8 minute read
Conosciamo il passato: Reti e Veneti
Conosciamo il passato
di Marco Nicolò Perinelli
Advertisement
RETI e VENETI:
culture antiche che vivono in noi
Un salto nel passato comune di un territorio che, allora come oggi, è stato un ponte tra le culture mediterranee e quelle mitteleuropee
Prima che i Romani iniziassero ad estendere la propria influenza sul territorio ai piedi delle Alpi, i territori del Veneto e del Trentino erano abitati da popolazioni che avevano sviluppato una propria cultura, con usi e costumi che si erano sviluppati in secoli di storia. I loro nomi, dato che loro stessi non ci hanno lasciato documenti scritti, ci sono stati tramandati dagli storici antichi romani e greci, che raccontarono di come queste terre fossero abitate da popoli indigeni dalle origini diverse. Il nome “Veneti”, chiamati talvolta da alcuni studiosi “Paleoveneti” o “Venetici”, sembra derivi da una radice molto antica, derivata da quella antichissima lingua indoeuropea che ha dato vita a greco e al latino, che significava “amichevoli”. La fase più antica documentata risale all’età del ferro e prende il nome di “atestina”, dalla città di Este, nei pressi di Padova, dove sono state ritrovate molte testimonianze e rimanda a rapporti con l’area villanoviana ed etrusca (centro italica), ma anche con l’Illiria, con la Grecia e l’Oriente. Un legame con il Mediterraneo che già nel mito romano viene spiegato come legato alla provenienza degli stessi Veneti dall’Asia Minore: secondo Catone e Gaio Plinio Secondo, erano discendenti di un popolo alleato dei Troiani contro i Greci, gli Heneti, e furono costretti alla fuga dopo la capitolazione della città, mentre per Virgilio la stessa città di Padova fu fondata dal troiano Antenore, mentre all’eroe Diomede sono associate la fondazione di Spina e di Adria. Per Strabone invece, i Veneti sono apparentati con i celti e in particolare con la Bretagna, dove esisteva un popolo con lo stesso nome. Certo è che in epica più recente, attorno al V secolo a.C. e fino alla assimilazione romana, i Veneti iniziarono un proficuo scambio con i popoli celtici e il nord delle Alpi.
Elmo pileato
Museo Retico - Ex voto in bronzo da Sanzeno V (IV sec. a.C. - Foto di Elena Munerati) Situla di Bologna
E proprio a nord del territorio degli antichi veneti, nell’attuale Trentino, vi era una popolazione dalla caratteristiche peculiari, i Reti: nel territorio specifico del Trentino, archeologicamente si parla di cultura di Fritzens-Sanzeno, due località, la prima nella Valle dell’Inn, in Austria, la seconda in Val di Non, dove sono stati trovati i reperti materiali che sono caratteristici di questa cultura: tazze e boccali in ceramica, strumenti da lavoro in ferro come zappe, asce, oggetti d’ornamento in bronzo di produzione squisitamente locale. La loro origine pare altrettanto misteriosa dal punto di vista storiografico: per gli storici romani, infatti, e in particolare Livio, i Reti erano discendenti degli Etruschi e il nome deriverebbe da un condottiero di nome, appunto, Reto. Le testimonianze archeologiche moderne, tuttavia, escludono completamente la possibile origine etrusca, anche se indubbiamente vi furono contatti tra le due civiltà. La curiosità legata alla storiografia è che la prima volta che si citano i Reti è in
riferimento al vino di cui erano abili produttori: è ancora una volta Catone che ci parla di questa produzione e Svetonio dice addirittura che l’Imperatore Augusto era solito bere il vino retico. Sia nel caso dei Veneti, sia in quello dei Reti, non vi fu una vera e propria conquista romana del territorio: a partire dal terzo secolo avanti Cristo, queste popolazioni abituate da secoli al commercio, avevano iniziato una graduale assimilazione degli usi e costumi dell’emergente popolo di Roma. Certamente Veneti e Reti entrarono in contatto e in un mondo estremamente dinamico, come quello antico, la loro vicinanza fu fondamentale per un commercio che univa il Mediterraneo e l’Europa. L’annessione finale avvenne con le conquiste territoriali di Druso, figlio adottivo di Augusto, che spinse le legioni a nord delle Alpi nel territorio del Norico, l’odierna Austria orientale. Di questi popoli antichi oggi abbiamo le testimonianze della cultura materiale, ma certamente la loro indole è rimasta viva negli abitanti di oggi, che in queste culture possono trovare le proprie radici.
Conosciamo il passato
Interviste impossibili
di Waimer Perinelli
GIULIO CESARE
LO SPIETATO IMPERIALISTA
Èuna bella giornata di marzo. A Roma è noto che la natura si sveglia presto dall’inverno che non è mai troppo rigido e i colli sono di un bel colore verde punteggiato di cespugli di biancospino. Siamo alle Idi, il giorno 15 del mese. Gaio Giulio Cesare indossa la tunica per recarsi in Senato dove l’attendono incontri con postulanti e clienti. Una giornata ordinaria. Sono nell’atrium della domus in compagnia di Calpurnia, la terza moglie, ed il console Decimo Giunio Bruto Albino. Io sono Spurinna, un auspice che gode di buona stampa. Calpurnia mi ha chiamato. “Ho fatto un brutto sogno, dice. Nel sonno la casa mi è crollata addosso e io tenevo tra le braccia Cesare, morente” Calpurnia ha fama di donna tutt’altro che superstiziosa ma sembra terrorizzata. Lei non è superstiziosa ma la superstizione è il mio lavoro: sventro animali per trarre auspici. Gaio Giulio Cesare non è superstizioso ma quando ha forti dubbi mi consulta e io cerco sempre la risposta che gli fa comodo. Proprio ieri Artemidoro di Cnido gli ha predetto la morte alle Idi di Marzo. Ci sono a Roma dei rumors, dei pettegolezzi, un po’ di invidia ed astio perché Cesare è ormai dittatore a vita e qualcuno dice, a mezza voce, che voglia farsi proclamare re. Per tre Volte Marco Antonio gli ha offerto la corona e per tre volte Cesare ha rifiutato. Ma.....le chiacchere portano in molti casi a fatti tragici e Calpurnia ed io, sappiamo che Cesare è in pericolo. Pochi giorni fa, all’inizio di marzo, c’erano stati cattivi presagi. Il più impressionante fu opera dello stesso Cesare che mentre compiva un sacrificio non riuscì a trovare il cuore della vittima. Uscendo dallo studio diretto al Senato mi si fermò accanto: “Tu credi alle paure delle donne? mi disse. “Io credo a quello che vedo”
E cosa vedi?
Nulla che non possa vedere anche tu. Oggi diventerai re, ma i nemici sono tanti. Ne ho uccisi più di un milione, in Gallia, al di qua e al di là del Reno, in Britannia, in Grecia ed Egitto.
Gaio Giulio Cesare (da Museo Vaticano)
Volevi essere re?
No, volevo Roma libera, sicura e grande. Questa la mia ambizione.
Quanto vale l’ambizione?
Tutta una vita. Se hai un sogno gli sacrifichi tutto.
A proposito di sogni Calpurnia ne ha fatto uno terribile.
Anch’io ho sognato: mi libravo nell’etere e volando sopra le nuvole, ho dato la mano a Giove.
Non solo sogni ma anche predizioni. Artemidoro di Chino, l’indovino, ti ha detto che morirai alle Idi di Marzo, e questo è il giorno.
Ogni giorno è buono per morire. Proprio ieri sera, tu lo sai perché c’eri, al banchetto mi hanno chiesto che morte avrei voluto avere e ho risposto, qualsiasi purché sia diversa dall’agonia della vecchiaia.
Quale morte ti ha maggiormente colpito?
I morti sono tutti uguali. Quando ero sulle palizzate di Alesia ho visto morire di fame e sete centinaia di donne a bambini che Vercingetorige, il condottiero dei Galli, aveva fatto uscire dal suo forte assediato e io non avevo fatto entrare nel mio. Lui aveva finito i viveri e voleva liberarsi delle bocche inutili, io avevo cibo solo per i soldati. Io stesso ero assediato, e poi, erano solo barbari.
Fra i romani quale morte ti ha impressionato?
Sicuramente Gneo Pompeo, un vero grande condottiero, l’unico che a Roma poteva fermarmi. Siamo stati parenti, amici e poi l’ambizione sua e di molti senatori ne fece un avver-
sario. Ero veramente furioso quando gli assassini al servizio di Tolomeo, mi consegnarono la sua testa. Non meritava di essere ucciso a tradimento da romani che considerava amici e invece erano al soldo del faraone. Il tradimento: questo io odio.
I tuoi nemici temono la fine per la Repubblica di Roma. I nemici della Repubblica sono loro che non capiscono che essa è già morta, che il Senato non ha più un vero scopo se non quello di garantire loro una poltrona con vantaggi e onori. Gente che senza scranno non saprebbe di che vivere. Non ti seccava essere deriso dai legionari che ai tuoi trionfi cantano: Cesare ha sottomesso il Mondo, Mitridate di Bitinia ha messo sotto Cesare.
I legionari sono uomini duri. Achille amava Patroclo io ho amo solo Roma. Calpurnia si era avvicinata e pregava, ancora una volta, Cesare di non andare in Senato. Cesare era quasi convinto perché aveva un leggero malessere, ma Bruto Albino lo spronò ed egli si s’avviò. Giunto in prossimità del Foro di Pompeo, Cesare vide Artimidoro. Vedi caro amico, gli dice, sono le Idi di
Interviste impossibili
Marzo ed io sono ancora qui. E’ vero , risponde il filosofo, ma il giorno è solo all’inizio, e gli consegna un messaggio che Cesare, nella calca, non legge. Contiene i termini di una congiura e i nomi dei congiurati.Cesare entra e si avvicina alla statua di Pompeo. Lì sotto colui che fu ucciso da traditori, Cesare viene pugnalato a morte. Ho cercato di proteggerlo ma sono stato subito ferito. Cadendo accanto a lui l’ ho sentito chiaramente esclamare in greco Kai su teknòn (Anche tu figlio). L’ultimo respiro per il figlio,il più amato dei traditori. Gli storici Appiano, Svetonio e Plutarco non ci sono più: io si!
L'assassinio di Giulio Cesare (da Associazione Culturale Calipso)
Inizia con questo numero la collaborazione della dott.ssa Eleonora Mezzanotte. Dopo la Laurea triennale in Beni Culturali, ha conseguito anche quella magistrale in Arte, sempre presso la facoltà di Lettere e Filosofia di Trento. Attualmente coordina e presenta il programma “Tapis roulant”, su RAI3 Trentino e un programma radiofonico su RAI Trentino. Alla dott.ssa Mezzanotte, che curerà alcune specifiche rubriche su arte e cultura, i nostri migliori auguri di buono lavoro.