Feltrino News n. 7/2022 Luglio

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Medicina & Salute di Erica Zanghellini*

Bambini e autostima

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endenzialmente i genitori di oggi sono molto attenti ai propri figli, e una delle domande che spesso mi chiedono è come capire se i loro eredi hanno una buona autostima. La bassa autostima porta spesso ad un circolo vizioso che a livello tecnico è detto “impotenza appresa”, ovvero: aver svalutato per tempo le proprie capacità fa si che il ragazzo, abbia creato delle aspettative negative su quello che saprà fare anche in futuro e queste credenze saboteranno veramente le prove che la vita gli presenterà. Se sono convinto che non ce la farò mai, magari non ci proverò con tutte le mie forze, oppure non mi ritaglierò un tempo adeguato per svolgere il compito e inevitabilmente non riuscirò ne sarò soddisfatto di quello che ho fatto o non fatto. Per questo ho deciso di scrivere questo articolo dedicato proprio ai più frequenti campanelli d’allarme da tener

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sott’occhio che ci fanno capire quando il bambino soffre di bassa autostima e quindi intervenire il prima possibile. Questo perché in tali casi la prontezza d’intervento può fare la differenza. Una premessa però, l’intento è quello di dare degli strumenti di osservazione ed eventualmente rilevazione, non andare in ansia. Ricordatevi che il problema sussiste nel momento in cui ci sono più campanelli d’allarme attivi e che si manifestano in più ambiti di vita del bambino/ragazzo. Il criterio di pervasività e il grado di incidenza sono le cose che possono far ricadere il bambino in problemi di bassa autostima o meno. Se la sfiducia in se stessi fosse occasionale, o legata a un tale ambito o ad un particolare periodo è una cosa bene diversa. Partiamo dagli evitamenti: una cosa che spesso è alla luce del sole sono proprio quei comportamenti di ritiro nelle attività. Di solito vengono rilevati

facilmente soprattutto se si prende in considerazione l’ambito scolastico. Vengono visti come evitamenti del compito, praticamente il bambino/ragazzo pensa di non essere capace di svolgere quel lavoro e in maniera più o meno esplicita tenderà a ritirarsi. Ci saranno per esempio ragazzi che lo verbalizzeranno, ma ce ne saranno altri che metteranno in atto condotte come il mettersi a parlare di altro cercando di distrarre l’adulto pur di non cominciare quell’incombenza o procrastinando proprio quel compito che lo sentono come particolarmente difficile. Altra cosa a cui l’adulto può stare attento è verificare se ci sono delle interruzioni dell’attività, intese come comportamenti rinunciatari per paura di non avere adeguate risorse per fronteggiarli fino alla fine, per cui per esempio un bambino inizia a giocare ma, dopo un po’ interrompe o si ritira. Questo avviene perché secondo il suo punto di vista non sarà capace a portarlo a termine o a vincere. Dal lato caratteriale dobbiamo stare attenti, alla troppa timidezza, soprattutto negli ambienti più formali. Questo vuol dire che magari a casa non si rilevano difficoltà di questo tipo, ma forse nei contesti esterni, come a livello scolastico o sportivo si. Oppure sempre a livello caratteriale, dobbiamo essere accorti a rilevare esplosioni di capricci, rabbia, o ancora disubbidienza quando l’ambiente diventa richiestivo. Questi tipi di manifestazioni possono nascondere, emozioni/sensazioni difficili da gestire come il senso di frustrazione, di impotenza o ancora di sentirsi inade-


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