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Locali di gusto Alla Vecchia Stazione si guarda al presente e al futuro gastronomico Gian Omar Bison dell’Altopiano di Asiago

gli ormai classici piatti il Risotto al fatulì e porri. Questo formaggio incarna l’essenza stessa della Valle Camonica: dal latte di capra Bionda dell’Adamello, alla peculiare affumicatura su bacche di ginepro, alla ristretta area di produzione, la isolata Val Saviore, perpendicolare della valle maggiore.

Ma a Marco Bezzi va dato anche il merito di non avere seguito pedestremente mode e strategie culinarie in continuo movimento: non che i suoi piatti siano gli stessi degli anni Novanta, ma certo non ha mai abbracciato la cucina della chimica molecolare, dei sifoni, dei colpi di scena a suon di ingredienti accostati con temerarietà. Insomma ha preferito un percorso personale, aggiornando e rivedendo le preparazioni, ma sulle orme di una gradevole classicità.

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Tra gli antipasti la slinzega (carne essiccata bovina) viene preparata con ricotta affumicata e porcini in olio come un affresco della montagna che gli è cara: i sapori forti alla fi ne si compenetrano e scorrono in un equilibrio di sensi e sapori che diffi cilmente si ritrova altrove.

La Tartare di lardo con noci tostate al sale e pan brioche è un altro classico che rappresenta bene la cucina del Bezzi, saporita e gagliarda. Il prosciutto di cervo trova la sua ideale convivenza con una delicata salsa di noci e scaglie di Silter DOP, il formaggio camuno a pasta dura. Un altro piatto, tra gli antipasti: il Prosciutto d’agnello con peperoncini ripieni e songino. La sottile marezzatura del coscio è spazzata via dall’irruenza dei peperoncini, così creando una portata armonica che prelude alla sapidità della Lasagna al ragù di cervo, dalla lunga e paziente cottura.

Il cervo, in onore alla montagna, è presente anche nelle seconde portate. Due in particolare sono gli esempi delle doti culinarie di Marco Bezzi. Non facile la cottura rosa della Lombata servita con cardoncelli, lunga e appassionata quella dello Stufato presentato con mele senapate o polenta, d’origine camuna.

Solo in apparenza dalla fattura semplice è la Tagliata di cuberoll, capperi di Pantelleria e acciughe del Mediterraneo: il tavolo dovrà solo esprimere il grado di cottura, poi il piatto saporito dal

taglio di carne e dagli ingredienti è a dispo sizione del commensale. Ingre dienti non proprio camuni, ma qualche concessione si deve pur fare…

Trovano spazio anche le lumache nel sontuoso menu. Le lumache del resto sono sempre state apprezzate dalle tavole camune, dove trovavano un tempo spazio molte merci derivanti dalla raccolta o dalla caccia. Eccole cucinate nel modo più tradizionale: in umido con spinaci al burro.

Al cartoccio viene cucinato il Guancialino di maiale con patate e porcini: l’alta valle è ricca di entrambi e le patate di Monno sono una delle specialità che gli avventori non vorranno perdere. Se ne fa anche polenta, che accompagna lo Stracotto di cinghiale in bianco per la delizia sempre di chi ama pietanze possenti.

Hanno davvero poco a che fare con gli elementi carnei i dessert, ma vale la pena citare il Tiramisù con spongada della Valle Camonica (un pane con poco zucchero, che ancora in media valle si consuma a Pasqua col salame), crema al genepy e cacao. Per chi potrà ordinarlo dopo un pranzo luculliano.

Riccardo Lagorio

Ristorante San Marco

Piazzale Europa 18 25056 Ponte di Legno (BS) Telefono: 036 491036 E-mail: ristorantesanmarcosome@ gmail.com Web: ristorante-sanmarco.it A sinistra: prosciutto d’agnello con ricotta aff umicata e marmellata di cipolle e arance. Al centro: spezzatino di maiale con polenta e fi nferli. A destra: prosciutto di cervo con scaglie di grana e salsa di noci.

Alla Vecchia Stazione si guarda al presente e al futuro gastronomico dell’Altopiano di Asiago

di Gian Omar Bison

Guardare al presente e al futuro gastronomico dell’altopiano di Asiago (VI) signifi ca guardare, tra gli altri, alla cucina di MASSIMO SPALLINO, da anni chef del ristorante Alla Vecchia Stazione a Roana. Formatosi alla scuola alberghiera di Recoaro, Massimo ha iniziato a praticare i fornelli sotto la guida dello chef MARIO BARATTO del ristorante Remo di Vicenza. Da lì un continuo peregrinare su e giù per l’Italia per lavorare in cucine prestigiose oltre che nel banqueting e nel catering. Da molti anni Spallino è membro della Compagnia degli chef, team di professionisti che promuove le eccellenze italiane della cucina ed è rappresentante di categoria per

la CONFCOMMERCIO MANDAMENTO di Asiago.

Alla Vecchia Stazione è un locale storico dell’Altopiano, plurisecolare. Nasce nel 1910 col nonno di AMANZIO MOSELE, suocero di MASSIMO, quando iniziarono i lavori di

costruzione della ferrovia. Emigrato per lavoro in Canada venne avvisato dei lavori dalle sorelle e prese la prima nave per rientrare in quel di Asiago, dove aprì un’osteria di fronte alla stazione.

È iniziato tutto con un caffè e un bicchiere di vino, è proseguito con qualche minestra e qualche piatto di pasta. Da lì si è passati ai rinfreschi per gli sposi che attendevano il treno per il viaggio di nozze in pianura e alle camere che servivano per ospitare chi, trasferito altrove, aveva l’esigenza di tornare in altopiano. Dopo anni di pausa a cavallo della prima guerra mondiale hanno ripreso l’attività e non si sono più fermati. Negli anni, aumentando la richiesta, sono stati aggiunti piani, metri e stanze. Da due camere a trentasette, cento posti letto, piscina, centro benessere. «La vera svolta per quanto riguarda la ristorazione — ricorda AMANZIO MOSELE — è stata fatta nel 1993. È stato investito molto, rifatta una sala, c’era voglia di cambiare marcia».

Attualmente a gestire il tutto, oltre ai coniugi Mosele, ci sono i fi gli Michele ed Elisa, moglie di Massimo, che guida la cucina da 10 anni. «Cerchiamo di essere sempre più aggiornati — sottolinea Massimo Spallino — e al passo con i tempi e le richieste di una clientela sempre più esigente.

Siamo particolarmente interessati al mondo della produzione biologica dell’altopiano e alla grande e variegata realtà dei formaggi dove spaziamo dalla classica tosela fusa cotta sul burro come da tradizione, agli erborinati e stagionati dai mille profumi e sapori. L’importante è evitare la fuffa nel piatto, che per me sono tutte quelle spume, schiume e schiumette che fi niscono per coprire e svilire i sapori che invece dobbiamo esaltare nelle loro caratteristiche organolettiche.

La mia è una cucina connessa con l’ambiente straordinario in cui vivo. Abbiamo materie prime di estrema qualità come le erbe che devono essere raccolte ed usate nel momento giusto dell’anno. Raccolgo molto nei boschi e nei prati: asparagi selvatici, farinelle Il cervo e in generale la selvaggina è presente in abbondanza nel menù del locale. A pagina 130: lo chef Massimo Spallino e Gian Omar Bison.

(buon enrico o spinacio di montagna), rosole e fi ordalisi. E poi i funghi, che conosco e adoro: dai porcini ai cantarelli, spugnole e trombette».

La storia di Massimo in cucina nasce nel 1993 a Vicenza e il suo grande maestro e mentore, come detto, è stato MARIO BARATTO, uno degli alfi eri della cucina tradizionale vicentina e veneta. «Uno chef riconosciuto — ricorda Massimo —, il primo a dirmi: “voi cuochi moderni non capite un c…! Ricordati giovane che la parola croccante ’vol dir cruo’, crudo, e la parola delicato ’vol dir desavio’, insipido, insapore».

Dopo Baratto, Spallino ha lavorato in Sardegna, in EmiliaRomagna, in Sicilia e su e giù per la provincia di Vicenza tra catering, feste in villa e cerimonie. Da 12 anni è membro della Compagnia degli Chef e, oltre ai fornelli della Vecchia Stazione, si cimenta nel raccontare le sue peripezie culinarie in alcuni blog tra i quali saporie.com che è il blog di CONAD.

E poi ci sono impegni come la banchettistica di CONAD ITALIA e la partecipazione sistematica ad eventi come il Cous Cous Festival e l’Umbria Jazz. «Mi sono trasferito in altopiano nel 2006 ed ho scoperto una grande tradizione gastronomica, con piatti che continuavano ad essere fatti come li preparava la nonna di mia moglie. Penso al coniglio e alle lunghe cotture in genere. Sono piatti che devono essere fatti come sempre punto.

Le basi e le preparazioni devono essere quelle, poi magari la presentazione e l’impiattamento può risultare un po’ più moderno. E poi qualche novità che ho seguito e introdotto personalmente: la Pasta formajo e pevare, una sorta di cacio e pepe fatta con i formaggi dell’Altopiano; la Sfogliatina con le mele, lo speck e l’Asiago che è di una banalità mostruosa ma straordinaria per croccantezza, intensità ed equilibrio dei sapori tra il dolce, il salato e l’affumicato.

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