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Arte in nature,quando l’arte ritorna alla natura

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RICERCA PERSONALE

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L’arte contemporanea in controluce

di Eleonora Mezzanotte

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ART in NATURE

Quando l’arte ritorna alla natura

La notizia del maestoso Drago Vaia, opera lignea dell’artista veneto Marco Martalar, ha fatto il giro del web e non solo. Le immagini suggestive e splendide di questa creatura mitologica avvolta dalla nebbia, coperta da una candida coltre di neve o immersa nello spettacolare paesaggio soleggiato di Magrè hanno riscosso un interesse particolare e diffuso, attirando sull’Alpe Cimbra un gran numero di visitatori incuriositi. Un’opera che nasce dall’intento nobile del suo artefice di ridare vita al legno recuperato dagli arbusti abbattuti dalla furia della tempesta Vaia, che si scagliò disastrosamente sui boschi del Triveneto nell’ottobre del 2018. Duemila scarti di arbusti e tremila viti, due mesi di incessante lavoro tra ottobre e novembre dello scorso anno per creare il drago ligneo più grande d’Europa. Arte che nasce dalla natura, che nobilita un materiale tanto comune quanto prezioso come il legno, che sorge sulle ceneri di un disastro ambientale per dare forma e contenuto ad un gesto, ad un’intenzione artistica. Drago Vaia appartiene a quel filone dell’arte contemporanea che prende il nome di Art in Nature e che nasce sul finire degli anni Sessanta in Europa dagli impulsi della Land Art americana. Le opere d’arte che si riconoscono sotto quest’insegna sono, proprio come Drago Vaia, opere che instaurano con il luogo in cui sono inserite un dialogo simbiotico e armonico; prendono dal sito i materiali per la loro realizzazione e si accomodano con garbo e discrezione nello scenario naturale di cui sono come un prolungamento. La bellezza delle opere di Art in Nature non risiede soltanto nel valore estetico del risultato finale a cui pervengono, ma nello scopo non dichiarato di far tornare alla natura ciò che è nato grazie a lei. I lavori plasmati dal genio creativo e dalla manualità di questi artisti, infatti, non hanno ambizione di vita eterna, ma considerano il tempo, le condizioni atmosferiche e ambientali variabili strettamente connesse al modificarsi dell’opera. Gli artisti impiegano materiali recuperati dal luogo, entrano in contatto con i ritmi della natura, ne rispettano gli equilibri, in uno scambio reciproco di azioni, movimenti, sguardi. La natura che fornisce l’idea, la materia prima e lo sfondo, l’artista che dona alla natura il frutto del suo lavoro, fatto di pazienza, concentrazione, rispetto. Con questi presupposti e sotto questi auspici è nata l’avventura di Arte Sella nel 1986, parco d’arte contemporanea tra i più conosciuti e apprezzati a livello internazionale. L’idea di tre amici, Emanuele Montibeller, Enrico Ferrai e Charlotte Strobele fu foriera di fortunati risvolti nell’ambito dell’Art in Nature, non solo in Trentino ma anche in Italia e in Europa. L’approccio europeo alla natura, soprattutto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, ha risentito molto delle teorie ecologiste e della lotta ai cambiamenti climatici, tanto che pure l’arte diventa uno strumento attraverso il quale sublimare un rousseauiano ritorno alla natura. La Land Art americana, di cui si è accennato sopra, prevedeva opere immense di distruzione o parziale modificazione dell’ambiente originario, dove si legittimava l’uso di dinamite, bulldozer ed escavatori per

Drago Vaia, Marco Martalar (2021)

L’arte contemporanea in controluce

realizzare interventi di dimensioni e costi spropositati. Tuttavia, i risultati raggiunti dagli esponenti della Land Art americana non trovarono in Europa il giusto terreno d’approdo per proseguire nei loro intenti. Per citare un esempio, si pensi alla celebre Spiral Jetty di Robert Smithson del 1970, per cui si trasportarono quasi settemila tonnellate di terra e basalto dalla spiaggia alla riva del Great Salt Lake nello Utah per creare l’iconica forma a spirale. Il vecchio continente conservava e conserva tutt’ora un rapporto diverso con la natura e con il paesaggio, inteso come territorio e manifestazione dell’incontro tra l’uomo e l’ambiente. È chiaro che per gli europei il paesaggio ha una valenza culturale molto più ampia; per secoli è stato luogo di incontro, terreno di battaglia, celebra-

Spiral Jetty, Robert Smithson (1970)

to e dissacrato, venerato e profanato. I presupposti della Land Art in Europa non si sarebbero potuti realizzare parimenti che dall’altra parte dell’Atlantico: estesi luoghi incontaminati e intatti, con i quali non vi era alcun legame storico che ne conferisse un’aura di spiritualità e intoccabilità, erano a libera disposizione degli artisti americani che ne fecero gli scenari per le proprie performances artistiche su vasta scala. Gli europei non accolsero le modalità di “sfregio” al territorio legittimate dalla Land Art. In Europa la natura integra e inviolata delle grandi distese desertiche

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