici di affermare la riuscita del nostro intento.

In ricordo di LEONARDO DEL VECCHIO Pagina 13

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Quando si dice donna di Waimer Perinelli

TINA ANSELMI UNA GOCCIA NEL MARE DEL MONDO

L

a storia e l'esperienza non ci impediscono di commettere gli errori ma ci permettono almeno di riconoscerli. E' per questo che in molti della prima generazione post seconda guerra mondiale dovranno ripensare ad alcuni protagonisti della loro e nostra storia. Fra di essi spicca con forza una donna: Tina Anselmi. Era democristiana, cioè di quel partito detto elefante bianco, che guardava al popolo di Dio senza trascurare la cassetta delle elemosine. Tina Anselmi con lo scudo crociato guardava all'umanità. E' stata per questo una delle donne maggiormente contestate da una certa sinistra gelosa del proprio presunto esclusivo ruolo sociale. Era democristia-

na ma figlia di un socialista per questo punito durante il fascismo. Era una donna, veneta, nata il 25 marzo del 1927 a Castelfranco Veneto, patria del Giorgione, in provincia di Treviso, in quella Marca tanto vicina per economia agricola al Trentino, quanto positivamente lontana da esso per capacità imprenditoriale, anche se proprio l'agricoltura con due eccellenze spumantistiche, il Prosecco e il Doc Trento, le unisce al mondo contadino, all'industria, al marketing. L'immagine di Tina Anselmi è di una donna sorridente, amabile, il viso largo con occhi scuri dove s'intravvede curiosità, determinazione:un carattere forte. Apparentemente mite confessò di avere come figura di riferimento la nonna materna, di origine ungherese che ella descrive come :” grande e bella, fumava la pipa sfidava tutte le convenienze; ciò che era solo forma. Dormivo con lei, racconta, e la sera recitavo con lei le preghiere. Era simpaticissima, perché tutto ci lasciava fare, purché non si

BUONA

facesse male né agli animali né ai cristiani”. (Vanzetta 2011-pp128.) E' questa la forza, la determinazione dettata dalla libertà ideale che troviamo in lei. Nel 1944 si iscrive alla Democrazia Cristiana e partecipa alla lotta partigiana contro il nazi-fascismo, una scelta che, scriverà, è maturata di fronte ai “ragazzi impiccati”. Per una donna cattolica praticante non era una decisione facile e scelse il nome di battaglia di Gabriella in onore all'Arcangelo Gabriele, il messaggero, il mediatore. Da partigiana si trasformò in sindacalista a difesa soprattutto dei diritti delle donne per le quali s'impegnò in vertenze infinite nelle filande con forme di lotta molto decise. Ebbe così modo di osservare la durezza che poteva assumere la vita femminile: «Dopo questa prima giovanile esperienza, disse, il mio interesse per la la specificità della condizione femminile non sarebbe mai venuto meno” (Vinci 2006 pp 85) . Fu di parola e operò alcune scelte da cattolica-laica. Eletta deputata dal 1968 al 1992 visse

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Quando si dice donna alcuni momenti drammatici della crescita di coscienza soggettiva nel mondo femminile. Il 1974 la trova schierata con la DC, il partito di maggioranza relativa e la Chiesa, nel votare al referendum a favore dell'abrogazione della legge sul divorzio. La battaglia fu persa la legge rimase, come restò ai vincitori l'illusione della fine dei "divorzi all'italiana", femminicidi di cui ancora oggi purtroppo è ricca la cronaca. Di questa sconfitta fece tesoro fino a vivere, pensiamo drammaticamente sul piano personale, la lotta delle donne al diritto di rifiutare

la gravidanza indesiderata, il dovere di negare a stregoni abortisti per denaro (ricordiamo molti casi giudiziari nei cattolicissimi Trentino e Veneto), il diritto di sostituirsi alle antiche mammane. Tina Anselmi diventata, prima donna nel nostro paese, ministro del Lavoro e poi della Salute firma, in tale veste, la legge sull'interruzione volontaria della gravidanza. E' il 1978 l'anno dell'uccisione di Aldo Moro. Nel 1979 presentò, in accordo con la comunista Nilde Iotti, un progetto di legge contro la violenza sessuale. L'Italia politica era infuocata ed ella disse " la democrazia ha bisogno di normalità". Nel 1982 viene assassi8

nato il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Da un anno Tina era stata nominata presidente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia massonica P2 di Licio Gelli. Di questa esperienza ha detto”«Questi due anni e mezzo sono stati per me l’esperienza più sconvolgente della mia vita. Ho fatto il ministro due volte, mi sono trovata dentro quella che chiamano la stanza dei bottoni. Ma solo frugando nei segreti della P2 ho scoperto come il potere, quello che ci viene delegato dal popolo, possa essere ridotto ad un’apparenza. La P2 si è impadronita delle istituzioni […] ha fatto un colpo di stato strisciante. […]. Per più di dieci anni i servizi segreti sono stati gestiti da un potere occulto» (in Vanzetto,2011,p.176). A questo proposito e per ribadire quanto il male sia banale ma proprio per questo più feroce, riportiamo la sua descrizione sul “burattinaio” come fu chiamato Lucio Gelli il massone piduista. «Quante volte, noi commissari, ci siamo interrogati su di lui, persona non di grande fascino, neanche di straripante intelligenza, un uomo insignificante, in fondo. Le mie conclusioni sono che proprio la monomania unita alla totale amoralità lo ha posto al di sopra della sua stessa mediocrità. La storia è sempre attraversata da grandi uomini piccoli. E gli ha trasmesso quella grande energia e quella capacità di scartare tutto ciò che impediva la realizzazione del suo progetto» (Anselmi - Vinci, 2006, p. 121). Purtroppo i piccoli uo-

mini ancora imperversano nel mondo facendo distruggere con le bombe e le ideologie intere culture. Ma questa è un'altra storia. Tina Anselmi si è spenta nella sua Marca il 1 novembre del 2016 e siamo certi che la sua vita è stata una goccia d'acqua buona nel grande mare del mondo.


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In filigrana di Nicola Maccagnan

Per chi suona la...campanella:

riflessioni (un po' malinconiche) sulle estati di un tempo passato.

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untuale è arrivata, anche questa volta, la fine dell'anno scolastico. L'ultima campanella ha decretato il “rompete le righe” per alunni ed insegnati, con tanto di “arrivederci” (si spera, verrebbe da dire visti i tempi) al prossimo mese di settembre. Un traguardo - quello della fine delle lezioni - che a noi, oramai non più giovincelli, riporta alla mente un'autentica valanga di ricordi e che ha suggerito, almeno a chi vi scrive, anche qualche considerazione che provo a condividere. A cominciare dal fatto che, l'impressione mi pare diffusa, quell'“evento” dell'ultima campanella di giugno ha perso via via negli anni di solennità e di potenza e si è per così dire sempre più “annacquato”. Sì, perché per noi,

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generazione della cartella di cuoio e dei pantaloncini corti, la fine dell'anno scolastico costituiva un autentico spartiacque tra due mondi e due modi di vivere. L'estate portava infatti con sé un carico di libertà e di spensieratezza che spesso fatico a rivedere negli occhi e nei comportamenti dei nostri ragazzi. Libertà di movimento, anzitutto. L'estate era infatti, in primis, l’occasione spazio-temporale in cui uscire dagli schemi e dalle regole dell'anno scolastico, dai ritmi dei compiti e della famiglia, dove poter finalmente disporre a piene mani delle giornate calde e delle serate lunghe, poter respirare a pieni polmoni l'aria secca dei prati appena falciati e dei covoni di fieno, dove correre a perdifiato tra

le vie e nei rioni. Tutto questo, naturalmente, con annessi e connessi, a cominciare dai rischi che una vita tanto “spericolata” poteva comportare. Se dovessi scegliere un'immagine-simbolo delle mie estati di ragazzino non avrei dubbi e dall'album dei ricordi ripescherei una foto delle ginocchia perennemente sbucciate e insanguinate dalle cadute in bicicletta sull'asfalto o dalle partite di calcio improvvisate ovunque uno spiazzo o un cortile consentissero di immaginare un “terreno” di gioco. Pianificati, chi più chi meno, i tempi da dedicare al “libro delle vacanze” (agile volumetto di compiti estivi tanto accattivante nella grafica colorata quanto odiato nella sostanza), tutto il resto della giornata era una


In filigrana eterna fuga da casa alla ricerca della “compagnia” degli amichetti, certi che qualcuno disposto a condividere con noi la scorribanda di turno l'avremmo certamente trovato. La piazzetta del paese, il campo sportivo parrocchiale, il sagrato della chiesa o il prato lì vicino erano altrettanti inequivocabili luoghi di ritrovo, perennemente animati dall'ora di colazione fino a ben dopo il tramonto. In mezzo, un continuo rincorrersi di voci, grida e messaggi in codice, finché l'ennesimo richiamo da casa (solitamente la voce urlante della mamma oramai spazientita) ricomponeva un poco alla volta la quiete dei luoghi. Poi, nell’ordine, ramanzina, bagno, pigiama e sonno ristoratore per ricaricare le batterie in vista della giornata successiva, che sarebbe stata scandita dai medesimi ritmi. Con un filo di malinconia, ci chiediamo: che è rimasto di tutto questo?

Poco o nulla, a dire il vero. Fatti salvi alcuni angoli di paese in cui il tempo sembra passare più lentamente, le estati di allora sembrano essere definitivamente scomparse nel libro dei ricordi. Certo, le motivazioni (e le giustificazioni) non mancano. I pericoli, si dice, sono aumentati (ma sarà poi così vero?); le famiglie, con genitori oberati da mille pensieri e incombenze - a cominciare da quelle di lavoro -, fanno costantemente i conti con l’orologio; perfino nelle nostre contrade la condivisione del tempo, che d'estate diventava pratica diffusa anche tra gli adulti e gli anziani, sembra essere divenuta merce rarissima. Il resto lo ha fatto probabilmente il dilagare di una tecnologia che, smartphone e social in resta, porta tutti a vivere una… socialità virtuale, ma – di fatto – un individualismo sempre più esasperato, a cominciare proprio dai nostri

ragazzi. E così anche i tempi e gli spazi del gioco estivo sono sempre più programmati e schematizzati nell'offerta di contenitori volti a risolvere, in primo luogo, i problemi, sacrosanti, dei genitori che lavorano. Tutto pianificato, tutto previsto, tutto sicuro. Tralasciando qui, per ragioni di spazio e di tempo, quanto abbiano inciso in questa situazione le conseguenze legate all'emergenza sanitaria degli ultimi due anni. Il mondo cambia, il mondo evolve e, ahi noi, non sempre nella direzione migliore. Lasciateci ancora assaporare, per lo meno, il suono di quell'ultima campanella, che schiudeva ai nostri occhi orizzonti così meravigliosi, inattesi e imprevisti. Con l'augurio mai sopito che possa tornare a farlo, almeno in parte, anche per i nostri ragazzi.

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Protagonisti del nostro mondo di Waimer Perinelli

IL MONDO VISTO CON GLI OCCHIALI DI DEL VECCHIO

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a comunità di Agordo ha donato due pezzi della sua terra a Leonardo Del Vecchio. Sul primo, molto ampio, l'imprenditore ha costruito le fondamenta dell'impero Luxottica; sul secondo, più piccolo, ha voluto fosse onorata la sua salma. Leonardo De Vecchio è morto il 27 giugno scorso all'età di 87 anni lasciando al mondo intero un'eredità miliardaria ma e soprattutto un modello imprenditoriale. Era nato a Milano nel 1935 da genitori emigrati dalla Puglia, ultimo di quattro figli. Il padre muore poco prima della sua nascita e la madre lo affida all' orfanatrofio Martinitt, la struttura per orfani o bimbi abbandonati, fondata nel XVI secolo dal nobile veneziano san Girolamo Emiliani. Era consuetudine in quegli anni incontrare per la vie milanesi i ragazzini, in fila per due, con i capelli rasati, il berrettino con la visiera rigida

e la mantellina grigia. Leonardo rimane nell'orfanatrofio fino al termine delle scuole medie. A 14 anni trova lavoro come garzone alla Johnson dove si incidono coppe e medaglie e la sera studia arte e incisione a Brera. Aveva 26 anni quando la comunità di Agordo offre un terreno a chiunque s'impegni ad avviare un'azienda. Inizia così l'avventura della Luxottica Group la fabbrica mondiale produttrice di montature, occhiali finiti, proprietaria come EssilorLuxottica dei più prestigiosi marchi internazionali. Una produzione globale che inizia nel 1961 nel fazzoletto di terra bellunese e si espande grazie all'ingegno e alla creatività di Del Vecchio. Produceva soprattutto parti per conto terzi ma un giorno assieme al collaboratore ed amico Luigi Francavilla decise di partecipare al Mido, la grande fiera di Milano. "Con una decina di modelli ideati da me e da Luigi, amava raccontare, ci

siamo presentati alla fiera. Eravamo timorosi di non riuscire a vendere nulla, invece fu un successo. Il nostro futuro era cambiato per sempre". Creativo, pratico, rispettoso dei suoi collaboratori, dipendenti, queste le qualità principali di Leonardo De Vecchio. Investire in negozi di proprietà e acquistare marchi importanti e fra questi i mitici Ray-Ban, quelli per intenderci indossati di Blues Brothers, da Johnny Depp, dalle Iene di Quentin Tarantino, sono le scelte manageriali che hanno segnato la crescita del suo impero che oggi conta 9mila negozi in tutto il mondo e 80 mila dipendenti, almeno 5 mila negli stabilimenti del bellunese e 600 circa a Rovereto. Del Vecchio acquisisce nel tempo potere ed esperienza anche in gruppi bancari ma di lui è bene ricordare la disponibilità verso gli altri. Nei suoi stabilimenti introduce e rispetta l'orario flessibile, il nido per le lavoratrici madri e incentiva la partecipazione azionaria dei dipendenti al gruppo industriale. Di sè diceva:«Sono cresciuto senza padre e in istituto. Crescere senza famiglia è qualcosa che non si può spiegare. Ti segna» Per essere uno senza famiglia è stato capace di formarne una con 80 mila persone che nel giorno del suo funerale, in tutto il mondo si sono fermate in segno di affetto e stima.

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Buon compleanno Alpini di Alex De Boni

A FELTRE la FESTA delle PENNE NERE L'Ana di Feltre ha da poco festeggiato i 100 anni di storia. Un appuntamento speciale carico di emozioni e di felicità che ha attirato tanta gente ad omaggiare la Sezione presieduta da Stefano Mariech. Per l'occasione l'Amministrazione comunale guidata da Paolo Perenzin ha conferito all'Ana nazionale la Cittadinanza onoraria, una delle massime onorificenze. Una cerimonia semplice vissuta su alcune frasi, dal motto “in guerra come in pace di qui non si passa” a in onore della giornata “un cammino lungo un secolo”. E poi “fatti per essere, non per apparire”, “onorare i morti aiutando i vivi”, e “in montagna non c’è fango”, quel fango invece finito sulle penne nere dopo le denunce di molestie a Rimini. Presente anche il Presidente Nazionale Sebastiano Favero.

P

La nostra intervista a Stefano Mariech residente, che iniziative avete intrapreso per festeggiare i 100 anni di storia? Cento anni sono senz’altro un traguar-

do significativo, soprattutto per un’associazione. Per onorare al meglio questo prestigioso traguardo la Sezione A.N.A. di Feltre ha programmato un nutrito calendario che si svilupperà nel corso di tutto il 2022. Nei mesi di marzo e aprile, in collaborazione con l’Amministrazione comunale di Feltre, si è svolta una rassegna di convegni a tema alpino con la presenza e relatori del Gen. Giulio Piller, del Gen. Giuseppe Nicola Tota e del Gen. Silvio Mazzaroli. Il momento ufficiale si è svolto nel fine settimana dal 20 al 22 maggio. L’anticipo è stato venerdì 20 con la rassegna di cori nelle vie e nelle piazze della città di Feltre dal titolo “COROniamo gli Alpini” che si è conclusa con la suggestiva esibizione finale, a cori riuniti, in piazza Isola. Sabato 21, come di rito, l’Alzabandiera e resa degli Onori presso il Monumento ai Caduti di tutte le guerre a Feltre e quindi in Piazza

Maggiore l’evento più significativo con il conferimento della Cittadinanza Onoraria da parte del Comune di Feltre all’Associazione Nazionale Alpini alla presenza del Labaro Nazionale dell’A.N.A. Il pomeriggio la celebrazione della santa Messa, nel Duomo di Feltre e in serata, sempre in Piazza Maggiore il Concerto della Fanfara dei congedati della Brigata “Alpina Tridentina”. Per concludere domenica 22 la classica sfilata per le vie cittadine ha chiuso un fine settimana ricco di emozioni e di soddisfazioni per me e per la Sezione di Feltre. Lasciata alle spalle la tre giorni dedicata al centenario della Sezione, il programma è continuato con la “Marcia Lungo le Vie del Fronte”, una camminata di carattere ludico motoria, che si è svolta domenica 12 giugno con partenza da Cima Grappa e arrivo all’Isola dei Morti di Moriago della Battaglia organizzata dalla Sezione di Feltre e dalla Sezione di Valdobbiadene, anch’essa impegnata con i festeggiamenti per il centenario della propria fondazione. In considerazione poi del fatto che la documentazione storica indica il 2 settembre 1922 come data ufficiale di costituzione della 15


Buon compleanno Alpini Sezione di Feltre, sabato 3 settembre in Via Liberazione, sede dei primi ritrovi dei Soci fondatori, verrà scoperta una targa in ricordo dell’evento. Infine nel corso dell’autunno verrà presentata una pubblicazione con la storia dei primi cento anni della Sezione A.N.A. di Feltre. Come è cambiato il ruolo degli alpini rispetto all’inizio della loro storia? Innanzitutto non dobbiamo confondere gli Alpini in armi dai componenti dell’Associazione Nazionale Alpini. Seppur provenendo la maggior parte degli iscritti dell’ANA dall’esperienza del servizio militare nelle Truppe alpine, non dobbiamo dimenticare che nella nostra Associazione molti sono gli aggregati che, pur non avendo prestato servizio militare negli Alpini, riconoscono e condividono i nostri valori e collaborano, spesso lodevolmente con i Gruppi e le Sezioni. Se parliamo della nostra Associazio-

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ne va ricordato che la stessa nasce a ridosso della fine della Prima Guerra Mondiale per merito di un gruppo di Reduci con il vivo impegno di tramandare quanto inciso sulla Colonna mozza dell’Ortigara: “Per non dimenticare!”. Per qualche decennio il ruolo dei Reduci nella nostra Associazione è proseguito e il fine di ricordare quanto successo anche nei successivi conflitti ha prevalso. Fortunatamente dalla fine del Secondo conflitto mondiale l’Italia ha beneficiato di un lungo periodo di pace nel corso del quale la gioventù è stata chiamata a svolgere il servizio militare obbligatorio

quale impegno a favore della collettività. E’ chiaro che tale fattispecie ha determinato una modifica nello spirito e nelle motivazioni di quanti si sono iscritti all’ANA; il ricordo di chi ci ha preceduto è rimasto il faro illuminante, ma progressivamente si è integrato con il desiderio di collaborare con le Istituzioni a favore delle comunità di appartenenza. Sono nati così la Protezione civile, il Centro studi, le Squadre sportive e l’impegno dei Gruppi a favore delle Amministrazioni, delle scuole e delle parrocchie. C’è un ricambio generazionale o senza il servizio di leva obbligatorio rischiate di perdere tante persone? E’ evidente che la riforma dell’Esercito Italiano negli anni 80 con la conseguente sospensione del servizio militare obbligatorio ha avuto una ripercussione sull’associazione per quanto riguarda il numero ma soprattutto le classi di età dei soci. Ad onore del vero quanto era emerso nelle prime proiezioni statistiche non si è determinato in maniera così catastrofica e l’Associazione Nazionale Alpini conta ancora più di 320.000 soci. Sarebbe per contro miope non riconoscere il fatto che l’assenza di ricambi con il passare degli anni potrebbe portare l’ANA ad una lenta e progressiva riduzione degli organici. La conclusione dell’iter legislativo per l’approvazione della legge di istituzione di un servizio ausiliario, fortemente appoggiata anche dal Presidente nazionale Sebastiano Favero, potrà senz’altro contribuire all’inversione di questo ciclo. Che progetti avete per la città di Feltre? La Sezione di Feltre è fortemente legata al territorio di appartenenza. I quaranta


Buon compleanno Alpini Gruppi che la compongono afferiscono ai tredici Comuni del feltrino ed il Comune di Feltre ospita ben undici Gruppi. Tutti i Gruppi, come detto, da sempre collaborano e operano in stretto contatto con le rispettive Amministrazioni comunali in un continuo lavoro a favore dei cittadini. La Sezione di Feltre, oltre a quanto illustrato per i festeggiamenti del centenario, ha appena concluso il recupero della componente arborea del Parco della Rimembranza, pesantemente interessato dal fenomeno “Vaia”. Grazie alla generosità dei cittadini di Feltre e ad un contributo concesso direttamente dalla Sede nazionale dell’ANA, nel mese di aprile i volontari della Protezione civile sezionale hanno completato la messa a dimora di 93 ippocastani, che rappresentavano nel primo impianto, e rappresentano nuovamente, il sacrificio dei giovani feltrini nella Prima Guerra

Mondiale. Un importante progetto che, grazie all’Amministrazione comunale di Feltre, stiamo sviluppando è la realizzazione di un centro di addestramento di Protezione civile sovra territoriale presso la Caserma Zannettelli che il Comune di Feltre ha concesso in comodato alla Sezione. L’intento è quello di far sì che parte degli spazi della caserma ospitino una “accademia” di Protezione civile all’interno della quale promuovere corsi di formazione e di aggiornamento non solo dei volontari ma anche degli amministratori e dei cittadini. Come avete reagito al fango mediatico legato alle denunce in seguito all’adunata di Rimini? E’ naturale che la prima reazione a quanto segnalato nei giorni successivi alla bellissima Adunata di Rimini ci abbia addolorato. Dopo una prima interrogazione interna, la condanna per i casi di molestia è stata unanime e incondizionata. Detto questo è chiaro che un’Associazione con la storia e la credibilità dell’ANA non può sentirsi completamente interessata da quanto accaduto. Chi ha offeso pagherà, tutti gli altri continueranno a testa alta a comportarsi con rispetto del prossimo e con l’orgoglio di portare

il Cappello alpino. Come si dice “il tempo è galantuomo” e mi pare che dopo il primo momento di clamore mediatico, e data dimostrazione che l’ANA non perdonerà gli eventuali soggetti iscritti che venissero individuati, il nome ed il valore della nostra Associazione è rimasto lo stesso degli ultimi 103 anni. Alpini-popolazione, un binomio da sempre unito e solidale, nel mondo dei social e Mass-media. Come si riesca a mantenere dei rapporti sociali? Il mondo dei social è un mondo complesso, ai più poco conosciuto ed in continua evoluzione. Nel 2019 la Sezione di Feltre ha ospitato il Congresso itinerante della Stampa alpina, appuntamento annuale di tutta la Stampa alpina nazionale. Già in quell’occasione sono emerse delle valutazioni e degli spunti circa la difficoltà per un’Associazione grande ed articolata come l’ANA di gestire e tenere i contatti attraverso le principali piattaforme social. Non è semplice soprattutto reagire con la velocità e la superficialità che contraddistingue questi sistemi di comunicazione. La Sede nazionale è impegnata da anni nella costruzione e nell’aggiornamento delle piattaforme più seguite. A livello locale la Sezione di Feltre dispone da anni di un sito web e di un profilo Facebook attraverso i quali tiene informati i soci ed i cittadini delle proprie attività, escludendo nel modo più categorico il coinvolgimento in polemiche inutili.

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Le Penne Nere, orgoglio italiano

GLI ALPINI DI FELTRE

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eltre sin dalla costituzione del Corpo degli Alpini è stata Distretto di Reclutamento Alpino fornendo un importante contributo in termine di organico al neo costituito Regio Esercito. Il legame del territorio con le Penne Nere parte quindi da lontano attraversando le vicende storiche del Paese. La Sezione Alpini di Feltre nasce nel 1922 ad opera di alcune Reduci che accomunati dalla dolorosa esperienza della Grande Guerra decisero di riunirsi aderendo alla neo costituita Associazione Nazionale Alpini (sorta a Milano nel 1919) con il preciso intento di mantenere vivo quel patrimonio di valori ed esperienze alpine vissute e condivise. Da allora il cammino percorso è stato lungo superando anche i difficili anni della Seconda Guerra Mondiale e le sfide delle epoche più recenti. Se le prime attività della Sezione erano imperniate su periodici ritrovi e commemorazioni patriottiche, con il passare degli anni a queste si aggiunte nuove

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attività legate alla custodia del territorio, all'impegno civile e alla difesa dei Valori propri degli Alpini e dell'Identità Nazionale. La Sezione Alpini di Feltre partecipando con proprio personale volontario alle azioni di soccorso in occasione del terremoto del Friuli nel 1976, ha contribuito con l'esempio a quel processo che portò successivamente alla fondazione della Protezione Civile Nazionale. Oggi la Sezione Alpini di Feltre conta più di 4300 Soci suddivisi tra Alpini ed aggregati. Opera mantenendo fede ad un percorso ricco di impegno e di attività, sempre caratterizzati da un forte attaccamento ai Valori dell’Associazione e da uno spirito attento alle necessità del territorio. Il legame con la Città e la popolazione è forte e la Sezione rappresenta un riferimento rispettato e credibile per l’intera comunità. Si compone di 40 Gruppi sparsi in tutto il territorio feltrino. La Sezione Alpini di Feltre raggruppa al suo interno varie componenti.

- La Protezione Civile Sezionale con base presso la ex Caserma 'Zannettelli' si compone di oltre 380 Volontari formati e addestrati all'intervento in emergenza. Ha dato prova di efficienza in tutte le attività svolte, non ultime quelle resesi necessarie in occasione della tempesta 'Vaia' e dell'emergenza 'Covid-19'. Organizza e gestisce dal 2021 il Campo Scuola Nazionale di Protezione Civile destinato a giovani che vogliono avvicinarsi al Volontariato alpino. - La Squadra Sportiva con atleti in grado di gareggiare nelle discipline legate al contesto montano (corsa, marcia di regolarità, mountain bike, tiro, sci) ed ha guadagnato importantissimi risultati salendo consecutivamente sul podio del Trofeo del Presidente Nazionale negli ultimi tre anni. - Il Centro Studi opera attraverso una fitta rete di attività imperniate sulla custodia della memoria e la trasmissione dei Valori fondanti dell'Associazione. Opera attraverso incontri nelle scuole di ogni ordine e grado, attraverso conferenze, mostre e pubblicazioni. Il Suo organo di stampa è il periodico 'Alpini...Sempre!' che da oltre 40 anni raggiunge i Soci mantenendoli costantemente informati. Recentemente cura le pagine internet e Social della Sezione. Organizza e cura il premio 'La Penna Alpina per la nostra montagna' con riconoscimenti attribuiti a figure di rilievo per la crescita del territorio e a Militari in Servizio distintisi per meriti particolari. - La Commissione Assistenziale cura gli aspetti solidaristici rivolgendo la propria attenzione ai bisogni del territorio attraverso raccolte fondi, opere di sensibilizzazione, donazioni e interventi a sostegno di realtà sociali operanti sul territorio.


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Società e politica di Cesare Scotoni

LA POLITICA E L'INTERESSE GENERALE

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ono tempi complessi. Un’Unione Europea malamente allargata sotto la complice guida di un Romano Prodi ampiamente sopravvalutato in Patria, nel 2013 ha presentato il conto a quella Angela Merkel cancelliere tedesco allora in carica la cui statura, misurata sullo scarso parterre, sembrava altro ed al ghignante Nicolas Sarkozy, nel frattempo condannato ai domiciliari ed allora sostituito all’Eliseo da un François Gérard Georges Nicolas Hollande noto anche per le visite clandestine all'amante . La sempre invocata trazione “Franco Tedesca” dell’Unione si concretizzò

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quindi nel 2012 e fu un vero disastro. Però quella frana tra Londra e Berlino cominciò tra Roma e Bengasi e non, come si pensa oggi, in piazza Maidan, da allora “Euro Maidan” in segno di scherno. Quella roba andava archiviata e la NATO doveva poter arretrare e ribilanciare uno strapotere tedesco costruito su troppi compromessi e l’uomo di Londra che Berlusconi (con molti altri) volle alla BCE prima giocò da Frankfurt e poi da Roma. Noi, dalla periferia dell’Impero cosa possiamo notare? Che i tanti cadaveri che ci son passati davanti agli occhi

mentre guardavamo il Fiume non erano Morti. O forse ancora rivendicano delle posizioni da difendere perché non han capito che nel frattempo li ha uccisi la Storia. La Conservazione prevede da sempre il Cambiare Tutto per Non Cambiare Alcunché, ma si riferisce ai Burattinai e non ai troppi burattini. Le scelte dell’ultimo biennio hanno archiviato anche la pretesa di riconoscere almeno formalmente alle Costituzioni il Valore Fondante per le Comunità che su quelle si basano. Il Compromesso come Arte del Possibile ha lasciato spazio alla Prepotenza di Governi la cui Legittima-


Società e politica

zione prescinde ormai dal Consenso. Il danno attraversa così le singole Comunità Nazionali. A quel punto del racconto però le scelte sbagliate cessano di invocare forme di condivisione delle colpe e divengono responsabilità precise. Proprio su questo si gioca una Nuova Complessità che chiederà molti riposizionamenti, altrettanti passi indietro e la rinuncia da parte dei più a tre decenni di slogan ormai disgiunti da ogni significante.

Questo per accadere ha bisogno che più di una parte riconosca la propria oggettiva e devastante inadeguatezza e ricomponga i pezzi di un Progetto che, così come si pone oggi, non contenta alcuno e danneggia troppi. L’Alleato d’Oltre Atlantico la sua capacità di leadership la perse nei comportamenti di Blair e Bush, ma ciò non toglie che per molti il duo Merkel – Sarkozy sia stato una iattura. E chi ha celebrato quelle scelte, ma anche chi ha solo taciuto deve trovare il modo per spiegare quelle scelte. Difficile. Molto difficile. Prendiamo a riferimento ciò che più da vicino tocca questi nostri territori di confine. Confine degli Stati, degli Eventi e della Storia. Come possono pensare coloro che han fatto quelle scelte sbagliate, che la gente ha pagato e continua a pagare, di poter vantare una credibilità che non passi da quei processi di revisione dei meccanismi decisionali che tutelino i più deboli dal ripetersi dello scempio? La Costituzione o è Garanzia per Tutti o non è. Questa la prima dura lezione che viene dalla superficialità con cui quella è stata docilmente piegata, da pochi e deboli, all’Opportunità ed all’Opportunismo. La seconda lezione riguarda l’uso che troppe di quelle forze politiche che profondamente schifano l’impianto della Costituzione Repubblicana, senza produrre un’idea di assieme sul valore del Consenso su di un Interesse Nazionale, fanno del malcontento o dei malcontenti che, come banale strumento di costruzione del Consenso diventano soggetto anziché oggetto dell’Azione Politica.

Il risolvere i problemi della gente, nell’ambito di un Interesse Generale che per certo non può non interessare l’evoluzione multipolare del consesso internazionale dopo la fine di un Bipolarismo morto 33 anni fa, è il senso di un’Azione Politica che non può rifugiarsi nell’Astrazione, né ridursi a mera gestione dell’Ordinario. I Cambiamenti richiedono Idee, tempo e idee. Non si può scambiare la ricerca di vuota visibilità come fine dell’agire politico, perché

quel consenso così ottenuto si fonda sul nulla e si riduce a reazione pavloviana. In Italia è dal 1994 che si contrabbandano di volta in volta la gestione delle risorse più o meno scarse o gli interessi di pochi, come obiettivi necessari al conseguimento del Bene Comune. L’uso proposto da parte del Governo Draghi dell'incompleto e non funzionale PNRR voluto dal Governo Conte sostenuto dal PD è in quest’ottica l’ultimo e più disastroso esempio di Impotenza della Politica. Speriamo solo che sia l’ennesimo fallimento di una burocrazia orfana di una Politica che agisca nel perseguimento di un Interesse Generale. 21


Società oggi di Patrizia Rapposelli

MALA-MOVIDA GIOVANILE

Una generazione in balia dei venti.

L

’impressione è che il fenomeno della movida in centro e sul lungomare questa estate sarà problematica. Notti violente nelle zone marittime predilette dai giovani. È così che inizia l’estate 2022. Risse, pestaggi tra bande e ragazzi finiti in ospedale. La violenza c’è sempre stata. Solo che quella descritta da Pasolini riguardava le borgate, oggi interessa il centro. Aggressività, rabbia e prevaricazione. L’età media di ragazzini autori di reati si è abbassata al punto da non essere imputabili per età. Jesolo e altre vaste aree del Paese diventano incubatori di comportamenti devianti, che generano

problemi nella gestione dell’ordine pubblico e che rendono difficile la coesistenza delle diverse esigenze che convergono in un luogo turistico. Sono state firmate varie ordinanze anti-movida selvaggia per contrastare il degrado, ma il bilancio stilato dalle forze dell’ordine è preoccupante. La cronaca traccia le degenerazioni fino a ricondurle nel concetto di “Mala-movida”. La movida sarebbe una grande risorsa sociale, capace di generare valore collettivo, economico e turistico. Oggi, però, i luoghi della notte evocano, nella rappresentazione mediatica, eccessi. La cultura della movida è un

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cliché. Il culto dello sballo incontrollato e della violenza fanno parte del codice della notte. Soprattutto in questi ultimi anni. Follia e vita notturna vanno a braccetto, e siamo ben oltre la trasgressione giovanile. Le “notti brave” riassumono eccessi e sregolatezza, beneficiando di una sorta di terra franca dove regna sospensione dell’illegalità. È indubbio che ai media piace enfatizzare i fenomeni negativi, ma solo in parte, perché in Italia si sta consumando un fenomeno reale. Spesso gli errori di una generazione derivano dalla generazione che li precede. Se vengono male sono il loro

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Società oggi frutto. L’ idea che i giovani hanno diritto a un risarcimento per il destino baro e cinico cui gli adulti, tra cui la Politica, li ha condannati è diffusa. E il fondamento c’è. Le incertezze diventano insicurezze personali in una società che cambia troppo in fretta e crea generazioni fragili, labili, che cerca appoggi, ma non legami, che rigetta valori, dimostrati confusi e contraddittori a partire dagli adulti, che vuol acquisire, citando Veneziani, password di vita, stili e modi di autorappresentarsi e raccontarsi. Il mondo è lo sfondo del proprio selfie. Attenzione che la classe politica e mass media hanno cucito

addosso al mondo giovanile un abito ingannevole, dipinti come vittime da risarcire, anziché come persone dotate di autonomia. Sicuramente, genitori e politici, senza cadere nel paradigma vittimario e nel giustificazionismo, dovrebbero farsi le domande giuste.

In questa fase storica i giovani vivono libertà senza responsabilità, la figura autoritaria è inconsistente e l’incontro con l’ostacolo non è ammesso. Naturalmente questo non significa che tutti i ragazzi sono da additare, ma gli episodi violenti diventati normali indicano un fenomeno sociale da considerare. Un articolo li definiva generazione farfalla, labili, volatili e inquieti in balia dei venti. Un po' com’è governata l’Italia. Forse la nuova generazione è semplicemente il prodotto del Paese e la riflessione da fare è molta. La Mala-movida è solo la punta di un iceberg.

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Qui USA di Francesca Gottardi*

Ketanji Jackson fa la storia:

La prima donna afroamericana alla Corte Suprema USA

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l 7 aprile 2022 il senato ha confermato Ketanji Brown Jackson alla Corte Suprema statunitense. La giudice Brown, candidata del presidente USA Joe Biden, è la prima donna (e terza persona) afroamericana, a coprire il prestigioso incarico nei 232 anni di storia della Corte. Prenderà il posto del giudice Stephen Breyer, che andrà in pensione in estate, dopo aver servito alla Corte per 42 anni. Per la prima volta ci saranno quattro donne al massimo organo della giustizia statunitense e gli uomini bianchi non saranno in maggioranza.

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Il presidente Joe Biden ha commentato la notizia affermando che si tratta di un momento storico per gli Stati Uniti e che si è fatto un passo importante per “rendere la nostra Corte un luogo che rifletta le diversità dell’America.” Kamala Harris, prima vicepresidente USA di colore, è a stento riuscita a contenere l’emozione nel comunicare lo storico esito del voto. Al Campidoglio, la conferma è stata accolta con un fragoroso applauso. La nuova giudice è stata confermata al Senato con 53 voti a favore e 47 contro. Il presidente Biden soddisfa così una delle sue promesse elettorali: quella di nominare la prima donna nera alla Corte Suprema. Ketanji Brown Jackson, 51 anni, è tra le più giovani giudici che siederanno alla Corte, seconda solo ad Amy Coney Barrett. Figlia di un ex insegnante di storia poi diventato avvocato e di una dirigente scolastica, la giudice Brown Jackson si è laureata in giurisprudenza ad Harvard ed ha lavorato per molti

anni prima come avvocato, poi come giudice. La sua dedizione per il servizio pubblico emerge già negli anni dell’avvocatura. Prima di diventare un giudice, Jackson ha infatti lavorato come difensore d’ufficio per imputati indigenti. Nonostante la portata storica dell’evento, la conferma di Ketanji Brown Jackson non altererà gli equilibri ideologici della Corte Suprema USA. I giudici di orientamento conservatore, che sono sei, rimangono in decisa maggioranza rispetto a quelli di orientamento liberale, che invece sono tre. Il grande impatto della giudice sarà quello di portare all’interno della Corte la sua esperienza di donna afroamericana. Per la maggior parte della storia della Corte la popolazione afroamericana, che costituisce quasi il 13% della popolazione complessiva USA, non ha avuto adeguata rappresentazione. È inoltre solo la sesta donna ad essere eletta giudice al massimo organo di giustizia USA. È proprio sulla sua esperienza di donna e madre che ha puntato durante la fase delle udienze di conferma al Congresso, sostenendo di aver affrontato numerose sfide per gestire carriera e maternità ed ammettendo di non avercela sempre fatta a bilanciare le due cose. La giudice è sposata con un chirurgo di Boston ed ha due figlie adolescenti. Una delle immagini della figlia che guarda orgogliosa la madre durante una delle udienze ha fatto il giro del mondo per la sua importanza simbolica. Il mandato di Ketanji Brown Jackson inizierà ufficialmente il 30 giugno con il giuramento e con il pensionamento


Qui USA di Stephen Breyer. Le sue visioni politiche e del diritto verranno subito messe alla prova. Particolarmente in luce del recente annullamento della sentenza Roe contro Wade, che garantiva l’accesso all’aborto a livello federale e su tutto il territorio USA. Ci si aspetta

che nei prossimi mesi la Corte sarà chiamata a deliberare su altre questioni sociali e politiche molto controverse, quali il matrimonio gay e l’accesso alla contraccezione. Staremo a vedere come si posizionerà la nuova giudice. *Francesca Gottardi, avvocato, docente universitario, è nostra corrispondente USA

Annullata la sentenza Roe contro Wade: Negli Stati Uniti l’aborto non è più un diritto costituzionale

Il 23 giugno 2022 la Corte Suprema USA ha ufficialmente sancito la fine del diritto all’aborto. Da oltre 50 anni, la sentenza Roe contro Wade aveva protetto il diritto delle donne americane di aver accesso all’aborto sicuro. Il massimo organo della giustizia statunitense ha però stabilito che questa competenza non spetta allo stato federale su base nazionale, ma ai singoli 50 stati. Ci si aspetta che la metà degli stati USA adotteranno misure legislative per restringere in modo significativo la possibilità di abortire. Alcuni stati, come l’Arizona, si sono adoperati il giorno stesso per implementare queste misure. Altri, come il Texas, avevano già da qualche mese messo in atto misure draconiane che di fatto impediscono alle donne di abortire. La sentenza dà le basi per mettere in discussione altri diritti fondamentali attualmente protetti dalla Costituzione USA, quali la possibilità per le persone dello stesso sesso di sposarsi ed avere relazioni intime e l’accesso alla contraccezione.

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Qui USA di Francesca Gottardi*

Juneteenth:

La nuova festa nazionale USA e perché è importante

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egli Stati Uniti, il 19 giugno si celebra la festa nazionale del Juneteenth. La giornata commemora la liberazione ed emancipazione degli schiavi afroamericani. È inoltre spesso intensa come un omaggio alla cultura afroamericana. Il termine “Juneteenth” nasce dalla combinazione di “June” (giugno) e “nineteenth” (diciannove), ovvero la data del 19 giugno. È una giornata ritenuta così importante che persino la Borsa americana a Wall Street è rimasta chiusa per celebrarla. Ci sono state feste, parate, e commemorazioni su tutto il territorio USA. Il rosso è il colore associato alla festa, simbolo di sacrificio e transizione. La scelta è ricaduta su questa data perché il 19 giugno del 1865 il generale Gordon Granger proclamò l'obbligo di liberare tutti gli schiavi del Texas. Lo stato in questione era tra gli ultimi stati USA a non aver ancora abolito la schiavitù. Con quell’ordine, Granger sancì così la fine della guerra civile (18611865) e della schiavitù, annunciando agli schiavi del luogo che potevano ritenersi liberi. Da lì a breve, venne ratificato il XIII emendamento della Costituzione USA, che proibì la schiavitù in tutto il territo-

rio federale. La strada per arrivare al riconoscimento della giornata a livello federale è lunga ben 155 anni. La festa è stata infatti celebrata per la prima volta a Galveston, in Texas, nel 1866. A seguito dell’uccisione di George Floyd e dell’innescarsi del movimento di protesta “Black Lives Matters” (tradotto letteralmente con “le vite dei neri contano”), il presidente Joe Biden ha ufficialmente proclamato il 19 giugno come festa nazionale nel 2021. Lo ha fatto firmando una legge che riconosce la data come “Juneteenth National Independence Day” e giornata che commemora ufficialmente la fine della schiavitù negli Stati Uniti. La legge è stata approvata dal Congresso con 415 voti a favore e solo 14 contrari. Questo è segno di assunzione di responsabilità da parte degli USA, che

ad oggi continuano a fare i conti con la propria dolorosa storia di segregazione e discriminazione razziale. In questo giorno, il Paese si ferma per ricordare, ma anche per non dimenticare. La vicepresidente Kamala Harris, prima donna di colore a ricoprire l’incarico, ha dichiarato che gli USA “hanno ancora molta strada da fare, ma oggi [19 giugno] è un giorno di festa.” *Francesca Gottardi, avvocato, docente universitario, è nostra corrispondente USA

La schiavitù in America

Prevista dalla allora vigente legislazione, la schiavitù è una dolorosa parte della storia moderna americana. Iniziata già a partire dalla metà del XVI secolo, l’istituto della schiavitù continua fino alla ratifica del XIII emendamento della Costituzione USA nel 1865. L’emendamento specifica che “Né schiavitù o servitù involontaria, […] esisterà sul suolo degli Stati Uniti, o in ogni altro luogo soggetto alla sua giurisdizione.” La fine della schiavitù segna però l’inizio di un lungo periodo di segregazione razziale, terminato solo nel 1964 con il Civil Rights Act. La legge dichiara illegale ogni discriminazione razziale in ambito lavorativo e scolastico e nelle strutture pubbliche. Problemi di discriminazione persistono ad oggi in modo subdolo. Nonostante gli afroamericani costituiscano il 13% della popolazione USA, rappresentano ben il 24% della popolazione americana che vive sotto la soglia di povertà. Si ritiene che questo sia il risultato dello svantaggio sociale a cui per anni è stata soggetta la popolazione nera negli USA. 27


Società oggi di Patrizia Rapposelli

ITALIA POVERA

ISTAT CONFERMA MASSIMO STORICO RAGGIUNTO NEL 2020

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n Italia è povertà. L’Istat ha rilasciato i dati relativi alla povertà assoluta che confermano i massimi storici toccati con lo scoppio della pandemia. Nel 2021 le famiglie in difficoltà assoluta sono più di 1,9 milioni, il 7,5 % della popolazione. Una percentuale vicina al 7,7 % registrato nel 2020. E circa 5,6 milioni gli individui, numeri quasi identici all’anno precedente. Corrispondono al 9,4 % della popolazione. Sempre secondo i dati riportati dall’Istat sono circa 1,4 milioni i minori in povertà, il 14,2 %. Emerge un netto divario tra Nord e Sud. Osservando la situazione famiglie, nell’alta Italia la condizione è nettamente migliorata. Nel 2021 in povertà assoluta sono il 6,7 %, contro il 7,6 % del 2020, circa 90 mila in meno. Nel Mezzogiorno, invece, l’indigenza è cresciuta ulteriormente rispetto l’anno precedente: le famiglie povere sono il 10 % del totale, contro il 9,4 % del 2020, siamo circa oltre 51 mila in più. Probabilmente, la ripresa nel 2021

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è stata più forte al Nord rispetto al Sud, così come nel 2020 la pandemia ha inciso maggiormente nel settentrione. Non cambia di molto a livello individuale. Nelle regioni a Nord sono circa oltre 2 milioni 200 mila gli indigenti contro i 2 milioni 455 mila nel Mezzogiorno. Al Centro Italia l’incidenza di povertà individuale sale al 7,3 % da 6,6 % del 2020. Cresce, ma l’incidenza rimane la più bassa tra le varie aree del Paese. Interessante guardare anche i dati relative alle famiglie di soli italiani, dove la povertà è calata dal 6 % al 5,7 %, mentre tra le famiglie con almeno uno straniero è cresciuta dal 25, 3 % al 26,3 %. In generale, non c’è netto peggioramento, ma sostanziale stabilità. Il mancato aumento di miseria a livello nazionale potrebbe essere letto come una buona notizia, però va considerato che il valore del 2020 è il più alto mai registrato da quando Istat pubblica i rapporti sulla povertà. L’anno di ripresa e un Pil rimbalzato del 6,6 % non rassicura. Infatti, pare

che la ripresa abbia investito le fasce medie-alte dell’Italia, mentre la parte povera del Paese, dopo essere scivolata sotto la soglia di povertà durante la pandemia, è rimasta povera. Dunque, la miseria non cresce, ma nasconde una media molto eterogenea, citando le righe lette in un articolo: “In media tutti possono permettersi di mangiare un pollo all’anno, ma c’è chi ne mangia due e chi ne mangia zero”. Nel 2021 l’inflazione al di sopra della norma non ha aiutato il Paese. A subire l’aumento dei prezzi sono state le famiglie povere. Energie e alimenti, i bene più colpiti dal fenomeno inflattivo, hanno, per forza, un peso maggiore nelle case dei meno abbienti. Prendendo in considerazione il bollettino Istat sull’inflazione di dicembre 2021, i prezzi per il 20 % più povero delle famiglie sono cresciuti in un anno del 2,4 %, contro l’1,6 % per le famiglie ricche. È importante tenere presente che i dati pubblicati non considerano il forte incremento dell’inflazione di questi ultimi mesi. Punto che fa presumere un ulteriore aumento dell’incidenza della povertà assoluta. Altra nota da considerare è l’azione della politica italiana durante la crisi pandemica nel mercato del lavoro. Sono stati premiati i dipendenti a tempo determinato e lasciati da parte precari e disoccupati. Oltre ad una ripresa economica che coinvolga il Sud del Paese, è importante un insieme di politiche che considerano anche i lavoratori poveri. In attesa dei dati del 2022, che non saranno migliori tra nuova crisi e inflazione alle stelle, il 2021 ha confermato un Paese pesantemente condizionato da disuguaglianze e povertà, e il massimo storico di povertà raggiunto nell’anno precedente.


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Il senso religioso di Franco Zadra

E le stelle stanno a guardare...

Come di solito evitiamo le domande fondamentali. Il nesso più vitale e profondo del senso religioso con la nostra esistenza, e con l’esistenza tout court, è rivelato a chi s’impegna nel considerare la realtà tenendo conto di tutti i fattori in gioco, facendosi carico di un confronto aperto con la realtà tutta intera, così come le circostanze la presentano in ogni istante. Una faccenda semplice a prima vista, che richiede però la massima trasparenza nello smascherare quelle che sono invece posizioni irragionevoli, alibi che di volta in volta costruiamo per sfuggire a quel confronto.

È

irragionevole, ci ricorda don Giussani nel sesto capitolo del suo “Il senso religioso”, «una posizione che pretenda spiegare un fenomeno in modo non adeguato a tutti i fattori implicati». Il meccanismo di rimozione, di occultamento, di negazione, o più banalmente, di svuotamento della domanda di senso, è senz’altro molto subdolo quanto corrente nel nostro quotidiano,

però può essere rivelato non solo nei macro fenomeni, nei disastri e fallimenti che segnano fatalmente i nostri rapporti, ma anche nel più piccolo dettaglio, una battuta fortuita che ci capita, sembrerebbe, per caso. Mentre mi accingevo a redigere questo articolo, ho dato prima una veloce occhiata allo smartphone che subito mi indicava una telefonata in ingresso alla quale non avevo risposto, registrata da quello che ormai è una seconda pelle, un potentissimo computer, un paio di ore prima. Non avendo quel numero in rubrica, lo richiamo meccanicamente con l’intento di corrispondere a quella che sembrava una richiesta da parte di qualcuno. Dall’altra parte della linea, una voce di donna mi dice seccata: «io non ho chiamato questo numero, buonasera!», e riattacca senza attendere replica. Da parte mia ho subito bloccato quel numero per evitare che mi richiamasse. Un fatto insignificante che vi starete chiedendo come possa trovare spazio in questa pagina o richiedere solamente il tempo della vostra lettura. A me però ha subito messo di fronte alla durezza potenziale, la insensatezza, e la capacità distruttiva che ci portiamo in giro nei nostri rapporti quotidiani, come

una bomba pronta a esplodere. È un attimo dimenticare che chi ci sta parlando, la persona che incontriamo anche per caso e ci rivolge un saluto, è un essere umano. Come il più scafato dei nazisti, siamo capaci di liquidarlo senza ripensamenti, farlo scomparire dal nostro orizzonte per non pensarci mai più. Dimenticare o rinnegare qualcosa, pur costretti dalla logica della nostra lettura parziale delle circostanze, è però un errore non da poco, un atteggiamento che definisce statisticamente l’atteggiamento almeno pratico dei più. Siamo umani, ovviamente, e non possiamo mai essere sicuri di niente, ma proprio per questo è necessario che sappiamo aprirci a quel fattore (che esiste!) che trascenda l’umano e ci permetta di far “essere” i nostri rapporti, perché occorre una ragione vera per il rapporto, una ragione che possa connetterlo con il tutto. Riconoscere questo Tutto e scoprirci innestati in Lui, è la grande conquista della vita di chiunque, l’Unico successo auspicabile. Varrebbe la pena rileggere “E le stelle stanno a guardare” (The Stars Look Down), il famoso romanzo di Joseph Cronin, per cogliere quel meccanismo implacabile, come spiega bene Giussani, della «natura che abbandona anch’essa, arida, insensibile, l’uomo nella solitudine totale, quando l’uomo stesso lasci cadere, in qualunque modo, la spinta al mistero, cui le domande costitutive del suo cuore lo sospingono autorevolmente».

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Storie di guerra di Davide Pegoraro

Monte Fontanasecca

L

’acqua, dicono sempre, è vita. Il binomio è ancestrale, anche se, a ben guardarsi allo specchio, forse risulta difficile trovare delle somiglianze con i nostri probabili antenati marini. Ci hanno detto che gli arti ed in particolare il pollice opponibile, hanno determinato il nostro sviluppo in vantaggio sulle altre specie. Infatti, nelle prime armi da fuoco, proprio il movimento del dito “nobile” metteva in condizione di far partire il colpo, tirando il cane del fucile o della pistola. L’indice è quel secondo dito, che sicuramente, per primo, si è levato in cielo a catechizzare qualcuno e poi si è disteso, puntando (verbo quanto mai appropriato) contro qualcuno per accusarlo. Basterebbe aver-

ne due in meno dunque, di dita, per non essere diventati tanto evoluti da ammazzarci progressivamente (avverbio che deriva da progresso?). Si perché si dice anche che senza guerre, di quest’ultimo non ve n’è; è con esso che i cervelli si spremono alla ricerca del nuovo e poi a cascata tutto si riversa nella società civile. Il discorso tornerebbe dunque, perché una cascata di acqua ne ha parecchia e ciò che porta a migliorarsi non può che essere un bene per la vita delle persone. Cani e grilletti sono prodotti però usando metalli e per far ciò se ne usa molto del prezioso liquido. Magari lo si sottrae ad altri scopi pur di non farlo mancare alle industrie, specie in tempi di guerra, specie in tempi come questi. Manca il grano, il petrolio, perfino il caviale, ma anche se non piove abbastanza, non manca l’acqua per produrre le armi. Eppure c’è siccità, aridità; dentro. Nel profondo ognuno ha svuotato quella falda portatrice di vitalità

che, come genere, dovrebbe allontanarci dal concetto di disumanità. Siamo ormai una fontana secca. Per quelli di Alano di Piave è più facile riferirsi al Col Spadarot, per un tedesco dire Pyramiden-Kuppe; ma è pressappoco la stessa cosa, è del monte Fontanasecca che si parla, è di un campo di battaglia aspro e difficile. Il nome non

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Storie di guerra

dovrebbe lasciare spazio a dubbi: dove manca l’acqua, manca la vita e quel vuoto viene tosto colmato dalla morte. Le nevi del tardo autunno 1917 hanno fatto da sudario ai molti combattenti che vi hanno trovato la morte durante le fasi cruciali della Battaglia d’Arresto. Le donne della valle di Seren che avevano già dovuto assistere, dai villaggi sottostanti, al calvario dei loro mariti, soldati sul Tomatico, per più notti videro i bagliori degli scoppi delle cannonate, i fuochi dei lanciafiamme e sentirono il frastuono delle fucilerie a

coprire le urla dei morenti e lo straziante lamento delle centinaia di agonizzanti. Lassù, nella montagna del Grappa, carsica già di natura, italiani e germanici si sono dati battaglia in un ambiente che a veder oggi, non pare essere stato teatro di tanto orrore. La recente acquisizione dell’omonima malga da parte del FAI ci aiuta a capire l’importanza del luogo sotto il profilo naturalistico e l’ingresso dell’intero massiccio nell’universo UNESCO (come biosfera), completa questa cornice di sensazionale importanza. Tra le truppe del Kaiser impegnate in quota, più di cent’anni fa, vi era anche il famosissimo tenente ( e successivamente feldmaresciallo del Reich) Erwin Rommel. Guidò i suoi uomini alla conquista del

monte e con formidabile slancio prese poi il Valderoa e lo Spinoncia. Gli eroici atti di resistenza delle truppe italiane (desiderose di riscattare il recente disastro di Caporetto) bloccarono il giovane ufficiale che ebbe comunque una carriera lunga e gloriosa. Chissà se nel 1943 a Kasserine con i panzer fermi per mancanza di carburante, Rommel si aspettava che in pieno deserto sarebbe del petrolio e non dell’acqua che avrebbe dovuto preoccuparsi...

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Società oggi di Francesco Scarano

Le insidie del Web:

quando un ‘’click’’ può cambiarti la vita.

I

l ‘’ Word Wide Web’’, o più semplicemente ‘’Web’’, è un sistema che sfrutta le proprietà di Internet per consentire l’ accesso a contenuti ipertestuali, cioè documenti collegati ad altri tramite ‘’link’’. Se da una parte questo servizio di recupero delle informazioni ha rappresentato una rivoluzione in termini culturali e sociali, consentendo l’ accesso al mare magnum delle informazioni più svariate per settore ed origine, è pur vero che un uso indiscriminato di questo strumento da parte di utenti privi di spirito critico e di educazione multimediale può essere molto deleterio. Se prendiamo in considerazione i dati ISTAT, i quali statisticamente dimostrano che circa il 95 % dei giovani utilizza Internet, è facile dedurre come un target tanto genuino quanto inesperto costituisca un piatto appetibile ed una facile preda per i ‘’lupi’’ del Web, i quali sono sempre alla ricerca degli strumenti più innovativi ed efficaci per mimetizzare le loro trappole. Tra i pericoli che si annidano sul Web uno dei più diffusi e letali è quello del ‘’cyberbullismo’’, cioè quell’ insieme di minacce e molestie esercitate da remoto che in pochi minuti potrebbe mandare in frantumi una personalità già lesionata,

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conferendole il tocco distruttivo finale. Negli ultimi anni, inoltre, termini come ‘’revenge porn’’ e ‘’sextortion’’ sono diventati frequenti cavalli di battaglia dei vari media. Essi descrivono forme di violenza che sfruttano il vettore digitale per pubblicare immagini intime a scopo vendicativo o per estorcere denaro. Se le vittime adescate sono giovani o personalità deboli, essi tendono a chiudersi in sé stessi e ad accettare qualsiasi ladrocinio pur di non intaccare la loro reputazione. Pericolose e quasi inevitabili risultano essere anche le ‘’fake news’’: molto più di semplici bufale, esse costituiscono notizie cucite ad personam sul target individuato, studiandone la psicologia e i bias cognitivi, cioè la tendenza di ciascun utente a creare una propria realtà soggettiva in base ai propri pregiudizi ed alle proprie convinzioni. Eclatanti sono risultati i casi dei diversi vip di cui era stata annunciato un presunto incidente mortale, o il caso della notizia diffusa dalla BBC che convinse gli inglesi del fatto che gli spaghetti crescessero sugli alberi delle Alpi, inducendo molte persone a trapiantarli nei giardini del Regno Unito. Tale caso, che estrapolato dal suo contesto può risultare comico, costituisce un’ umoristica dimostrazione di quale sia il potere del Web e di come esso sia in grado di indurci a commettere azioni poco razionali. Sarà sicuramente capitato a tutti di rice-

vere anche email sospette per mittente o contenuto. Molto spesso, infatti, la posta elettronica è adoperata come mezzo per sottrarre informazioni personali, come numero di conto corrente o password, asserendo la necessità di modificarle o confermarle. Degni di nota risultano, inoltre, anche quell’ insieme di file che agisce sul nostro pc senza consapevolezza da parte dell’ utente. Essi, noti come ‘’ Trojan horse’’, ‘’Malware’’ e ‘’Virus’’, consentono ai cyber criminali di apportare danni al nostro calcolatore capaci di comprometterne la funzionalità e velocità, richiedendo talvolta anche pagamenti in danaro da parte dell’ utente. Se è vero che insidie del Web sono innumerevoli e ben congegnate, è pur vero che una buona educazione e formazione informatica consentirebbe di prendere coscienza del pericolo e denunciarlo alle autorità competenti, come la polizia postale. Non è necessario essere esperti di cyber security per usufruire del web: basta avere il giusto spirito critico, diffidenza verso i banner pubblicitari o i messaggi che richiedono la condivisione di dati personali, e ricordare che quella virtuale è una vita parallela ben strutturata comprendente, esattamente come quella reale, anche rischi e pericoli. Se è vero ciò che asserisce un antico detto, secondo cui ciò che fa bene fa anche male, è vero anche che il Web non fa eccezione a questa consuetudine. L’ importante è essere coscienti di ciò e controllare che dietro i panni della ‘’vecchia e buona nonnina’’ non si nasconda un lupo cattivo pronto ad avvinghiarsi sulla ’’ Cappuccetto Rosso’’ di turno.



Conosciamo le aziende di casa nostra

LA TECHNOWRAPP L’azienda, con sede a Fonzaso, opera nel settore metalmeccanico e si distingue per la progettazione e produzione di macchine automatiche per l’avvolgimento di prodotti posizionati su pallet tramite film plastico estensibile. Inoltre con la sua divisione Intralogika, è specializzata nello studio e nella creazione di sistemi di movimentazione e tracciabilità dei prodotti all’interno delle aree produttive. Technowrapp nasce 20 anni fa, nel 2002, da una forte volontà di cambiamento e nel modo di fare impresa. Oggi i suoi impianti sono presenti per il 34% in Italia e per il 66% all’estero, per un totale di 70 Paesi al mondo in cui sono attivi macchinari Technowrapp e/o Intralogika. Nella sede di Fonzaso lavorano più di 70 dipendenti, con un’età media di 37 anni, quindi un’azienda con persone giovani e con mentalità proiettata al futuro. Per saperne di più abbiamo intervistato l’ingegnere Davide Ceccarelli, amministratore delegato, nonché socio di Technowrapp.

L'INTERVISTA Ing. Ceccarelli, quali sono state le prime difficoltà? Certamente le difficoltà più grandi sono state, non solo quella di convincere i soci del valore dell’impresa e del fatto che fosse un’idea potenzialmente vincente, ma anche riuscire a creare il 36

Piano strategico che permettesse di distinguersi ed emergere e quindi diventare un’azienda competitiva sul mercato. Nel momento in cui Technowrapp ha iniziato ad espandersi e ad ampliare la sua attività è emersa sempre di più l’importanza di mantenere le persone allineate con la strategia aziendale e far capire loro che questo nostro “modus operandi” fosse il modo giusto per crescere. E i traguardi che Technowrapp ha raggiunto nel tempo dimostrano che tutto ciò è stato concretizzato con successo. Come è stata influenzata l’attività dell’azienda dalla pandemia COVID? La pandemia ha dimostrato che in un ambiente in cui le persone si sentono bene, la loro disponibilità a lavorare, a spostarsi per lavoro e venire in azienda rimane alta. Nonostante le incertezze che la pandemia ha dettato, Technowrapp, grazie ai suoi preziosi

collaboratori, ha continuato l’attività di installazione delle proprie macchine in tutto il mondo, dimostrando dedizione e senso di responsabilità delle sue persone. Ovviamente con la pandemia il mercato si è dimostrato meno disposto ad effettuare investimenti; nonostante ciò l’attività di Technowrapp è proseguita e come una nave ben salda è riuscita a superare la tempesta. E l’attuale guerra Russia-Ucraina? In questo particolare momento non abbiamo rapporti commerciali con Russia e Ucraina, quindi, da questo punto di vista, non c’è stato un problema di forniture. Ovviamente questa, oltre alla precedente crisi provocata dalla pandemia, rappresenta un’ulteriore incertezza che raffredda il mercato e rende più complessa la reperibilità di materie prime e semilavorati. Rispetto al mercato di 20 anni fa cosa e come è cambiato il rapporto con i clienti? È cambiato proprio il cliente e la sua dimensione. Oggi ci sono clienti indubbiamente più esigenti, ma questo è


Conosciamo le aziende di casa nostra naturale se un’azienda, come nel nostro caso, cresce e riesce a specializzarsi in ciò che fa. Technowrapp è cresciuta ed ha acquisito conoscenza nel corso degli anni anche perché ha affrontato impianti sempre più complessi, sempre più sfidanti, dovendo cercare ogni volta nuove soluzioni e nuove tecnologie per soddisfare ciò che il cliente richiedeva. Attualmente quali sono gli obiettivi prioritari dell’azienda? Innanzitutto continuare la crescita, mantenendo i nostri valori e continuando a lavorare sul benessere delle persone. Indubbiamente è difficile che tutti siano sempre allineati con i valori aziendali,

ma ognuno dei nostri collaboratori ha la responsabilità di fare in modo che siano sempre ben chiari e siano la base per operare quotidianamente. L’obiettivo che Technowrapp si pone nei confronti dei propri clienti è quello di installare i propri impianti con zero ritardi, offrendo un servizio di supporto ed intervento entro 24 ore dalla chiamata. Quale è il rapporto dell’azienda con il tessuto locale? C’è sempre entusiasmo nel coinvolgere le scuole e spiegare ai ragazzi come si fa impresa e di cosa si occupa Technowrapp. Inoltre l’azienda cerca sempre i migliori collaboratori del territorio e si impegna attivamente nel formarli con l'obiettivo di avere sempre una squadra coesa e performante.

La sua azienda in questi anni ha indubbiamente avuto una crescita, sia in termini economici, sia di addetti che di produzione. A suo avviso a cosa è dovuto? La crescita è conseguenza di un chiaro progetto aziendale e della determinazione nel perseguire i punti che lo costituiscono. Anche la scelta delle persone, la loro formazione, la trasparenza nei rapporti, il confronto e l’ascolto, rendono effettivamente attuabile il piano strategico e quindi la crescita.

che in parte è innata ma che va poi continuamente allenata. Questo è ciò che viene fatto in Technowrapp. “Senza ascolto, ci dice Ceccarelli, non c’è crescita ed è proprio dalla volontà di ascoltare in maniera attiva e con l’intento di capire, che 20 anni fa, ho creato Technowrapp. È grazie all’'ascolto che si può migliorare e capire il futuro”. Una logica, questa, che indiscutibilmente anima e muove l'essenza di Technowrapp. (E.R.) - (p.r.)

Con l’amministratore Ceccarelli abbiamo anche parlato di un tema molto importante in Technowrapp e che sta a cuore a chi lavora in azienda, nessuno escluso. Si chiama Listenability, e rappresenta, di fatto, un movimento culturale e un modo di agire su cui Technowrapp ha fortemente puntato negli ultimi anni. Si tratta, in sintesi, della capacità di ascoltare il cliente e le sue esigenze come anche la capacità di sapersi ascoltare tra collaboratori. Capacità 37


Le strane curiosità di Francesco Zadra

Vi dichiaro marito e mo...nitor Il giapponese che sposò un ologramma

S

ta destando scalpore la storia di Akihiko Kondo, il 38enne giapponese convolato a nozze con un ologramma (sic) dotato di intelligenza artificiale. Con tanto di celebrazione, invitati e attestato di matrimonio. Privo, ovviamente, di valore legale. Quello che di primo acchìto può risultare surreale, finanche divertente, è in realtà indice di una situazione drammatica: nel Paese del sol levante è in corso (e da ben prima del Covid) un'autentica epidemia di solitudine che ha spinto il governo a istituire perfino un ministero ad hoc per contrastarla. In questo scenario distopico non stupisce che ci

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sia chi decide di giurare amore eterno a un personaggio di finzione. Qualche lettore storcerà il naso, ritenendo le nozze tra il nostro nipponico amico e la sua digitale consorte una mera goliardata da scapolo impenitente, gonfiata a dismisura pur di fare notizia e priva di correlazione con le tristi dinamiche sociologiche che affliggono la terra dei samurai. Senza giudicare nè la persona nè la situazione, di cui conosciamo ben poco, non possiamo chiudere gli occhi di fronte ai dati che posizionano il Giappone tra i Paesi con il più alto numero di suicidi, con oltre 30'000 morti all'anno. Senza contare l'elevato tasso di depressione e disturbi

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Le strane cuoriosità d'ansia tra i giovani, che da luogo al fenomeno degli hikikomori: circa un milione di persone autorecluse in casa e restie a qualsiasi contatto umano, spesso per anni, a volte decenni. E, in cauda venenum, è in ascesa pure il numero dei "fictosessuali", ossia persone che, come il sig. Kondo, affermano di essere sessualmente attratte da personaggi di finzione quali protagonisti di cartoni animati, fumetti o videogiochi. Una vera e propria fuga dalla realtà. E non si tratta neppure di una tendenza marginale: parliamo di decine di migliaia di persone. Macché fuga, è un esodo, una migrazione di massa dai rapporti umani verso un loro irreale surrogato. Dove c'è "mercato" spunta presto chi fiuta gli affari: sui nastri trasportatori dell'azienda Vinclu scorrono migliaia di componenti elettroniche che, una volta assemblate, daranno vita a GateBox. Un costoso dispositivo, simile a una campana di vetro,

dentro cui viene proiettato l'ologramma di un cartone animato con il quale interagire. Una versione 2.0 dell'homunculus, il mitologico uomo in miniatura che fior di alchimisti rinascimentali sostennero, senza prove, di saper creare. Con la differenza che il nostro ologramma mini-size non si limita a fare la bella statuina dentro un alambicco. E neppure s'accontenta di interagire con il "partner" a mo' di Alexa. Infatti, oltre a predire il meteo ed enunciare le principali news del giorno, Gatebox è in grado di percepire (tramite geolocalizzazione) gli spostamenti del padrone e mandare, nell'arco della giornata, affettuosi messaggini per dirgli quanta nostalgia e amore provi nei suoi confronti, rammentandogli di tornare presto a casa. Sennò si 'fredda la cena. O, più plausibilmente, si scarica la batteria. Che sia solo un banale giochetto ingiustamente demonizzato da profeti di sventura? A smentire questa, lecita, obiezione ci

pensa direttamente l'azienda produttrice, con i suoi spot pubblicitari in cui mostra come lo scopo di GateBox sia di lenire la depressione di chi l'acquista, facendolo sentire amato e conscio che, anche dopo una dura giornata lavorativa, avrà qualcuno a casa ad aspettarlo. Quel "qualcuno" è ovviamente il loro proiettore di ologrammi. Ma il problema non è il prodotto in sè (affermare ciò equivarrebbe, per alludere a un celebre detto, a fissare stoltamente il dito del saggio mentre questi indica la luna) bensì l'uso che gli stessi ideatori ne indicano. Ciò non può che avere effetti devastanti: una Società che ritiene che il rimedio alla solitudine sia rifugiarsi in una relazione fittizia si arrende al proprio declino e spinge migliaia di persone sofferenti a gettare la spugna, non cercando più aiuto nei propri simili ma preferendo l'affetto fake di consorti olografiche. Cosa non si fa per qualche lira (pardon: yen) in più.

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Il personaggio di Alex De Boni

FRANCESCO FELTRIN, genio di casa nostra

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o zumellese Francesco Feltrin ha incantato il Salone del Mobile di Milano con la sua nuova creazione, attirando l’attenzione di mezzo mondo. Laureato in Architettura presso l’Università degli Studi di Trieste, nel 2016 Francesco si trasferisce a Londra per seguire il Master in Design Products presso il Royal College of Art. È durante questo periodo che inizia a produrre le sue creazioni lavorando con il cemento e la ceramica. Lo stile è da subito evidente: un linguaggio brutale, sperimentale, psichedelico, svincolato ma anche cerebrale e metodico. In una famiglia di falegnami e ingegneri meccanici, Francesco unisce questo universo scientifico e rigoroso alla spiccata sensibilità data dalla madre, insegnante di lettere; un binomio utile per la sua arte. La sua mission: dare alla cultura un posto di rilievo all’interno della società, troppo focalizzata su questioni pratiche e immediate. “Alla cultura serve tempo, al mio lavoro

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serve tempo, per studiare e scegliere i materiali. Per questo mi sono rivolto a Ideal Work® per il mio progetto Burnout: oltre a sviluppare dei prodotti innovativi e performanti, come Microtopping®, l’azienda nel mio caso ha sviluppato un prodotto specifico e su misura, dimo-

strando grande professionalità e profonda conoscenza del materiale. Riuscire a vedere quello che gli altri non vedono: questa si può definire arte. Una capacità degli occhi, di cogliere qualcosa nel profondo, in uno sguardo, in un colore, o in un materiale e di adoperarlo per creare qualcosa di unico e irripetibile”. È quello che ha fatto con la soluzione cementizia Ideal Work® il designer Francesco Feltrin per il suo progetto Burnout. L’idea è quella di creare oggetti su piccola scala utilizzando in modo innovativo questo materiale. Le opere di Burnout sono così create mediante la produzione di una forma utilizzando legno e carta di giornale inseriti in uno stampo, in cui viene successivamente inserita la soluzione cementizia. Alla fine, l’interno contenente la carta viene bruciato. Ma se ci si aspetta che questa venga spazzata via dalle fiamme, ciò non avviene: un piccolo strato rimane saldo, e così un materiale fragile, che nasce come usa-e-getta e


Il personaggio destinato a sparire tra le fiamme, rimane e diventa qualcosa che potrebbe durare per decenni. “Sto ancora lavorando sodo per definire un linguaggio di superfici bruciate, e sembra chiaro che il risultato sarà diverso ogni volta, anche quando si fa una serie limitata dello stesso oggetto. È il fuoco stesso che garantisce questo insolito effetto. Ho il controllo della forma generale, ma è il fuoco che definisce il pezzo finale, scolpendo il cemento e dandogli questo esito imprevedibile e incredibile.” Il successo ottenuto non ha lasciato indifferente neppure Luca Zaia: “Nei giorni del salone del mobile a Milano, ha detto, ha letteralmente spopolato un’innovativa e particolare sedia, chiamata “No more less”. Opera del designer veneto Francesco Feltrin, 37enne originario di Mel che dal 2016 vive e lavora a Londra, la sedia è un esempio di economica circolare, realizzata esclusivamente con materiali

sostenibili, legno di rovere e lana di pecora”. Francesco, oggi designer affermato e professore universitario a Londra, dopo la scomparsa del padre nel 2003 eredita insieme alla sorella Barbara,la Feltrin legno, azienda di famiglia. Una passione tramandata, quella per il lavoro artigianale, che ha portato Francesco a ideare un prodotto destinato a durare nel tempo, in un mondo sempre meno avvezzo al riparare e sempre più incline al sostituire. Anche se da ormai diverso tempo vive nella capitale inglese, il sogno di France-

sco è tornare a Mel e portare in Veneto ciò che ha appreso e imparato all’estero, dando un prezioso contributo ai giovani bellunesi interessati a intraprendere la sua stessa strada. Anche perché, come dice lo stesso Francesco, a Belluno c’è qualcosa che i londinesi si sognano: le montagne”.

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Fra storia e religione di Waimer Perinelli

Madonna di Caravaggio: Un santuario tre province

Trento, Belluno e Bergamo unite nella fede, leggenda e storia.

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niziamo dalla Fede nella Madonna. Sono diverse migliaia le chiese dedicate in tutto il mondo a Maria, madre di Cristo e molte di queste sono santuari ovvero luoghi consacrati dove accadono eventi miracolosi. La nascita di un santuario mariano è legata spesso al ritrovamento di immagini o statue della Madonna, oppure ad una Sua apparizione ovvero manifestazione di espressa volontà. A quest'evento non infrequente e comunque misterioso, sono legati i maggiori e più famosi santuari. Da Lourdes, in Francia, a Fatima in Portogallo, a Medjugorje in Bosnia-Erzegovina sorti in tempi relativamente recenti; il primo nel 1858 quando Maria apparve a alla

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tradizione millenaria ancora praticata, si stavano scannando fra di loro per la presa del potere, Venezia, la Francia, Lombardia. Nella località dell'apparizione, a circa due chilometri da Bergamo, c'era una fonte divenuta miracolosa da cui prende il nome il santuario di Maria del Fonte o di Caravaggio, paese noto in tutto il mondo, non solo dell'arte, per la nascita di Michelangelo Merisi, grande pittore del XVII secolo. E' il 1729 quando, sempre nel mese di maggio, ad una pastorella secondo la tradizione, in realtà all'anagrafe una donna di trent'anni, appare la Madonna in località Montagnaga sull'altipiano di Pinè, comune della Valsugana. Ad apparire a Domenica Targa è , secondo il suo racconto , la stessa persona divina apparsa tre secoli prima giovane Bernadette, il secondo nel 1917 quando apparve ai tre pastorelli portoghesi e all'inizio degli anni 80 del Novecento quando a vederla ed ascoltarla furono sei giovani nella vicina ex Jugoslavia. Storie recenti a cui si collega un'antica tradizione nella quale scopriamo con simpatia, stupore e curiosità un filo diretto che unisce le tre province di Bergamo, Trento e Belluno. Un filo che ci conduce nella leggenda e storia. E' il 26 maggio del 1432 quando nella località lombarda di Caravaggio, Maria apparve alla giovane Giannetta de' Vacchi, sposata Varoli, annunciandole che avrebbe intercesso presso Dio per la salvezza dei cristiani che, come da


Fra storia e religione

a Giannetta nella zona di Caravaggio. Narra la leggenda e conferma la storia, che Domenica avesse in calendario un pellegrinaggio proprio nella località bergamasca, ma che non vi si potesse recare per motivi familiari. Maria avrebbe perciò avuto pietà della sua fede e fu Lei, il 14 maggio, a visitare la giovane nel luogo, detto della Comparsa. A Pinè già esisteva la chiesetta dedicata a San'Anna nella quale il custode Giacomo Moser aveva appeso un quadro votivo, raffigurante l'apparizione a Giannetta, fatto dipingere a ignoto pittore trentino dopo un pellegrinaggio a Caravaggio. L'apparizione non convinse del tutto le autorità della Chiesa che nel 1911 sentenziarono non potersi accogliere completamente la versione di Domenica Targa, ma il dubbio non ha mai fermato i fedeli

che a migliaia hanno visitato e visitano il santuario dove, come testimoniamo centinaia di ex voto, i miracoli avvengono veramente o almeno tali sono considerati eventi straordinari altrimenti non spiegabili dalla ragione. Il santuario della Valsugana divenne subito famoso anche in Veneto e quel quadro, che tanto era piaciuto alla giovane trentina, colpì la fantasia e la fede di Teresa Tison, abitante a Visome la frazione di Belluno, attraversata dal torrente Turriga, affluente del Piave, ai piedi dell'altipiano Castionese, sulla via che conduce a Feltre. Recatasi in pellegrinaggio nel 1832 a Montagnaga, la bellunese Tison portò al proprio paese un'immagine della Madonna di Pinè che ottenne di appendere nell'esistente chiesa dedicata a sant'Andrea. Così, com'era già accaduto per i fedeli trentini più propensi e venerare e impetrare miracoli al vicino santuario piuttosto che affrontare il lungo viaggio verso Caravaggio, anche i fedeli bellunesi trovarono meno impegnativo recarsi a Visome piuttosto che andare in

Trentino e fu così che la Madonna di Caravaggio, già di Pinè, crebbe nella fede locale. Nel 1852, singolarmente a sei anni dalla comparsa di Lourdes, il quadretto di Teresa Tison fu smarrito e sul finire del secolo venne sostituito da un gruppo scultoreo dipinto di Angelo Majer. Il cerchio, santo o magico che dir si voglia, si chiude unendo con un tratto di santità Bergamo, Trento e Belluno. Accenniamo in conclusione ad alcuni degli eventi miracolosi più importanti legati alla nascita di santuari mariani dove tuttavia non si è avuta l'apparizione di Maria. Tra i più famosi il santuario di Loreto dove gli angeli avrebbero trasferito in volo la casetta di Nazareth nella quale era vissuto Gesù con la Madre; il santuario della Madonna della Corona in Valle dell'Adige, alle porte di Verona, dove in volo sarebbe giunta nel XV secolo una statua custodita a Rodi o la Madonna di Czestochowa, santuario legato ad un'immagine della Madonna Nera di origine bizantina, in Polonia alla quale era particolarmente legato papa Giovanni Paolo secondo. Tutte le strade portano a Roma che, con oltre 15 milioni di pellegrini l'anno, è la capitale della Fede di cui la Madonna è indiscussa custode.

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FONZASO IL

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onzaso, in lingua veneta Fonzàs, è un comune di poco più di tremila abitanti distribuiti nel capoluogo e nelle frazioni di Arten, Frassenè, Agana, Giaroni e Pederencon. Le prime tre si trovano sulla destra orografica del torrente Cismon, le ultime due alla sinistra di questo corso d'acqua che, se da una parte si pone come divisorio geografico, dall'altra è stato per secoli un polmone economico trasportando il legname verso il fiume Brenta di cui è affluente e da lì al mare dove la Repubblica di Venezia lo usava per edifici civili o militari e costruzioni navali. Altre località minori sono Case Lira, Pedesalto, Case Balzan e Calderal. Il legno ricavato dai propri boschi o da quelli limitrofi del Primiero Trentino, è stato la secolare e principale risorsa della comunità che nel XVI secolo divenne famosa anche per la produzione di spade dei maestri Zandonà, Andrea Ferara e Giacomo da Fonzaso. Oggi il paese gode di una variegata produzione industriale e artigianale nonché di ricca offerta turistica. Fonzaso, sorto su una vasta piana racchiusa dai monti Aurin, Avena e Grappa,

PAESE DELLE SPADE

creatasi dal lento scorrere del fiume Cismon, da sempre è stato un importante punto di collegamento tra le province di Belluno, Trento e Vicenza. Il paese è infatti al centro di importanti vie stradali che collegano Bassano del Grappa al Feltrino e alla valle del Primiero. Questa viabilità è stata probabilmente all'origine del paese legato fin dalla fondazione alla città di Feltre (Feltria) e dunque alla storia di Roma che costruì la strada Paolina, derivazione della più celebre Claudia Augusta Altinate. Queste vie portarono benessere e commerci ma anche invasioni barbariche delle quali rimangono anche importanti reperti archeologici appartenenti al re vandalo Geilamiro. Nel Medioevo fu coinvolta nelle lotte tra l'Impero , la repubblica di Venezia e le signori locali fra le quali svettano i nobili ghibellini Fonzasia ai quali nel 1521 i veneziani distrussero il castello.

Nel 1404 Fonzaso entrò a far parte della Repubblica di Venezia. A felici momenti economici si alternarono periodi di carestia e specialmente nell'Ottocento la maggiore industria fu l'emigrazione. Il comune venne coinvolto pesantemente nella due guerre mondiali : la prima fu al centro degli attacchi e contro attacchi austriaci e italiani tanto da meritarsi alla fine del conflitto la Croce al merito di guerra; nella seconda fu terreno di lotta fra partigiani, del Battaglione partigiano Angelo Giuseppe Zancanaro. Oggi le croci sono solo nella bella chiesa dotata di un campanile alto 78 metri e nell'Eremo di san Micel. Per i turisti anche una affascinante parete di roccia per l'arrampicata.

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IL COVOLO DI SAN MICEL

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aese che vai...eremo che trovi. A Fonzaso nell'antro di un Covolo, una cavità formata dall’erosione della roccia a seguito delle glaciazioni, usata dai nostri antenati come riparo o alloggio temporaneo,c'è l' Eremo di san Michele detto in dialetto veneto locale San Micel. La storia dell’Eremo si lega alla distruzione nel 1521, per ordine del Senato Veneto, del castello che apparteneva alla famiglia Fonzasia e alla costruzione di una casetta per un uomo, chiamato guardiano del fuoco, perché incaricato di controllare e segnalare eventuali incendi. Un compito relativamente facile visto che dall'altura si domina tutta l'ampia pianura sottostante ma che richiedeva la costante presenza del custode, pagato dalla popolazione con una tassa detta “milella o minela” corrispondente a 2 chilogrammi di farina. Per il guardiano-pompiere il lavoro non mancava mai perché la principale attività economica di Fonzaso

era la lavorazione del legno e gli incendi erano frequenti. La casa del custode è stata restaurata dopo la seconda guerra mondiale con largo impiego di cemento e tecniche moderne. Poco lontano dalla casa del custode, detta castello a causa della presenza della merlatura,che dista circa 3 chilometri dal centro del paese, è stata edificata la chiesetta di san Michele, dotata di un piccolo oratorio,

raggiungibile a piedi percorrendo un sentiero lungo il quale si trovano numerosi capitelli. Da vedere anche la statua della Madonna posata negli anni 50 del Novecento. San Michele è il protettore dagli incendi e all’interno della chiesa c’è un suggestivo dipinto di autore ignoto, che raffigura Lucifero sconfitto dal Santo. A soffitto un affresco, in corso di restauro, raffigurante l'occhio di Dio.

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PARLA IL SINDACO CHRISTIAN PASA

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indaco, lei è stato chiamato ad occupare la carica di primo cittadino. Cosa significa per Lei? Ricoprire la carica di Sindaco significa per me rappresentare tutti i cittadini avendo sempre presente che mi è stato affidato il bene pubblico per essere gestito con responsabilità ed attenzione, correttezza e lealtà. Amministrare un territorio è per me sinonimo di costruire e promuovere il "bene comune" alla quale è necessario ridare contenuto vero. "Bene comune" è acqua, aria, terra, cultura, lavoro: beni individuali e collettivi, che vanno tutelati e difesi, perché siano a disposizione di tutti. Essere Sindaco di una comunità significa dialogare con i cittadini, ascoltare, attivarsi per risolvere problemi, più o meno grandi, che si manifestano; ascoltare e collaborare con associazioni culturali, sociali, sportive, imprenditoriali e sindacali, nella ricerca di

idee e soluzioni, che siano le migliori possibili per costruire una dimensione più vivibile e un tessuto sociale più ricco, aumentando il senso di appartenenza e la coesione sociale e dando vigore a tutti i campi. Essere Sindaco significa quindi fare in modo che i cittadini non si sentano vuoti da compiti e responsabilità ma renderli partecipi della costante vita attiva del comune. E che emozione ha provato nell'apprendere la sua elezione? L’elezione a Sindaco è stata un emozione particolarmente intensa viste le condizioni in cui per la prima volta il comune di Fonzaso si è trovato: un’unica lista candidata alle elezioni. Fonzaso quindi ha corso il rischio di non essere rappresentato da un Sindaco ma da un Commissario Prefettizio nel caso non avessimo raggiunto il quorum prefissato. Durante la giornata di votazioni il raggiungimento della soglia prevista è arrivato solo in tarda serata, poco prima della chiusura dei seggi. E’ stato pertanto un momento molto difficile per noi candidati, che solo dopo la

mezzanotte, dopo le opportune verifiche da parte dei presidenti dei seggi, è stato confermato lo scampato pericolo ed abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo. Potrebbe significarci quali progetti attuerà o pensa di attuare per la crescita e lo sviluppo socio-economico di Fonzaso Il valore fondamentale del territorio, attuale e futuro, del comune di Fonzaso risiede nell'aspetto che ancora è dominato dall'ambiente rurale, con gli insediamenti che conservano pienamente le caratteristiche storiche con facciate e piazze di valore sia estetico che storico. Ritengo doveroso impegnare la futura nostra amministrazione nella direzione della valorizzazione e della cura di tali aspetti, nella convinzione che la qualità della vita possa essere misurata anche nel senso della qualità estetica dell'ambiente in cui si vive oltre che nei servizi a disposizione. Un profuso impegno nella cura del territorio, sia urbano che rurale, possa essere fonte di attrattiva e quindi di valorizzazione, anche in senso economico, per i suoi cittadini. In termini di sviluppo sociale, al fine di rendere appetibile il Comune per l’arrivo di nuovi cittadini si intende potenziare e sviluppare l'area dedicata all'infanzia, riprogettando l'attuale struttura comunale ai fini di ampliare l'offerta formativa estendendo l'accoglienza ai bambini di età inferiore ai tre anni. Sarà valutata inoltre l'opportunità

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SPECIALE FONZASO e la sostenibilità economica di ospitare nel territorio una struttura dedicata anche all' asilo nido per l'infanzia. In questo senso fin da ora la nostra amministrazione inietta ingenti contributi per poter effettuare durante il periodo estivo i centri estivi per i ragazzi che si svolgono in collaborazione con le aziende del terzo settore operanti nel comune, attività di successo poiché attualmente sono già iscritti più 50 bambini. Industria, commercio e artigianato. Di certo voci importanti nella sua agenda istituzionale. Cosa ci dice in proposito? Attualmente la zona industriale di Fonzaso è in pieno sviluppo, con gli edifici dedicati quasi interamente occupati da attività. Uno dei problemi che si sta verificando nelle imprese del territorio è la reperibilità della manodopera necessaria al funzionamento di tali imprese: per questo è importante come descritto precedentemente bisogna fare

in modo che il Comune diventi un luogo interessante dove immaginare il proprio futuro residenziale attraverso i servizi offerti alla persona.. Sarà perseguito il dialogo con le attività produttive presenti nel territorio in questo momento di ripresa economica, collaborando con loro al fine di garantire la presenza ed incrementare lo sviluppo a favore della collettività anche attraverso il miglioramento della viabilità della zona industriale, l’accesso all'approvvigionamento idrico ed elettrico che potrebbe risultare non adeguato rispetto alle necessità attuali. L’azione dell’attività amministrativa, improntata allo sviluppo sostenibile del territorio, andrà a favore delle aziende commerciali e turistiche che sapranno cogliere le iniziative e le opportunità che si verranno a creare. I giovani e lo sport, che posto occuperanno nella sua agenda futura il nuovo indirizzo scolastico presente nell'i-

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stituto comprensivo del nostro Comune ci da la ragione per sviluppare un'adeguata progettazione degli spazi esterni all'edificio scolastico che ospita la scuola secondaria di primo grado con le finalità richieste: una completa e profonda riqualificazione garantendo gli spazi necessari per svolgere le principali attività sportive previste dal corso. Promuoveremo interventi di manutenzione e potenziamento delle strutture sportive esistenti al fine di garantire la massima fruibilità da parte delle Associazioni del territorio, ciclismo, atletica, rugby, calcio e della popolazione, in particolar modo in questo momento in cui due grandi associazioni presentano numeri elevati di giovani. Saranno sviluppati e già in progettazione itinerari ciclabili e percorsi escursionistici anche attraverso la collaborazione nei progetti condivisi con i Comuni confinanti.

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LA PRO LOCO DI FONZASO Parla il Presidente Tarcisio Zuglian

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ome e quando nasce la Pro Loco di Fonzaso? La Pro Loco di Fonzaso nasce nel lontano 1969 per espressa volontà dei Sigg. Bertelle Giovanni, Parteli Mario, Cardile Pietro, Ceccato Giampietro, Casagrande Ruggero, Corso Ettore, Zera Giovanni, De Boni Lodovico, Vettorel Don Giovanni, Morlin Mario e Dalla Santa Giovanni. Insieme volevano dare una forte opportunità di crescita alla città e per questo il 4 aprile 1969 è stato redatto il primo statuto dell’associazione. Quest’anno è stato rinnovato il consiglio, che per la prima volta dopo anni ha visto un vero e proprio rinnovamento con più della metà di nuovi ingressi. Negli scorsi anni, purtroppo, si stava rivelando difficile trovare nuovi candidati, ma quest’anno abbiamo avuto una buona disponibilità che ci rende ancora più fiduciosi ed ottimisti. Il 27 maggio 2022, in assemblea straordinaria, abbiamo approvato il nuovo statuto, a breve verremo inseriti nel RUNTS (Registro Unico del Terzo Settore) che se da una parte ci mette più vincoli a livello burocratico/fiscale, dall’altra è auspicabile ci dia qualche opportunità per accedere a contributi, bandi e riduzioni di tasse

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e imposte. Ci auguriamo che ci sia meno burocrazia per l’organizzazione delle manifestazioni. Aspettiamo fiduciosi le decisioni Governative. Riteniamo giusta la trasparenza, ma rendere una associazione di volontariato al pari di una impresa è troppo, vorrebbe dire far morire le associazioni di volontariato con quello che ne consegue. Presidente, quali le manifestazioni che annualmente organizzate e che sono vero richiamo per le varie comunità. Lo scorso anno siamo stati tra i pochi che sono riusciti ad organizzare delle manifestazioni, seppur con limitazioni dovute al Covid. Grazie a tenacia e a tanta forza di volontà abbiamo organizzato: IL SETTEMBRE FONZASINO (festa patronale) e - la ormai nota - FESTA DELL’ UVA, per chiudere a NATALE con l’accensione degli alberi e delle luminarie del paese. Bisogna riconoscere che siamo stati sostenuti in tutto ciò dall’ Amm. Comunale che ci ha ridotto al minimo le pratiche burocratiche. Per il 2022 abbiamo programmato una serie di iniziative (vedi programma dettagliato) che culmineranno con il richiamo più forte per Fonzaso, riconosciuta ormai anche a livello regionale e dalle regioni limitrofe, la FESTA Dell’UVA, la quale si terrà l’ultimo week end di settembre. Fonzaso, in passato, era zona tipica di vigneti e di rinomati vini, che venivano commercializzati sia in Italia fino alla corte di Francesco Giuseppe. Per questo, nei lontani anni ’20 si iniziò a festeggiare con carri allegorici, canti e musica. È una manifestazione in continua crescita ed è inserita nei circuiti regionali e nazionali delle Pro Loco. Quest’anno poi viene inserita una nuova

manifestazione tendente a far conoscere un prodotto tipico della zona di Fonzaso, Il fagiolo BONEL. Un tipico fagiolo con particolari caratteristiche organolettiche. Come la Pro Loco si inserisce nel tessuto sociale della comunità? La Pro Loco deve avere come scopo principale quanto è citato dallo statuto: “Difendere il patrimonio culturale, ambientale e storico del paese e promuoverne la conoscenza. Aver chiari questi principi è in questo contesto si inseriscono le attività turistiche, le tradizioni popolari, l’artigianato e le feste paesane”. In sostanza far vivere il paese. Quindi la Pro Loco non deve essere una cosa a sé stante ma un punto di riferimento anche per le altre associazioni presenti sul territorio. Va citato che la Pro Loco deve essere in stretto contatto con l’Amm. Comunale per promuovere iniziative volte a far conoscere Fonzaso in tutti i contesti. Auspichiamo che questa collaborazione, forse un po’ trascurata in tempi passati, diventi sempre più forte. I nostri cittadini ci hanno dimostrato di credere nel progetto e nell’associazione; infatti, siamo passati da 65 tesserati del 2020 ai 147 del 2022. Ci stanno credendo anche le aziende e i commercianti che ci danno il loro aiuto economico, segno che ci fa ben sperare per il futuro. Un punto fermo deve rimanere il coinvolgimento dei giovani e il ricambio generazionale, sappiamo è un percorso faticoso, ma ci proveremo. E in che maniera la Pro Loco concorre ai processi di socializzazione e di crescita dei ragazzi? Questo è un punto difficile. Negli anni sono state poche le iniziative rivolte ai ragazzi e ai bambini, perché purtroppo non abbiamo spazi adatti alle aggregazioni. Nell’area dove hanno sede le associazioni (ex INAPLI) , sarebbe bello avere un campo da basket e un migliore utilizzo del


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campo di tennis, etc.. Quest’anno abbiamo in programma degli appuntamenti organizzati ad hoc per bambini e famiglie, dove i bambini saranno coinvolti in prima persona anche nei servizi. Cercheremo la massima collaborazione delle scuole materne, elementari e medie. Abbiamo però a Fonzaso delle bellissime realtà giovanili, come: il G.S. Fonzaso, che si occupa della crescita dei giovani nel ciclismo; l’ A.S.D Fonzaso, società che sviluppa attività ludico-motorie per giovani e meno giovani e dove ci sono atleti che si stanno distinguendo a livello Italiano ed Europeo nell’ orienteering; il Basket Fonzaso con attività giovanile sulla pallacanestro; l’ A.S.D Arten per il calcio con squadre dai pulcini in su; I DRAGHI società di Rugby che ha anche un settore giovanile.

Infine, da non dimenticare, Dolomiti Hub che ha svariati programmi orientati ai giovani ed alla loro crescita. Possiamo dire che a Fonzaso non manca quasi nulla, forse dobbiamo crescere dal punto di vista delle sinergie. Pro Loco e le associazioni di volontariato e di solidarietà: Qual è la sinergia di intenti? Nel Comune di Fonzaso esistono più di 20 associazioni, abbiamo già avuto incontri e scambi di opinioni e idee. C’è molta aspettativa per quanto riguarda la Pro Loco e da parte nostra si cercherà la massima collaborazione ed apertura. La Pro Loco inserita nel circuito UNPLI può avere le conoscenze burocratiche e assicurative per la tutela di tutti i volontari che fanno parte di altre associazioni collaboranti con la Pro Loco.

Stiamo già creando delle sinergie per sviluppare percorsi per Ebike e sentieri per incentivare quei settori di turismo in continua crescita, come il ciclismo e il podismo. Ci auguriamo che da parte delle Amministrazioni ci sia una forte sensibilità nello sviluppo di tali iniziative. Inoltre, a Fonzaso ha sede la Manifattura Valcismon che vanta marchi leader del settore e riconosciuti a livello mondiale come Sportful, Castelli e Karpos che dà visibilità alla città. Progetti per il futuro? Diciamo una parola solo: CRESCERE, sotto tutti i punti di vista e specialmente dove abbiamo delle carenze che abbiamo evidenziato nei punti precedenti. Dobbiamo essere un credibile punto di riferimento per la Città di Fonzaso, e sottolineo Città, perché non tutti sanno che Fonzaso è città per meriti di guerra. L’auspicio è che il nostro impegno sia premiato poi da una grande partecipazione sia a livello amministrativo, dalle altre associazioni e dai cittadini.

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La Festa dell'Uva e dei vini della montagna bellunese

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onzaso, è un paese ricco di bellezze naturali, di cultura e di storia. Fin dalla sua nascita i sodalizi che si sono alternati si sono prodigati a far conoscere Fonzaso non solo a livello provinciale, ma anche regionale. Molte le manifestazioni che vengono organizzate ogni anno. E una di queste , considerata quella “clou” è “La festa dell'uva e dei vini della montagna bellunese”. Una particolare tradizione non solo con degustazioni, convegni/ seminari con la partecipazione delle scuole agrarie venete, ma anche tanto folclore con la grande sfilata di carri e figuranti

allegorici. E ancora, visite guidate per far conoscere le bellezze del territorio, le ville cinquecentesche e lo storico emblea di Fonzaso il” Castel di San Micel” incastronato fra le rocce sopra l'abitato Fonzasino. Presso la sede, ad ogni manifestazione, viene allestito un punto di ristoro dove si possono assaporare piatti con i prodotti tipici del territorio accompagnati dai vini della montagna bellunese . (Tratto da Pro Loco Fonzaso).

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Personaggi e arte di Waimer Perinelli

AUGUSTO MURER HA SCOLPITO IL MONDO

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ento anni fa, il 21 maggio del 1922, nasceva a Falcade, nelle Dolomiti bellunesi, Augusto Murer, l'artista che ha conquistato Mosca. Scultore, pittore, partigiano, Murer è l’unico artista bellunese di cui siano conservate opere nel prestigioso Ermitage di San Pietroburgo. Del resto, tracce della sua opera artistica si trovano sparse non solo nei musei, ma anche in numerose vie e piazze d’Italia, e in diversi palazzi, monumenti e opere civili. Nato in un comune che in ladino si chiama Falciade, posto all'estremità della parte occidentale della valle del Biois sul confine con il Trentino, Augusto Murer è stato un orgoglioso figlio della montagna bellunese e delle Dolomiti, ma si è nutrito artisticamente della grande cultura veneziana. Tuttavia dedicatosi fin dall’infanzia al disegno e allo “scavo” del legno delle sue montagne, egli ha frequentato inizialmente la Scuola d'Arte di Ortisei, l'alti-

piano ladino sud tirolese per eccellenza, sotto la direzione del Maestro Li Rosi. Ma la vera germinazione di quella che sarà la sua poetica Murer la colse dalla frequentazione di Arturo Martini (Treviso, 11 agosto 1889 – Milano, 22 marzo 1947). Fu un rapporto breve, racchiuso nel volgere dell'autunno 1943, fino a quando il maestro e l'allievo dovettero abbandonare Venezia per seguire strade indicate da opposte ideologie. Martini era diventato scultore ufficiale della cultura mussoliniana, mentre Murer aveva aderito all'ideologia decisamente opposta. Ma per il bellunese quella parentesi fu fondamentale per lo sviluppo del proprio linguaggio e per l'affinamento di una visione estetica fino ad allora eccezionale ma spontanea. Più tardi dirà che Martini gli tolse le "cateratte dagli occhi" e gli fece capire la differenza fra il bello e il brutto.

Una separazione inevitabile e furono quelli gli anni dell’impegno civile: Murer partecipò alla Resistenza, fu partigiano nelle file della Brigata Fratelli Fenti. E dopo la fine della guerra fu impegnato con grande passione artistica nella fase di rinnovamento che segnò la nascita della storia repubblicana e democratica del Paese. Nel dopoguerra Murer seguì la strada tracciata dal maestro senza subire quelle sbandate artistiche che Martini, scultore orafo e ceramista, aveva percorso passando attraverso i principali movimenti del 55


Personaggi e arte

900, futurismo compreso. Murer iniziò la sua carriera da scultore proprio nel 1945, e ai primi anni risalgono opere di notevole rilievo: la Via Crucis della chiesa di Falcade (1946), la Pietà del monumento-ossario di Belluno (1949), la Preghiera dei montanari (1952) donata al Papa dall’ente turistico, i pannelli lignei sul Lavoro realizzati per la Camera di Commercio (1952). È del 1953 la mostra alla Galleria Cairola di Milano, dopo la quale Murer si affermò come artista di livello nazionale. E negli anni seguenti, fino alla morte, l’artista lavorò a importanti commissioni per monumenti e opere civili, tra cui: il Monumento alla Partigiana di Venezia (1964), i pannelli bronzei per il Ventennale della Resistenza e della Liberazione di Belluno (1965) Passo dopo passo Murer con la tenacia della gente di montagna e con i doni delle fate era diventato protagonista nel Veneto,in Italia e nel mondo delle istanze di rinnovamento del secondo dopoguerra, lasciando nel patrimonio pubblico e privato il segno di una forza creativa in sintonia con la crescita della comunità e in un significativo rapporto di amicizia e collaborazione 56

con coetanei e conterranei come Andrea Zanzotto, Mario Rigoni Stern e Tono Zancanaro. Un’attività, quella di Murer, di grande spessore civile dimostrato in particolare dai lontani disegni sul lavoro dei minatori della Valle Imperina, non a caso scelti poi dal Veneto per ricordare gli italiani caduti nella tragedia di Marcinelle (1956-2006), dal monumento realizzato nel 1968 a Vittorio Veneto per il cinquantesimo della prima guerra mondiale, dalla grande figura in bronzo del 1974 sulla sommità del Grappa e dalla Partigiana a Venezia in collaborazione con Carlo Scarpa per ricordare la liberazione del Veneto e dell’Italia nella Resistenza del nazifascismo. La sua vita artistica è stata ricca di riconoscimenti internazionali e dell' amcizia di un grande Presidente della Repubblica quale Sandro Pertini. "Ricordarne il lavoro e l’eredità culturale nel modo più adeguato, in occasione del centenario della nascita e a trentasette anni dalla scomparsa, dice il presidente della provincia di Belluno Roberto Padrin, è dunque un dovere collettivo e delle istituzioni e, insieme, un’occasione

per riflettere sull’importante e originale contributo dei veneti all'arte in generale e alla nostra millenaria storia." Lo testimoniano, fra gli altri,il Monumento alla Vittoria a Vittorio Veneto (1968), la stele Monumento al Partigiano sul Monte Grappa (1974), il Monumento al Partigiano a Mirano (1975), il Monumento a Giacomo Matteotti a Rovigo (1978), e molti ancora. La carriera artistica è stata ricca di altre esperienze e altre forme, dipinti, disegni e opere grafiche. Degne di nota in particolare le acqueforti che illustrano “Il sergente nella neve” di Mario Rigoni Stern. L’internazionalità dell’artista ha avuto sempre come punto di riferimento l’atelier di Falcade, realizzato in mezzo ai boschi in località Molino nel 1972. Murer muore a Padova l’11 giugno 1985.

Nel centenario dalla nascita, l’artista e la sua opera verranno ricordati con una serie di eventi culturali che partono da Belluno, ma saranno distribuiti in tutto il Veneto e anche fuori dall’Italia



Paesi e città in controluce di Alice Vettorata

PEDAVENA E LE SUE VIE

S

olitamente in questa rubrica sono state trattate alcune biografie legate al comune di Feltre, e il frutto della loro connessione è stato narrato mediante le vie a loro dedicate. Nell’articolo di questo mese ci saranno alcune varianti, ma il principio rimane il medesimo. Raccontare storie di persone e territori. In questo caso ci spostiamo a Pedavena, comune confinante con quello feltrino il quale ha svolto un ruolo importante durante il corso della storia del territorio. Un luogo che si è dimostrato essere di rilievo sin dalla preistoria, grazie al ritrovamento di strumenti silicei appartenenti

all’uomo di Neanderthal e successivamente a tracce del passaggio dell’Impero Romano. Per giungere poi a rilevamenti dei resti di castelli edificati nel corso del 1400. Solo nel 1866, anno in cui venne riconosciuta l’autonomia della cittadina ai piedi del monte Avena, si riscoprì come nucleo a sé stante. Questa serie di eventi ha consentito a Pedavena di giungere ai giorni nostri così come la conosciamo ora. Attualmente è una cittadina particolarmente nota grazie a più fattori. Pedavena e in fattispecie il Monte Avena sono parte integrante del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi, motivo che attrae a sé numerosi visitatori ed escursionisti. Questi luoghi sono ideali anche per ospitare eventi di carattere sportivo di un certo calibro; basti pensare alle competizioni di parapendio a livello mondiale, come avvenuto nel 2016 e nazionale, verificatosi anche lo scorso giugno. Si aggiunge al ventaglio di offerte anche la Birreria Pedavena, un simbolo esportato internazionalmente. Proprio in questa porzione del comune, quella vicina alla Fabbrica della Birreria e annesso locale, si sviluppa la zona industriale che ospita un intreccio di strade interessanti per questa rubrica. Qui si intersecano tre vie, tre persone che hanno plasmato a fondo il

mondo per come lo conosciamo. Si tratta di un piccolo quartiere, se si può definire tale, che omaggia tre scienziati fondamentali per la nostra storia. Basandoci sulla cronologia della nascita di queste personalità troviamo prima Galileo Galilei, nato nel 1564, grande conoscitore pisano che tutti ricordiamo come il padre della scienza moderna. Colui che introdusse il metodo scientifico e la sperimentazione in quanto elementi irrinunciabili della conoscenza. Galilei operò inizialmente presso lo Studio di Padova, luogo fulcro per la sua carriera dato che qui ottenne una cattedra di matematica presso l’Università, pubblicò un trattato e riuscì, tra le altre cose, a constatare la

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Paesi e città in controluce

presenza delle macchie solari e degli anelli attorno al pianeta Saturno. Torniamo però a Pedavena. Perpendicolare a via Galilei si interseca la strada intitolata ad Alessandro Volta. Chimico, fisico e inventore comasco che come il suo predecessore visto poc'anzi, ha rivoluzionato il nostro modo di vivere. Volta nel 1776 nei pressi del Lago Mag-

giore scoprì l'aria infiammabile, nativa delle paludi, gas che oggi noi comunemente conosciamo con il nome di metano. Dopo alcuni embrionali studi realizzati sull’elettricità egli ottenne una cattedra di fisica sperimentale presso l'Università di Pavia, luogo che gli consentì, tramite i finanziamenti ottenuti dall’imperatore Giuseppe II, di disporre di un gabinetto di fisica contenente 150 strumenti scientifici. Gli studi sull’elettricità menzionati prima condussero Volta all'invenzione della pila, allora denominata come "apparato a colonna" o “organo elettrico artificiale” in riferimento a un organo elettrogeno presente nel pesce Raja Torpedine. Spaziando tra altre invenzioni e considerazioni filosofiche, Volta si affermò nell’olimpo degli scienziati e conoscitori più influenti. Concludendo il trittico scientifico, parallela a via Galilei è presente via Enrico Fermi. Il fisico romano nato nel 1901, dopo gli studi iniziali intrapresi negli ambiti fisi-

co-matematici venne scelto per la prima cattedra di fisica teorica in Italia, a Roma. Anche Fermi si fece ispirare dal nome di una via romana, quella in cui risiedeva il Regio istituto di fisica dell’Università di Roma per dare un nome al gruppo di scienziati con cui collaborava. “I ragazzi di via Panisperna” compirono studi sulla radioattività artificiale indotta dai neutroni lenti, scoperta che condusse alla prima fissione nucleare. Nel 1938 Fermi per questi studi ottenne il premio Nobel per la fisica. Benché siano noti i gravi effetti collaterali avuti da questo approfondimento, ad oggi sono attive teorie e ulteriori studi per applicare le scoperte volte a fini positivi. Galilei, Volta, Fermi. Tre nomi di spessore appartenenti al settore scientifico che si affacciano spesso tra le vie delle città italiane e non solo, ma che in questo caso, così vicine tra loro, creano un piccolo quartiere scientifico.

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Società oggi di Caterina Michieletto

Dolomiti aging:

la rete per il “buon invecchiamento”

Il progetto “Dolomiti aging: la rete per il buon invecchiamento” segna l’inizio di una stagione di collaborazione tra le amministrazioni comunali di Belluno, Feltre, Sedico e Cesiomaggiore e le rispettive aziende speciali (Ser.s.a. srl, gestore del servizio per il Comune di Belluno, Azienda Feltrina per i Servizi alla Persona e Azienda Speciale Sedico Servizi) con lo scopo di migliorare l’efficacia e l’efficienza dei servizi di assistenza socio-sanitaria alle persone anziane nell’ambito di un disegno di gestione unitario tra le istituzioni locali. La spinta alla cooperazione tra i diversi attori istituzionali si è tradotta nella stipulazione di un contratto di rete avente ad oggetto una catena di interventi decisivi per il raggiungimento di un obiettivo comune: il buon invecchiamento. La vocazione sociale dell’iniziativa, costruita attorno al nodo cruciale della qualità della vita della persona anziana, è destinata ad avere un importante riflesso anche sul versante economico: la condivisione di programmi presuppone la condivisione del personale, degli strumenti e delle capacità economiche per realizzarli, dunque, dell’organizzazione strategica e della distribuzione razionale delle risorse umane e finanziarie all’interno della rete. L’intervista al Direttore dell’Azienda Feltrina illustra le coordinate di questo progetto innovativo con l’auspicio che questa virtuosa forma di intesa tra amministrazioni e aziende speciali possa fungere da “volano” per ulteriori percorsi di coordinamento interistituzionale su tematiche e finalità condivise.

Nostra Intervista al dott. Paolo Piazza, Direttore dell’Azienda Feltrina per i servizi alla persona Partiamo dal “buon invecchiamento”, concetto che evolve alla luce delle trasformazioni economiche, sociali, culturali, demografiche. La rete Dolomiti aging ha inserito ap-

positamente questo aggettivo “buon” accanto ad “invecchiamento” che può sembrare un paradosso se si considera la dimensione di cui si occupano le nostre aziende, cioè quella della non autosufficienza. In realtà proprio in questo ossimoro c’è la chiave di lettura del nostro obiettivo di assicurare una buona qualità della vita alla persona anziana. Cosa significa il buon invecchiamento per un anziano non autosufficiente in casa di riposto? Essenzialmente significa tre cose. In primo luogo, si manifesta nella auto-

nomia decisionale e nella capacità di autodeterminarsi dell’anziano. C’è uno stigma che circonda l’idea di casa di riposo talvolta rafforzato anche dai media: la casa di riposo come il luogo dove si perdono tutte le autonomie possibili, non solo fisiche, di salute, ma anche quelle etiche decisionali. Per noi invece, questo aspetto, pur nella non autosufficienza, è un elemento fondamentale. Per esempio, riteniamo che il familiare sia uno degli elementi dell’autodeterminazione, cioè il vivere con la mia famiglia e il fatto che la mia famiglia possa vivere con l’anziano è un elemento importante. In secondo luogo, si fa riferimento alla salute, aspetto estremamente variabile. Ci sono casi difficili e delicati da gestire per cui il fatto di avere strutture con competenze sanitarie (ed il covid l’ha 61


Società oggi insegnato appieno) è un elemento strategico. Al contempo siamo consapevoli che le competenze sanitarie non sempre vanno di pari passo con la capacità di auto-determinarsi di cui si diceva sopra. Ad esempio, se si è ricoverati in ospedale si viene determinati in tutto e per tutto da qualcun altro. Infine, il terzo profilo si potrebbe esprimere in questi termini: che ad ogni persona sia garantito il posto giusto al momento giusto. Se l’anziano è parzialmente autosufficiente e può vivere ancora a casa allora è bene che viva a casa. La casa di riposo può sostituirsi alla famiglia quando il bisogno assistenziale di sicurezza della persona non è più gestibile da parte della famiglia. Pensiamo a patologie gravi come l’Alzheimer che creano una situazione di sofferenza e disperazione per l’intera la famiglia, in questo caso l’unica solu-

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zione è l’istituzionalizzazione, Tuttavia, finché è possibile è bene cercare altre soluzioni. Compatibilmente con le peculiarità di ogni singolo caso si cerca di prevenire l’istituzionalizzazione di anziani non autosufficienti che ancora possono godere di una qualità della vita all’esterno delle strutture. Bisogna cercare il più possibile di guardare al caso singolo e non vedere l’istituzionalizzazione come la via obbligata. Nell’ambito del PNRR si evidenzia l’urgente necessità di un potenziamento dell’intera filiera dei servizi, domiciliari, semi-residenziali, residenziali, ma soprattutto si incentiva lo stanziamento di investimenti per la non autosufficienza sulle misure a domicilio. A tal proposito, il Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza si è proposto di avviare nel 2022 proprio il Piano Nazionale di

Domiciliarità Integrata per gli anziani non autosufficienti. Si può affermare quindi che la direzione intrapresa sia a livello nazionale che di Unione Europea sia la medesima: il rafforzamento ed il consolidamento della domiciliarità. Un obiettivo, questo, particolarmente importante in un territorio montano come il nostro? In un territorio, specie come il nostro, è necessario avere un disegno. Decidere come sviluppare le case di riposo delle aree comunali, decidere di concerto quali caratteristiche devono avere e le strategie future è fondamentale per riuscire ad offrire il servizio giusto al momento giusto. Ad esempio se una casa di riposo vuole potenziare le strutture e i servizi per il secondo livello, che coincide con una sanitarizzazione della persona


Società oggi abbastanza spinta, ciò significa incrementare gli asset sanitari tecnologici (sviluppo di strumentazione, armadio farmaci etc.), aumentare il numero di infermieri di notte, intensificare i nuclei di contenimento per le demenze etc. Diversamente, se decide di concentrarsi sul primo livello cambiano le strategie, per esempio si investe di più nella creazione ed abbellimento degli spazi aperti. A bisogni differenziati corrispondono servizi differenziati in modo da riuscire a coprire il più possibile tutte le necessità. La rete Dolomiti aging consente di ridurre le difficoltà logistiche del nostro territorio che talvolta si presentano come barriere insormontabili. Pianificare è fondamentale e permette di individuare il centro di servizi che meglio risponde alle esigenze del singolo caso. Dopodiché bisogna tenere presente che l’assistenza sociosanitaria

erogata dalle nostre aziende è sempre una mediazione tra ciò che si può offrire e quello che è il bisogno. Un centro di servizi se viene considerato in modo isolato non potrà mai rispondere efficacemente a tutte le richieste, ma facendo rete tutti insieme si può prendere il meglio di tutti. Si potrebbe dire che non solo “l’unione fa la forza”, ma anche “l’unione fa la differenza ?”. Fa la differenza sia sotto il profilo del miglioramento della qualità dei servizi sia sotto il profilo della riduzione dei costi di acquisto mediante economie di scala. Dolomiti aging è anche questo: è un cordone che ci lega oltre che negli

obiettivi anche nella spesa e questo costituisce un vantaggio per eventuali sinergie economiche. Un sentito ringraziamento per la gentile disponibilità al Direttore dell’Azienda Feltrina per i servizi alla persona, dott. Paolo Piazza e alla Presidente del CDA di Azienda Feltrina, dott.ssa Margherita Rosato.

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I personaggi di ieri di Monica Argenta

Bronislaw Malinowski,

il padre dell'antropologia moderna

tra rigore scientifico e marketing dell'erotismo indigeno

B

ronislaw Malinowski naque a Cracovia nel 1884, figlio di una famiglia benestante appartenente all'allora Impero Austro-Ungarico. Dopo gli studi in patria, si trasferì in Inghilterra per perseguire i suoi interessi presso la London School of Economics dove gli venne data l'opportunità di viaggiare nel continente australiano per condurre degli studi sulle economie locali. Nel 1914, allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, si ritrovava in Papua dove le autorità britanniche lo trattennero fino alla fine della guerra permettendogli però di continuare i suoi studi su quelle piccole isole. Malinowski si ritrovò quindi “confinato” tra le popolazioni locali ma decise di fare di necessità virtù. Come lui stesso documenta nei suoi diari, se non altro per scacciare la noia e sopravvivere in un ambiente così diverso dal suo, si impose una routine di lavoro : tutti i giorni partecipava a quante più attività locali, annotando in modo quasi

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maniacale tutti i dettagli della vita degli isolani. Dapprima avvicinando i bambini, poi gli adulti e infine i capi locali, imparò a parlare la loro lingua e a scambiare informazioni e opinioni in modo diretto e approfondito. E' così che nacque l'”osservazione partecipante”, metodo che da Malinownski in poi diventa un pilastro della disciplina dell'etnografia. Da allora in poi, infatti, l'antropologia si distacca definitivamente dall'essere una riflessione teorica sulla cultura per divenire una scienza basata sui dati raccolti sul campo. Malinowki, dovendo imparare da zero non solo le strategie di sopravvivenza ma anche come relazionarsi con gli altri in un ambiente così diverso, formulò in modo scientifico la tesi che qualsiasi prodotto culturale ha uno scopo funzionale. In altre parole, non solo gli oggetti materiali ma anche quell'insieme di riti e credenze hanno, se analizzati fino in fondo, una loro funzione per permettere alla collettività

di sopravvivere. E' famosa infatti la sua analisi del “kula” , uno scambio rituale di doni tra gli abitanti delle diverse isole. Di fatti, gran parte della vita degli indigeni delle isole Trobriand si articola attorno a questa attività che consiste nel produrre collane o altri ornamenti con conchiglie che poi, attraverso dei lunghissimi viaggi in canoa, vengono fatti circolare ininterrottamente. Tutto quello che riguarda le attività del “kula” è altamente ritualizzato e codificato in un cerimoniale ricco di credenze magiche che, secondo Malinowski sono necessarie per garantire ai partecipanti la fiducia necessaria per instaurare rapporti, tipo quelli economici e matrimoniali, con persone mai incontrate prima. A noi, oggi, la teoria “funzionalista” può sembrare scontata ma a inizio del 1900 non lo era affatto. Soprattutto le credenze magiche dei così detti “popoli primitivi” , i loro canti e le loro danze erano interpretate dagli


I personaggi di ieri occidentali come evidenze di menti pubblicazioni semplici e non sviluppate dei nativi. Finita la guerra, Malinowski tornò a Londra, all'indice. divenne cittadino britannico e istituì L'Europa, una sua cattedra alla London School of letteralmente Economics. ingessata nei Il suo libro “Gli Argonauti del Pacifico sui costumi, del Sud” è tutt'ora un testo studiato non seppe da aspiranti etnografi e antropologi. In però resistere realtà, però, negli anni appena successivi alla curiosità, al suo rientro in Inghilterra, il suo nome per molti versi divenne famoso anche fuori dalle mura morbosa, di scoaccademiche per via di alcune pubblicazioni considerate scabrose all'epoca. prire il modo di Famosissimo divenne il suo libro del vivere riguardante 1929 “La Vita Sessuale dei Selvaggi nella donne dai seni Malanesia Nord-Occidentale” dove nudi e uomini dai l'autore affascinò l'intero occidente con perizomi minimalisti. i suoi resoconti di popolazioni esotiche L'uomo “comune” vestite, anzi svestite, di sole ghirlande cercava sempre più spesso di fiori. Numerose altre pubblicazioni libri di etnografia, divenne sempre più su questo tema ne seguirono, anche se ammaliato dagli usi e costumi di popolazioni lontane che spesso venivano alcune università misero questo tipo di Logo con colori quadricromia applicati

raffigurate (spesso erroneamente) come molto lascive. A dare grande slancio a questo tipo di pubblicazioni fu anche la concomitante diffusione della fotografia e Malinowski sposò proprio una fotografa che fu in grado di arricchire considerevolmente la fama del marito. Se per tutta la prima metà del secolo scorso e oltre il nostro immaginario collettivo ha associato le isole polinesiane a dei veri e propri Paradisi terrestri ed sessuali è stato anche a causa degli scritti di Malinowski che, oltre a essere stato un rigoroso scienziato, ha anche cavalcato l'onda di un marketing dell'erotismo camuffato da interesse accademico.

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Per conoscere le meraviglie nascoste del mondo di Alice Vettorata

Atlas Obscura

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'incontro avvenuto nel 2007 tra Joshua Foer, giornalista freelance e il regista e autore di documentari, Dylan Thura ha fatto nascere Atlas Ob-

scura, un progetto divulgativo dall’enorme successo. La necessità che mosse questa iniziativa fu quella dei due statunitensi che intendevano creare una raccolta di luoghi nel mondo non reperibili all’interno delle guide turistiche. Come viene messo in evidenza nel loro sito, la mission, ciò vale a dire l’obiettivo, di Atlas Obscura è quella

di ispirare meraviglia e curiosità nei confronti dell’incredibile mondo che tutti noi condividiamo. Realizzando un catalogo virtuale di luoghi, monumenti e siti naturali presenti nel nostro pianeta ha consentito ai più avidi di curiosità di conoscere località che avevano storie da narrare e tramandare. Con l’affermarsi del successo avuto, il team alle spalle di Atlas Obscura ha iniziato a incrementare le rubriche curate, ampliando notevolmente i settori d’interesse approfonditi. Ad oggi accedendo al loro sito si possono infatti leggere 24,619 storie che trattano, oltre a luoghi misteriosi e celati anche di cibi appartenenti a diverse cucine, dai

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Per conoscere le meraviglie nascoste del mondo piatti più celebri a quelli meno noti. La volontà di esplorare immergendosi in realtà ignote conoscendole nei loro vari aspetti culturali, gastronomici e d’intrattenimento non si sarebbe potuta saziare soltanto di un resoconto scritto di tali esperienze. Certamente le fonti fotografiche presenti nella pagina web sono essenziali, ma i creatori di questo enorme contenitore di curiosità ha deciso di proporre alcuni itinerari scelti da vivere appieno, recandosi nei luoghi narrati. Dal 2016 è possibile viaggiare percorrendo le tracce date dalle rubriche presenti nel sito, dato che sono stati attivati viaggi organizzati. Questo è stato fattibile fino al momento in cui non è sorta l’emergenza covid, ma ora si stanno riattivando alcuni piani viaggio. Come quello diretto per Lisbona, alla ricerca delle radici della cucina imperiale. Una modalità in cui sarà possibile apprendere la storia di questi

luoghi grazie a differenti sfere sensoriali, anche degustando le testimonianze e la cultura peculiari del Portogallo. Atlas Obscura oltre a ideare viaggi che richiedono una visita di più giornate ci permette anche di trovare idee per alcuni itinerari facilmente raggiungibili e vicini a noi, ideali per una gita durante il weekend. Accedendo al sito in questione e attivando la modalità “Luoghi vicini a me” sarà possibile localizzare quelle che potrebbero divenire le nostre mete. Partendo da Feltre vengono proposti quindici suggerimenti. Alcuni a noi noti e probabilmente già visitati, come Il sacrario militare del monte Grappa, il Ponte degli alpini a Bassano, le grotte del Caglieron e la piazza degli scacchi a Marostica. O i due luoghi legati allo scultore Antonio Canova; il museo e il tempio Canoviano, entrambi nella sua città natale Possagno. Nelle vicinanze, a Cornuda, viene consigliata la visita

alla Tipoteca. Altre invece potrebbero diventare delle piacevoli camminate, tra opere d’arte e sculture al Parco del Sojo a Lusiana e Arte Sella, o per i più piccoli e avventurosi il parco divertimenti ai Pioppi, situato a Nervesa. Navigando ulteriormente tra le proposte si scovano numerosi siti interessanti presso Asiago e Padova, la quale solo nel centro città racchiude dodici punti d’interesse, tra cui Pallazzo del Bo con la sua curiosa struttura e l’osservatorio la Specola. Invito ad approfondire nel sito i luoghi che amate, magari anche per scoprire nuove mete da andare a visitare e rendere unica un’esperienza. “Quando sei curioso, trovi molte cose interessanti da fare” sosteneva Walt Disney, e il consistente successo di Atlas Obscura avuto nel corso di pochi anni, conferma la fame di curiosità che denota il genere umano.

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La nostra storia di Alvise Tommaseo Ponzetta

LA BATTAGLIA DI LEPANTO

L

a cittadina di Lepanto, si affaccia nello stretto che separa il golfo di Corinto da quello di Patrasso. Oggi fa parte della Grecia e si chiama Nafpaktos, ma per secoli fu motivo di contesa tra la Repubblica di Venezia ed i Turchi. Al largo di quelle coste il 7 ottobre 1571 si combatté il più grande scontro navale della storia medioevale e moderna in cui si affrontarono più di 400 galee ed oltre 200.000 mila uomini. Da una parte l’agguerrita flotta mussulmana dell’impero Ottomano guidata da Muezzinzade Ali Pascia, dall’altra quella cristiana della Lega Santa sotto il comando di don Giovanni D’Austria. Ormai da alcuni decenni le navi turche imperversavano senza sosta nel Mediterraneo occidentale e le coste italiane e spagnole non erano più sicure. Venezia aveva perso numerosi possedimenti nel

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Peloponneso ed in Dalmazia, oltre a varie isole dell’Egeo. Nel 1571 Nicosia era caduta e, dopo un lunghissimo assedio, anche la fortezza di Famagosta aveva dovuto capitolare con il tragico epilogo della crudelissima tortura subita dal senatore veneziano Marcantonio Bragadin, oltre che dai suoi compagni Alvise Martinengo e Gianantonio Querin. (Su questo evento si veda anche il libro-romanzo " Famagosta" ed. Il Frangente 2016) di Marco Niccolò Perinelli Resistevano ancor Malta e Cipro, ma si temeva che anche queste isole potessero capitolare. Di fronte alla continua minaccia ottomana, che metteva in grandi difficoltà anche il traffico commerciale, Spagna, Venezia e gli Stati Pontifici siglarono una decisiva alleanza. Alla Lega Santa, in breve tempo, si unirono il Granducato di Toscana, i Ducati di Savoia, Urbino, Ferrara, Mantova oltre alla Repubblica di Genova ed ai cavalieri dell’Ordine di Malta. Papa Pio V° fu il principale artefice dell’alleanza cristiana e fu il grande protagonista della vittoriosa spedizione. Il 14 agosto 1571, a Napoli, nella chiesa dedicata a Santa Chiara, il cardinale Granvelle consegnava solennemente a Don Giovanni d’Austria lo stendardo della flotta: una bandiera di seta color cremisi con impresso l’immagine del crocifisso. Dieci giorni dopo, al largo di Messina,

cominciarono a radunarsi le 209 navi cristiane, che imbarcavano complessivamente circa 40.000 tra marinai e rematori, 20.000 combattenti, 7000 fanti spagnoli, 6000 mercenari italiani e 5000 soldati veneziani. L’imponente e potente flotta salpò il 16 settembre alla volta di Corfù, per raggiungere il successivo 6 ottobre la costa di Patrasso nel tentativo di intercettare le navi nemiche che, in effetti, la mattina successiva comparvero all’orizzonte assumendo subito lo schieramento d’attacco. Tra galee e galeotte si contavano nello schieramento mussulmano più di duecento imbarcazioni, a cui si aggiungeva un numero imprecisato di brigantini corsari. A bordo, alcune migliaia di giannizzeri erano affiancati da quasi 25.000 uomini, tutti armati di archibugi, archi e frecce. Ma sicuramente l’artiglieria ottomana era meno numerosa e meno potente di quella cristiana e la sua flotta era sfibrata da mesi di continue scorribande lungo il Mediterraneo. Nelle file della Lega Santa si distinguevano le imbarcazioni e gli armamenti della Repubblica di Venezia che, negli ultimi tempi, aveva investito in tecnologia per rendere sempre più moderna ed efficiente la sua deterrenza militare. Nell’Arsenale di Venezia erano state costruite le galeazze, imbarcazioni più alte e lunghe delle normali galee e per questo praticamente inabbordabili. Su di esse erano stati sistemati i cannoni oltre che lateralmente, anche a prua ed a poppa, con il risultato che le galeazze potevano sparare contemporaneamente in tutte le direzioni. Per propiziarsi la vittoria, Don Giovanni D’Austria decise di schierare la sua flotta con formazione a croce, ponendo come


La nostra storia

esca proprio le sei galeazze veneziane che, nell’arco di un paio d’ore di feroce e concitata battaglia, riuscirono ad affondare e danneggiare molte decine di navi avversarie. Gli Ottomani, palesemente disorientati, ma con il vento in poppa, tentarono lo scontro frontale puntando, senza successo, l’imbarcazione dove si trovava il comandante della Lega Santa così da ucciderlo e sfiancare i morale dei soldati cristiani. L’attacco della flotta turca era accompagnato da un rumore assordante prodotto dal suono di centinaia di tamburi, timpani e flauti. La flotta della Lega Santa rispondeva con un assoluto silenzio. Verso mezzogiorno, nel pieno dei combattimenti, il vento cambiò, improv-

visamente, direzione: le vele turche si afflosciavano, mente si gonfiavano quelle della Lega Santa che, nel frattempo, aveva issato su ogni imbarcazione una grande croce. Le navi cristiane avevano ormai preso il sopravvento anche se il comandante mussulmano Uluc Ali si era impossessato del vessillo dei Cavalieri di Malta. La svolta decisiva si verificava nelle prime ore del pomeriggio di quel 7 ottobre 1571 quando due galee toscane riuscivano ad abbordare la nave ammiraglia di Muezzinzade Ali Pascia il quale fu ferito a morte e il suo corpo decapitato venne esposto sul pennone di una galea cristiana. Erano passate da poco le 16.00 quando le poche imbarcazioni turche ancora efficienti prendevano il largo allontanandosi dal golfo di Corinto. La battaglia di Lepanto si concluse con la grande disfatta dei Turchi che riuscirono a mettere in salvo solo una trentina di navi e che persero, tra morti, feriti e prigionieri,

quasi 35.000 uomini. I cristiani riuscirono anche a liberare 15.000 rematori forzati rinchiusi nelle stive delle galee nemiche. All’epica battaglia, partecipò, a bordo di una nave spagnola Miguel De Cervantes, l’autore del Don Chisciotte della Mancia, il quale si distinse per il coraggio. Il futuro narratore venne ferito da ben tre colpi di archibugio che lo centrarono al petto ed alla mano sinistra di cui perse l’uso. La notizia della vittoria suscitò un’ondata di entusiasmo in tutta Europa. Per la cristianità era la fine di un incubo e la dimostrazione che gli Ottomani non erano invincibili. Il Papa celebrò la vittoria con una messa di ringraziamento nella basilica di San Pietro, mentre tutte le campane di Roma suonavano a festa. La vittoria navale di Lepanto, la prima dei Cristiani sui mussulmani, servì però a poco, tanto che qualche mese dopo Cipro fu occupata dai Turchi.

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l progetto MusicalMa nasce dal sogno di Mariella Micarelli di contribuire al ben-essere delle persone. L’idea è stata condivisa da un gruppo di professioniste e il sogno è diventato realtà. Dal momento che ogni persona ha un potenziale interiore da sviluppare, Mariella, Silvana, Sandra, Paola e Francesca, attraverso le diverse discipline, operano per aiutare le persone ad approfondire la conoscenza del sé, ad aumentare la propria energia e a sviluppare le proprie potenzialità. MusicalMa si pone come obiettivo quello di far suonare, vibrare, anima e corpo delle persone di ogni età, con particolare attenzione verso i soggetti fragili. Le discipline praticate intervengono a livello emotivo, cognitivo e corporeo attraverso la musicoterapia e la vocologia, il counseling e il coaching, trattamenti di Reiki, il massaggio craniosacrale e l’ipnosi regressiva.

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Da sempre attratta dal mondo dell’invisibile, delle emozioni e delle sensazioni, ha condiviso i suoi passi con persone affette da demenze, sperimentando comunicazioni sottili. Ha studiato Naturopatia Psicosomatica e pratica il massaggio cranio-sacrale, la regressione alle vite passate e la riflessologia.

Paola Casagrande operatrice Reiki

Convinta che ogni giorno si possa imparare qualcosa, si definisce un’allieva in apprendimento continuo. Dopo un grave incidente stradale, che l’ha costretta a stare ferma molto tempo, si è avvicinata all’Iridologia e alla visione olistica della persona. Offre trattamenti Reiki per il riequilibrio energetico.

Francesca Micarelli vocologa

Si è innamorata della musica da bambina. Ha iniziato a studiare flauto traverso e ben presto si è resa conto come la musica sia un linguaggio universale che parla le lingue dell’anima. Ha intrapreso la carriera di musicoterapeuta per portare benessere alle persone e per far vibrare la loro anima.

La sua vita è stata scandita dal suono della musica. Ha studiato violino e canto lirico e, dopo essersi esibita per vent’anni come cantante lirica sui palcoscenici di tutto il mondo, ha iniziato anche a dedicarsi alla cura e alla formazione della voce altrui. Aiuta le persone a preparare audizioni ed esami; lavora sia con bambini che con adulti. Assieme, per aiutare ogni persona ad aumentare il suo ben-essere le professioniste di MusicalMa operano in sinergia.

Da tempo ha scoperto il potere benefico della parola. Dopo una laurea in Lettere e una in Didattica della musica, ha approfondito le tecniche del counseling e del coaching. È professionista dell’ascolto e della comunicazione, aiuta le persone a vedere la realtà da nuove prospettive, a rinforzare le proprie motivazioni e a raggiungere i propri

Chiama oppure scrivi un messaggio al numero 3400755482 o a info@musicalma.it e richiedi un appuntamento. La prima seduta è gratuita. MusicalMa è a Pergine Valsugana, in Viale Dante 88.: www.musicalma.it https://www.facebook.com/mariellamicarelli (P.R)

Mariella Micarelli musicoterapeuta

Silvana Poli coach e counselor

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DR. GIOVANNI CANALI

Medico Chirurgo e Founder di OneDent 3.0, Network Odontoiatrico presente con tre Cliniche Dentali nella provincia di Belluno.

Laureato in Medicina e Chirurgia con lode presso la Facoltà degli Studi di Padova nel 1989, prosegue gli studi frequentando per 3 anni la Clinica Odontoiatrica di Padova e conseguendo nel 1992 il titolo di Specialista in Odontostomatologia sempre con il massimo dei voti e la lode. Nel 1993 presso la stessa facoltà conclude il Corso di Perfezionamento in Implantologia Orale e Maxillofacciale. Nel 2016 col fine di aggiornarsi ulteriormente in campo Implantare, torna alla Facoltà degli Studi di Padova dove ottiene il Master Biennale di II° Livello in Implantologia Orale Osteointegrata. Da sempre mantiene vivo il suo interesse per la Chirurgia Orale e l’Implantologia, mantenendosi costantemente aggiornato sulle ultime novità nel settore, con particolare attenzione alle innovazioni tecnologiche e digitali offerte dall'odontoiatria moderna quali:

RX digitale 2D e 3D

Le moderne tecniche radiologiche computerizzate (ConeBeam, CTCB) permettono di acquisire tridimensionalmente -con basso dosaggio erogato- i volumi ossei sui quali si andrà ad operare, permettendo uno studio e una pianificazione prechirurgica - sia del posizionamento ottimale degli impianti, - sia della realizzazione prechirurgica della protesi dentaria. Così, nei casi selezionati, il paziente potrà avere denti fissi il giorno stesso dell’intervento.

PROTESI CAD CAM

Oggi è possibile realizzare Protesi a Computer con stampa 3D e molaggio robotizzato del dente. Queste tecniche di protesi dentaria rappresentano l’apice nell’odontoiatria moderna. Uno Scanner intraorale (CEREC AC ®) permette di acquisire immagini di assoluta fedeltà della bocca del paziente e di ricostruire tramite un software dedicato (fase CAD, Computer-Aided Design) i denti mancanti necessari: poi il file viene trasferito ad un Robot (CEREC MILLER®) che (fase CAM, Computer-Aided Machine) realizzerà la capsula o il ponte necessario in vari materiali estetici (resine compositi o ceramica integrale o zirconia, cioè senza metallo grigio sottostante) con la massima estetica e la massima resistenza: Niente paste in bocca, tempi di attesa molto brevi (spesso tutto in una sola seduta) con una precisione che riduce al minimo l'errore umano.

WELDONE

Questa innovativa tecnica permette la costruzione del futuro ponte subito, ovvero immediatamente dopo il posizionamento degli impianti: gli impianti vengono subito solidarizzati tra loro con una travata in titanio che sosterrà il ponte provvisorio già precedentemente realizzato con la tecnica CAD CAM sopra descritta

IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO

La sinergia fra la radiologia 3D (CBCT), i sofisticati software di pianificazione implantare, con il posizionamento guidato e ottimale degli impianti, la tecnica protesica CAD-CAM, la tecnica weldone permettono, nei casi selezionati, di rendere possibile di entrare in Clinica senza denti e uscire con denti nuovi masticanti: ovvero permettono di realizzare la Moderna Implantologia a Carico Protesico Immediato. Questo accade alla OneDent 3.0, un Centro di avanguardia nel settore.

Prima di decidere, passa dunque alla OneDent 3.0: potremo valutare assieme se il tuo sogno è possibile. 72

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La tecnica permette di eliminare la pasta di impronta: con un Computer disegneremo assieme a te il tuo dente che verrà realizzato e consegnato nella stessa seduta tramite un Robot.

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3 - Ozono produzione O3 per la Sterilizzazione Totale Notturna delle Cliniche Canali dr. Giovanni: Medico Chirurgo c.L. - Specialista in Odontostomatologia c.L. Master Biennale II° Liv. in Implantologia Osteointegrata 73 Titoli conseguiti presso la Università degli Studi di PADOVA


Arte, spiritualità e territorio di Caterina Michieletto

Il Museo diocesano di Feltre

ospita la Maestà lignea del Bellunello.

A

rte, spiritualità e territorio si legano saldamente e si valorizzano reciprocamente ne “La Madonna in trono col bambino”, scultura lignea del tardo Quattrocento attribuita al celebre artista rinascimentale Andrea di Bertolotto de Foro, noto come il “Bellunello” (Belluno, 1430 circa – San Vito, 1494). L’opera è stata presentata per la prima volta al pubblico italiano al Museo diocesano Belluno – Feltre il 19 maggio, un ritorno temporaneo nella patria del pittore su gentile prestito della Galleria Longari Arte Milano e destinata a restare in esposizione fino al 17 luglio. L’evento culturale ha rappresentato anche l’occasione per esporre il primo

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fascicolo di una serie, “Quaderni del Museo diocesano”, un’importante iniziativa che riflette la volontà di promuovere la più ampia e diffusa conoscenza del variegato e prezioso patrimonio storico – artistico caratterizzato da originali intrecci di radici culturali locali ed innesti di altre tradizioni regionali o di influssi d’oltralpe. Più nel dettaglio, lo scopo dei “Quaderni del Museo diocesano” è offrire alla collettività un vero e proprio itinerario di scoperta e approfondimento di un’opera d’arte specifica, come in questo caso La Madonna in trono col bambino, accompagnato dall’inserimento contestualizzato dell’opera stessa, ossia con l’illustrazione di altre realizzazioni artistiche, sia pittoriche che scultoree, coeve e affini all’opera d’arte protagonista della trattazione. Si tratta dunque di un opuscolo informativo dal valore scientifico e di agile lettura che approfondisce in modo conciso ed efficace un’opera d’arte con riferimenti al contesto artistico, storico e culturale dell’epoca cui appartiene. L’artista – Andrea di Bertolotto Andrea di Bertolotto, detto “il Bellunello” in omaggio alle sue origini bellunesi, lascia presto le sue radici per trasferirsi nel 1455 a San Vito al Tagliamento,

in Friuli, affermandosi precocemente come artista di riferimento nel territorio bellunese e carnico-friulano. Si potrebbe definire come uno di quegli artisti che operano a cavaliere tra due epoche, giacché nella sua produzione sia pittorica che scultorea convivono il tramonto dell’arte tardo-gotica e l’alba dell’arte rinascimentale. In effetti il Bellunello inaugura un rinnovamento nella scuola friulana grazie alla sua piena adesione allo stile rinascimentale pur portando con sé le tracce del tardo-gotico. Tra le sue opere più emblematiche si ricordano la Madonna e Bambino della parrocchiale di Savorgnano di San Vito al Tagliamento, un San Vincenzo Ferreri e la Madonna con Bambino (1481), scultura su legno presso la chiesa di Cavarzano di Belluno L’opera – “La Madonna in trono col bambino” L’opera, che è stata oggetto di un accurato e sapiente restauro, appartiene al genus antico della Madonna incoronata, un tema la cui origine convenzionalmente si suole collocare nell’arte paleocristiana e più precisamente nella catacomba di Priscilla. Il paradigma della Madonna in trono come “Regina del cielo” ha avuto inizio nel secolo XIII, quando parallelamente si afferma, su spinta degli ordini mendicanti, la tradizione pittorica e scultorea della Madonna in Maestà con Bambino. È grazie soprattutto ai predicatori francescani che rivolgono il loro messaggio soprattutto alla popolazione urbana che il motivo della Madonna in trono con bambino si diffonde fino a diventare un elemento ricorrente nella pittura e scultura rinascimentali.


Arte, spiritualità e territorio La Madonna siede in trono e in grembo porta Gesù, personificazione dei doni della sapienza e della conoscenza, siede dunque sul trono della sapienza divina. Nella scultura lignea del Bellunello oltre all’aspetto celestiale di Maria e la natura divina di Gesù, che riflettono il formalismo tipico del linguaggio figurativo gerarchico, traspare l’intento di rappresentare aspetti più concreti e materiali della figura umana. Così mentre Gesù è raffigurato secondo le linee dell’iconografia tradizionale, in posizione di pantocratore, ossia in atteggiamento benedicente, in Maria non c’è solo la solennità e l’aspetto celestiale, ma si vedono trasparire dal volto anche la dolcezza e l’amorevolezza insite nel ruolo materno. Un timido segnale verso l’interesse per la rappresentazione naturalistica della forma umana che sarà sempre più evidente nel corso del XIV secolo.

Affidando l’ulteriore approfondimento dell’opera alla curiosità del lettore, vorrei condividere un ultimo pensiero. Le sensazioni che si provano osservandola nel silenzio e nella penombra della sala che la ospita sono quell’incanto e

quella percezione del tempo sospeso che viviamo quando i nostri occhi ammirano un’opera d’arte: un’oggetto prezioso, raro, “auratico” che innesca un’esperienza unica, sublime e raffinata.

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Medicina & Salute di Erica Zanghellini*

Bambini e autostima

T

endenzialmente i genitori di oggi sono molto attenti ai propri figli, e una delle domande che spesso mi chiedono è come capire se i loro eredi hanno una buona autostima. La bassa autostima porta spesso ad un circolo vizioso che a livello tecnico è detto “impotenza appresa”, ovvero: aver svalutato per tempo le proprie capacità fa si che il ragazzo, abbia creato delle aspettative negative su quello che saprà fare anche in futuro e queste credenze saboteranno veramente le prove che la vita gli presenterà. Se sono convinto che non ce la farò mai, magari non ci proverò con tutte le mie forze, oppure non mi ritaglierò un tempo adeguato per svolgere il compito e inevitabilmente non riuscirò ne sarò soddisfatto di quello che ho fatto o non fatto. Per questo ho deciso di scrivere questo articolo dedicato proprio ai più frequenti campanelli d’allarme da tener

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sott’occhio che ci fanno capire quando il bambino soffre di bassa autostima e quindi intervenire il prima possibile. Questo perché in tali casi la prontezza d’intervento può fare la differenza. Una premessa però, l’intento è quello di dare degli strumenti di osservazione ed eventualmente rilevazione, non andare in ansia. Ricordatevi che il problema sussiste nel momento in cui ci sono più campanelli d’allarme attivi e che si manifestano in più ambiti di vita del bambino/ragazzo. Il criterio di pervasività e il grado di incidenza sono le cose che possono far ricadere il bambino in problemi di bassa autostima o meno. Se la sfiducia in se stessi fosse occasionale, o legata a un tale ambito o ad un particolare periodo è una cosa bene diversa. Partiamo dagli evitamenti: una cosa che spesso è alla luce del sole sono proprio quei comportamenti di ritiro nelle attività. Di solito vengono rilevati

facilmente soprattutto se si prende in considerazione l’ambito scolastico. Vengono visti come evitamenti del compito, praticamente il bambino/ragazzo pensa di non essere capace di svolgere quel lavoro e in maniera più o meno esplicita tenderà a ritirarsi. Ci saranno per esempio ragazzi che lo verbalizzeranno, ma ce ne saranno altri che metteranno in atto condotte come il mettersi a parlare di altro cercando di distrarre l’adulto pur di non cominciare quell’incombenza o procrastinando proprio quel compito che lo sentono come particolarmente difficile. Altra cosa a cui l’adulto può stare attento è verificare se ci sono delle interruzioni dell’attività, intese come comportamenti rinunciatari per paura di non avere adeguate risorse per fronteggiarli fino alla fine, per cui per esempio un bambino inizia a giocare ma, dopo un po’ interrompe o si ritira. Questo avviene perché secondo il suo punto di vista non sarà capace a portarlo a termine o a vincere. Dal lato caratteriale dobbiamo stare attenti, alla troppa timidezza, soprattutto negli ambienti più formali. Questo vuol dire che magari a casa non si rilevano difficoltà di questo tipo, ma forse nei contesti esterni, come a livello scolastico o sportivo si. Oppure sempre a livello caratteriale, dobbiamo essere accorti a rilevare esplosioni di capricci, rabbia, o ancora disubbidienza quando l’ambiente diventa richiestivo. Questi tipi di manifestazioni possono nascondere, emozioni/sensazioni difficili da gestire come il senso di frustrazione, di impotenza o ancora di sentirsi inade-


Medicina & Salute guati. Questi ragazzi inoltre, fanno fatica ad accettare i complimenti e come se non li sentissero veri, che chi lì fa è troppo gentile o che non ha “visto bene”. Di contro fanno molta molta fatica a gestire le critiche, nei casi più importanti possono anche arrivare a protestare con manifestazioni di rabbia. Spesso e volentieri cercano di minimizzare i propri errori o ancora, danno la colpa agli altri per cose che invece dovrebbero essere state attribuite a loro, tutto questo per cercare di preservare quella poco autostima che possiedono. Se li ascoltiamo bene, sentiremo frequentemente anche commenti su di sé autocritici e generalizzati, come per esempio “non sono capace a far niente”, “sono sempre il solito” e mostreranno estrema fragilità sui giudizi che gli altri possono avere nei loro confronti. La paura del giudizio è uno di quei

temi molto spinosi, perché può avere a cascata sulla vita di tutti i giorni diverse manifestazioni. Si può passare da uno stato d’ansia specifico per alcune situazioni, a uno stato d’ansia generalizzato fino ad arrivare a un vero e proprio blocco e ritiro. Queste logicamente sono informazioni generali, per capire meglio bisognerebbe parlare col bambino/ ragazzo e capire come si declina per lui e nella sua vita, ma di certo come accennavo prima un intervento tempestivo fa si che il bam-

bino possa recuperare velocemente la stima di se, e aumenta la probabilità di superamento completo della difficoltà. *Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675

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Le guerre d'Italia di Andrea Casna

L'Italia in Albania e nei Balcani

L

'Albania a partire dagli anni Venti assume per il Regno d’Italia una certa importanza strategica. Il porto di Valona e l'isola di Sazan costituiscono, infatti, per gli strateghi navali italiani due teste di ponte fondamentali per il controllo dell'Adriatico e, l'Albania stessa risulta ideale come trampolino di lancio per l’invasione della penisola balcanica.

Una nuova colonia. A partire dal 1925 l'Italia si insedia con prepotenza nell'economia del piccolo stato balcanico. Questa ingerenza, di stampo coloniale, è possibile grazie ad una serie di trattati: il Primo Trattato di Tirana nel 1926 e dal Secondo del 1927, con i quali l'Italia e l'Albania stringono un'alleanza difensiva. Il governo e l'economia albanese vengono, di fatto, sovvenzionati da prestiti italiani e l'esercito albanese addestrato da istruttori militari italiani. Il tutto ha una battuta d'arresto quando

re Zog inizia a prendere le distanze da Roma rifiutandosi di rinnovare il trattato di Tirana del 1926. L’occupazione dell’Albania. Nel 1939 lo scenario europeo inizia progressivamente a mutare. La Seconda guerra mondiale è scoppiata. La Germania nazista, annettendo prima l'Austria e poi la Cecoslovacchia, mette Mussolini nella condizione di non perdere il treno. Si arriva quindi al marzo 1939 quando Roma invia a Tirana un ultimatum chiedendo di acconsentire all'occupazione italiana dell'Albania. Re Zog si rifiuta di accettare denaro in cambio della colonizzazione italiana. Di conseguenza, di fronte a tale rifiuto, l'Italia di Mussolini inizia l'invasio-

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Le guerre d'Italia ne del paese. Il 7 aprile 1939, con un contingente di 100.000 uomini e 600 aeroplani, l'Italia sfida l'esercito albanese composto da solo 15.000 soldati equipaggiati scarsamente e addestrati da ufficiali italiani. Il 12 aprile 1939 il parlamento albanese vota per deporre il sovrano e unire la nazione con l'Italia offrendo la corona albanese a Vittorio Emanuele III. Con la cattura dell'Albania, il dittatore Benito Mussolini dichiara la creazione ufficiale dell'Impero italiano, con a capo il Vittorio Emanuele III, con il titolo di re degli albanesi e Imperatore d'Etiopia. La campagna di Grecia: 28 ottobre 1940 e il 23 aprile 1941. L'Albania viene usata dall'esercito italiano, a partire dal mese di ottobre del 1940, come testa di ponte per invadere la Grecia. Le aree settentrionali della penisola ellenica vengono temporaneamente occupate dal Regio Esercito. La tenace resistenza dei greci costringe però l’Italia ad abbando-

nare, già a novembre, il terreno appena occupato e a retrocedere, fra neve e fango, sulle montagne albanesi. Per Roma è una disfatta. Gli italiani, in fuga sulle montagne, dovono combattere contro le difficili condizioni climatiche e ambientali. Le forti piogge, il fango, le abbondanti nevicate e le rigide temperature invernali mettono a dura prova la resistenza dei fanti e degli alpini in ritirata. Molti giovani uomini muoiono per il freddo e per la fame: le stime ufficiali parlano di 13.755 morti; oltre 50.000 feriti; 12.368 congelati gravi; 25.067 dispersi. Nell'autunno-inverno 1940-1941 gli italiani si trovano impegnati in una logorante guerra di posizione sotto il tiro delle artiglierie di Atene. Alla fine l’Italia riesce a riconquistare l'Albania e poi la Grecia solo grazie al sostegno della Germania di Hitler.

Quando l'Italia abbandona l'Asse nel settembre del 1943, le truppe tedesche occuparono subito l'Albania. Nell'ottobre 1944, di fronte al rullo compressore dell'Armata Rossa a nord-est, i tedeschi si ritirarono dai Balcani meridionali. Con la ritirata delle truppe del Terzo Reich i partigiani albanesi prendono il potere e il capo del Partito Comunista albanese, Evner Hoxha, diventa il leader del paese, guidando l'Albania per tutta la Guerra Fredda.

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La moda in controluce di Laura Paleari

Metaverso e moda:

le piattaforme del futuro

I

l metaverso: una parola che spaventa, incuriosisce e che apre nuove scenari e professioni lavorative ma, soprattutto, che prelude alla nascita di un nuovo stile di vita, una nuova società e un nuovo mondo non più così lontano, neanche quando si parla di moda. In luoghi democratici (in linea di massima) come internet e i social, giovani designer, curiosi ma anche grandi stilisti, possono esprimersi e mostrare le proprie creazioni attraverso questo nuovo, emozionante universo. A che punto siamo ora in termini di moda e metatarso dunque? E cosa possiamo aspettarci dal futuro?

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Partendo dalle basi, non possiamo non citare gli NFT (non-fungible token), ossia dei veri e propri certificati di autenticità di un bene digitale, non tangibile. Molti brand si erano già avvicinati al mondo digitale, soprattutto, attraverso il vastissimo universo dei videogame: basti pensare alle capsule di Moschino per il famosissimo The Sims, tutto il pacchetto di Valentino per Animal Crossing e Balenciaga per Fortnite (frequentato da 400 milioni di utenti globali), con la possibilità di acquistare per i propri avatar capi del marchio. Veronica Etro, direttrice della linea donna dell’omonimo brandi, afferma: ”Il metaverso? Per me è come Mary Poppins quando entra nel mondo dei disegni animati, è un viaggio visionario e fantastico tra orizzonti ancora tutti da esplorare". E, proprio in quest’ottica, dal 24 al 27 marzo si è svolta la prima Metaverse Fashion

Week della storia, sulla piattaforma di Decentraland, con la partecipazione di oltre 60 brand del lusso. Dall’inglese «decentralized» decentralizzata e «land» terra, è una piattaforma digitale che ha avuto un vero e proprio boom da quando Mark Zuckerberg ha ufficialmente creato Meta e, di conseguenza, una nuova realtà virtuale. Creata nel 2015 da Ari Meilich ed Esteban Ordano, permette all’utente di creare un proprio avatar e di acquistare e vendere lotti di terra attraverso cripto valute. "Experience Fashion without limits” questo è quello che si può leggere nel sito ufficiale di Decentraland. L’evento era aperto a tutti e comprendeva non solo le sfilate ma anche conferenze e negozi dove comprare gli abiti; è stata creata infatti una sorta di città virtuale, con vie, strade, il tutto predisposto accuratamente per questo Fashion Show. In particolare, ha brillato l’UNXD Luxury District (ispirato ad Avenue Montaigne, di Parigi) di cui fanno parte Dolce & Gabbana, Etro, Auroboros e Frank Muller, i pionieri di questa nuova realtà. Le iniziative sono state diverse: Philipp Plein ha permesso l’ingresso e la visita


La moda in controluce virtuali del Museo delle Arti NFT (M.O.N.A.) ad esempio, ma ci sono ci sono stati anche concerti e aperture di digital store; tra i partecipanti, non possiamo non nominare Etro con una collezione dedicata all’evento e l’apertura del negozio online il quale non comprende solo la possibilità di comprare gli abiti fisici ma anche quelli virtuali per i propri avatar proprio come fa Dolce e Gabbana, ormai da tempo interessati alle nuove piattaforme

digitali. Ovviamente essendo la prima esperienza digital le criticità si sono fatte sentire.La grafica ricorda molto quella del ben celebre “Second Life”, gli avatar sono abbozzati e poco particolareggiati e, se per molti questa può essere una grande limitazione, forse lo è ancora di più per quanto riguarda gli abiti: trame, tessuti, particolari quasi spariscono, rendendo gli abiti molto piatti oltre ai vari problemi di ri-

caricamento della pagina web. Insomma, sembra di essere tornati ai primi anni in cui internet entrava nelle case dei cittadini, con i suoi bug e le sue problematiche. Anche istituzioni scolastiche di un certo peso si sono espresse interessate sul metaverso: ad aprile il Cfda–Council of Fashion Designers of America, l’istituzione che presidia la New York Fashion Week, ha dichiarato ad esempio di voler istituire un programma di formazione specifico all’utilizzo del metaverso. Anche il Polimoda ha deciso di attivare un corso, Fashion for Metaverse, per lo sviluppo di creazioni moda nel metaverso. Quello che forse ci si chiede è se con queste sfilate virtuali, aperte a tutti, non si perda, in parte, il valore di esclusività della moda, a volte insopportabile ma che sicuramente accresceva il lavoro delle creazioni, dalle più commerciali a quelle più particolari e speciali.

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Racconti d'arte di Daniela Zangrando

IL MERLO SA TUTTO

O

ggi vi porto alla Biennale di Venezia. A vedere un video di circa sei minuti. Seguitemi. Non fate l’errore che si fa spesso, promettendovi di tornare ai video in un secondo momento, con più calma, perché vi assicuro che poi la stanchezza avrà la meglio e rischierete di non ripassare a vederlo. Guardatelo subito con me invece. Siamo quasi alla fine del percorso alle Corderie dell’Arsenale, e si tratta di “The Parents’ Room”, lavoro dell’artista Diego Marcon, classe 1985. L’ho visto per la prima volta al Museo Madre a Napoli, in una mostra a cura di Eva Fabbris e Andrea Viliani e l’ho ritrovato alla Biennale. In entrambi i casi, ho davvero fatto fatica ad andarmene. Per mesi, da quella prima volta napoletana, mi sono torturata perché qualcosa mi sfuggiva. E ho ritrovato quel qualcosa una decina di giorni fa, in un contesto all’apparenza completamente diverso, in un hotel di Abano Terme. Ma andiamo con ordine. Una camera da letto. Una finestra scorrevole verticale è aperta, fuori nevica. Sul

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bordo di un letto sfatto siede un uomo, con le scarpe slacciate. Dalle coperte pesanti spuntano una testa di capelli scuri e una mano, forse di donna. Nella stanza c’è anche un comodino laccato bianco

con due piani d’appoggio e un cassetto centrale. Riviste e giornali sul piano inferiore. Un libro, un abat-jour, due piccoli oggetti che non distinguo bene e un libro sul superiore. A terra un bicchiere rovesciato. Due foglie accartocciate si sono appoggiate sul pavimento appena sotto la finestra aperta, una terza è vicina al piede sinistro dell’uomo. C’è silenzio. L’unico movimento è dato dalla neve, quand’ecco planare un merlo. Nerissimo, si posa sul davanzale, e inizia ad intonare un canto con il suo verso. Muove il capo e spiega le ali, quasi a passare parola all’uomo. Ed ecco che lui inizia a raccontare, cantando, dell’omicidio dei due figli e della moglie, e del proprio suicidio. Viene data voce anche al figlio e alla figlia, poi alla moglie, e infine nuovamente all’uomo. Il merlo accompagna ogni momento, segue le descrizioni, ascolta la bambina che ci dice del suo bellissimo


Racconti d'arte smalto, conosce tutti i dettagli. La scena non ha niente di straziante, ma una sensazione di tragicità vi invade. Avete la certezza che i morti siano morti davvero. Cantano, certo, ma sono morti. I volti dei personaggi sono leggermente deformi – gli attori indossano infatti delle particolari maschere prostetiche – ma è una deformità elegante la loro, che si impone in un modo del tutto particolare in una scena che è degna di un’aria da opera lirica – o di una pagina di Kent Haruf o di Gabriel Garcia Márquez. D’altro canto, non è nell’opera lirica o nel musical che si ha la licenza di morire in scena cantando? In un modo così dignitoso da far accapponare la pelle? Tragicità ed eleganza. Struggimento e sospensione. Ambiguità. Per un attimo c’è spazio solo per un cortocircuito che fa girare la testa. Qualche settimana fa ero ad Abano Terme. Un letto sfatto dal caldo. All’alba. Saranno state le cinque del mattino, e nonostante i numerosi sforzi per riaddormentarmi, mi era impossibile. Ed ecco il merlo, vicinissimo. Penso sia planato sulla ringhiera del terrazzo all’esterno della stanza. Ha cantato per almeno mezzora, mentre me ne stavo inchiodata al letto, fradicia di sudore, senza riuscire a staccare il pensiero dal video di Diego Marcon. Il merlo ha provato anche a passare la parola a qualcuno – a me forse? – due, tre, quattro volte, ma nessuno ha risposto. Il suo richiamo è rimasto solo, altissimo,

vertiginoso nella timbrica e nella melodia. Poche ore dopo ero su un ballatoio. Sotto di me, nella piscinetta dell’hotel, giovani madri con dei bambini molto piccoli che imparavano a stare a galla. Le loro voci mi arrivavano distorte dall’ampiezza dello spazio e dall’umidità, deformi. Mi sono chiesta se fossero davvero vive quelle persone laggiù. Non spaventatevi, non c’è niente di morboso in questo pensiero. Ma le immagini di quel video sono riemerse tutte, con un corollario di domande. Chi sono quelli là sotto? E noi, chi siamo? Cosa siamo? Siamo morti noi? Nasceremo ancora? Come amiamo

noi? Siamo buoni o cattivi? Sopravvissuti all’infanticidio? O pronti a commetterne uno? Le sponde delle risposte sfumano e toccano i tasti della menzogna, del sentimento, del torbido. Ci troviamo nello spazio dell’irrimediabile. Forse avrei dovuto accettare l’invito del merlo a cantare, e chiedere a lui. Perché solo lui probabilmente ha visto quella famiglia in pieno amore, in pieno volo, in piena morte. Lui sa cos’è successo, solo lui lo sa davvero. E conoscerà di certo anche quelle mamme là sotto, e i padri, e quei bambini. Dei sopravvissuti? Bisogna chiederlo al merlo. Il merlo sa tutto.

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lcuni degli importanti problemi, e non sono pochi, si hanno o si possono avere quando si decide di acquistare o vendere una abitazione o una qualsiasi struttura, sie essa commerciale o abitativa. Acquistare o vendere una casa, infatti, presuppone il possesso di buone e appropriate conoscenze che non tutti hanno o possono avere e quindi, in mancanza di tali competenze, è sempre bene rivolgersi a chi, della compravendita è un vero esperto e profondo conoscitore di ciò che si deve fare per non incorrere in eventuale e a volte gravi errori. E purtroppo, vuoi per superficialità, vuoi per la mancanza di dovute conoscenze e vuoi per il non a volte corretto comportamento della controparte, non pochi sono gli errori che si possono commettere. E non è raro accorgersi, anzi capita

spesso e a preliminare o contratto stipulato, che la casa e gli impianti sono troppi vecchi e non a norma, che le cantine o il garage presentano gravi difetti e che la struttura presenta anomalie non viste prima. Ecco perchè , sia dalle prime fasi, sia in tutti i successivi passaggi e fino alla fine con la firma e la sottoscrizione definitiva dell'atto notarile, conviene essere sempre affiancati e seguiti da chi di compravendita è profondo conoscitore, Infatti, solo un esperto, un competente ufficio, una agenzia o una Associazione di Consumatori altamente specializzata, sono in grado di supportare il soggetto in tutti i passaggi necessari per il giusto e completo espletamento di tutte le pratiche e prestazioni tecnico-professionali necessarie per concludere una qualsiasi compravendita evitando, nel contempo, tutte le problematiche che si possono,

purtroppo, manifestare. E' bene ricordare che una compravendita prevede numerose fasi che in sintesi, tra l'altro, riguardano; - il particolare rapporto che si deve avere con le pubblica amministrazione, quale il Comune o altri enti Istituzionali; - la verifica e l'analisi delle varie documentazioni catastali e tecnico-amministrative; - eventuali modifiche o aggiornamenti catastali dell'immobile; - verifica dello stato dell'immobile; - verifica e analisi del buon e dovuto funzionamento degli impianti elettrici, gas e acqua; E a quanto sopra di devono aggiungere altre e importanti operazioni che, come detto prima, necessitano di buona e appropriata conoscenza che solo un esperto del settore è in grado di espletare.

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Curiosità dal mondo in collaborazione con VIVAIO MARES

I Giardini Zen

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uelli che noi oggi definiamo giardini Zen, sono nati in tempi medievali, in quello che è il Periodo Heian, compreso fra 794 e 1185. Il nome originario di questi spazi è karesansui, e i primi, vengono realizzati nei palazzi nobiliari di Kyoto. Il termine karesansui compare per la prima volta all'interno del trattato di giardinaggio intitolato “Sakuteiki”, elaborato nell'XI secolo e significa letteralmente "natura secca". In realtà al tempo non si trattava di un giardino a sé stante, quanto piuttosto di un settore, che si inseriva in un contesto più ampio. È solo nel periodo successivo, quello Muromachi (1336-1573) che il giardino karesansui diviene una tipologia a sé stante, strutturandosi all'interno dei monasteri del buddhismo zen. Da questa collocazione prende perciò il nome di Giardino Zen, così come lo conosciamo noi oggi; ed è dentro le mura del monastero che esso diviene espressione e simbolo di visione cosmica. Il giardino Zen, ha un notevole vantaggio,

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non necessità di acqua e perciò può essere realizzato anche in zone aride. A volte, però, capita che anche l’acqua entri a far parte di questi luoghi dediti alla meditazione, poiché è simbolo di vita, in questo caso essa deve essere immobile, come avviene nel caso degli stagni, oppure il suo scorrere in pendenza, deve procedere da est verso ovest, accompagnando il levarsi e il calar del sole. Oltre al Karesansui, vi sono altre 3 tipologie di giardini giapponesi: il Kaiyu-shikiteien, in cui il visitatore deve seguire un percorso immerso in un micro-paesaggio attraverso il quale è possibile scoprire le bellezze naturali che lo compongono. I Roji o “giardini della quarta parete”, giardini rustici creati su un lato delle case del tè, come emblema della fine di un percorso, e i Tsubo-Niwa che si caratterizzano come piccoli cortili, realizzati con rocce, muschio e vegetali, cui si aggiungono piccole vasche, necessarie per detergere le mani. I tradizionali giardini giapponesi possono essere concepiti

quali “oasi” dove è possibile ritrovare l’equilibrio psico-fisico; fin dall'antichità giardini Zen miravano a ricostruire scenari immaginari in scala ridotta. Quelli ambìti dalla nobiltà o dagli imperatori erano concepiti per dare piacere all’osservatore, mentre nei templi buddisti servono a favorire la riflessione e la contemplazione, trascendendo dal fine estetico. L’idea di fondo di questa cultura è che il benessere assoluto è raggiungibile solo attraverso la relazione con la natura, di cui l’essere umano non solo è parte integrante, ma anche in prima istanza custode. Prendersi cura di un giardino zen corrisponde all’aver riguardo per sé stessi e per il proprio spirito, di fatto esso rappresenta il viaggio trascendentale che ci conduce verso l’eternità; è quindi un espediente in grado di ristabilire la pace interiore. Proprio per questo, in questi ultimi anni, nelle case vanno di moda i Bonseki, giardini Zen in miniatura, si tratta per lo più di quelli secchi, i Karesansui, considerato che sono più facilmente riproducibili. Vengono forniti su vassoi di lacca nera riempiti di sabbia bianca, sassi e rocce; per prendersene cura vengono forniti adeguati strumenti, come piccoli rastrelli, piume, rametti e setacci. Il rastrellare la sabbia, dando vita a linee curve continue intorno ai sassolini presenti, è espressione dei pensieri che si fronteggiano e dopo aver percorso molteplici strade differenti, conducono a nuove rappresentazioni, innalzandoci a più sagge riflessioni. Lo stesso suono dei sassolini rimanda al fluire dell’acqua, così come lo scorrere delle idee nella nostra testa. (di Chiara Paoli)


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Meteorologia di Giampaolo Rizzonelli

LA GRANDINE

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a grandine è costituita da particelle di ghiaccio con un diametro maggiore di 5 mm, per spessori inferiori si può parlare di pioggia ghiacciata, graupeln, sleet ecc.., hanno una forma irregolare anche se spesso sono circolari, poi se più chicchi di grandine si fondono, si ottengono forme piuttosto originali e di dimensioni considerevoli (questo fenomeno si chiama accrescimento). Ma come si forma la grandine? Innanzitutto serve un cumulonembo (vedi fig.1), una nube la cui generazione ed evoluzione è legata ai processi convettivi, cioè a notevoli movimenti ascendenti e discendenti dell’aria. I

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Meteorologia cumulonembi si formano grazie alla rapida ascesa di aria calda, che viene portata fino a sei, otto e persino oltre 10 km di altezza, a volte oltre la Tropopausa fino a raggiungere la Stratosfera; per capirci sono quelle nuvole fatte a “cavolfiore”. All’interno dei cumulonembi ci sono forti correnti ascensionali e discendenti tra la base calda e umida e la parte superiore molto fredda della nuvola. Il ghiaccio si forma in questa "colonna di sollevamento" attorno a piccole particelle chiamate nuclei di condensazione, i chicchi di grandine si sviluppano all'interno della nuvola da successivi

depositi di ghiaccio su questi nuclei, prima di cadere a terra sotto forma di grandinate. I cumulonembi più grandi e che salgono più in alta quota generano i chicchi

di grandine più grandi, anche se solo circa il 10% dei cumulonembi genera grandine. Se le correnti ascensionali sono deboli, la particella in crescita scenderà molto rapidamente e verrà espulsa dalla nuvola e si scioglierà prima di raggiungere il suolo (cadrà pioggia); diversamente, più forte è la corrente ascensionale del cumulonembo, più a lungo la particella rimarrà sospesa nella nuvola e facendo così aumentare di volume i chicchi. Per questo i cumulonembi più grande e più alti generano i temporali più forti e sono più adatti a generare i chicchi di grandine.

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I nostri piccoli amici in collaborazione con VALLY sas - BELLUNO

IL MICROCHIP PER GATTI

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l gatto non è l’animale d’affezione di serie B perchè con il passare degli anni lo si e’ riscoperto come un vero migliore amico nella vita dell’uomo e un membro della famiglia proprio come da sempre al primo posto era stato messo il cane. Oltre alla nostra tipica razza di gatto Europeo di facile adottabilita’, per alcune razze di gatto (Persiano, MaineCoon, Siamese, ect) ci si puo’ rivolgere ad allevamenti amatoriali e professionali ed e’ stato istituito un ente preposto per la compilazione e registrazione dell’anagrafe felina (ANFI). Da qui si parte con un quanto mai utile dibattito: microchip per i gatti SI' o NO?. Gia’ obbligatorio ed in uso negli allevamenti e nelle colonie feline, si sta cercando da alcuni anni di sensibilizzare veterinari e famiglie per microchippare

il proprio amico a quattro zampe,questa volta un miao. Nella nostra attivita’ di recupero animali d’affezione vaganti, spesso ci troviamo a prendere gatti smarriti che purtroppo fino alla notte prima dormivano nel divano o nel letto del proprio padrone e all’improvviso si trovano randagi perche’ sprovvisti di qualsiasi mezzo per riportarlo alla propria abitazione. In questi caso il microchip, che è uno strumento elettronico, dalle dimensioni di un chicco di riso, che viene inserito sotto la pelle e contiene un codice di identificazione del proprietario, risulta essere quanto mai utile se il gattino si do-

vesse smarrire. Quindi, dotare il proprio gatto di microchip è un atto di amore e responsabilità e, visti i costi davvero contenuti e l'assenza di controindicazioni, l'inserimento di questo “utilissimo” dispositivo è consigliato a chiunque abbia un gatto.

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Conosciamo le leggi in collaborazione con Autopratiche Dolomiti

CONOSCIAMO LA COMMISSIONE MEDICA LOCALE (C.M.L.)

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a Commissione Medica Locale per patenti di guida è un organo sanitario collegiale che ha il compito di accertare e quindi certificare l’idoneità psico-fisica utile al rilascio, la conferma di validità e la revisione della patente, per tutti quei soggetti che presentano particolari patologie o specifici handicap. Di solito, come avviene nella gran parte dei casi, tale certificazione viene rilasciata da un singolo medico monocratico, ma in alcuni specifici casi, la visita di idoneità necessita della presenza di tutta la commissione che di solito è composta da tre medici certificatori, di cui uno Presidente. Commissione che può essere anche integrata da uno o più medici specialisti, ove il guidatore presenti patologie o determinate menomazioni fisiche. Ma quali sono le persone che devono chiedere la visita in commissione? Secondo le indicazioni e le vigenti normative la visita presso la Commis-

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sione Medica Locale è obbligatoria per tutti i soggetti portatori di un qualsiasi condizione di salute che possa risultare pericolose per la guida. E nello specifico: · Persone segnalate dai medici certificatori durante il rinnovo della patente; · Persone con perdita, limitazioni, difficoltà nel movimento e nel coordinamento degli arti, della colonna vertebrale e del corpo (malattie neurologiche, ossee, muscolari, traumi); · Persone con importante riduzione della vista, del campo visivo, malattie progressive dell’occhio, (glaucoma, maculopatie, lesioni del nervo ottico, danni alla retina, ecc); · Persone con riduzione dell’udito; · Persone con diabete di tipo I e tipo II (patenti superiori); · Persone con diabete con complicanze d’organo (tutte le patenti); · Persone con epilessia, anche pregressa; · Persone con malattie psichiche; · Persone con trapianto d'organo;

· Persone in dialisi; · Persone con malattie endocrine; · Persone con gravi malattie cardiovascolari; · Persone con sindrome di apnee notturne; · Persone che hanno compiuto 65 anni per le categorie di patente di gruppo C e 60 anni per quelle di gruppo D E devono inoltre rivolgersi alla Commissione medica locale: · Persone a cui è stata disposta la revisione della patente (guida in stato di ebbrezza, detenzione e uso di sostanze stupefacenti, segnalazioni per invalidità, segnalazioni per verifica della persistenza dei requisiti di idoneità psicofisica per la guida); E' indispensabile sapere che se non si dichiarano le proprie patologie si può incorrere non solo in particolari sanzioni pecuniari, ma anche in reati penali. Nel caso in cui la visita in Commissione venga fissata dopo la scadenza della patente è possibile per le agenzie di pratiche auto emettere un permesso che consente di guidare fino alla data di convocazione, è l’unico caso in cui sia consentito circolare con la patente scaduta.


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