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Consumi Il consumo di carne di coniglio nell’UE e nel mondo Roberto Villa
Ischia, la straordinaria tradizione dei conigli da fossa
di Chiara Papotti
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Quarantasette chilometri quadrati, circa 63.000 abitanti, 6 comuni, una tra le più belle delle isole italiane. Situata nella parte nord-occidentale del Golfo di Napoli, Ischia è la cima di un apparato vulcanico che si innalza per oltre 1.000 metri dal fondo del mare e raggiunge un’altezza di 787 m slm, in corrispondenza del monte Epomeo. Alle pendici di questa vetta si possono trovare grandi buche, profonde anche 4 metri, dalle quali si diramano cunicoli scavati dai conigli, che vivono in un ambiente che si avvicina molto al loro habitat naturale. Se si è fortunati, dagli stretti cunicoli ne esce qualcuno attirato dall’erba fresca, e li si può ammirare liberi di muoversi e di scavare. Il coniglio è l’alimento più importante della cucina ischitana, la sua storia è affascinante e non troppo conosciuta, motivo per cui abbiamo voluto saperne di più.
Animale capace di crescere velocemente (90-120 giorni), il coniglio è presente sull’isola fi n dal 1500. Documenti e testimonianze storiche raccontano di uomini che preparavano le “fosse”, buche nel terreno scavate per ottenere terra buona da mettere nella vigna, che rivestivano a valle con un muro a secco in tufo, al fi ne di impedire la fuga degli animali, mentre a monte accennavano piccoli cunicoli. I conigli continuavano in autonomia il lavoro, rintanandosi nelle gallerie e cibandosi di radici che trovavano lungo il percorso. Le loro carni sono, per questa ragione, più sode e saporite di quelle degli animali allevati in gabbia; nel tempo sono diventati il simbolo del legame profondo degli ischitani con la terra e dei rapporti comunitari che questo legame implica.
Le fosse ancora attive per l’allevamento dei conigli oggi, purtroppo, sono pochissime. Slow Food ha pertanto concesso il presidio al “Coniglio da fossa di Ischia” per sostenere i pochi che, con impegno
e tanta passione, portano avanti la tradizione della fi liera locale del coniglio.
Grazie all’impulso degli alleva-
tori SILVIA D’AMBRA, ATTILIO e SARA MANCUSI, e BRUNO MURATORI è viva l’associazione “Green Ground – Il terreno verde”, con sede presso il ristorante Il Focolare di Casamicciola. Il presidio nasce dalla volontà di questo piccolo gruppo di avviare un lavoro di recupero delle vecchie fosse, in gran parte abbandonate e disseminate sull’isola (si calcola ce ne siano circa un migliaio), e promuovere la sperimentazione di un regime alimentare che ben si adatti a questo tipo di allevamento.
Tradizionalmente per l’allevamento in fossa erano utilizzate razze particolari, la Liparina (o Liparota) e a’ Paregn, di piccola taglia e buona rusticità, ormai compromesse da anni di incroci con altre popolazioni.
I capi che oggi vantano il titolo di presidio possono essere reperiti sul mercato tutto l’anno; la disponibilità dipende dal numero di animali allevati e macellati annualmente. La ricetta che li vede protagonisti, il coniglio alla cacciatora (o all’ischitana), è proposta in centinaia di varianti differenti, praticamente tante quante sono le famiglie che da generazioni vivono Ischia.
Per preparare il coniglio all’ischitana secondo tradizione, la testa del coniglio deve essere intera, solo così l’aglio, ingrediente fondamentale per la preparazione della ricetta classica, sprigiona tutto il suo aroma. Le carni, insieme a una testa d’aglio intera, vengono rosolate a pezzi, generalmente 8 più 2 (testa e coda), in una padella di rame. Dopo una lenta rosolatura, vengono quindi trasferite nel tiano, una pentola di terracotta particolarmente indicata per ottenere una cottura uniforme e dare al coniglio la giusta umidità. Si aggiungono poi vino bianco, pomodorini e, a cottura ultimata, basilico e prezzemolo.
In alcune versioni la ricetta prevede l’aggiunta delle interiora (precedentemente pulite e messe a bagno in acqua, limone e vino) dopo la fase di rosolatura e avvolte Il coniglio all’ischitana è una ricetta della cucina napoletana tipica dell’isola d’Ischia, che consiste nel cucinare la carne di coniglio in un tegame di terracotta con aglio, olio di oliva, sale, peperoncino, vino bianco, pomodorini e spezie isolane (photo © blog.giallozaff erano.it).
nel prezzemolo o nel basilico. Il sugo che si ottiene al termine della cottura è generalmente utilizzato per condire la pasta o semplicemente gustato con il pane.
Fino a qualche decennio fa il coniglio era servito a tavola seguendo una rigida scala gerarchica: le cosce posteriori, più sostanziose e ricche di carne, andavano a chi aveva la responsabilità di mantenere la famiglia; quelle anteriori, più delicate, ai bambini; la testa e il torace, più scarni, alle donne che si occupavano dell’allevamento, mentre il boccone più prelibato, l’intestino, era destinato agli ospiti.
Una preparazione semplice e delicata che racchiude tutti i profumi e i sapori dell’isola: prezzemolo, timo, basilico, nepitella, maggiorana e origano sono usati in diverse combinazioni, a seconda delle aree geografi che.
La ricetta del coniglio all’ischitana esprime la lunga storia di un’isola, nata contadina ed evoluta, a tappe forzate, in una località turistica di terme e di mare. Se per certi versi gli hotel e gli stabilimenti balneari sulle coste mostrano il volto più moderno di Ischia, nel cuore dell’isola, sulle pendici del Monte Epomeo, si coltiva la cultura gastronomica di questa terra di natura vulcanica: agrumi, pomodori, castagne, fave, broccoli, carciofi , il fagiolo Zampognaro (specie autoctona di Piano Liguori e presidio Slow Food), cipolle, uve da vino, miele. Sospesa tra cielo e mare, Ischia è una meta di grande fascino, dove sopravvive il senso di una tradizione che, per quanto rinnovata, si ispira a un giusto compromesso tra nuove tecnologie e sistemi di allevamento sostenibili per il benessere animale.
Chiara Papotti
Il consumo di carne di coniglio nell’UE e nel mondo
Nell’UE Italia seconda dopo la Spagna per quantità consumate, mentre Repubblica Ceca prima di gran lunga per il consumo pro capite. Mercato mondiale in crescita, Cina prima
di Roberto Villa
I consumi nell’Unione Europea
Secondo i dati elaborati e diffusi dal sito Indexbox1, nell’ambito dell’Unione Europea il Paese col maggiore consumo nel 2019 è stata la Spagna con 51.000 tonnellate, tallonata dall’Italia con 45.000 tonnellate e dalla Repubblica Ceca in terza posizione con 40.000; questi tre Paesi assommano il 57% del consumo totale comunitario. Altri Stati con consumi di rilievo sono Francia, Germania, Bulgaria e Slovacchia, per un totale che nel complesso tocca il 36% dei consumi comunitari. Dal punto di vista dei consumi pro capite, invece, è la Repubblica Ceca a posizionarsi sul gradino più alto del podio con 3,72 kg, con un consumo più che triplo rispetto al secondo Paese, la Spagna, con 1,09 kg; seguono la Slovacchia con 0,82 kg e l’Italia con 0,75 kg a testa. La stima a livello mondiale per il consumo di carne cunicola è di 0,46 kg pro capite.
Il mercato della carne cunicola nell’UE
Nel 2019 il mercato dell’Unione ha realizzato un fatturato pari a 1,3 miliardi di euro, con un leggero calo del 3,5% rispetto all’anno precedente. Il mercato più importante per valore è la Germania (294 milioni di euro), seguito da Spagna (251 milioni) e Italia (228 milioni): questi tre Paesi insieme contano per il 60% circa; seguono Francia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Bulgaria, che sommati valgono il 36% del mercato, mentre quote minori riguardano i rimanenti Paesi Membri.
Nell’Unione Europea la produzione di carne di coniglio nel 2019 è stata approssimativamente di 234.000 tonnellate (in diminuzione dell’1,8% sull’anno precedente), concentrata nei paesi dell’Europa meridionale per il 60% della quantità totale: Spagna prima con 54.000 tonnellate, Italia seconda con 43.000 e poco sotto la Francia con 42.000. Repubblica Ceca, Germania, Ungheria e Bulgaria contano complessivamente per il 35% mentre la residuale quota del 5% è suddivisa tra altri Stati comunitari (Belgio, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Polonia).
In termini di numero di capi, nel 2019 ne sono stati macellati 144 milioni, in contrazione del 2,4% rispetto al 2018 e in netta diminuzione se confrontati con il picco di 175 milioni registrato nel 2013. La resa per capo è rimasta sostanzialmente stabile negli ultimi anni, equivalente a 1.631 kg per 1.000 capi (ovvero una media di 1,631 kg per capo).
Nel periodo 2013-2019 il settore delle carni cunicole ha avuto un andamento non lineare sebbene con una tendenza alla contrazione: nel 2013 fu toccato un picco con circa 1,8 miliardi di euro in valore per poi restringersi quasi costantemente anno dopo anno, nonostante un incremento di consumi del 12% verifi catosi nel corso dell’anno 2018. Nel periodo di anzi citato solamente la Bulgaria ha registrato un incremento dei volumi e dei fatturati, mentre i principali paesi produttori hanno conosciuto un calo.
Le esportazioni nel 2019 hanno riguardato 25.000 tonnellate, pari a poco più del 10% della produzione comunitaria, con un calo impercettibile rispetto all’anno precedente, mentre nell’anno 2014 avevano toccato il massimo dell’ultimo decennio con 31.000 tonnellate. Francia (6.000 tonnellate), Spagna (5.500), Ungheria (4.700), Belgio (4.300) sono stati i maggiori esportatori di carne cunicola nel 2019, seguiti a distanza da Italia (1.500), Paesi Bassi (912) e Portogallo (648).
Nel periodo 2013-2019 il Portogallo ha conosciuto il più alto tasso di crescita nelle esportazioni mentre negli altri paesi la crescita è stata piuttosto contenuta e senza differenze signifi cative tra gli Stati. In termini di valore dell’export prima nel 2019 è risultata l’Ungheria (34 milioni di euro), seguita a breve distanza dalla Francia (33 milioni), con il Belgio in terza posizione (29,5 milioni), che insieme hanno capitalizzato il 62% del valore spedito fuori dai propri confi ni; Spagna, Paesi Bassi, Italia e Portogallo sommati hanno fatturato il 30% del valore dell’export comunitario.
Nel 2019 il prezzo medio della carne cunicola destinata all’esportazione è stato pari a circa 6 euro
“La carne di coniglio è un componente fondamentale della ‘vera’ Dieta Mediterranea” scrive il prof. Agostino Macrì nel suo blog Sicurezza Alimentare (www.sicurezzalimentare.it). “Infatti, insieme alla cacciagione e ai volatili, è stata una importante fonte di proteine di origine animale per le popolazioni rurali che certo non avevano i mezzi per acquistare la carne bovina. Peraltro la carne di coniglio, classifi cata come ‘carne bianca’, ha un eccellente valore nutrizionale ed è anche relativamente povera di colesterolo blog” (photo © Natasha Breen – stock.adobe.com).