Eurocarni 2-2021

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EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVI N. 2 • Febbraio 2021

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2/21 Gruppo editoriale Edizioni Pubblicità Italia Srl

Dal 1984 Edizioni Pubblicità Italia compone le sue riviste con computer Apple®. Il testo è impaginato con Adobe® InDesign® CC 2019. Le illustrazioni sono realizzate con Adobe® Photoshop® CC 2019.

EUROCARNI Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali EUROCARNI – PREMIATA SALUMERIA ITALIANA – IL PESCE EURO ANNUARIO CARNE – ANNUARIO DEL PESCE E DELLA PESCA US ANNUARIO DEI FORNITORI DELLA SANITÀ IN ITALIA – EURO GENUINE FOOD

Direttore responsabile e editoriale Elena Benedetti Redazione Gaia Borghi – Federica Cornia – Marco Credi

Direzione – Redazione Amministrazione – Pubblicità Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA Tel. 059216688 – Fax 0598671709 E-mail: redazione@pubblicitaitalia.com Web: www.eurocarni-online.com Reg. al Tribunale di Modena n. 798 del 23-10-1985 Tariffe abbonamenti Annuale (12 numeri): Italia € 65,00 – Estero € 85,00 Sconto librerie: 10% Modalità: effettuare versamento su c/c postale n. 52411311 intestato a Edizioni Pubblicità Italia Srl Piazza Roma 3 – 41121 MODENA ISSN 0394-2910 Stampa

Ufficio stampa e Media Partner

Segreteria di redazione Gaia Borghi Prestampa Marco Credi Marketing e pubblicità Luigi Credi – Chiara Zaccaroni Fotografia Luigi Credi Abbonamenti Fioretta Fiorentin Amministrazione Andrea Tomassone Comitato di redazione Franco Ferrari – Clara Fossato (UNICEB) – Giuliano Marchesin (Unicarve) – Gianni Mozzoni (Legacoop) – Manrico Murzi – Fortunato Tirelli – François Tomei (Assocarni) Comitato scientifico Prof. Giovanni Ballarini – Dr. Alfonso Piscopo Collaboratori scientifici Dr. Marco Cappelli – Dr. Massimo Chiappini – Prof. Eugenio Del Toma – Dr. Emanuele Guidi – Dr. Pierluigi Roncaglia – Prof. Andrea Strata Euro Annuario Carne

EURO ANNUARIO CARNE 2021

Eurocarni, 2/21

La banca dati internazionale del mercato delle carni sempre aggiornata, utile strumento di lavoro per gli operatori del settore lavorazione, commercio e distribuzione carni. Edizione 2021 Copia cartacea: € 95,00

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Intervento realizzato con il cofinanziamento FEASR del Piano di Sviluppo rurale 2014-2020 della Regione Toscana sottomisura 3.2


EUROCARNI

2/21

La prima rivista veramente europea

A pagina 44. In questo numero:

La carne nel mondo

Belgio – Mondo – Galles – Europa

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Diamo i numeri

14.000 t

18

Naturalmente carnivoro

Richard Turner e Iñaki López de Viñaspre

20

Tendenze

Coronavirus: Coop-Nomisma, cibo resiste al taglio dei consumi ma c’è sobrietà

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Meat pack

Progetto coreano per il packaging di prodotti con focus sul benessere animale

24

La carne nel piatto

Beef Tartare & Caviar

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Eurocarni, 2/21 1/21

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Calendario fiere

Fiere, eventi, convegni 2021

Attualità

Il Big Ben ha detto stop

Sebastiano Corona

32

La neutralità climatica come obiettivo comune

Sebastiano Corona

34

Fondi europei e Covid-19

Sebastiano Corona

40

Slalom

Come salvare l’economia

Cosimo Sorrentino

44

La carne in rete

Social meat

Elena Benedetti

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Aziende

Würstel di vitello GUSTAmi: poco fumo, molta carne, tutto il sapore e la qualità che cercate

50

IBRIDABRADA: carni e salumi di suino brado, espressione delle fertili Terre Matildiche

54

Carni da copertina

L’importanza del grasso per Imanol Jaka

56

Comunicare la carne

Dai dabbawala al Mannarino: storie di delivery identitari

Francesca Monti

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Mercati

Il mercato delle carni avicole

Roberto Villa

62

Trend

Tre trend nel mercato globale delle carni

66

Sostenibilità

La produzione di carne bovina sostenibile

68

Benessere animale

28

La certificazione volontaria per il benessere dei suini in Spagna

Roberto Villa

70

Per l’avicoltura italiana il futuro è già qui

Giulia Mauri

74

Macellazione dei bovini: valutazione dei problemi di benessere

78

A pagina 108.

EUROCARNI

Mensile di economia, politica e tecnica delle carni di tutte le specie animali Anno XXXVI N. 2 • Febbraio 2021

€ 5,42

In copertina: la vaca vieja di Txogitxu, massima espressione della cultura delle carni dei Paesi Baschi (photo © CARNIVALE BELGIUM).

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Eurocarni, 2/21


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Vittorio e Loredana: Bue Grasso, Fassona e Salsiccia di Nizza

Massimiliano Rella

80

Pozzi: comunicare l’identità valtellinese attraverso la bresaola

Riccardo Lagorio

84

Valter Bottega: dare valore a tutta la carcassa

Riccardo Lagorio

88

La carne in tavola

Un balzo gustoso

Giorgia Fieni

90

Nutrizione

Approvate dai nutrizionisti: tutti possono mangiare le carni avicole

Conservazione

L’antica arte di salmistrare e non soltanto la lingua

Fiere

MARCA by BolognaFiere 2021

96

MEAT-TECH: fiera in presenza e attenzione ai nuovi trend

98

Macellerie d’Italia

92 Nunzia Manicardi

IFFA 2022, non solo proteine animali La pagina scientifica

94

100

Peste Suina Africana, allerta massima anche in Europa

Dario Dongo et al.

La qualità della carne confezionata in Atmosfera Protettiva (MAP) o Vacuum Skin Packaging (VSP) ed esposta in punto vendita

Federico Santantoni et al. 108

104

A pagina 80.

A pagina 126.

A pagina 122. www.eurocarni-online.com 8

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A pagina 104. A pagina 60.

A pagina 92.

Tecnologie

RintracciabilitĂ senza lacune in cinque punti

116

Statistiche

Dati Anas: classificazione carcasse

120

Storia e cultura

Carne allo spiedo nobile e popolare

Giovanni Ballarini 122

Sono 180 grammi, lascio?

Mangia!

Giovanni Papalato 126

www.eurocarni-online.com 10

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LA CARNE NEL MONDO

Belgio Lo scorso 21 dicembre l’Organizzazione Mondiale della Sanità animale (OIE) ha confermato lo stato di indennità dalla PSA in tutti i suidi del Belgio, perso dal Paese nel settembre del 2018 a causa dell’epidemia di PSA diffusasi nella sua popolazione di cinghiali selvatici. Per permettere all’OIE di definire la propria posizione, l’Agenzia federale belga per la sicurezza della catena alimentare (FASFC) aveva fornito all’organizzazione tutti i dati necessari per dimostrare che in Belgio non si registravano casi di PSA da oltre un anno: una condizione sine qua non per richiedere lo stato di indennità dalla malattia. In questo periodo, il Belgio è riuscito a mantenere il suo patrimonio suino nazionale indenne dalla PSA. Il Belgio è uno dei principali produttori di carne suina in Europa, con esportazioni che superano i ⅔ della sua produzione di carne suina. Per proteggere questo importante settore, era fondamentale evitare che la malattia colpisse il patrimonio zootecnico nazionale. Oltre alle regole di biosicurezza complete già in atto, sono state quindi implementate misure aggiuntive. Ciò significa, tra le altre cose, che ogni suino malato deve essere testato per rilevare l’eventuale presenza di PSA, indipendentemente dai sintomi che presenta. A oggi, il numero di campioni — tutti negativi — ammonta a oltre 22.000 e continua ad aumentare. Nonostante la reintroduzione dello stato di indennità dalla PSA, il Belgio continuerà a monitorare le malattie animali sia nel patrimonio zootecnico nazionale che nella popolazione selvatica. Per il momento, le misure di sorveglianza e controllo restano in vigore. La pubblicazione dell’OIE fa seguito alla decisione della Commissione europea del 20 novembre 2020 di abolire le zone regolamentate istituite dopo l’epidemia del virus nei cinghiali selvatici. Negli ultimi decenni, il Belgio ha esportato carne suina in oltre settanta Paesi. Poiché la comunicazione con i suoi partner commerciali globali è improntata alla trasparenza, il Belgio fornirà a breve tutte le informazioni necessarie per consentire ai Paesi importatori di riprendere l’attività commerciale. «Per i fornitori di carne suina belga è un sollievo che l’OIE abbia pubblicato lo stato di indennità dalla PSA» commenta il Belgian Meat Office. «I Paesi importatori riceveranno tutte le informazioni necessarie affinché possano revocare le restrizioni dovute alla PSA. Per loro è davvero un’ottima notizia!» (fonte: belgianmeat.com; photo © Xtock).

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PRESENTA IL SIGILLO ITALIANO I DISCIPLINARI DEL SISTEMA QUALITÀ NAZIONALE ZOOTECNIA (SQNZ) RICONOSCIUTI DAL MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE

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Mondo Secondo il rapporto trimestrale di RABOBANK Beef Quarterly Q4, il Covid-19 ha determinato forti cambiamenti nei modelli di consumo della carne bovina in tutto il mondo. La domanda di carne bovina negli USA è stata comunque eccezionale nonostante una riduzione dal 20% al 30% delle vendite attraverso il canale della ristorazione. Mentre il BBQ e il mangiare all’aperto hanno sostenuto il consumo durante l’estate, i consumatori hanno speso meno soldi in attività come ad esempio i viaggi, aumentando il reddito disponibile. Quest’ultimo è stato utilizzato per mangiare meglio a casa, il che ha aiutato le vendite di carne bovina. “Si prevede che il consumo di carne bovina negli Stati Uniti si normalizzerà non appena le condizioni della pandemia si saranno attenuate”, ha previsto Rabobank. “Ma vediamo opportunità per le parti interessate nella catena di approvvigionamento che in questo periodo hanno acquisito nuovi consumatori”. I prezzi della carne bovina cinese rimangono elevati. “Le importazioni cinesi di carne bovina hanno raggiunto 1,57 milioni di tonnellate nei primi nove mesi del 2020, in aumento del 39% rispetto allo stesso periodo di un anno fa”, stima Rabobank, nonostante la sospensione di alcuni esportatori, i severi controlli all’importazione dovuti al Covid-19 e le interruzioni degli impianti di lavorazione nei paesi esportatori. In Brasile, le condizioni economiche deboli, le esportazioni di carne bovina insolitamente forti e la chiusura temporanea di ristoranti e alberghi hanno portato ad un calo del 9% del consumo interno di carne bovina al culmine della pandemia. I consumi dovrebbero riprendersi con l’arrivo della bella stagione e il miglioramento dell’economia. “I butcher indipendenti, che rappresentano circa il 20% delle vendite di carne fresca in Australia, hanno guadagnato circa due punti percentuali di quota di mercato nel Paese poiché i consumatori cercavano punti vendita più piccoli per limitare l’esposizione alla folla e mostravano un maggiore interesse per la cucina casalinga”, ha rilevato Rabobank. Questi macellai si sono evoluti per offrire nuovi servizi come la consegna a domicilio e la vendita di pasti pronti e prodotti di marca. In Europa a fine 2020 si è registrato un secondo blocco, col consumo di pasti fuori casa limitato o chiuso nella maggior parte dei Paesi. Il consumo di carne bovina diminuirà, secondo il rapporto, poiché l’aumento delle vendite al dettaglio non ha compensato le perdite nei servizi di ristorazione. Le restrizioni dovrebbero continuare nel 2021 (fonti: FPSA – Food Processing Suppliers Association, Food Processing News Brief; photo © александр таланцев – stock.adobe.com).

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Galles, UK HYBU CIG CYMRU – MEAT PROMOTION WALES (HCC), ente promotore delle carni ovine e bovine gallesi, ha reso noti gli sviluppi positivi per il comparto a seguito del raggiungimento dell’accordo commerciale tra il Regno Unito e l’Unione Europea. Senza agreement, infatti, le esportazioni di carne rossa del Galles — il cui 90% è destinato all’UE, in uno scambio che attualmente vale 180 milioni di sterline all’anno — sarebbero state soggette a tariffe OMC comprese tra il 40 e l’80%, minacciando così la redditività del Welsh lamb e del Welsh beef. La nuova intesa consentirà agli accordi commerciali di proseguire senza dazi, mantenendo così vivi gli scambi commerciali consolidati ormai da decenni tra Galles e Italia, e altri Paesi europei fra cui Francia e Germania. «Perdere un mercato come quello europeo che conta 500 milioni di consumatori e che ha impiegato decenni per essere costruito sarebbe stato una tragedia», ha affermato il presidente di HCC KEVIN ROBERTS. «Dopo quattro anni di incertezza per i nostri allevatori ed esportatori il buon senso ha prevalso», ha aggiunto. «Siamo grati ai nostri partner europei per essere rimasti con noi in questo momento difficile. Ora possiamo continuare a lavorare sull’eccellente reputazione che l’agnello e il manzo gallesi hanno costruito in questi anni. Le nostre carni offrono esattamente ciò che il consumatore moderno desidera: carni allevate secondo i più alti standard di sostenibilità e benessere, completamente tracciabili dal pascolo alla tavola». Molto soddisfatto si è dichiarato anche JEFF MARTIN, responsabile HCC per il mercato italiano. «Il raggiungimento di un accordo fra UK e Unione Europea è una grande notizia per il nostro comparto. In termini pratici questo significa che continueremo ad esportare il nostro agnello gallese in Italia senza prevedere un innalzamento dei costi. I consumatori continueranno a trovare la nostra carne nelle principali catene della GDO italiana e nelle macellerie, mentre a supermercati e rivenditori continueremo ad offrire la qualità dei nostri prodotti e dei nostri servizi a prezzi competitivi» (fonte: www.agnellogallese.it; in foto, il presidente di Hybu Cig Cymru – Meat Promotion Wales Kevin Roberts insieme a Jeff Martin, responsabile delle carni gallesi per il mercato italiano fotografati in occasione dell’edizione di Anuga 20219 a Colonia).

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Europa Il Consiglio europeo ha approvato le conclusioni su un marchio a livello UE relativo al benessere degli animali, sottolineando l’obiettivo generale di migliorare il welfare per il maggior numero possibile di capi destinati alla produzione di alimenti. I ministri hanno sostenuto la richiesta dei consumatori di riconoscere facilmente gli alimenti prodotti secondo standard di benessere degli animali più rigorosi e, nelle conclusioni, hanno chiesto di tenere conto di criteri specifici nella creazione di un marchio a livello di UE. Tra l’altro, i ministri hanno sottolineato la necessità di andare oltre gli attuali requisiti giuridici dell’UE in materia di benessere degli animali, di includere progressivamente nel marchio tutte le specie di bestiame per il loro intero ciclo di vita (compresi il trasporto e la macellazione) e di assicurare un’agevole interazione con i marchi esistenti. «Il benessere degli animali è stato una priorità della nostra presidenza e noto con molto piacere che la definizione di standard più ambiziosi e più rigorosi in materia sta diventando anche una priorità dell’UE. Un marchio comune dell’UE relativo al benessere degli animali accrescerebbe la credibilità e la trasparenza dei nostri mercati, permettendo ai consumatori di compiere scelte più consapevoli. Inoltre, contribuirebbe a premiare i produttori che rispettano gli standard» ha dichiarato JULIA KLÖCKNER, ministra federale dell’Alimentazione e dell’Agricoltura della Germania (fonte: consilium.europa.eu; photo © Pedro Salaverria).

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DIAMO I NUMERI

14.000 t

Con 14.000 tonnellate di produzione certificata (+1,4%), 92 milioni di euro alla produzione (+0,9%) e 196 milioni di euro al consumo (+0,8%), la categoria delle carni fresche Dop-Igp conferma i risultati dell’anno precedente, con la mancata rivalutazione dei prezzi unitari che ha interessato tutte le carni nel 2019 e non ha risparmiato le DOP-IGP. L’export riguarda il 10% della produzione per un valore di 10 milioni di euro (–2,9%). In Sardegna e Toscana si concentra oltre la metà del valore totale della categoria, con rispettivamente 29 milioni di euro e 18 milioni di euro. In ordine di valore generato nella categoria si trovano Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp, Agnello di Sardegna Igp, Abbacchio Romano Igp, Agnello del Centro Italia Igp e Cinta senese Dop (fonte: Rapporto Ismea-Qualivita 2020; in foto agnelli sardi, photo © Ekaterina Pokrovsky – stock.adobe.com).

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NATURALMENTE CARNIVORO

Un bellissimo scatto del fotografo Diego Lafuente per l’edizione spagnola della rivista GQ. A sinistra c’è Richard Turner, fondatore di Meatopia London, il festival carnivoro più importante del mondo, proprietario di alcune steakhouse della capitale e proprietario di Turner & George, shop on-line (turnerandgeorge.co.uk) di carni premium specializzato in razze bovine autoctone made in UK. Quello a destra è invece Iñaki López de Viñaspre, l’ambasciatore della carne e della cucina tradizionale basca e chef del Gruppo Sagardi, leader nella ristorazione con 30 locali in città tra cui Madrid, Barcellona, Valencia, Città del Messico, Buenos Aires, Oporto e la stessa Londra. La foto è stata scattata a Madrid nell’ambito di una passata edizione delle Jornadas Gastronómicas del Txuletón organizzata da Sagardi a cui ha partecipato anche Imanol Jaca, The Basque Butcher a capo di Txogitxu. Leggete di più su di lui nell’articolo a pag. 56 (photo © Diego Lafuente).

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TENDENZE Coronavirus: Coop-Nomisma, cibo resiste al taglio dei consumi ma c’è sobrietà

Ancora una volta il cibo è metafora dell’Italia e degli Italiani. Assieme alla salute e alla casa, rimane l’ultimo argine alla riduzione dei consumi rispetto al pre-Covid. È questo quanto emerge dal sondaggio “2021, l’anno che verrà”, svolto in collaborazione COOP-NOMISMA, e nell’indagine “2021 Restart”. Ciò nonostante, quello del 2021 sarà per molti un cibo sobrio: se per il 71% del campione questa voce di spesa rimarrà stabile, un 15% intende risparmiare. Continua l’onda lunga dello slow cooking, la nuova strategia degli Italiani per spendere meno, acquistando più ingredienti di base e meno piatti pronti, e contemporaneamente difendere qualità e salubrità del proprio cibo spesso cucinandolo da sé (il 30% già ad agosto prevedeva di dedicare più tempo alla preparazione dei pasti). Inoltre, secondo gli executive della filiera alimentare, gli acquisti si concentreranno maggiormente sugli alimenti prodotti con materie prime italiane e naturali/sostenibili: rispettivamente il 53% e il 48% del campione ritiene che queste categorie registreranno le migliori performance rispetto all’anno precedente, oltre che con ingredienti freschi (in crescita del 52%). Proprio il concetto di prodotto sostenibile però si fa più articolato e al generico rispetto dell’ambiente si affiancano il concetto di produzione locale o legata al territorio, col 50% che abbina questo tema alla sostenibilità e a una filiera controllata (49%). Compare anche il principio della giusta remunerazione per i vari attori della filiera (fonte: paolodecastro.it; photo © Makulov – stock.adobe.com).

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MEAT PACK

Progetto coreano per il packaging di prodotti con focus sul benessere animale

I’m a cow. Questo studio grafico pubblicato su Behance da Studio Livrary, con sede a Seoul, Corea del Sud, è focalizzato sul rinnovo del pack di una serie di prodotti di carne venduti in GDO. In questa immagine, relativa alle carni di manzo premium e con certificazione biologica grass fed, si sviluppa il concetto del benessere animale attraverso l’uso di un’illustrazione dai tratti decisamente naïf, tipici della creatività istintiva, che si smarcano dal trend comune di sfondi neri, coltelli, ferro e fuoco, per riprendere una narrazione più empatica e diretta (photo © behance.net).

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Eurocarni, 2/21


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LA CARNE NEL PIATTO

Beef Tartare & Caviar: una stupenda tartare realizzata con carni di filetto (tenderloin) di Heritage Angus, 100% Black Angus canadese, e caviale Osetra Anna Dutch Caviar Scandinavia da Henning Kvicks, cuoco, fotografo e autore del libro Meat Cravings, seguitissimo su Instagram col profilo @kvicken71. Kvicks propone il classico abbinamento tra carne cruda e uova, ma in questo caso sono quelle preziosissime dello storione (photo © instagram.com/kvicken71).

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Prodotti biologici certificati da


CALENDARIO FIERE

Fiere, eventi, convegni 2021 Italia Taste Firenze, 10-12 aprile Organizzazione: Pitti Immagine taste.pittimmagine.com

Parma, 31 agosto – 3 settembre Organizzazione: Fiere di Parma Spa e.canuti@fiereparma.it www.cibus.it Fieravicola – Salone internazionale avicolo Rimini, 7-9 settembre Organizzazione: Fieravicola Srl fieravicola.com

MARCA by Bolognafiere – Salone internazionale sui prodotti a Marca del Distributore Bologna, 23-24 giugno Organizzazione: BolognaFiere Spa Associazione della Distribuzione Moderna (ADM) www.marca.bolognafiere.it

Cibus – 20o Salone internazionale dell’Alimentazione

SANA – Salone internazionale del biologico e del naturale Bologna, 9-12 settembre Organizzazione: BolognaFiere Spa www.sana.it

iMeat by Ecod Modena, 12-14 settembre Organizzazione: Ecod Srl marketing@imeat.it imeat.it

MEAT-TECH by Ipack-Ima Milano Rho, 22-26 ottobre Organizzazione: Ipack Ima Srl www.meat-tech.it

Tuttofood – Milano World Food Exhibition Milano Rho, 22-26 ottobre Organizzazione: Fiera Milano Spa info@tuttofood.it - www.tuttofood.it HOST Milano Milano, 22-26 ottobre Organizzazione: Fiera Milano Spa host.fieramilano.it Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona Cremona, 2-4 dicembre Organizzazione: CremonaFiere www.fierezootecnichecr.it

Estero Specialty Food Live Virtuale (NY, USA) 19-22 gennaio Organizzazione: SDA Specialty Food Association www.specialtyfood.com Anufood China Shenzhen (Cina) 21-23 aprile Organizzazione: Koelnmesse Srl info@koelnmesse.it www.anufoodchina.com

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Organizzazione: Private Label Manufacturers Association www.plmainternational.com Alimentaria Barcellona (Spagna), 17-20 maggio Organizzazione: Alimentaria Exhibitions www.alimentaria.com

Meat & Poultry Russia Mosca (Russia), 25-27 maggio Organizzazione: VNU Exhibitions www.viv.net

PLMA World of Private Label – Il Mondo del Marchio del Distributore Amsterdam (Olanda), data da destinarsi

Sirha Food Lione (Francia), 29 maggio-2 giugno Organizzazione: GL Events www.sirha.com

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Meatopia Londra (Regno Unito) 3-5 settembre Organizzazione: Meatopia UK meatopia.co.uk Alimentec Bogotà (Colombia) 8-11 giugno Organizzazione: Koelnmesse SAS feriaalimentec.com

Anufood India Bombay (India), 6-8 settembre Organizzazione: Koelnmesse YA Tradefair Pvt Ltd. – Koelnmesse Srl www.anufoodindia.com

VIV Turkey Istanbul (Turchia) 10-12 giugno Organizzazione: VNU Exhibitions www.viv.net

Space Rennes (Francia), 14-16 settembre Organizzazione: Space www.space.fr VIV Asia Meat Pro Asia Free from Food Asia Bangkok (Tailandia) 22-24 settembre Organizzazione: VNU Exhibitions www.viv.net

World Meat Congress Cancun (Messico) 23-25 giugno Organizzazione: The International Meat Secretariat (IMS) wmc2021cancun.com Poultry Africa 2021 Kigali (Rwanda) 1-2 settembre Organizzazione: VNU Exhibitions www.viv.net

Anuga Colonia (Germania), 9-13 ottobre Organizzazione: Koelnmesse Srl www.anuga.com Sommet de l’Élevage Clermont-Ferrand (Francia), 5-8 ottobre Organizzazione: Sommet de l’Élevage www.sommet-elevage.fr Alimentaria Foodtec Barcellona (Spagna), 19-22 ottobre Organizzazione: Alimentaria Exhibitions www.alimentariafoodtech.com

SIAL China Shanghai (Rep. Pop. Cinese) 28-30 settembre Organizzazione: Comexposium SIAL Exhibition Co. Ltd www.sialchina.com Meat & Grill Days Atene (Grecia) 2-4 ottobre Organizzazione: O.Mindcreatives www.meatdays.gr

Süffa Stoccarda (Germania), 6-8 novembre Organizzazione: Landesmesse Stuttgart GmbH www.messe-stuttgart.de/sueffa NOTA Le date e i luoghi delle fiere sono soggetti sempre a variazioni. Si consiglia chi è interessato a partecipare a una fiera ad accertarsi, presso gli organizzatori, del luogo e della data. Si declina pertanto ogni responsabilità per eventuali inesattezze.

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ATTUALITÀ

Il Big Ben ha detto stop Dal primo gennaio 2021 la Brexit è realtà. I principi cardine della futura relazione tra Londra e Bruxelles sono fissati, senza ulteriori rinvii. Tra impegni, preoccupazioni e auspici, si apre una nuova era, non solo per la Gran Bretagna di Sebastiano Corona

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opo oltre 47 anni di permanenza al suo interno, il Regno Unito ha definitivamente concluso la sua esperienza di Stato Membro dell’Unione Europea. È una fase di incertezza generale, tanto più che al momento in cui scriviamo non si conosce ancora nel dettaglio il contenuto dell’accordo, ma l’ottimismo non manca. «La Gran Bretagna continuerà ad avere accesso all’area di libero scambio della UE. Non ci saranno né dazi, né tariffe, ma il Paese

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si riprende la sua sovranità»: BORIS JOHNSON, nel suo lungo e discusso discorso alla Camera dei Comuni, è stato chiaro su questi tre aspetti, nel definire un passaggio storico da molti punti di vista, destinato a cambiare la vita di persone e imprese e non solo britanniche. D’altronde le catastrofiche conseguenze di questo divorzio, paventate all’indomani del referendum del 2016 in cui popolo britannico ha fatto la sua scelta, non si sono di fatto concretizzate. Non nelle modalità più temute.

La Gran Bretagna è un Paese dalla storia importante, da sempre considerato centro economico e finanziario mondiale, ha un sistema che reagisce bene al cambiamento e che tende all’equilibrio. È fiscalmente competitivo con una tassazione nel complesso ridotta e dunque polo di attrazione di investimenti dall’estero. Non sarà la Brexit a comprometterne il futuro. La domanda non è però solo come cambierà il mondo per l’UK, ma come cambierà il modo di rap-

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portarsi ad esso. Se Londra non sarà più parte del territorio doganale e fiscale dell’UE e mancano ancora alcuni nodi da sciogliere — non ultimi gli accordi sulla pesca nelle acque britanniche, la governante, in particolare sui meccanismi da mettere in atto in caso di controversia e le condizioni per evitare una concorrenza sleale —, come dovranno essere gestiti questi cambiamenti dalle imprese che con essa hanno rapporti commerciali in ingresso e in uscita? C’è un netto cambiamento di sistema: si passa da uno armonizzato ad uno divergente e tutto da scrivere. E se questo non deve essere di per sé un problema, è comunque un passaggio che va gestito e governato e al momento richiede uno sforzo di riassetto nella gestione. Dal 31 dicembre la circolazione delle merci da e per il Regno Unito verrà considerata commercio con un Paese Terzo, con tutte le conseguenze del caso e pertanto: l’introduzione di un confine doganale, l’esecuzione di attività amministrative diverse dal passato, una nuova gestione fiscale delle transazioni, l’eventuale pagamento di dazi (al momento in realtà scongiurati), una diversa modalità nei pagamenti. Significa altresì normativa differente sia in ambito commerciale sia nei rapporti professionali, in generale, con tutte le conseguenze del caso. Quanto saranno impegnativi e costosi questi mutamenti per le imprese che con la Gran Bretagna si rapportano periodicamente è tutto da vedere; non a caso, al di là delle rassicurazioni che giungono da più parti, la preoccupazione è tanta. Si tratta di una piazza che per l’Italia vale circa 25 miliardi di euro di esportazioni complessive, 3,4 miliardi delle quali di solo agroalimentare. L’Inghilterra rappresenta il quarto mercato di sbocco per il Belpaese. E se i Britannici hanno rischiato di dover rinunciare al cibo nostrano per i problemi conseguenti alla Brexit, le imprese italiane possono tirare per ora, un sospiro di

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sollievo. Così come i produttori italiani di vini e prosecco — un mercato che vale da solo 700 milioni di euro all’anno — di ortofrutta trasformata, di pasta, salumi e formaggi, le cui esportazioni possono considerarsi al sicuro e proseguire in un trend che negli ultimi 10 anni ha fatto segnare un incremento del 48%. I timori sono diversi: il più grande è quello di essere travolti da burocrazia e complicazioni. Si pensi, per esempio, alla certificazione dei prodotti che passerà da CE a UKCA e che sarà usata per i beni immessi sul mercato di Inghilterra, Galles e Scozia, appunto. La sua apposizione sarà la prova che il prodotto è conforme a tutti i requisiti legislativi del Regno Unito applicabili e che le procedure di valutazione della conformità sono state completate con successo. Ma richiederà uno sforzo in termini di gestione, amministrazione, impiego di personale. Una complicazione che si traduce in una spesa che prima non esisteva. Non si conoscono nel dettaglio i contenuti dell’accordo, preoccupa quindi l’ipotesi di intese bilaterali del Regno Unito con Paesi come gli Stati Uniti o altri Stati che potrebbero diventare la porta di ingresso di produzioni di Italian sounding. Un altro rischio, soprattutto nell’immediatezza, è quello del rallentamento delle transazioni commerciali dovute al fatto che d’ora in poi ognuna di esse sarà di fatto considerata di esportazione a tutti gli effetti, con le relative formalità doganali. L’eventuale applicazione dell’Imposta sul Valore Aggiunto alle merci esportate e l’eventuale introduzione di nuovi oneri comporterebbero un maggiore costo finale per l’acquirente inglese che, visto l’aumento di prezzo, potrebbe anche rinunciare a quel bene. Ma anche l’introduzione di nuove disposizioni normative avrebbe il deleterio effetto di generare costi, che andrebbero inevitabilmente a gravare sul prodotto, rendendolo meno appetibile sul mercato. A preoccupare anche i rischi sulla piena tutela giuridica dei prodotti a Indicazione Geografica (DOP/IGP)

UKCA (UK Conformity Assessed) è il nuovo marchio del Regno Unito che sostituirà la marcatura CE e che sarà utilizzato per le merci immesse sul mercato della Gran Bretagna (Inghilterra, Galles e Scozia) dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (Brexit). La sola marcatura UKCA non potrà essere utilizzata per i prodotti immessi sul mercato dell’Irlanda del Nord, che richiedono la marcatura CE o la marcatura UK (NI). L’apposizione del marchio UKCA testimonierà che il prodotto è conforme a tutti i requisiti legislativi del Regno Unito e che le procedure di valutazione della conformità sono state completate con successo.

che incidono per circa il 30% sul totale dell’export agroalimentare made in Italy in Gran Bretagna e che, senza protezione efficace, rischia di subire la concorrenza sleale dei prodotti di imitazione. Rimangono inoltre da definire i dettagli conseguenti all’applicazione del level playing field, in base al quale il Regno Unito potrà continuare ad esportare anche i suoi prodotti nel mercato UE. In sintesi, le incertezze sono ancora molte e conseguentemente sono numerosi i timori. All’Italia spetta il compito di essere vigile e non perdere d’occhio un mercato che si mostra, da ogni punto di vista, tra i più importanti per l’agroalimentare nazionale e non solo. Sebastiano Corona Nota A pagina 32, photo © Lightboxx – stock.adobe.com

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La neutralità climatica come obiettivo comune La sostenibilità non è una moda, non più. Non lo è da nessun punto di vista e comunque la si intenda. E darle corso, in ogni ambito e con ogni mezzo, è una responsabilità in capo tanto alle imprese e ai Governi quanto ai consumatori. Ognuno nel suo ruolo di Sebastiano Corona

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Il nostro parere politico non si esprime solo nella cabina elettorale. Si può infatti contribuire a definire le sorti del pianeta anche in altri gesti della vita quotidiana, primo tra tutti nel modo di fare la spesa. Tradotto, il potere economico è prima di tutto nelle mani di noi cittadini comuni. Siamo noi a decidere le sorti di un prodotto, un’impresa, un canale commerciale, un intero sistema economico

Il potere di chi acquista è notevole, per questo le scelte vanno fatte con responsabilità. Un semplice gesto, unito a quello di tanti altri che si muovono nella stessa direzione, genera un’azione politica vera e propria, destinata ad avere risvolti di sostenibilità ad ampio raggio

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omprare è un atto morale, oltre che economico. Lo dice la lettera enciclica Caritas in veritate firmata da Papa Benedetto XVI già nel giugno 2009. Lo dice più recentemente il Farm to Fork, la strategia pubblicata a maggio 2020 dalla Commissione europea che — nel proporre un piano ambizioso diretto a cambiare il sistema agroalimentare e non solo —, sottolinea che i consumatori dovranno essere più responsabili. Chi acquista non solo non deve più considerarsi impotente di fronte alle decisioni degli altri attori del mercato, ma deve essere consapevole della sua responsabilità, considerato che le sue scelte di fronte allo scaffale, hanno delle conseguenze sul piano economico, ambientale e sociale. I mutamenti climatici, il depauperamento di risorse naturali, ma anche una scarsa qualità della vita di chi lavora, soprattutto in certi Paesi del mondo, sono unicamente responsabilità delle imprese oppure un ruolo importante, forse decisivo, è proprio di noi consumatori? In buona parte sì. Ne è convinto LEONARDO BECCHETTI, ordinario di Economia all’Università di Roma Tor Vergata e direttore del corso di specializzazione in European Economics and Business Law e del Master MESCI di Development and International Cooperation, che lancia un intrigante messaggio: votiamo con il portafoglio. Il nostro parere politico non si esprime solo nella cabina elettorale. Si può contribuire a definire le sorti del pianeta anche in altri gesti della vita quotidiana, primo tra tutti nel modo di fare la spesa. Tradotto, il potere economico è prima di tutto nelle mani di noi cittadini comuni. Siamo noi a decidere le sorti di un prodotto, di un’impresa, di un canale commerciale, di un intero sistema economico. Siamo sempre noi a decidere se determinate filiere, mercati o Paesi dove manca il rispetto delle leggi minime, dei diritti universali, del pianeta debbano esistere o meno.

Il potere di chi acquista è notevole, per questo le scelte vanno fatte con responsabilità. Ognuno dovrebbe acquisire la consapevolezza del fatto che il proprio consumo o risparmio può fare la differenza nel sostenere o affossare aziende, territori, Stati e persino modelli produttivi. Un semplice gesto, unito a quello di tanti altri che si muovono nella stessa direzione, genera un’azione politica vera e propria, destinata ad avere risvolti di sostenibilità ad ampio raggio. Una sostenibilità che, come definita nel rapporto “Our Common Future” pubblicato nel 1987 dalla Commissione mondiale per l’Ambiente e lo sviluppo del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente, si traduca in “uno sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”. Una sostenibilità che si esprime dunque su tre elementi principali: 1. la tutela dell’ambiente, affinché vengano garantite la disponibilità e la qualità delle risorse naturali; 2. il sociale, perché si generi e si mantenga un elevato livello della qualità della vita, di equità, giustizia, di sicurezza e dei servizi per i cittadini; 3. infine l’economia, perché ogni intrapresa deve comunque garantire efficienza e reddito per l’impresa. Si tratta dunque di una visione attuale e futura dell’ambiente e dell’uomo che ne garantisce il proseguo senza sacrificare il profitto. Sostenibilità non significa infatti rinunciare alla ricchezza che l’impresa può generare. Tutt’altro. È il punto d’equilibrio tra le tre dimensioni, a cui ogni attore, per il suo ruolo, dovrebbe tendere. A questo si è ispirata anche l’Assemblea Generale dell’ONU, che il 25 settembre 2015 ha adottato l’Agenda 2030, intitolata “Trasformare il nostro mondo. L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”, dove definisce 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile

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Leonardo Becchetti, ordinario di Economia all’Università di Roma Tor Vergata e direttore del corso di specializzazione in European Economics and Business Law e del Master MESCI di Development and International Cooperation (photo © www.unisg.it). (Sustainable Development Goals), sancendo inoltre l’effettiva insostenibilità del modello di sviluppo attuale, non solo dal punto di vista ambientale, ma anche sociale ed economico. Ed è in tal senso molto chiaro il Green New Deal, il documento recentemente licenziato dalla Commissione europea, che prevede una serie di azioni politiche da attuare nei prossimi anni con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica nel Vecchio Continente entro il 2050 e che prevede, tra le varie cose, di ridurre di almeno il 50% le emissioni di gas a effetto serra nel prossimo decennio. L’intenzione è quella di rivedere ogni legge vigente in materia di clima e di introdurre nuove norme sull’economia circolare, sulla ristrutturazione degli edifici, sulla biodiversità, sull’agricoltura e sull’innovazione. Un piano straordinario che la presidente della Commissione europea, URSULA VON DER LEYEN, ha definitivo rivoluzionario «al pari dello sbarco dell’uomo sulla luna», poiché questo patto tra Stati renderebbe l’Europa il primo continente a neutralità climatica.

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Appare insomma improcrastinabile l’attuazione di un sistema in cui le imprese e i Paesi che operano nel rispetto dell’ambiente e dei lavoratori vengano premiati, prima di tutto dai consumatori, nel momento in cui acquistano, ma in seconda battuta anche da meccanismi normativi incentivanti che conducano verso una politica di sostenibilità in senso ampio. Ai Governi spetta il compito di sostenere le industrie che contribuiscono a questo modello, ma anche creare i presupposti per una giusta informazione e per un’educazione all’acquisto consapevole. Solo così il consumatore può prendere coscienza e rendersi conto dell’enorme impatto dei propri gesti sulle scelte delle imprese. Ricade dunque su di lui il compito di informarsi adeguatamente. L’informazione non è infatti solo un diritto ma anche dovere. E ricade altresì su di lui una scelta d’acquisto che non sia condizionata unicamente dal prezzo, ma che tenga conto di ogni aspetto, dal canale d’acquisto all’impatto ambientale del packaging, dai chilometri che la materia prima o il prodotto trasformato hanno percor-

so prima di giungere allo scaffale, alle condizioni di vita e di lavoro di chi ha contribuito a realizzarlo, compresa la remunerazione di ogni anello della filiera e il rispetto, da parte dell’impresa produttrice e venditrice, della legge, non ultima quella fiscale e contributiva. Solo per fare alcuni esempi. Ai consumatori manca però la consapevolezza del proprio potere: non sempre sono sufficientemente informati e, in certi casi, non sanno quanto le proprie decisioni possano influire. Eppure di esempi, anche recenti, di come l’opinione pubblica in un arco di tempo ragionevole sia riuscita a far cambiare meccanismi importanti, sono molti. Uno per tutti è quello dell’olio di palma, messo alla gogna per motivi diversi, forse in certi casi nemmeno del tutto noti a chi ha deciso di non acquistare più prodotti che lo contengano tra gli ingredienti. In pochi mesi molte delle industrie che lo utilizzavano non solo lo hanno sostituito con altri grassi, ma ora ne evidenziano l’assenza in ogni etichetta, trasformando quello che inizialmente è stato un problema, in una efficace leva di marketing. Un altro esempio certamente meno clamoroso, ma ugualmente significativo, è quello del consumo dei ricci di mare in Sardegna. A seguito di un evidente depauperamento dei fondali dell’Isola, è partita infatti negli anni scorsi una campagna di sensibilizzazione del mercato finale che ha visto il coinvolgimento trasversale di consumatori ed operatori economici, perché ne venisse scoraggiato il consumo. Il motto era quello di non consumarli oggi, per averli ancora domani, tanto più che il rischio di estinzione definitiva è tutt’altro che remoto. Il risultato è stato che molti chef hanno tolto i ricci dai loro menu, stessa cosa hanno fatto alcune insegne della Grande Distribuzione Organizzata. Tutti operatori economici che, oltre ad aver lodevolmente contribuito alla causa sensibilizzando quei clienti che ancora non avevano fatto una riflessione sul delicato tema, nel

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rinunciare a commercializzare il prodotto, pur avendone avuto un immediato danno economico, hanno comunque registrato un ritorno in termini di immagine e di contributo fattivo ad una pesca sostenibile, che possa pertanto continuare sul lungo termine. Azioni come quelle citate possono avere un effetto dirompente e su larga scala se si considera l’interdipendenza planetaria. La globalizzazione, infatti, non permette solo scambi commerciali tra economie lontane e diverse tra loro, ma si manifesta anche in altri ambiti e lo scambio velocissimo di informazioni può consentire in poco tempo che prese di coscienza locali vengano sposate in contesti ben più ampi e geograficamente distanti, con tutte le conseguenze del caso in termini di impatto sui mercati e sulla società. «C’è un mondo che non ce la fa e che non può votare con il portafoglio nemmeno volendo. Ma c’è anche un’Italia che ha la disponibilità, che lo può fare e in certi casi lo fa con piacere, a prescindere dal prezzo a cui non bada in maniera eccessiva. Quelle persone devono votare con il portafoglio se vogliono creare un’economia migliore, che serva soprattutto a coloro che con il portafoglio in questo momento non possono votare»: questo risponde professor Becchetti a chi gli fa

presente che il prezzo è per molti una scelta obbligata. Il tema merita in effetti un approfondimento specifico, poiché molto ci sarebbe da dire sulle ragioni che ci guidano negli acquisti, a prescindere dalla nostra reale disponibilità finanziaria. È sul serio il portafoglio il vero e unico problema? Si pensi alle spese discutibili che a volte si fanno. Non è soprattutto una questione di scelte? Non lo è per esempio in un Paese in cui si continua a spendere in maniera importante in gioco d’azzardo, fumo o altre diavolerie, sacrificando la qualità del cibo, con la giustificazione che non si riesce a sbarcare il lunario? Talvolta — non sempre purtroppo — non è tanto o solo una questione di conto in banca ma di priorità e di educazione al consumo. Non può essere sempre e solo il prezzo a guidare gli acquisti. C’è un detto: quando una cosa costa troppo poco, devi preoccuparti. Forse c’è dietro una materia prima di scarsa qualità, lo sfruttamento dei lavoratori, il mancato riconoscimento dei diritti di chi ha contribuito a realizzarlo o una produzione eseguita in barba alle norme sulla sicurezza, l’ambiente, il fisco. Non è detto che sia così, ma una valutazione è d’obbligo e non è più una scelta. È una responsabilità di chi acquista, anche e soprattutto quando a comprare è la Pubblica Amministra-

zione. A maggior ragione, quando a decidere è un ente pubblico che utilizza risorse di tutti. Speriamo sia definitivamente tramontata la stagione delle aste al ribasso, dove l’unico criterio di scelta era quello dell’offerta, in barba a tutti gli altri elementi di valutazione, anche quando si trattava di acquisti di prodotti alimentari. Se anche la PA vuole operare per la costruzione di un mondo sostenibile, non può che tenere in giusto conto gli aspetti che riguardano la vicinanza o meno delle filiere, la qualità, il rispetto dei lavoratori, dell’ambiente e delle norme. Il potere dei Governi è, anche da questo punto di vista, notevole. Qualunque Paese può introdurre divieti — per esempio di processi produttivi che danneggino cose, persone o l’ambiente — oppure può incentivare nelle modalità più disparate, comuni cittadini, imprese ed enti ad operare in un certo modo. Gli esempi sono innumerevoli. Uno per tutti, quello attuato da anni dall’Unione Europea, che vede l’esclusione di certi settori produttivi considerati a grande impatto ambientale da qualunque provvedimento di sostegno che implica l’erogazione di aiuti di Stato. Lo scopo è, non potendo impedire l’esercizio di certe attività, almeno di non incoraggiarle con provvedimenti a sostegno.

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Ricade sul consumatore una scelta d’acquisto che non sia condizionata unicamente dal prezzo, ma che tenga conto di ogni aspetto, dal canale d’acquisto all’impatto ambientale del packaging, dai chilometri che la materia prima o il prodotto trasformato hanno percorso prima di giungere allo scaffale alle condizioni di vita e di lavoro di chi ha contribuito a realizzarlo, compresa la remunerazione di ogni anello della filiera e il rispetto, da parte dell’impresa produttrice e venditrice, della legge, non ultima quella fiscale e contributiva (photo © Tyler Olson). Certe tipologie di intrapresa, ancorché non vietate, sono penalizzate su diversi fronti. Al contrario, gli incentivi pubblici, di qualunque natura essi siano, vedono e vedranno sempre di più in futuro un meccanismo di premialità che non si tradurrà solo in contributi economici, sgravi fiscali e contributivi, ma anche vantaggi o corsie preferenziali in occasione di appalti, affidamenti diretti, bandi, misure di sostegno varie. La sostenibilità non è solo un elemento di grande appetibilità commerciale, la cui popolarità è destinata a crescere sempre di più tra i consumatori. È anche l’elemento in assenza del quale, alla lunga, un’impresa sarà costretta a scegliere tra vivere e morire. Se ne sono accorte le insegne della Grande Distribuzione Organizzata per ciò che concerne l’alimentare. Se ne sono accordi i grandi fondi d’investimento mondiali, disposti ormai a scommettere solo su imprese che vadano verso

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quella direzione, ma anche il mondo della finanza in generale, che pur avendo come priorità il profitto, vede un brulicare di fondi etici che, senza trascurare la resa economica, operano con presupposti nuovi e inclusivi. L’Italia è stata pioniera, anni fa, nell’introdurre regole sulle pratiche sleali tra imprese, adottando norme che nella contrattazione privata tutelassero la parte più debole. L’Unione Europea ha seguito la stessa strada di recente, nella convinzione che le azioni che danneggiano determinati anelli della filiera a vantaggio di altri non facciano che generare scompensi e ripercuotersi, a monte, sulla vita della persone, violandone i diritti, talvolta sfociando in azioni talmente gravi da configurarsi come reato. Qui sono chiamati in gioco, a vario titolo, operatori economici, canali distributivi, soggetti pubblici e consumatori. Anche provvedimenti come questo vanno verso un modello di sostenibilità. Quella che vuole che

ogni soggetto economico, soprattutto quelli più deboli nel mercato, non vengano schiacciati da chi detiene il maggior potere. Quel tipo di sbilanciamento non può infatti che tradursi in condizioni di lavoro inique, in mancanza di rispetto dei lavoratori e degli imprenditori più piccoli, talvolta anche in caporalato. Insomma, alcune cose sono state fatte, molte restano da fare. Bisogna lavorare perché si crei l’assunzione di una nuova responsabilità. Prendere una direzione diversa non è facile, ma nemmeno impossibile. Come sostiene professor Becchetti: «il mondo cambia con un’azione a quattro mani: Stato, Mercato, Cittadinanza attiva, Imprese responsabili». Se ognuno sta nel suo ruolo e lo esercita sino in fondo, è solo una questione di tempo. Sebastiano Corona Nota A pag. 34, photo © Elnur – stock. adobe.com

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Il meglio della

C A R N E D I V I T EOLl a Ln d eO se La carne bianca di vitello è un alimento straordinario: ricca di proteine e amminoacidi, facilmente digeribile, povera di grassi e con un alto contenuto di ferro. Cosa volete di più? C’è di più!! La carne di vitello ha anche un gusto raffinato e duttilità nella cottura: questo la rende protagonista della storia gastronomica italiana. Non a caso il vitello è tra le carni più presenti nei Menu dei grandi Chef in Italia. Abbiamo chiesto allo Chef Stefano De Gregorio di reinterpretare il Vitello Tonnato, una storica ricetta italiana conosciuta in tutto il mondo. Trovate questa ricetta insieme a tante altre su www.carnedivitello.it. L’organizzazione olandese VanDrie Group è leader di mercato per la carne bianca di vitello, ma non solo. Il VanDrie Group è anche un’organizzazione fondata sulle migliori tradizioni familiari. Il gruppo, con le sue oltre 25 aziende, costituisce la più grande azienda integrata di carne di vitello al mondo ed è pertanto leader mondiale nel settore della carne di vitello, nonché il più grande produttore di latte in polvere per vitelli. www.vandriegroup.com

La carne di vitello con una percentuale di grasso inferiore al 5% ha la seguente composizione media per 100 grammi: 104 kcal, 439 kJ, 22,1 g di proteine e 1,7 g di grassi. (fonte RIVM - NEVO).

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Fondi europei e Covid-19 Nel dramma sanitario, sociale e finanziario che stiamo attraversando l’Unione fa sentire la sua presenza a sostegno degli Stati Membri. È un momento storico, ma soprattutto un’opportunità da sfruttare al meglio di Sebastiano Corona

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l Next Generation EU è un piano di ripresa proposto dalla Commissione europea — approvato dopo annose discussioni — che ha lo scopo di far ripartire l’economia del Vecchio Continente a seguito dei danni causati dalla pandemia. Ripartito in diversi programmi prevede, tra i principali, il Recovery and

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resilience facility (Dispositivo per la ripresa e la resilienza, comunemente chiamato Recovery Fund), un fondo che arriva a 672,5 miliardi di euro, divisi in 360 di prestiti e 312,5 di sussidi. A questo si aggiungono altri fondi per un totale di 750 miliardi di euro, il cui impegno dovrà avvenire entro il 31 dicembre 2023 e i

pagamenti entro la fine del 2026. Si tratta di un piano complessivamente molto ambizioso, che stabilisce come criterio di ripartizione delle sovvenzioni tra Stati, il calo del PIL reale nel 2020 e, nel biennio 20202021, l’inverso del PIL pro capite e la quota di popolazione. Non saranno fondi attributi a pioggia, ma

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Next Generation EU è uno strumento di ripresa temporaneo da 750 miliardi di euro che consentirà alla Commissione di ottenere fondi sul mercato dei capitali. Tale strumento contribuirà a riparare i danni economici e sociali immediati causati dalla pandemia di coronavirus, per creare un’Europa post Covid più verde, digitale, resiliente e adeguata alle sfide presenti e future

Questa straordinaria iniezione di capitali deve essere sfruttata per attuare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Senza tali riforme, l’impatto delle risorse, pur ingentissime, sarebbe limitato. È quindi fondamentale riuscire ad impegnare le risorse e ad impegnarle correttamente in modo funzionale per garantire una crescita ed uno sviluppo del Paese

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sulla base di richieste supportate da programmi nazionali di spesa (quello dell’Italia, nel momento in cui scriviamo, gennaio 2021, è ancora in fase di stesura, NdA). Almeno il 37% dei fondi dovrà andare alla transizione verde e il 20% a quella digitale, ma ci saranno altresì indicazioni annuali della Commissione europea relative al loro impiego nel tempo. Le prime somme, che non arriveranno comunque se non nel 2021 inoltrato, dovranno essere in gran parte anticipate dagli Stati, che poi si vedranno rimborsare in un secondo momento i fondi da Bruxelles. La condizione, però, è che gli obiettivi (i cosiddetti milestone), definiti nel piano di rilancio, siano mano a mano rispettati e che tutti i fondi siano spesi entro il 2026. Non devono quindi esserci ritardi e inefficienze, pena il rischio di non incassare i rimborsi. Oltre alla misura per la ripresa e la resilienza quale sostegno agli investimenti e alle riforme, ci sarà un fondo di assistenza alla ripresa per la coesione, il REACT-EU, che concerne nello specifico gli interventi a lungo termine per il risanamento del mercato del lavoro, anche mediante incentivi per l’occupazione, regimi di riduzione dell’orario lavorativo, misure a favore dell’occupazione giovanile, sostegno ai sistemi sanitari, nonché liquidità per il capitale d’esercizio delle PMI. INVEST EU potenzierà l’autonomia strategica dell’economia dell’Unione, soprattutto in ambito di infrastrutture, tecnologie critiche e assistenza sanitaria. Sosterrà inoltre le catene strategiche del valore, ad esempio nei settori della sanità intelligente, dell’internet nell’industria, la produzione a basse emissioni di CO2 e la cybersicurezza. Lo strumento di sostegno alla solvibilità fornirà una garanzia dell’Unione al Gruppo Banca Europea per gli investimenti, al fine di mobilitare capitali privati per sostenere le imprese ammissibili colpite dalla crisi. La quinta misura è invece quella per la salute, definita EU4HEALTH, e ha lo scopo di garantire inve-

stimenti duraturi per rispondere alle crisi sanitarie, affrontarne la prevenzione, la preparazione e la risposta, anche con un reale coordinamento intersettoriale a livello comunitario. Ultimo ma non ultimo, il Meccanismo unionale di protezione civile RESCEU dovrebbe dotare l’Unione di risorse e di una efficace infrastruttura logistica per rispondere a diversi tipi di emergenza, compresa quella sanitaria. Ci sono dunque spazi di sostegno all’impresa, in diverse forme e sotto diversi aspetti. Ma il Recovery fund contiene anche una linea specifica di bilancio per lo sviluppo rurale che mira al rafforzamento delle misure già in essere per un ammontare di 8 miliardi, a cui si sommano le somme destinate dalla Commissione europea, che giungono così a 10 miliardi circa. 1,2 miliardi di euro all’anno solo per l’Italia. Una misura importante che dà priorità agli investimenti (per il 55%) e agli interventi di lungo termine per il green in transizione ecologica. Per utilizzare le somme sarà tuttavia necessaria una nuova programmazione specifica da parte delle Regioni e una contabilizzazione separata dello stanziamento disponibile che si tradurrà in una sorta di mini Piano di Sviluppo Rurale (PSR) per questo specifico capitolo di spesa. L’Unione Europea intende infatti verificare nel tempo le singole azioni, ma soprattutto accertarsi che queste siano effettivamente finalizzate alla ripresa economica post Covid. Ci sono poi indicazioni sull’utilizzo, che prevedono, tra l’altro, che le risorse siano destinate per il 37% a interventi che garantiscano riscontri positivi in termini climatici, ambientali e di sviluppo locale. Vengono a tal scopo suggerite misure quali l’agricoltura biologica, il benessere animale, un migliore e razionale utilizzo dell’acqua, la conservazione del suolo ed il miglioramento della fertilità, la riduzione dei prodotti fitosanitari, gli interventi per la biodiversità e le attività di cooperazione ricadenti nei programmi di finanziamento UE noti come Leader.

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Il 55% dello stanziamento NGEU va indirizzato per migliorare la competitività del sistema agricolo e alimentare e in particolare verso i giovani agricoltori e gli investimenti delle aziende agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione (photo © rh2010 – stock.adobe.com). Il 55% dello stanziamento NGEU va indirizzato per migliorare la competitività del sistema agricolo e alimentare e in particolare verso i giovani agricoltori e gli investimenti delle aziende agricole e delle imprese di trasformazione e commercializzazione. Per quanto riguarda in modo specifico le risorse NGEU destinate allo sviluppo rurale descritte in precedenza sono previste alcune novità. La prima riguarda i giovani agricoltori, con l’innalzamento fino a 100.000 euro del contributo che può essere concesso per l’insediamento in agricoltura (rispetto agli attuali 70.000 euro massimo). La seconda riguarda i tassi di cofinanziamento, con la percentuale di contributo sulla misura di investimento innalzata sino al 75% dei costi ammissibili. PAOLO DE CASTRO, relatore per il Parlamento europeo della parte del Recovery Fund destinata allo sviluppo rurale, commenta l’approvazione da parte della Commissione Agricoltura del Parlamento del regolamento transitorio della PAC che estende le attuali norme fino al 31 dicembre

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2022, includendo la NGEU. «Non è una semplice estensione dello status quo; vengono confermate le disposizioni chiave per i pagamenti diretti agli agricoltori e vengono prolungati da tre a cinque anni i nuovi progetti pluriennali del secondo pilastro della PAC relativi ad agricoltura biologica, misure a favore del clima e dell’ambiente e del benessere degli animali. Ma in più si è abbassata la soglia di perdita di produzione e reddito necessaria ad attivare lo strumento di stabilizzazione del reddito settoriale e aprire ai fondi mutualistici tra agricoltori in caso di eventi avversi». Legare tutti gli interventi messi a disposizione dall’Unione Europea ai Fondi strutturali definendo un piano organico di riforme ed interventi di lungo corso avrebbe una ricaduta enorme, rafforzando in maniera esponenziale l’economia e il sistema Paese. Questa straordinaria iniezione di capitali deve essere quindi sfruttata per attuare quelle riforme strutturali di cui l’Italia ha bisogno. Senza tali riforme, l’impatto delle risorse, pur ingentissime, sarebbe

assolutamente limitato. È quindi fondamentale riuscire ad impegnare le risorse e ad impegnarle correttamente in modo funzionale per garantire una crescita ed uno sviluppo del Paese. Se da una parte è evidente l’entusiasmo, dall’altra si fa strada la preoccupazione di non riuscire a cogliere l’occasione e perdere un treno che non ripasserà in futuro. A questo proposito si è espressa anche CONFAGRICOLTURA, i cui vertici sottolineano: “occorre implementare le linee strategiche con l’aumento del tasso di autoapprovvigionamento oggi ancora fortemente contenuto per molte filiere; impiegare un’ottica di filiera agroalimentare completamente integrata, con interventi dal campo alla tavola; integrare il settore agricolo con l’industria, anche quella del non food; espandere le quote di mercato nei Paesi esteri con un’ambiziosa e specifica visione di internazionalizzazione del settore primario che consenta di aumentare i mercati di destinazione e di presidiare efficacemente quelli dove le imprese sono già presenti”. Le valutazioni possibili sono diverse, ma certamente non si può negare che il Next Generation EU segni un passo storico per l’Unione Europea, non tanto e non solo per l’ammontare ingentissimo delle risorse, ma anche perché potrebbe essere il principio di una vera integrazione economica. Si tratta comunque di un piano d’intervento di dimensioni notevoli mai viste prima, agevolmente accessibile da parte degli Stati Membri e probabilmente idoneo a facilitare l’implementazione omogenea di trasformazioni necessarie e improcrastinabili nell’organizzazione economica europea. Questa enorme iniezione di risorse avviene di pari passo con le linee del Green Deal, la strategia sulla biodiversità e quella del Farm to Fork. Un momento di mutamenti epocali, da qualunque parte la si guardi. Sebastiano Corona Nota A pag. 40, photo © weyo – stock. adobe.com

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Cambio al vertice del Consorzio tutela Vitellone Bianco Appennino Centrale Igp: Andrea Petrini è il nuovo direttore generale Classe 1974, Andrea Petrini è il nuovo direttore generale del Consorzio tutela Vitellone Bianco Appennino Centrale Igp. Nato a Sassoferrato (AN), si è laureato in Scienze della Produzione Animale all’Università degli Studi di Perugia. Dopo aver lavorato all’Associazione Nazionale Allevatori Bovini Italiani Carne (ANABIC) e al Consorzio Carni Bovine Italiane (CCBI), dal 2005 è stato coordinatore del Consorzio tutela Vitellone Bianco Appennino Centrale Igp, ruolo che ha ricoperto fino al 1 gennaio. Petrini raccoglie il testimone da PAOLO CANESTRARI, che raggiunge la pensione dopo 17 anni alla guida del Consorzio. Nel nuovo ruolo, Andrea Petrini sarà impegnato a rendere operativi quelli che sono gli scopi principali del Consorzio, ovvero la tutela dell’Igp “Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale”, la promozione e la valorizzazione del prodotto, l’attività di informazione al consumatore e la cura generale degli interessi relativi alla produzione Igp. «Ci aspettano sfide importanti e difficili, che coinvolgono il nostro Consorzio e, più in generale, tutto il settore dell’agroalimentare» ha dichiarato il neo direttore. «Lavorando in sinergia con i soci e con tutti coloro che ruotano attorno al mondo del Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp potremmo fare di questa fase così delicata la base per poter ripartire e poter raggiungere obiettivi ancora più importanti». Il Consorzio di tutela Vitellone Bianco dell’Appennino Centrale Igp è stato costituito nel 2003 ed è stato ufficialmente riconosciuto dal MIPAAF nel 2004. L’Indicazione Geografica Protetta risale, invece, al 1998. Attualmente il Consorzio è formato da 1.827 soci tra allevatori, macellatori e porzionatori. >> Link: www.vitellonebianco.it

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Come salvare l’economia di Cosimo Sorrentino

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a pandemia chiude male il 2020 e zavorra il 2021: questa potrebbe essere la sintesi, condivisa anche da molti ambienti economici, per la presente congiuntura. Il rimbalzo del terzo trimestre dello scorso anno di circa 16% ha sostenuto il PIL del 2020, ma la seconda ondata di epidemia da fine estate e le restrizioni per arginarla fanno stimare un nuovo calo nel quarto. Ciò causerà un trascinamento statistico peggiore al 2021, che parte più basso, per cui il risultato, nelle variazioni annue, dà una minore caduta nel

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2020, ma meno rimbalzo nel corrente anno. Lo prova il fatto che la produzione sembra aver già invertito la rotta, poiché i consumi sono di nuovo in calo e la fiducia delle famiglie in peggioramento. Si riduce l’occupazione e, senza un solido recupero di fatturato, in molti settori, cresce troppo il peso del debito e degli oneri finanziari, prosciugando le risorse interne e mettendo a rischio investimenti anche per il 2021. A proposito viene opportuno ricordare che, a fine marzo scorso, l’ex presidente MARIO DRAGHI della

Banca Centrale Europea aveva sollecitato i Governi a muoversi presto, anche preparandosi ad una crescita record dei debiti pubblici per assorbire la minaccia portata alle imprese dal coronavirus. Quasi nove mesi dopo, lo stesso Draghi, quale co-presidente del Gruppo di lavoro del G30 sulla rivitalizzazione delle imprese, chiede di passare dalla fase di massicci sostegni statali all’economia, interventi su misura, in grado di evitare un rischio di fallimenti, per adesso nascosto ma tutt’altro che scomparso.

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Da detto intervento molte cose sono accadute, ma nel mondo il senso di incertezza resta alto e non solo sul fronte sanitario; nessuno è in grado di dire quali attività economiche potranno essere effettivamente redditizie nell’era post pandemica ed a quali cambiamenti dovranno andare incontro le aziende per adattarsi al nuovo ambiente. Il rapporto del gruppo dei trenta sopraccitato prova a suggerire un percorso in questo terreno accidentato e pieno di incognite, offrendo alla politica, a livello internazionale, una serie di suggerimenti per poter delineare interventi che, comunque, dovranno essere diversi nei vari Paesi, per adattarsi alle situazioni e alle esigenze locali. Alcune indicazioni di fondo vanno perciò sottolineate e riguardano il modo di trovare soluzioni mirate, su misura per i vari contesti; la necessità di coinvolgere il settore privato; l’incoraggiamento ad avviare un processo per distinguere le attività, che possono avere un futuro e quelle che rischiano di non averlo. Il tono generale del rapporto è quello della preoccupazione e dell’allarme ma non del pessimismo sulle possibilità dell’economia globale di superare la presente fase. Su questa linea si assesta anche Draghi, per il quale è necessario agire “urgentemente”, perché la crisi di liquidità che sta emergendo già erode la forza delle attività economiche in molti Paesi, avvertendo che il “problema è peggiore di come appare in superficie, visto che il massiccio afflusso di liquidità e la confusione, indotta dalla natura senza precedenti di questa crisi, stanno mascherando la reale portata del problema”. Insomma, ci sembra di poter affermare che non c’è tempo da perdere, poiché siamo sull’orlo di un precipizio di insolvenze, specialmente delle piccole e medie imprese, quando i programmi di sostegno termineranno ed il patrimonio netto delle aziende sarà divorato dalle perdite. La preoccupazione per le piccole imprese, che, di fatto, dovranno fare affidamento in misura rilevante sul credito, va di pari passo con l’attenzione a quanto

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accade nel mondo bancario, dove i crediti deteriorati “sono una minaccia soprattutto per la capacità delle banche di sostenere l’economia”. Potremmo perciò dire, come suggerisce l’ex governatore della Banca Centrale Indiana, RAGHURAM GOVIND RAJAN, che non è più il momento di “comprare tempo per la liquidità”. Proprio la capacità di trovare una forma di intervento equilibrata degli Stati sarà la sfida più complessa in questi tempi, in cui vari Paesi devono ancora mettere in conto prolungate chiusure di alcune attività economiche. E la sfida a guadagnare in produttività, unico vero antidoto ai vantaggi della competizione globale, pur se persa finora, deve essere affrontata. Ora l’Italia ha l’occasione di investire centinaia di milioni di euro per adeguare il sistema Paese. Avremmo dovuto farlo prima, anni fa, ma lo possiamo fare adesso, addirittura con soldi regalati o a costo inferiore di quanto avremmo mai potuto sperare. Eppure notiamo che, mentre una parte del mondo decide di ascoltare i consigli che vengono forniti da qualificate fonti, come quella del G30, per affrontare le sfide che attendono le economie alla fine della crisi, un’altra parte del mondo, e tra questa la nostra Italia, sembra non accorgersi di nulla, tutta impegnata ad assalire la diligenza dei fondi europei. Quando servirebbe una visione cosmica e unitaria del Paese, ecco spuntare una miriade di interessi particolari; quando dovrebbe emergere una visione di lungo periodo, sorgono battibecchi tra forze politiche e governo debole; quando servirebbe polso fermo e piede sicuro, ecco un governo che contraddice se stesso in ogni azione che viene solo intravista e mai attuata. La crisi ha colpito tutto il mondo alla stessa maniera: la capacità di uscirne dipenderà dalla qualità della classe politica e dalla volontà dei cittadini. Cosimo Sorrentino Nota A pagina 44, photo © olly – stock. adobe.com


LA CARNE IN RETE

Social di Elena

1. Meat Güst, Fassona e Black Angus Conoscete già la Società Agricola Te.mar? Se la risposta è no, dovreste subito porre rimedio a questa mancanza. Meglio nota col brand Meat Güst, Te.mar è presente on-line con meatgust.it, sito con e-shop di tagli di Black Angus e Fassona piemontese. Le loro carni provengono da allevamenti nei quali gli animali vivono allo stato semi-brado, alimentati con foraggi e cereali. “La corretta alimentazione e il benessere dei bovini sono il nostro obiettivo quotidiano perché solo così possiamo offrire prodotti di alta qualità. L’impegno nel nostro lavoro ci permette di ottenere una carne genuina, dal gusto ricercato e dalla consistenza inconfondibile”.

2. Carnimex, carni dal mondo Carnimex è una società import-export di carne, operativa dal 1965. Con sede a Rotterdam, seleziona e commercializza carni per la ristorazione, la vendita al dettaglio e l’industria. Noi la seguiamo su instagram.com/carnimex.nl e instagram.com/umi_theartofbeef, linea super premium di Angus. Qui in foto potete ammirare la picanha, un taglio che dal Brasile ha conquistato i consumatori europei (photo © instagram.com/carnimex.nl).

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meat Benedetti

3. Burger Box by Victor and Anthony Puharich 4. Coppiette to-go con 25 Snacks Victor e Anthony Puharich, padre e figlio noti in tutto il mondo per il butcher shop Victor Churchill a Sydney, Australia, hanno avuto una nuova idea. Con Vics Premium Quality Meat offrono confezioni originali per l’acquisto di carne. A noi piace il B.Y.O.B. kit (Build Your Own Burger), un box che contiene tutti gli ingredienti per realizzare il burger perfetto, con consegne anche a domicilio. Il kit contiene burger di manzo 100% Angus grass fed, formaggio a fette, pane, bacon affumicato Kurobuta Berkshire e una salsa “top secret”. Bello il pack, bello il logo, bella la grafica delle istruzioni. Sempre bravi i Puharich! Da seguire su @vicspremiumqualitymeat (photo © instagram.com/vicspremiumqualitymeat).

Salume storico laziale, le coppiette sono oggi più moderne che mai. Se un tempo davano energia ai pastori durante i mesi della transumanza, oggi sono una fonte proteica veloce, gustosa e “a portata di tasca”. L’azienda 25 Snack, con sede a Nepi (VT), le propone in un comodo pack che contiene 25 grammi di carne di maiale essiccata a regola d’arte, ribattezzata l’Italian jerky, da usare come spuntino veloce o per l’aperitivo. Noi seguiamo 25 Snack su instagram.com/25snack. Bravissimi (photo © instagram.com/25snack).

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Nasce il progetto Green Farm Innovation, per supportare le imprese verso la loro “evoluzione verde” Diventare il primo continente al mondo ad impatto climatico zero entro il 2050: questo l’obiettivo ambizioso e virtuoso della Commissione europea; un’opportunità unica per modernizzare l’economia e la società verso un futuro sostenibile. Per il mondo dell’agroalimentare sarà la strategia Farm to Fork a dettare i primi step, fissati per il 2030, tra cui il raggiungimento del 25% delle superfici agricole coltivato a biologico, la riduzione del 50% dell’uso degli agrofarmaci chimici e del 20% dei fertilizzanti, e per la zootecnia e l’acquacoltura un taglio del 50% dei consumi di antibiotici. Il settore agroalimentare italiano, nonostante possa contare su standard di qualità già molto avanzati, si trova ad una svolta. Sarà spinto ad adeguarsi ai nuovi obiettivi europei mettendo in campo progetti di innovazione che migliorino le performances produttive in termini di minor impatto ambientale. Per supportare le imprese e le filiere italiane agroalimentari in questa trasformazione, SG PROJECT ha deciso di dare vita al progetto Green Farm Innovation, un programma di largo respiro che coinvolgerà un team di lavoro altamente qualificato, in grado di creare progetti su misura per le singole filiere e affiancare le imprese nello sviluppo di processi produttivi green economicamente sostenibili. Le linee guida tecnico-scientifiche e la coerenza dei progetti agli obiettivi della Farm to Fork saranno garantiti dal Comitato Scientifico Istituzionale, composto da professionalità di assoluto valore: SIMONA CASELLI, presidente di AREFLH, ERSILIA DI TULLIO, per Nomisma, FLAMINIA VENTURA ed ANGELO FRASCARELLI dell’Università di Perugia, e RAFFAELLO BERNARDI di SGMARKETING. SG PROJECT, grazie alla propria expertise nella gestione di progetti a finanza agevolata UE, supporterà le aziende anche nell’accesso ai finanziamenti che la Commissione europea mette a disposizione delle aziende, tra cui 20 miliardi di euro/anno previsti dalla BIODIVERSITY STRATEGY per la biodiversità e 10 miliardi di euro per la strategia Farm to Fork nell’ambito Horizon Europe, investiti in attività di ricerca e innovazione connesse all’agroalimentare e all’ambiente nel suo complesso. >> Link: www.sgproject.it

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AZIENDE

Würstel di vitello GUSTAmi: poco fumo, molta carne, tutto il sapore e la qualità che cercate I prodotti della linea GUSTAmi® di Lanza Srl sono realizzati esclusivamente con carni di primissima scelta. Il würstel di vitello è la new entry della gamma che comprende già hamburger e salsiccia di vitello e scottona

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Il nuovo würstel GUSTAmi è un prodotto di alta qualità realizzato con carne di vitello proveniente da allevamenti italiani, materie prime selezionate e una lista di ingredienti breve all’insegna della semplicità.

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opo aver fatto conoscere ai propri clienti la nuova linea di prodotti gourmet concepita nel 2017, LANZA SRL è lieta di presentare in anteprima l’ultimo arrivato della gamma di prodotti GUSTAmi: il würstel di vitello. Linea GUSTAmi GUSTAmi è un brand che verte sull’utilizzo esclusivo di materie prime di altissima qualità: carni scelte con cura, pochi ingredienti di origine prevalentemente naturale e assenza di allergeni. La rinomata carne di scottona usata per gli hamburger e le salsicce proviene da allevamenti italiani qualificati dove gli animali vengono alimentati in modo sano, naturale e accuditi nel pieno rispetto del benessere animale certificato ClassyFarm. La carne di vitello, anch’essa proveniente da fornitori italiani spe-

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cializzati che operano rispettando il benessere animale, è selezionata accuratamente da personale esperto e solo i tagli migliori vengono utilizzati come componente principale dei prodotti della linea GUSTAmi. Precursori del brand sono stati gli hamburger: realizzati con oltre il 90% di carne di scottona allevata in Italia, vantano una clean label; l’elenco igredienti è, infatti, corto, privo di sostanze artificiali, ma quello che li rende semplicemente irresistibili è l’equilibrio perfetto tra texture e gusto. Senza conservanti e gluten free, l’hamburger GUSTAmi nasce da una ricetta semplice, nella quale il giusto rapporto tra il contenuto di magro e quello di grasso e le modalità di macinatura sono di fondamentale importanza per trasmettere al prodotto succosità e morbidezza impareggiabili.

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La linea di prodotti GUSTAmi.

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Nato per accontentare i palati più fini, il würstel GUSTAmi è un mix perfetto tra sapore e semplicità. Nel 2019, dopo costanti e approfondite ricerche, entrano a far parte della famiglia GUSTAmi altri due prodotti: la salsiccia di vitello e la salsiccia di scottona. Entrambe sono realizzate con carne macinata impastata con pochi ingredienti, tutti di origine naturale. Anche per questi due prodotti l’elenco degli ingredienti è molto breve e l’assenza di sostanze artificiali e glutine è un must. Il würstel di vitello è la new entry del marchio GUSTAmi. «Il nostro würstel può essere indubbiamente considerato un ottimo prodotto di alta qualità. Nato per accontentare specialmente i palati più fini, è un mix perfetto tra sapore e semplicità» ci dice ENRICO LANZA. Come tutta la gamma GUSTAmi, anche questo prodotto si basa sull’assidua ricerca della qualità e sull’utilizzo di materie prime accuratamente selezionate e controllate, senza la necessità di dover aggiungere alcun esaltatore di sapidità per renderlo più gustoso. Pochi ingredienti ma, come sempre, top di gam-

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ma e con un componente “segreto”, che poi non è affatto un segreto: la carne di vitello proveniente da animali allevati da fornitori italiani altamente specializzati e certificati dal sistema ClassyFarm per il benessere animale. Anche in questo caso la scelta è stata quella di una lista di ingredienti essenziali, sinonimo di un prodotto semplice e genuino, e dell’assenza di glutammato, lattosio o qualsiasi altro allergene. «Per la buona riuscita del nostro würstel e per la definizione delle sue caratteristiche qualitative, abbiamo puntato soprattutto su una perfetta armonia tra gli ingredienti che lo compongono, utilizzando solo tagli primari pregiati e aromi selezionati, nonché su scrupolose e specifiche tecniche di lavorazione per ottenere la giusta consistenza. Il tocco finale è dato dall’inconfondibile affumicatura realizzata con legno di faggio, che dona al nostro prodotto un gusto morbido ma deciso» spiega Enrico. Sano, buono e con un’ottima digeribilità, il würstel GUSTAmi si

presenta come un alimento versatile e facile all’uso. «Esso si presta, infatti, a molteplici preparazioni semplici e veloci. Il nostro consiglio è di cuocerlo in padella, sulla griglia o in forno, qualora si volesse esaltarne un sapore un po’ più deciso; mentre suggeriamo di lessarlo per qualche minuto in acqua bollente per mantenere il suo flavour più delicato» conclude Enrico. All’olfatto e in bocca poco fumo, molta carne, spezie e aromi delicati, grande persistenza, impasto compatto, morbido e sodo: tutto da assaporare!

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Un suino formidabile, un processo di selezione, una filiera pregiata

IBRIDABRADA: carni e salumi di suino brado, espressione delle fertili Terre Matildiche

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ue allevamenti di maiali allo stato brado e semibrado che nascono e si sviluppano nelle cosiddette Terre Matildiche (i territori che furono dominio di Matilde di Canossa, NdR): è IBRIDABRADA, un progetto che è allo stesso tempo un suino unico e diverso, una modalità allevatoriale e produttiva e una filiera carnivora pregiata da cui hanno origine salumi bradi prossimi alla conquista del mercato. Affettati in comode vaschette ATP, come richiede il trend attuale degli acquisti salumieri, dal packaging elegante e facilmente riconoscibile nel punto vendita, con prosciutto crudo e prosciutto cotto come prodotti di punta.

Ma facciamo un passo indietro. Siamo a Montecavolo, frazione di Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia; una zona di colline dolci, boschi e natura verde e incontaminata, luogo ideale per l’allevamento dei suini nel rispetto del loro benessere e dei tempi di crescita naturale della specie. Qui, nei terreni di Grassano, ai piedi del Castello di Canossa, crescono liberi, forti e resistenti, senza l’uso di antibiotici, gli animali di IBRIDABRADA. «IBRIDABRADA nasce nel 1989 come azienda agricola che contava su un allevamento suino allo stato brado e semibrado frutto dell’esperienza e passione dell’allevatore proprietario» ci racconta il direttore

commerciale di IBRIDABRADA MASSIMILIANO CIRI. «Nel processo di rinnovamento dell’allevamento, dopo attente valutazioni, si decise di incrociare gli esemplari di Cinta senese in purezza con verri Duroc italiani, dando origine ad un meticcio che assomiglia ad entrambe le razze dal punto di vista del fenotipo, ma possiede una carne unica nel suo genere, di un colore rosso intenso e con una notevole marezzatura, un grasso salubre. Il nome dell’azienda deriva proprio da qui, dato che si tratta di un ibrido allevato allo stato brado». I terreni adibiti all’allevamento vengono aperti a rotazione dopo semina e riposo per rispettare la

Il prosciutto crudo in vaschetta di IBRIDABRADA.

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rigenerazione del pascolo. Farine e mangimi naturali sono l’unico supporto all’alimentazione brada, il che conferisce a questa carne un sapore unico, inconfondibile. Prima della macellazione, che avviene con taglio rigorosamente artigianale, i suini selezionati vengono fatti riposare in porcilaia per rilassarne le carni e renderle ancora più tenere. Quella di IBRIDABRADA è infatti una carne con importanti infiltrazioni di grasso intramuscolare, ricco di grassi insaturi e polinsaturi, Omega-3, che le donano tenerezza e succosità. «Dal 2016, IBRIDABRADA ha puntato in alto trasformandosi da azienda agricola ad azienda vera e propria» prosegue Massimiliano Ciri. «Un processo reso possibile dall’acquisizione della stessa da parte di un’importante compagine reggiana di proprietà di tre noti industriali e con la successiva nascita di un ulteriore allevamento a Pecorile, sempre nelle colline reggiane. L’obiettivo finale era infatti quello di realizzare un progetto innovativo di filiera agroalimentare basato sul suino brado, mangimi compresi. Creare cioè una filiera che, oltre a rispettare il benessere animale, potesse offrire la massima qualità in tutte le sue fasi, dal concepimento all’allevamento fino alla lavorazione e stagionatura del prodotto finito». Nel 2019 la filiera IBRIDABRADA si è completata con l’acquisizione del Nuovo Salumificio Vitali di Gaggio Montano (BO), con annesso macello artigianale e la messa sul mercato di una linea di salumi affettati in vaschetta. «La linea sarà sul mercato da febbraio 2021» puntualizza Massimiliano Ciri. «Ad oggi abbiamo ottenuto riscontri molto positivi sia sul prodotto che sul packaging. La nostra proposta commerciale ci vede con un posizionamento “conveniente” per il cliente rispetto ai competitor del segmento brado, con una strategia che prevede anche il comodato d’uso di un espositore frigo brandizzato ed attività in store promotion per comunicare al meglio

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il nostro valore ed identità. Crediamo molto nel nostro prodotto e siamo disponibili ad attività di comunicazione personalizzate nel punto vendita». Effetto coronavirus: come sono andate le cose nell’anno appena trascorso, un anno che definire “complicato” è certamente riduttivo? «Fortunatamente l’azienda nel complesso ha chiuso il 2020 in maniera molto positiva, con una crescita in linea con quelli che erano i nostri obiettivi. La nostra velocità d’azione è stata notevole, abbiamo dovuto adattarci al nuovo contesto legato all’emergenza sanitaria in fretta, con un’accelerata importante da luglio fino a fine 2020. In quel periodo abbiamo pensato ed agito con una nuova identità e linea strategica. La spinta di quei mesi ci pone oggi sul mercato come azienda nuova in tutto e per tutto». Quali sono le caratteristiche della vostra linea di salumi affettati in vaschetta? «L’offerta nel mondo dei salumi affettati in vaschetta preformata in atmosfera protettiva, taglio caldo, fetta mossa, vede il prosciutto crudo brado e il prosciutto cotto brado come prodotti di punta, proposti rispettivamente in vaschetta ATP da 70 grammi e 90 grammi. In catalogo abbiamo però anche salame brado (70 grammi), guanciale brado (70 grammi) e bresaola di suino brado (70 grammi)». Le confezioni sono bellissime: il prodotto risalta in pieno, colpisce immediatamente e invoglia all’acquisto. «Si tratta di una gamma che nasce con le caratteristiche convenzionali del preformato con la logica di lasciar “parlare” il prodotto e proporlo al meglio. Allo studio, però, ci sono anche progetti su linee innovative complementari a questa proposta, nella quale crediamo molto e che intendiamo sviluppare e consolidare. Nel futuro in generale, stiamo approfondendo anche la nascita di prodotti novità legati ad un consumo in cucina sia per la salumeria che

L’espositore frigo IBRIDABRADA. per le carni nei tagli speciali che solo con tale suino si possono realizzare». A febbraio il lancio della linea di affettati. Obiettivo Italia o anche fuori dai confini nazionali? «Il nostro intento è quello di presidiare bene tutti i mercati sia nazionali che internazionali. Stiamo sondando alcuni Paesi come Francia, Germania, Svizzera e vediamo che c’è un ottimo potenziale per il nostro prodotto. Alla luce di ciò abbiamo potenziato la struttura commerciale con un nuovo Export Sales Manager che va ad integrare l’altrettanto nuovo Field Sales Manager per il mercato Italia. Su questi fronti, in azienda lavora un nuovo team competente, snello, efficace e motivato. Siamo soddisfatti e pronti per un 2021 da protagonisti».

IBRIDABRADA Sede legale: Via E. Lazzaretti 2/1 42122 Reggio Emilia Telefono: 0522 510200 Sede produttiva: Via P. Fabbri 7 40041 Gaggio Montano (BO) E-mail: info@ibridabrada.it Web: www.ibridabrada.it

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CARNI DA COPERTINA

L’importanza del grasso per Imanol Jaka Ovvero The Basque Butcher, il macellaio basco di Txogitxu, ambasciatore della cultura delle carni dei Paesi Baschi

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Imanol Jaca, fondatore di Txogitxu, raffina la carne da più di 30 anni, trovando il punto giusto di maturazione. Ambasciatore dei Paesi Baschi attraverso la promozione delle carni di Vaca vieja y gorda, Imanol è un esperto macellaio e selezionatore di animali le cui carni sono destinate ad un mercato che riconosce la qualità di una tradizione, quella basca, che predilige lunghe frollature e la marmorizzazione con un grasso intenso (photo © txogitxu.com).

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utto ha avuto inizio da una foto speciale che abbiamo visto pubblicata su un quotidiano spagnolo e che trovate in copertina su questo numero, per gentile concessione di Txogitxu. Raffigura un quarto di Vaca vieja basca, stretta forte tra le braccia di un macellaio. Nello sforzo di sostenerne il peso il carnicero intreccia le mani unte dal grasso che ricopre l’animale. Grasso che è proprio il segreto della bontà di quelle carni. Lo spiega bene IMANOL JACA, The Basque Butcher a capo di Txogitxu, al giornalista di DIARIO DE IBIZA. «Mai fuggire dal grasso perché questo è un indice di qualità in qualsiasi animale. Il grasso, come nel prosciutto di ghianda, ci dà i sapori e gli aromi. Consiglio di cercare il grasso che assomiglia al burro, che si scioglie in bocca velocemente e che non è un grasso gonfio. È molto importante che sia marmorizzato tra i tessuti muscolari», spiega ancora Imanol. Txogitxu, con sede ad Astigarraga nei Paesi Baschi, seleziona carni pregiate degli allevamenti locali e le distribuisce in tutta Europa. Ma non solo: attraverso il suo lavoro questa realtà diffonde la cultura gastronomica del territorio basco, quella delle sidrerie e della cottura delle carni sulle braci, della Vaca vieja e di una visione molto sincera e autentica delle proprie radici. Ma perché si chiama vaca vieja y gorda (letteralmente, vacca vecchia e grassa)? «Questo animale viene macellato a circa 20 anni di vita e una vacca è considerata “vecchia” quando ne ha più di 10. Qui nei

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Il famoso txuletón di Imanol Jaca (photo © txogitxu.com). Paesi Baschi tutti i ristoranti scelgono questo prodotto dal gusto intenso, che trova la sua origine nelle griglie delle case del sidro di circa 100 anni fa». Dalle esatte parole di Imanol Jaca, «le bistecche di Vaca vieja y gorda sono un prodotto della cultura gastronomica di questo territorio, lavorate come un prodotto culturale, non di marketing. Quando promuovi prodotti gastronomici “non prostituiti” promuovi la salute e incoraggi la distribuzione di prodotti onesti. Noi rivendichiamo il diritto di mangiare bene e sano perché mangiare bene non è un lusso». Per questo motivo, spinto dalla sua idea di socializzare il buon gusto, Imanol Jaca ha lanciato sul sito anche un negozio virtuale affinché chiunque lo desideri possa avere accesso a prodotti di alta qualità che fino a tempo fa erano riservati ai migliori ristoranti. >> Link: www.txogitxu.com www.instagram.com/txogitxu Txogitxu non è solo carni ma anche prodotti di salumeria e un’ampia offerta di gastronomia tra cui le crocchette di carne e di baccalà (photo © instagram. com/txogitxu).

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Nota Fonte: Diario de Ibiza.

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FIORANI

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IL FUTURO ALLE ORIGINI

Cultura del cibo, patrimonio in ogni tempo Il cibo è storia, convivialità, benessere e salute. Un patrimonio che ci accompagna nella nostra vita e che Fiorani si impegna a preservare e valorizzare attraverso il sapiente know-how nella lavorazione delle materie prime, la conoscenza delle ricette della tradizione, la costante innovazione di processi e di prodotti.

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COMUNICARE LA CARNE

Dai dabbawala al Mannarino: storie di delivery identitari di Francesca Monti

I

l delivery oggi è un fenomeno diffuso e internazionalizzato, realtà come Glovo, Deliveroo e Just Eat hanno applicato degli standard di qualità e servizio sempre più efficienti per il cliente, ma allo stesso tempo sono diventati fonte di domande e riflessioni, non solo sulle condizioni di lavoro dei corrieri e dei riders, ma anche sulla spersonalizzazione del servizio che non riesce a comunicare oltre il prodotto. Se qualche mese fa la scelta sull’attivazione di servizi a domicilio poteva essere discussa, oggi sappiamo che non vi possiamo più prescindere. Le abitudini al consumo, che già si

Storytelling! Le storie sono fondamentali per dare un’identità, un’impronta distintiva e generare valore, perché rendono visibile tutta quella parte che senza l’uso di parole e immagini non traspare, con una attenzione particolare all’equilibrio tra immaginario e realtà. Anche nel delivery, un servizio diventato oggi imprescindibile

stavano trasformando, ora si stanno radicando. Durante il lockdown si è registrato un +314% di ricerche di vino su Amazon1, che porta a pensare ad un chiaro segnale di cambiamento nella percezione dei

prodotti. Utilizzare canali distributivi come quelli sopraccitati rimane una scelta pratica e veloce, ma bisogna fare attenzione a non perdere il significato e la storia che si vuole trasmettere. Lo storytelling, ovvero

La traduzione letterale di Dabbawala è “colui che porta un contenitore” e Dabba è il contenitore in cui viene messo il cibo da consegnare a chi lavora negli uffici di Mumbai. Questo servizio di consegne indiano sarebbe nato tra il 1885 e il 1890. Il servizio non subisce interruzioni, neppure nel periodo dei monsoni (photo © Lottie Gross, adventure.com).

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l’arte di raccontare storie attorno a brand e prodotti, è infatti ciò che ne costruisce il valore. Nel 2010 viene avviato Significant Objects, un esperimento letterario e antropologico ideato dal giornalista americano ROB WALKER e dallo scrittore e editore JOSHUA GLENN, per dimostrare l'effetto della narrazione sul valore di un oggetto. «Le storie sono un potente motore di valore emotivo e il loro effetto sul valore soggettivo di un dato oggetto può effettivamente essere misurato oggettivamente» (Joshua Glenn e Rob Walker). Un esperimento che ha coinvolto scrittori creativi per narrare oggetti provenienti dai negozi dell’usato dal valore medio di un dollaro. Cento di queste storie sono state raccolte in un libro testimonianza del fatto che, grazie al processo narrativo, il valore totale è aumentato e da 100 dollari è diventato di 3.700, una palla di pezza è stata così acquistata a 1,5 dollari e rivenduta a 51 dollari. Le storie sono fondamentali per dare un’identità, un’impronta distintiva e generare valore, perché rendono visibile tutta quella parte che senza l’uso di parole e immagini non traspare, con una particolare attenzione all’equilibrio tra immaginario e realtà. Dunque, anche nei servizi delivery è importante che non si trascuri l’aspetto narrativo, perché fino alla porta del cliente state raccontando la vostra storia. La nascita del delivery risale all’India del 1800, quando la rapida crescita commerciale della città di Mumbai portò un grande afflusso di lavoratori appartenenti a Paesi e comunità diverse. Anche l’alimentazione e i gusti erano differenti e potevano essere soddisfatti solo da pasti cucinati a casa. Nel 1890 MAHADEO HAVAJI BACHCHE ebbe l’intuizione di attivare a Mumbai un servizio di consegna alimentare composto da circa un centinaio di persone. Si chiamavano dabbawala, letteralmente “colui che consegna un contenitore”. Ancora oggi cinquemila dabbawala vestiti di bianco col copricapo tradizionale si muovono nella città per svolgere le consegne. Non è un caso che l’abito dei corrieri indiani sia in khadi,

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Convertendo in tempi record il proprio modello di business e facendo un uso intelligente della comunicazione social, Il Mannarino è un esempio di attività di ristorazione uscita addirittura rafforzata dal periodo di lockdown (photo © www.facebook.com/ilmannarino). tessuto simbolo della produzione interna e della resistenza, che si contrappone ai tessuti occidentali dettati dal colonialismo. Forse oggi riders e dabbawala non sono così distanti ma ciò che li differenzia è proprio la storia dietro l’abito che vestono, simbolo di una cultura identitaria da un lato e omologata dall’altro. Proprio per la loro forte connotazione i dabbawala sono stati protagonisti della campagna Share Your Goodness di NESTLÉ INDIA nel 2014, per parlare di gratitudine e di quanto il cibo possa rendere la vita migliore e farci sorridere. Un progetto non replicabile che riesce a trattenere le caratteristiche e il linguaggio del territorio e della comunità. Il Mannarino a Milano (www. ilmannarino.it), macelleria di quartiere con cucina che per definizione include la cultura della prossimità, vista la chiusura dei due punti vendita durante il lockdown si è adattato alle nuove modalità di vendita riconvertendo lo staff e assumendo qua-

ranta nuove persone per far fronte ad un numero di ordini in continua crescita. Grazie ai camerieri trasformati in addetti al confezionamento e in riders e alla tempestiva apertura di un e-commerce, Il Mannarino ha raddoppiato il fatturato. La forza di un servizio personalizzato, realizzato da persone competenti e appassionate e raccontato attraverso una comunicazione social efficace ha portato la realtà milanese a non soccombere e al contempo a consolidare la propria identità. Dai dabbawala al Mannarino ci insegnano quanto sia profondo il valore intrinseco che si costruisce attraverso la narrazione, quella che arriva fino alla porta di casa e si intensifica assaporando i prodotti nella box, un’esperienza di cui non faremo più a meno. Francesca Monti Selezione e lavorazione carni www.monticarni.it Nota 1. Amazon e Vino, Ricerca XChannel “Rivoluzione eCommerce” (05/2020).

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MERCATI

Il mercato delle carni avicole Una panoramica a livello mondiale mostra un settore vivace sebbene con quadri differenti da Paese a Paese. Prezzi sempre bassi mentre le materie prime crescono di Roberto Villa

L

a Cina aveva sospeso quattro macelli brasiliani in seguito al diffondersi dell’epidemia di Covid-19 tra i lavoratori; dopo un audit sanitario svolto in autunno presso gli stessi gli stabilimenti, ora i macelli saranno riammessi all’esportazione, previa risoluzione delle non conformità rilevate dagli ispettori cinesi. Per il Brasile la Cina costituisce il principale mercato, con circa il 37% dell’export; il mercato avicolo estero è molto fiorente, tanto che un operatore

come AveNutri la scorsa estate ha annunciato che realizzerà entro il 2022, nello stato di Rio Grande do Sul, uno stabilimento capace di macellare a pieno regime 280.000 capi al giorno, connesso ad allevamenti e ad un mangimificio. Si stima che la produzione brasiliana nel 2021 salirà sino a 14,5 milioni di tonnellate, con un export di 4 milioni, superiore rispetto ai 3,8 previsti per il 2020. Per l’Argentina si prevede il raggiungimento di una produzione in

volume di 2,2 milioni di tonnellate di carni avicole nel 2020, in aumento dell’1% circa sul 2018. Il mercato è stimolato dalle favorevoli condizioni delle materie prime — abbondanti e sulle quali è stata incrementata l’imposta sull’esportazione, per cui risulta più conveniente l’utilizzo nelle filiere nazionali — e della domanda estera; l’anno dovrebbe chiudersi con un’export di 155.000 tonnellate destinate principalmente a Cina, Sudafrica, Cile e Russia: la svalutazione della moneta locale, il

Le mutevoli condizioni economiche e di mercato causate dalla pandemia da Covid hanno avuto e avranno un impatto significativo anche sul settore avicolo internazionale nel 2020 e nel 2021 (photo © Nastya – stock.adobe.com).

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Nella foto una delle nostre Ricette Consigliate : Bresaola di Cavallo con Perle di Verdure e Salsa Zafferano Esecuzione: con l apposito scavino realizzare le perle di verdure e lessarle. Condire con un emulsione di succo di limone, olio, zafferano, pepe ed un pizzico di sale. Servire la bresaola di cavallo su un letto di rucola e guarnire il piatto.

Bresaola di Equino

Salame di Equino

Julienne Di Bresaola di Equino

Sfilacci di Tacchino

Sfilacci di Manzo

Sfilacci di Equino


L’export di carni avicole polacche, che rappresenta il 50% del volume totale, è stato pesantemente afflitto da un’epidemia di influenza aviare terminata a fine estate 2020 e dalla pandemia di Covid-19; tuttavia, il settore è pronto a ripartire a tutto regime nel 2021 sebbene l’incognita Brexit potrebbe ridurre la domanda dal Regno Unito, sinora primo Paese di destinazione per i prodotti trasformati a base di carni avicole. peso argentino, favorisce le spedizioni verso i mercati internazionali. In Tailandia è previsto che i consumi interni scendano del 4% nel 2020 rispetto all’anno precedente: la causa è sempre l’epidemia di Covid che ha fortemente danneggiato il settore turistico e diminuito il potere di acquisto della popolazione locale. Circa il 30% della produzione tailandese, la cui capacità è stimata in 40.000.000 di capi a settimana, viene destinato all’esportazione: nel periodo gennaio-luglio 2020 sono state spedite oltrefrontiera oltre 490.000 tonnellate di carni avicole,

il 65% delle quali cotte (in calo del 6% sul medesimo periodo del 2019 a causa di una minore domanda proveniente dall’Unione Europea), mentre la restante quota di carni non lavorate ha visto un incremento del 7% grazie alla richiesta della Cina, che ha aumentato i volumi scambiati del 55% rispetto ai primi sette mesi dell’anno passato, fino a superare quota 48.000 tonnellate, anche grazie all’approvazione di ulteriori sette stabilimenti da parte delle autorità cinesi (il che porta a 21 il numero totale di impianti autorizzati).

In Cina il problema maggiore è ancora oggi la PSA e il dibattito è quindi incentrato su come le carni avicole possano sostituire la carne suina nei consumi. Negli ultimi anni il Paese ha assunto un ruolo dominante nel commercio globale di proteine animali; le importazioni avicole cinesi hanno un forte impatto sullo scenario internazionale e il mondo intero è diventato in gran parte dipendente dagli equilibri di mercato stabiliti dalla Cina

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La Russia ha beneficiato dell’apertura del mercato cinese nel 2019, tanto che questa nuova destinazione si è ben presto assicurata il 50% del totale esportato. Altri mercati importanti sono il Kazakistan, l’Ucraina e l’Arabia Saudita, mentre quote minori, ma in aumento, sono state indirizzate verso i Paesi africani; il significativo deprezzamento del rublo rispetto al dollaro e all’euro, generato in buona parte dal calo delle quotazioni del gas e del petrolio, sta favorendo la competitività della carne avicola prodotta in Russia, sostenuta anche dai finanziamenti all’export della Banca russa per lo sviluppo agricolo. La Polonia ha conosciuto nel 2019 un periodo favorevole per le produzioni avicole, salite a 2,8 milioni di tonnellate grazie all’aumento del consumo nazionale ed europeo che ha determinato una crescita nelle esportazioni pari all’11% sul 2018, fino a superare i 3 miliardi di euro in valore; i principali mercati sono Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Repubblica Ceca. Non così bene è

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andato il 2020, con un’epidemia di influenza aviare terminata solo a fine estate che ha bloccato mercati importanti come la Cina ed il Sud Africa, seguita dalla crisi dettata dal Covid. L’export, che rappresenta il 50% del volume totale, è stato pesantemente afflitto da questi due eventi; tuttavia, il settore è pronto a ripartire a tutto regime nel 2021 sebbene l’incognita Brexit potrebbe ridurre la domanda dal Regno Unito, sinora primo Paese di destinazione per i prodotti trasformati a base di carni avicole. La Turchia ha visto un calo del 4,5% della produzione di carne di pollo tra l’agosto del 2019 e lo stesso mese del 2020, parzialmente compensata dal +9,4% della carne di tacchino; nel periodo gennaioagosto 2020 il calo è stato del 2,1% per il pollo mentre per il tacchino l’aumento è stato pari al 9,3%. Alla fine del 2020 episodi di influenza aviare nei Paesi Bassi e nel Regno Unito hanno fatto scattare il bando all’importazione

in alcuni paesi asiatici (Corea del Sud, Taiwan). Su un altro quadrante geografico è da segnalare la difficoltà del settore avicolo in Nigeria, il Paese più popoloso del continente africano, dovuto sia ai blocchi agli spostamenti per l’epidemia Covid-19, che ha determinato difficoltà agli impianti del settore mangimistico, sia ai prezzi estremamente elevati delle materie prime, soprattutto il mais: l’importazione di 262.000 tonnellate di mais in ottobre, secondo il presidente della Poultry Association of Nigeria (PAN), «ha salvato la Nigeria da una crisi alimentare», venutasi a trovare in questa situazione di carenza di materie prime anche a causa di pesanti alluvioni che hanno afflitto il paese. Sempre in Africa il Kenya sta puntando allo sviluppo del settore avicolo grazie ad un memorandum siglato con la Banca Mondiale, che condurrà il Paese ad aumentare il tasso di autoapprovvigionamento all’80% (ora al 60%, con importa-

zioni principalmente da Etiopia, Tanzania, Uganda). I prezzi delle carni avicole restano bassi: il Poultry Index della FAO — che nel biennio precedente aveva fatto registrare una media annuale di 93 nel 2018 e di 96 nel 2019 — ha tenuto nei primi tre mesi dell’anno (97 a gennaio, 95 a febbraio, 93 a marzo), mentre nei mesi successivi è sceso sino a 80 in giugno, per stabilizzarsi a quota 83 da luglio ad ottobre. Sul fronte delle materie prime, il World Price Index della FAO mette in luce che i cereali hanno subito un aumento del 7,2% in ottobre rispetto a settembre 2020, mentre l’incremento rispetto all’ottobre del 2019 è stato pari al 16,5%. Il prezzo del frumento è salito a causa della minore disponibilità sul mercato, il mais ha toccato il valore più alto degli ultimi sei anni — sospinto al rialzo dalla straordinaria domanda da parte della Cina — come pure orzo e sorgo hanno fatto registrare una risalita nei corsi. Roberto Villa


TREND

Innovare per intercettare le tendenze

Tre trend nel mercato globale delle carni

S

e il consumo di carne continuerà ad aumentare nel mondo con una media di 35,3 kg per persona l’anno entro il 2025 (dati FAO), l’industria e i suoi operatori si troveranno ad affrontare sempre nuove sfide. Per soddisfare una domanda sempre più esigente già oggi occorre innovare, cosa che i professionisti del settore sanno da tempo. Il segmento della carne e dei salumi è infatti uno dei più innovativi al mondo: secondo il Global Innovation Panorama di ProteinesXTC nel 2018 questo comparto ha rappresentato il 5,8% di tutte le innovazioni alimentari globali. L’esigenza di innovare per soddisfare la domanda è particolarmente forte in Europa, dove il mercato delle carni è il terzo più

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innovativo dopo la ristorazione e il settore lattiero-caseario. Benessere animale e ambiente Uno dei problemi principali che gli operatori delle carni devono affrontare riguarda l’impronta di carbonio dei loro prodotti. Per questo sono possibili diverse soluzioni. Diversi produttori optano oggi per imballaggi meno inquinanti. Le Picoreur, ad esempio, ha sviluppato un packaging utilizzando il 70% in meno di plastica rispetto ai precedenti per avvolgere i suoi tagli di pollame. L’imballo è inoltre più facilmente riciclabile, potendo separare la parte in cartone dal film plastico. I consumatori sono anche più esigenti in termini di benessere animale. Oltre a volere

maggiore trasparenza sui processi di trasformazione, una percentuale crescente di acquirenti si rivolge a sostituti vegetali della carne. Gli analisti di Barclays Bank stimano che il mercato dei sostituti vegetali della carne peserà 140 miliardi di dollari in dieci anni, “catturando” il 10% del mercato globale. I produttori che si stanno posizionando velocemente in questa nicchia sono tanti e stanno immettendo sul mercato sempre nuovi prodotti, da Beyond Meat — uno dei leader del settore che ha inventato i nuggets e le ali a base di proteine vegetali per KFC — a Impossible Food e Triballat Noyal. L’italiana Giuseppe Citterio combina il packaging ecologico ai suoi sostituti della carne a base di verdure e legumi senza conservanti

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(già intercettati al SIAL Innovation del 2018). Carni biologiche e di qualità Anche il biologico è un trend in crescita. In Francia, il 74% dei consumatori sostiene di mangiare carne biologica almeno occasionalmente, secondo un’indagine Ifop condotta nel 2018. Nel 2015 era solo il 59%, a riprova che la voglia di biologico è tangibile. Il mercato della carne bovina biologica pesa in Francia 317 milioni di euro, in crescita del 12,8% sull’anno precedente; quello della salumeria biologica 132 milioni di euro, in crescita del 22,2%; secondo Interbev, il maiale bio registra un fatturato di 82 milioni di euro (+10,8%) e la carne ovina 55 milioni di euro (+12,2%). Gli amanti della carne vogliono anche prodotti di qualità da animali nutriti nel modo più naturale possibile. Loeul et Piriot offre quindi cotolette di coniglio da allevamenti nazionali, alimentati con mangimi 100% vegetali e senza OGM mentre il Salumificio Fratelli Beretta commercializza una gamma di salumi realizzati con carni provenienti da animali nutriti senza l’utilizzo di antibiotici dalla nascita e da filiera controllata al 100%. Rinnovare il prodotto I professionisti delle carni sono chiamati a lavorare sull’innovazione di prodotto anche dal punto di vista del branding, della comunicazione e del pack. Pensiamo a JAN e alle sue guance di vitello sottovuoto presentate in un’elegante scatola o al Foie gras Kit di Labeyrie per la preparazione del foie gras a casa con tanto di canovaccio e bottiglia di Armagnac. Fonte: SIAL PARIS

15-19 ottobre 2022 www.sialparis.fr Nota A pagina 66, photo © MrP – stock. adobe.com

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In alto: l’etichetta del pollo bio del produttore francese Le Picoreur mette in evidenza i punti di forza del prodotto tra territorio, regionalità, certificazioni e ambiente (photo © commande.bio-c-bon.fr). In basso: progetto di branding creativo sviluppato su un pack di carne ovina. Questo lavoro è stato pubblicato su Behance.com da Metis Studio (instagram.com/studiometis), agenzia iraniana specializzata in Branding, Packaging & Motion Graphic con sede a Teheran (photo © behance.net/Studio-metis).

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SOSTENIBILITÀ

La produzione di carne bovina sostenibile Policy & Practice nel contesto del Green Deal col progetto BovINE, Beef Innovation Network Europe

L

o scorso dicembre gli stakeholder dell’industria della carne bovina di tutta Europa hanno partecipato al primo incontro transnazionale di BovINE, il primo e unico network per l’innovazione della carne bovina finanziato dall’UE. L’obiettivo? Sviluppare il lavoro per il miglioramento della sostenibilità in tutto il settore. L’incontro on-line di BovINE, dal titolo “La produzione di carne bovina sostenibile: Policy & Practice nel contesto del Green Deal”, si è concentrato su come la sostenibilità possa essere migliorata all’interno del settore condividendo le innovazioni della ricerca e gli esempi di buone pratiche agricole con gli stakeholder europei. L’evento è stato organizzato da BovINE,

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la rete tematica per l’innovazione finanziata dal programma Horizon 2020 dell’UE, incentrato sulle sfide della sostenibilità che il settore dell’allevamento bovino deve affrontare. Tra i relatori, JANUSZ WOJCIECHOWSKI (Commissario europeo all’Agricoltura), GRZEGORZ PUDA (ministro dell’Agricoltura e dello Sviluppo rurale della Polonia, Paese ospite dell’incontro), JEAN PIERRE FLEURY (presidente del gruppo di lavoro Carni bovine del COPA-COGECA), JACEK ZARZECKI (presidente della Polish Association of Beef Cattle Breeders and Producers) e JEAN FRANÇOISE HOCQUETE (referente scientifico del Group of International Meat Research 3GF, INRAE, e presidente della EAAP Cattle Commission). «Sono felice che

il primo incontro transnazionale BovINE sia stato ospitato dal nostro partner, la Polish Beef Association (PBA)» ha detto il coordinatore del progetto BovINE, il professor MAEVE HENCHION, del Teagasc. L’incontro ha presentato le prospettive europee sul futuro dell’allevamento bovino in Europa e ha riunito — virtualmente — agricoltori, consulenti, ricercatori e altri stakeholders di tutta Europa, per discutere soluzioni innovative e pratiche alle sfide attuali del settore della carne bovina. «Le restrizioni di Covid-19, ironia della sorte, ci hanno offerto una grande opportunità per essere ancora più innovativi e riunire gruppi più ampi». «Una pietra miliare dell’European Green Deal è la strategia Farm

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to Fork dell’UE, il cui obiettivo è fornire ai cittadini europei un’alimentazione sana, accessibile e sostenibile, affrontando il cambiamento climatico, proteggendo l’ambiente e garantendo un equo ritorno economico nella catena di approvvigionamento» ha sottolineato JERZY WIERZBICKI, presidente della Polish Beef Association. «Siamo orgogliosi che il progetto BovINE faciliti l’inclusione delle soluzioni degli agricoltori nell’attuazione di questa strategia. Ospitare il primo incontro transnazionale di BovINE, basandosi sugli eventi nazionali tenutisi recentemente in nove Paesi europei ha fornito una piattaforma concreta per condividere tali soluzioni con tutti gli stakeholders». L’incontro transnazionale di dicembre 2020 ha infatti seguito gli eventi nazionali realizzati in nove Stati Membri dell’UE con le parti interessate, che hanno stimolato la consapevolezza sugli obiettivi di BovINE e lo scambio di conoscenze e idee per guidare l’adozione di pratiche innovative e collaudate. Il consorzio partner BovINE rappresenta il 75% della popolazione di vacche nutrici in Europa e il 70%

della produzione di carne bovina. La rete BovINE si collega con gli allevatori di tutta Europa fornendo una piattaforma aperta — il Knowledge Hub BovINE — dove allevatori di bovini, consulenti, organizzazioni associate e ricercatori possono scambiarsi conoscenze sulle innovazioni della ricerca (RI) e sulle buone pratiche (GP) e condividere esperienze. Durante l’incontro sono state condivise ricerche e best practices su quattro argomenti centrali: 1. resilienza socio-economica; 2. salute e benessere degli animali; 3. efficienza produttiva e qualità della carne; 4. sostenibilità ambientale. Ogni raccomandazione affronta le sfide specifiche che gli allevatori europei di bovini da carne devono attualmente affrontare e include la zoppia nei vitelloni da carne, la riduzione della mortalità dei vitelli appena nati, la riduzione dell’impronta di carbonio della produzione di carne bovina, la pianificazione economica degli allevamenti di bovini da carne e gli strumenti di monitoraggio degli animali. >> Link: www.bovine-eu.net

BovINE (Innovation Network Europe) è stato istituito in 10 Stati Membri dell’Unione Europea per concentrarsi sulle esigenze dei 255.000 allevatori che costituiscono il settore della carne bovina dell’UE. Il progetto sta affrontando le sfide urgenti della sostenibilità degli allevamenti identificate dai produttori, riunendo allevatori di bovini, organizzazioni di allevatori, consulenti, ricercatori e altre parti interessate per sviluppare collettivamente innovazioni pratiche che possano essere implementate negli allevamenti bovini europei. Coordinato da TEAGASC (Irlanda), BovINE è stato costruito intorno ad un approccio multi-attoriale, che richiede una cooperazione mirata tra ricercatori, consulenti, agricoltori e altri attori/ protagonisti rilevanti nel settore della carne bovina, per facilitare meglio lo scambio di conoscenze e l’accettazione di soluzioni condivise. Attraverso un’efficace cooperazione tra allevatori e ricercatori, BovINE formerà un ecosistema transnazionale per stimolare lo scambio di conoscenze a livello internazionale, incrementando così la vitalità economica e la sostenibilità del settore bovino europeo. In Italia BovINE opera attraverso due partner: 1. il Centro Ricerche Produzioni Animali (CRPA Spa) di Reggio Emilia (www.crpa.it); 2. l’Associazione Produttori Carni Bovine del Triveneto (UNICARVE) di Legnaro, Padova (unicarve.it).

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BENESSERE ANIMALE

La certificazione volontaria per il benessere dei suini in Spagna Interporc ha avviato la certificazione volontaria sul benessere animale. Arriverà a 30.000 punti vendita sul territorio nazionale di Roberto Villa

L

a Spagna è tra i principali produttori europei di suini: secondo i dati ufficiali, nel settore lavorano oltre 300.000 addetti tra allevamenti, industria e canale commerciale. La Organización Interprofesional Agroalimentaria del Porcino de Capa Blanca (Interporc,

interporc.com)— un’entità senza fini di lucro alla quale appartengono tutti i soggetti che fanno parte della catena del valore suinicola, dalla produzione alla trasformazione sino alla commercializzazione — ha recentemente avviato un progetto ambizioso volto alla certificazione

di requisiti di benessere animale1 aggiuntivi rispetto a quelli previsti dalle norme europee in materia. La certificazione, denominata IAWS (Interporc Animal Welfare Spain), si basa sui 5 principi dell’Organizzazione mondiale della sanità animale (OIE), ovvero animali liberi:

Il Regolamento sul benessere e la biosicurezza degli animali è stato redatto tenendo conto dei requisiti delle normative europee e spagnole, nonché dei principi fissati dall’OIE, ed è avallato da un comitato scientifico indipendente di alto livello, del quale fanno parte anche alcune delle più importanti università iberiche.

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PUNTUALITÀ AFFIDABILITÀ

CERTIFICAZIONI GARANZIA DI QUALITÀ

GARANZIA DI QUALITÀ

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Tabella 1 – Come si applicano i criteri negli allevamenti Sistema di produzione

Tipo 1

Tipo 2 2

Tipo 3

Scrofe

2,25 m (+/- 10%)*

2,5 m

2,5 m2 + 1,9 m2

Scrofette

1,64 m2 (+/- 10%)*

1,81 m2

1,81 m2 + 1,9 m2

Scrofe al parto

3,5 m2

5,5 m2

> 5,5 m2

Lattonzoli < 20 kg

0,2 m2

0,4 m2

0,6 m2 + 0,4 m2

Suini 85-110 kg

0,65 m2

1 m2

1,3 m2 + 1 m2

Suini > 110 kg

1 m2

1,5 m2

2 m2 +1,6 m2

Scrofe gestanti in gruppo

Prima dei 28 giorni dalla copertura

Obbligatorio dopo la Obbligatorio dopo la copertura copertura

Scrofe in lattazione libere

Non obbligatorio

A partire dal 5° giorno A partire dal 1° giorno

Accesso all’esterno: scrofe

Non obbligatorio

Non obbligatorio

Obbligatorio

Accesso all’esterno: capi da ingrasso

Non obbligatorio

Non obbligatorio

Obbligatorio

Lettiera per capi da ingrasso

Non obbligatorio

Paglia

Paglia

Durata lattazione

> 21 giorni

Minimo 28 giorni

Minimo 42 giorni

Materiale di arricchimento

Legno, corde naturali e Paglia oggetti simili

Paglia

Castrazione

Non obbligatoria (≤ 7 giorni con anestesia; > 7 giorni con anestesia ed analgesia)

Non obbligatoria (≤ 7 giorni con anestesia; > 7 giorni con anestesia ed analgesia)

Non obbligatoria (≤ 7 giorni con anestesia; > 7 giorni con anestesia ed analgesia)

Taglio della coda

Non obbligatorio

Non consentito

Non consentito

Taglio dei denti

Non obbligatorio

Non consentito

Non consentito

Trasporto dei lattonzoli

Massimo 18 ore

Massimo 12 ore

Massimo 6 ore

Trasporto dei suini

Massimo 18 ore

Massimo 12 ore

Massimo 6 ore

Superficie minima

2

* Quando le scrofe o le scrofette sono allevate in gruppi di meno di 6 individui, la superficie del suolo libera sarà aumentata del 10%. Quando le scrofe o le scrofette vengono allevate in gruppi di 40 o più individui, la superficie libera può essere aumentata del 10%.

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1. da fame, sete e malnutrizione; 2. da paura e stress; 3. da sofferenza per caldo o mancanza di comfort; 4. da dolore, lesioni o infermità; 5. di esprimere i propri modelli comportamentali. Il Regolamento2 è stato redatto tenendo conto dei requisiti delle normative europee e spagnole, nonché dei principi fissati dall’OIE, ed è avallato da un comitato scientifico indipendente di alto livello, del quale fanno parte anche alcune delle più importanti università iberiche. Include i requisiti legali delle normative comunitarie e nazionali e altri più esigenti, che rappresentano un ulteriore vantaggio in materia di salute e igiene degli animali, biosicurezza, stabulazione degli animali, sicurezza alimentare, tracciabilità e ambiente. In un’ottica di massima trasparenza è stato inoltre testato e validato da organizzazioni per la protezione e la difesa degli animali. Il Regolamento sul benessere e la biosicurezza degli animali mira a rispondere alle esigenze del settore della Grande Distribuzione e dei consumatori finali, fornendo uno strumento di controllo e valutazione non solo del benessere degli animali negli allevamenti, ma anche della salute, della profilassi, della biosicurezza, della gestione e della tracciabilità, in modo tale che la sicurezza alimentare sia integrata e rafforzata. Tra i requisiti ricade la verifica dell’adesione ai programmi di riduzione degli antibiotici PRAN (Programa Nacional Frente a la Resistencia a los Antibióticos), con l’obiettivo di sensibilizzare sull’uso responsabile, sulla riduzione e resistenza agli antibiotici negli allevamenti, oltre a promuovere una buona igiene e altre misure che consentono la prevenzione delle infezioni negli allevamenti e, quindi, riducono l’uso di antibiotici. L’ottenimento del certificato è accompagnato dalla possibilità di utilizzare un sigillo IAWS riportante una codifica così composta: IAWS - G (S, I) - 000 - 0 dove la lettera indica il tipo di soggetto (G = granja,

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allevamento; S = centro de sacrificio, macello; I = industria cárnica, stabilimento di trasformazione), le tre cifre seguenti il numero attribuito all’operatore, il numero finale il tipo di sistema di produzione in allevamento (1, 2 o 3). Grazie ad un accordo tra Interporc e CEDECARNE (Confederazione dei macellai e dei salumieri), il marchio di certificazione risulterà presente in circa 30.000 punti vendita sul territorio iberico e rappresenterà un sinonimo di qualità e di sostenibilità per i consumatori finali. Come si applica negli allevamenti Esistono tre tipi di sistemi di produzione, ai quali si applicano criteri differenziati come da Tabella 1. Come si applica nei macelli I macelli devono essere certificati secondo il protocollo GFSI di sicurezza alimentare (IFS, BRC, FSSC 22000), devono avere una regolare autorizzazione ambientale integrata conforme alla normativa nazionale, devono poter dimostrare che gli allevamenti inclusi nel sistema di gestione siano coperti da una procedura di autocontrollo ed aderiscano al piano per la riduzione degli antibiotici (PRAN), devono avere designato nel proprio organigramma la figura dell’auditor interno e del responsabile del benessere animale e della biosicurezza, infine devono garantire che sia installato ed operante un sistema di registrazione in continuo delle immagini nelle fasi dove vi sono animali vivi (area di scarico, recinti, pre- e post-stordimento, iugulazione); le immagini dovranno essere conservate per almeno un mese ed essere a disposizione dei servizi veterinari al fine di controllare l’applicazione delle buone pratiche. Roberto Villa Note 1. www.bienestaranimalcertificado.com 2. Reperibile integralmente in lingua spagnola alla pagina www. bienestaranimalcertificado. com/bienestar-animal-certificado-iaws/cómo-se-obtiene


Per l’avicoltura italiana il futuro è già qui di Giulia Mauri

L’

avicoltura in Italia è un settore di eccellenza: come quantità, perché è l’unico settore zootecnico che riesce a coprire il fabbisogno nazionale, e come qualità, in quanto riesce a esportare anche in quei Paesi in cui i costi di produzione sono decisamente più bassi. Ed è uno dei pochi casi di filiera interamente italiana. Grazie

al dialogo e alla lungimiranza dei principali attori, in pochi anni il settore ha fatto balzi in avanti eccezionali in termini di benessere e di lotta all’antibioticoresistenza. I risultati di programmi che senza tema di esagerazione possiamo definire rivoluzionari sono già realtà, a tutto beneficio degli animali, dei consumatori e dell’intera filiera.

Ferdinando Battistoni è medico veterinario specialista in patologia aviare del Gruppo Amadori e all’International Poultry Forum — che si è tenuto on-line in occasione delle Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona (3-5 dicembre 2020) —, ha presentato i risultati di riduzione drastica dell’uso di antibiotici nelle aziende di polli e tacchini del gruppo.

La filiera avicola italiana è totalmente autosufficiente: dall’allevamento alla trasformazione fino alla consegna delle carni. Inoltre, segue un modello di sicurezza alimentare regolato da norme e controlli che garantiscono l’igiene di processo e un elevato standard di sicurezza.

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Dai dati forniti da UNAItalia (www.vivailpollo.it), anche per il 2019 le carni bianche si sono confermate le più consumate nelle case italiane seguite in seconda battuta dalle carni bovine (33%) e suine (20%). Gli Italiani ne mangiano circa 20,45 kg a testa (+0,2% sul 2018), soprattutto il pollo, con un consumo pro capite di 15 kg l’anno (+0,13%), seguito dal tacchino (4,22 kg, +2,7% sul 2018).

«L’azienda crede nel principio di One Health (la salute degli animali e dell’ambiente si riflette sulla salute dell’uomo, a cui è strettamente correlata) e su questa base una decina di anni fa ha deciso di intraprendere un percorso virtuoso». Leggi buone pratiche, ottimizzazione dei vantaggi del benessere e creazione di un ambiente di allevamento consono agli animali. Ed ecco i risultati: da una quantità di molecole antimicrobiche di 53 miliardi di mg/kg pv nel 2011, si è passati a appena 3 milioni di mg/ kg pv, con una riduzione del 94% dei consumi di farmaco. Un risultato così buono arriva solo grazie all’effetto combinato di tante scelte innovative. Ad analizzare l’intervento di Battistoni si è piacevolmente colpiti dal fatto che i risultati ottenuti sono il frutto di un modo di procedere codificato nei manuali di gestione aziendale e di HACCP: non hanno avuto bisogno

Battistoni, Gruppo Amadori: come crescere polli senza antibiotici Il medico veterinario specialista in patologia aviare del Gruppo Amadori Ferdinando Battistoni ha illustrato brevemente cosa significhi veramente produrre secondo un sistema qualità, sfruttando i vantaggi del sistema HACCP, dando forte attenzione al lavoro degli addetti e seguendone la crescita professionale. Ecco le fasi salienti del sistema produttivo Amadori, che hanno consentito di ridurre del 94% il consumo di farmaco antimicrobico in meno di 10 anni, riportate durante l’International Poultry Forum (Fiere Zootecniche Internazionali di Cremona, 3-5 dicembre 2020). Gli stabilimenti che ospitano i capi riproduttori, da cui si ottengono gli animali produttori di uova e carne, sono stati trasferiti in zone a bassa densità di avicoli. Le strutture in cui sono stati alloggiati sono state costruite ex novo, sfruttando i principi di benessere e i vantaggi del controllo automatico e in continuo dei parametri ambientali. La dieta bilanciata ha potuto dare lettiere più asciutte e confortevoli, l’acqua di qualità controllata ha garantito maggior benessere e la profilassi ha rinforzato le difese immunitarie degli animali. «Da animali allevati in questo modo si riescono a ottenere uova idonee all’incubazione» e infatti si è registrato un calo delle malattie a trasmissione verticale. In incubatoio ora entrano solo le uova pulite, lo stoccaggio è breve, in celle sanificate con il sistema del tutto pieno e tutto vuoto, le procedure di cleaning sono state rinforzate e ammodernate e le uova non vengono più appoggiate a terra. «Da incubatoi gestiti in questa maniera è possibile ottenere pulcini sani», che vengono vaccinati nell’incubatoio stesso per ottenere maggiore omogeneità e che vengono accasati in allevamenti puliti, sanificati e in cui la lotta agli infestanti si è fatta implacabile. Anche per questa fase della produzione si è investito molto nelle strutture, che sono state ricostruite, garantiscono il benessere animale e sono informatizzate per il monitoraggio e controllo dei fattori ambientali. L’acqua di bevanda è controllata e si evita accuratamente la formazione di biofilm nelle vasche e nelle condotte. La lettiera soffice e friabile non stressa le zampe e garantisce migliori condizioni dell’aria perché riduce il rilascio di ammoniaca. Prodotti fitoterapici, probiotici e oli essenziali aiutano a mantenere un intestino efficiente e una lettiera asciutta. Gli allevamenti applicano le buone pratiche di biosicurezza: i capannoni sono in siti recintati, vi sono archi di disinfezione per gli automezzi agli accessi, zone filtro e dogane danesi per il personale e le celle frigo per il ritiro delle carcasse sono rigorosamente all’esterno. «È lavorando in questo modo che è possibile somministrare gli antibiotici solo in quei rari casi in cui si rendono necessari e non per coprire le negligenze dell’allevamento» ha concluso Battistoni.

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di scoprire nulla di nuovo, ma solo di prendere veramente la decisione di voler cambiare e di voler applicare con serietà le regole del buon management. E infatti «la prima e più importante cosa che abbiamo dovuto fare è stata cambiare la testa, a partire da quella di allevatori e tecnici: perché pensavamo che fosse impossibile allevare pollame senza antibiotici. E invece siamo stati totalmente smentiti dai fatti». Quindi il primo passo è stato la formazione del personale: corsi sul benessere animale, sulla biosicurezza in allevamento e sul cleaning. Infatti, un’azienda, una volta presa la decisione, deve trasmettere la visione ai suoi lavoratori perché sono questi che fanno la differenza e vanno motivati e coinvolti. Contemporaneamente il processo di produzione è stato suddiviso in fasi e per ciascuna di queste si è studiato come intervenire per ottimizzarla, eliminando i pericoli prima che ricadessero sugli animali o sulla fase successiva. Certamente si è potuto pensare in grande e sono state fatte scelte coraggiose. Anche la Grande Distribuzione Organizzata da una decina di anni sta investendo su prodotti che possano giustificare etichettature che assecondino il desiderio dei consumatori di migliori condizioni di benessere in allevamento (al netto dell’idea a volte un po’ fumosa che i consumatori hanno del concetto di benessere animale). Renata Pascarelli, direttore qualità di Coop Italia che segue la sostenibilità etica e ambientale dei prodotti a marchio e dei prodotti venduti nei punti vendita della catena, ha presentato il lavoro fatto in questi anni dalla sua azienda. Fin dal 2010 vendono solo uova provenienti da allevamenti a terra (escludendo anche gli allevamenti con gabbie arricchite, adeguati alle norme europee): la regola vale anche per i prodotti non a marchio. «Seguiamo i fornitori che compongono le nostre filiere da quasi vent’anni e ogni anno vendiamo la carne di 20 milioni di polli:

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certamente abbiamo un ruolo nel percorso di riduzione dell’uso di antibiotici all’interno della filiera produttiva italiana». È del 2016 la presa di coscienza da parte del gruppo che è possibile fare il grande salto: avere prodotti buoni e sicuri da avicoli allevati con limitazioni all’utilizzo degli antibiotici, grazie a adeguate condizioni di benessere in allevamento. Di conseguenza, quasi cinque anni fa nascono i prodotti a marchio della filiera zero antibiotici. Dal 2019 a questa iniziativa si affianca quella di poter riportare in etichetta informazioni sugli standard di benessere adottati. Questi a volte sono migliorativi rispetto alle norme (maggior spazio pro capite, balle di paglia per arricchimento ambientale, maggior luce naturale) altre volte sono parametri di legge non conosciuti dai consumatori (allevamento a terra e non in gabbie). Sempre dal 2019 anche gli ovoprodotti originano solo da uova di galline allevate a terra. Ma il fiore all’occhiello secondo la Pascarelli è un altro: la garanzia di non far più abbattere alla nascita i pulcini maschi di linee genetiche produttrici di uova. E in effetti è un grande passo in avanti per la produzione zootecnica etica. L’azienda si impegna dal 2019 ad acquistare dai rivenditori un numero di pollastre pari al numero di maschi che questi si impegnano ad allevare fino a fine ciclo per produrre carne. «Stiamo parlando di circa 2 milioni di galletti e quindi lo sforzo economico è sicuramente notevole. Speriamo che i consumatori comprendano appieno e premino questa scelta etica». Insomma, all’International Poultry Forum di Cremona si è dimostrato che tanti buoni propositi sono già diventati realtà e le buone promesse possono essere mantenute. Il legame fra filiera produttiva e consumatori italiani è forte e giustificato. L’augurio è quello che questo sistema produttivo di qualità faccia da apripista anche per altre filiere. E possiamo dire che più che un augurio sia una promessa. Giulia Mauri


Macellazione dei bovini: valutazione dei problemi di benessere

L

o scorso novembre EFSA ha pubblicato una valutazione del benessere dei bovini al momento della macellazione basata sui più attuali studi e ricerche scientifiche. Il recente parere scientifico fa parte di una serie di aggiornamenti in materia di tutela del benessere degli animali al macello richiesti dalla Commissione europea e fa seguito a valutazioni già pubblicate su pollame, conigli e suini. In totale sono stati individuati 40 pericoli che potrebbero verificarsi durante la macellazione. La maggior parte di essi — 39 su 40 — è la conseguenza di una preparazione inadeguata del personale addetto o di stanchezza. Il parere propone misure per prevenire e

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correggere tali pericoli. Tutelare il benessere degli animali al macello vuol dire ridurre al minimo dolore, angoscia o sofferenza degli animali d’allevamento al momento dell’abbattimento. A tal fine, il personale dei macelli deve mettere in atto una serie di procedure. Ad esempio, deve effettuare controlli periodici per garantire che gli animali non presentino segni di coscienza o sensibilità tra la fine della procedura di stordimento e il decesso. Nel caso gli animali vengano macellati senza essere storditi, occorreranno controlli accurati per garantire che essi non mostrino alcun segno di coscienza o sensibilità prima di essere liberati dal sistema di immobilizzazione per essere sottoposti a

tolettatura o scottatura. L’attività degli esperti scientifici dell’EFSA contribuisce a migliorare il benessere degli animali nei macelli in vari modi. Tanto per fare un esempio gli esperti forniscono consulenza scientifica sugli indici di coscienza o di sensibilità negli animali o per studi sui metodi di stordimento. L’EFSA assiste i punti di contatto nazionali negli Stati Membri con l’organizzazione di incontri dove scambiare esperienze e condividere conoscenze in merito al benessere in fase di macellazione. Fonte: EFSA European Food Safety Authority Nota Photo © Felix Lukas Gürtler.

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Benessere dei bovini al momento della macellazione: considerazioni in sintesi • •

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L’abbattimento di bovini per il consumo umano (macellazione) può avvenire in un macello o in un’azienda agricola. I processi di macellazione valutati in termini di benessere, dall’arrivo dei bovini fino alla loro morte (compresa la macellazione senza stordimento), sono stati raggruppati in tre fasi principali: pre-stordimento (compreso l’arrivo, lo scarico dal camion, la stalla, la movimentazione e lo spostamento dei bestiame); stordimento (compreso il contenimento); e sanguinamento. I metodi di stordimento sono stati raggruppati in due categorie: meccanici ed elettrici. Sono state identificate 12 conseguenze sul benessere a cui il bestiame può essere esposto durante la macellazione: stress da caldo, stress da freddo, affaticamento, sete prolungata, fame prolungata, movimento impedito, limitazione dei movimenti, problemi di riposo (incapacità di riposare o disagio durante il riposo), stress sociale, dolore, paura e angoscia. Vengono descritte le conseguenze sul benessere e le relative misure basate sugli animali. In totale, sono stati identificati e caratterizzati 40 rischi per il benessere che potrebbero verificarsi durante la macellazione, la maggior parte dei quali legati allo stordimento e al sanguinamento. Il personale è stato identificato come l’origine di 39 pericoli, attribuiti alla mancanza di set di abilità appropriati necessari per svolgere i compiti o alla fatica. Sono state identificate misure per prevenire e correggere i rischi e sono state identificate misure strutturali e gestionali come quelle con un ruolo cruciale nella prevenzione. Per ogni processo sono state sviluppate tabelle dei risultati che collegano i pericoli, le conseguenze sul benessere, le misure basate sugli animali, l’origine dei pericoli e le misure preventive e correttive. Vengono proposte misure di mitigazione per ridurre al minimo le conseguenze sul benessere.

EFSA e benessere animale: tappe più recenti •

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2017 – Gli esperti dell’EFSA esaminano questioni relative alla macellazione di animali d’allevamento gravidi nell’Unione Europea. Il parere scientifico (riguardante bovine da latte, bovini da carne, suini, cavalli, pecore e capre) fornisce nuove prospettive sul numero di animali gravidi macellati nell’UE, sui motivi per cui vengono macellati e sulla questione se i feti animali possano o meno provare dolore, angoscia o sofferenza. 2018 – L’EFSA pubblica una guida dal titolo Guidance on criteria for assessing applications for new or modified stunning methods. 2019 – L’EFSA pubblica due pareri scientifici sul benessere del pollame al macello. L’esaustiva disamina tocca tutto il processo della macellazione, dall’arrivo e lo scarico dei volatili, fino allo stordimento, all’abbattimento e al dissanguamento. Nel documento vengono individuati una serie di pericoli che danno adito a questioni di benessere come dolore, sete, fame o limitazioni dei movimenti, e vi si propongono, ove possibile, misure di prevenzione e correzione. Gennaio 2020 – L’EFSA pubblica tre pareri relativi al benessere dei conigli. Il primo confronta il benessere dei conigli allevati rispetto ai diversi sistemi di produzione nell’UE, e conclude che il benessere dei conigli adulti tenuti in gabbie convenzionali è peggiore di quello dei conigli alloggiati con altri sistemi. Gli altri due pareri si occupano delle relative questioni di benessere: metodi di stordimento utilizzati nel processo di macellazione; e abbattimento per motivi diversi dalla produzione di carne (ad esempio per il controllo di malattie). Giugno 2020 – L’EFSA pubblica un parere scientifico sul benessere del suini al macello. Nel documento vengono individuati una serie di pericoli che danno adito a questioni di benessere come stress termico, sete, fame prolungata e problemi respiratori, e vi si propongono, ove possibile, misure di prevenzione e correzione. Il gruppo di esperti scientifici conclude che la maggior parte dei rischi legati al benessere dei suini al momento della macellazione è dovuta a competenze inadeguate del personale e a strutture mal progettate e mal costruite.

>> Link: www.efsa.europa.eu

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MACELLERIA D’ITALIA

Una bottega storica di Nizza Monferrato, Asti

Vittorio e Loredana: Bue Grasso, Fassona e Salsiccia di Nizza di Massimiliano Rella

I

l nostro giro tra le macellerie del Piemonte fa tappa, di nuovo, a Nizza Monferrato (AT), paese al centro di una terra di nobili vini: il Nizza DOCG e la Barbera d’Asti DOCG. Oltre al nettare di bacco, quest’importante comune del Monferrato vanta macellerie storiche

e di qualità, come la Macelleria Vittorio e Loredana, dal nome dei due proprietari, marito e moglie, una coppia di macellai con lunga esperienza. Lui, VITTORIO GIOVINE, 68 anni, cominciò a far pratica da adolescente; la signora LOREDANA C OVISOLO proveniva invece dal

mondo della ristorazione. Nel ‘77, ormai 43 anni fa, decisero di rilevare insieme una macelleria storica nel centro di Nizza Monferrato, un negozio vecchio di 200 anni, in cui oggi sopra al bel bancone carico di ghiottonerie, dalla Fassona piemontese alla carne di Bue Grasso,

Vittorio Giovine e Loredana Covisolo, proprietari della Macelleria Vittorio e Loredana a Nizza Monferrato (AT).

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COMITATO TECNICO SCIENTIFICO MARCA 2020

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Salsiccia di Nizza Monferrato: da mangiare cruda, è fatta con carne magra di scottona e castrato aromatizzata con sale, pepe, noce moscata, Parmigiano Reggiano e vino bianco Chardonnay.

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Tartare di Fassona.

svettano stendardi e gualdrappe di tanti premi conquistati alle fiere bovine, da Carrù a Moncalvo e da qui fino a Nizza. La macelleria lavora tagli di carni pregiate e prodotti gourmet: Fassona Piemontese, Bue Grasso, Scottona, castrato di animali di piccoli allevamenti situati tra Asti e Cuneo — sono 6 i fornitori — alimentati con fieno, cereali, pastone, ecc…, e macellati all’età di 18-22 mesi il castrato e la scottona, a quella di 5-7 anni il bue grasso, dopo 2-3 anni di pascolo e d’ingrasso. Sono invece di loro produzione i salumi come la Salsiccia di Nizza, una bontà da mangiare cruda, fatta con carne magra di scottona e castrato aromatizzata con un pizzico di sale, pepe, noce moscata, Parmigiano Reggiano e vino bianco Chardonnay. Fanno artigianalmente anche il cacciatorino di bue (80% di bue grasso, 20% pancetta di maiale), il salame cotto, la salamella di scottona, ecc… Il Bue Grasso insieme alla Fassona è il simbolo della razza bovina Piemontese. È un animale maestoso

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e imponente cui sono dedicate ogni anno due fiere storiche, la Fiera del Bue Grasso a Carrù (CN) e la Fiera Bue Grasso a Moncalvo (AT). Noto in tutto il mondo per la qualità delle sue carni, questo bovino adulto dal manto bianco viene castrato entro gli otto mesi d’età (lasciando integra la sacca scrotale) per favorire l’aumento di peso, che può superare anche di molto la tonnellata. Dopo quattro anni di vita l’animale assume la denominazione di bue. Alimentato a base di prodotti naturali a secco (mais, fieno, soia, fave, orzo, etc) — dieta integrabile con uova e altri prodotti — il Bue Grasso deve aumentare di peso lentamente e in modo equilibrato, per valorizzare anche l’estetica del suo portamento e la bellezza dell’animale. Ma la cosa più importante è la qualità della sua carne pigmentata di grasso, di gusto intenso e grande tenerezza. A Carrù, prima della fiera, ancor prima dell’alba, nelle affollate taverne e osterie del paese— già alle 5:00 del mattino — c’è la tradizione di mangiare il Gran Bollito misto,

un mix di carni pregiate composto di sette tagli di polpa: tenerone (da collo o coppa), scaramella (pancia e costato), muscolo di coscia, muscoletto (stinco), spalla, fiocco di punta e cappello del prete (sottopaletta). A questi si aggiungono sette ammennicoli: lingua, testina con musetto, coda, zampino, gallina, cotechino e rollata (o tasca ripiena). Il tutto da condire con sette bagnetti o salse: verde rustico, verde ricco, rosso, cren, mostarda, cugnà, salsa al miele. I contorni, invece, sono quattro: le patate lesse, gli spinaci al burro, i funghi trifolati, le cipolle in agrodolce. Massimiliano Rella Vittorio e Loredana Macelleria Storica Via Carlo Alberto 80 14049 Nizza Monferrato (AT) Telefono: 0141 721192 E-mail: info@vittorioeloredana.com Web: www.vittorioeloredana.com Nota Photo © Massimiliano Rella.

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Pozzi: comunicare l’identità valtellinese attraverso la bresaola di Riccardo Lagorio

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La bresaola è uno dei prodotti simbolo della Valtellina. Le prime testimonianze letterarie della sua produzione risalgono al XV secolo, ma la sua origine è da ritenersi senz’altro antecedente (photo © Marco Introini – stock.adobe.com).

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el buio di inizio dicembre, a quest’ora del mattino, gli unici incontri per le strade di Sondalo sono l’aria vivace che scende dalla Val di Rezzalo e il respiro lontano dell’Adda, non coperto da mormorii di uomini e cose. L’oscurità perforata dai lampioni conduce verso il bagliore di una sola vetrina, una sola bottega. Una sbirciatina e, dentro, le sagome dei primi clienti e dei banconieri. Da lontano pare che si muovano con lentezza, più da vicino i gesti si mostrano rapidi e precisi. Li coordinano EMILIO e CLEMENTE POZZI,†questo il figlio diciannovenne del primo. Già abile e preparato. Ma nella Macelleria Pozzi l’intera famiglia è coinvolta: c’è anche PIA, la matrona, SARA e GABRIELLA, le sorelle di Clemente, e PIERO, suo cugino.

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Per i Pozzi la bresaola è un modo di comunicare la propria identità valtellinese e il giovane Clemente ne è già un missionario. «La stagionatura è approssimativamente di 20 giorni. Dipende dalla dimensione della bresaola. In ogni caso deve essere graduale e mai troppo veloce per evitare che la parte esterna diventi secca. Per questo vanno verificate quotidianamente la temperatura e l’umidità alle quali le bresaole sono sottoposte». Il nostro viaggio dedicato alla scoperta della bresaola prodotta nelle macellerie della Valtellina, alle differenze tra luogo e luogo, tra bottega e bottega, sta per iniziare e continuerà nei prossimi due numeri di questa rivista, con un compendio finale sul volume n. 2/2021 di PREMIATA SALUMERIA ITALIANA.

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Clemente Pozzi.

Bresaole e slinzeghe della Macelleria Pozzi sono prive di insacco per esaltare l’artigianalità del prodotto finale e non vengono neppure lavate, rimuovendo le muffe macroscopiche. La superficie esterna presenta spesso foglie di alloro e frammenti di spezie, simbolo di autenticità

Qui a Sondalo la carne riservata alla produzione di bresaola proviene da allevamenti italiani o spagnoli. Italiani talvolta di casa, poiché uno dei cugini di Clemente Pozzi alleva bovini e cavalli da carne. «La bresaola propriamente detta è la parte centrale della punta d’anca. Le porzioni laterali ottenute dalla rifilatura, cioè la fesetta, e altre sezioni di muscolo produciamo la slinzega, più piccola. Dalla carne di cavallo otteniamo solo queste ultime».

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Non esiste grande differenza tra bresaola e slinzega, almeno apparentemente, se non la dimensione e la forma meno lineare e armonica della slinzega. Anche la concia è del tutto uguale per entrambe: sale, pepe, cannella, aglio, Marsala e foglie di alloro. La sosta nella salmistratura è identica, cosicché, in ragione delle più ridotte dimensioni delle slinzeghe, il loro gusto sarà più intenso. La stagionatura delle slinzeghe varia tra 10 e 12 giorni, dai 15 ai 20 quella delle

bresaole. «Sino allo scorso anno la stagionatura avveniva nelle cantine della macelleria. Abbiamo dovuto trasferirci e, per mantenere uno stretto rapporto con l’aria che crea la bontà della bresaola, esiste un apposito impianto che alimenta le celle di stagionatura» afferma sicuro Clemente Pozzi. Certo: bresaola e slinzega mostrano differenze non da poco. «Esiste una differenza marcata nel momento della vendita: chi acquista l’affettato preferisce la fetta rotonda e regolare. Pertanto acquisterà la bresaola. Chi invece apprezza tagliarsi da sé il salume preferisce comprare la slinzega». Con tutta evidenza i pezzi sono irregolari, anche quelli… più uniformi. Da quanto si intuisce solo chi possiede un palato molto raffinato riesce a comprendere la differenza di gusto, leggermente più intenso nella slinzega. Uno degli aspetti centrali nella preparazione dei due salumi è senz’altro il calo del peso iniziale, che è superiore al 30%. In verità le differenze di lavorazione non sono indifferenti. «Per realizzare la slinzega serve più lavoro di manodopera esperta. Infatti le rifilature devono essere eseguite con più attenzione. Di contro, nella bresaola si devono togliere solo le nervature. Da noi la bresaola non presenta marezzature e la differenza fondamentale con le altre tipologie presenti sul mercato è proprio l’assenza, pur sottile, di strisce di grasso. La bresaola deve avere una fetta di colore rosso granata». I due salumi sono privi di insacco per esaltare l’artigianalità del prodotto finale e non vengono neppure lavati, rimuovendo le muffe macroscopiche. La superficie esterna presenta spesso foglie di alloro e frammenti di altre spezie. Immediato simbolo di autenticità. Riccardo Lagorio Macelleria Pozzi Emilio Via Giuseppe Garibaldi 2 23035 Sondalo (SO) Telefono: 338 3753010 Web: pozzi-emilio.business.site

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Valter Bottega: dare valore a tutta la carcassa di Riccardo Lagorio

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Il macellaio Valter Bottega.

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erto, il luogo dove è inserito l’esercizio di VALTER BOTTEGA, un comune supermercato, potrebbe sollevare qualche perplessità ai puristi. Ma quando si dimenticano le confezioni di detersivo per lavatrice o i vasetti di tonno arrivando al cospetto di questo angolo paradisiaco (per i carnivori), ci si rende conto che giungere alle porte di Belluno è stata una buona idea. Lo si intuisce dall’incessante viavai di persone che si avvicinano al bancone ricco di tagli, lo si prova assaggiando le carni e i salumi preparati sul retro. Del resto, buon sangue non mente: famiglia di 12 fratelli, 4 dei quali svolgono l’attività di macellaio, pratica ereditata dal nonno. La maestria di Bottega poggia su tre pilastri: • il primo, una vita intera a scegliere tra i piccoli massari locali, nella zona dell’Alpago; • appartenere alla vecchia scuola dei macellai, quella che sacrifica gli animali e riesce a dare a ciascuna parte di essi un valore economico e sociale; • infine, dedicarsi completamente alla macelleria e non assecondare certe tendenze di tuttologia che molti praticano. «Faccio il macellaio, non acquisto cosce e filetti già pronti, che è una pratica da commercianti». Scontro tra classi, quella dell’artigiano puro e del venditore? Può essere un’ulteriore chiave di lettura di questa macelleria ricca di sorprese. Bottega non è dogmatico sull’età degli animali da abbattere. «Non esiste un’età ideale per la macellazione. Dipende da come sono stati allevati gli animali e quali sono i criteri di allevamento dell’azienda agricola

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che li fa crescere». Questo è vero soprattutto per i vitelli, che provengono per lo più da Pieve d’Alpago, incroci di animali da carne e razza Friulana alimentati esclusivamente con latte materno. «Queste carni non rilasciano umidità al momento di prepararle in cucina. I clienti lo sanno bene e per questo le apprezzano», commenta. Un altro esempio sta nelle condizioni di presentazione della carne frollata: l’assenza di umidità fa sì che la carne non perda la propria brillantezza e il proprio colore. «I criteri di allevamento sono fondamentali per ottenere una buona carne» afferma mostrando un costato di manza di 48 mesi che ha partorito una sola volta e che ha subito una frollatura di tre settimane. «L’esempio più evidente però sta nelle mezzene di Cinta senese, allevate a Budoia, in Friuli. I suini vengono macellati tra i 26 e i 35 mesi. La condizione indifferibile è la presenza di una spessa coltre di lardo oleoso, che è sintomo di buona alimentazione e perfetta modalità di allevamento. I clienti sono entusiasti e alcuni importanti ristoranti locali, come il San Lorenzo e il Dolada, si contendono carne

fresca e salumi che hanno queste caratteristiche». Nel banco selle di Cinta senese affumicate e con un goloso contorno di grasso davvero scioglievole. Ne esce un salume a doppio uso: questa parte bianchissima e profumatissima da usare come base per sughi e affettare sottile la parte magra, oppure affettare congiuntamente le due ottenendo fette bicolori per antipasti o merende. I salumi sono infatti un altro punto di forza di Bottega. Come la pendola, sottili strisce di fesa o polpa suina lasciate macerare 3 giorni in vino e spezie, poi affumicata con legni di ginepro e rosmarino. Niente conservanti né coloranti. Bandito persino il salnitro, come riprova che non è una necessità ma un paracadute. La pendola è un gustoso spuntino tutto l’anno, specie se tagliata a tocchetti e consumata col pane alle noci. Il pastin è l’hamburger ante litteram del Bellunese. «Si prepara macinando carne di anteriore bovino e aggiungendo un condimento di vino, sale e spezie. Se ne fanno piccoli dischi irregolari che vengono cotti alla griglia, eventualmente conditi con aceto e consumati con verdure».

Per un ristretto numero di appassionati si possono trovare anche salumi equini e ovini. L’Alpago è infatti la patria dell’agnello che porta il nome della località. «È un agnello di piccola taglia, dalla carne rossa perché si alimenta di latte materno: la macellazione avviene quando raggiunge i 13 kg, vale a dire intorno ai 3 mesi di età. Per i salumi vengono utilizzate le carni di pecore a fine carriera o di castrati». Anche in questo caso la capacità di Valter Bottega è quella di poter dare un valore a tutta la carcassa. «Bisogna riconoscere che la parte più amata sono le bricioline. Come preparazione, mi limito a proporre gli arrosticini, che amano soprattutto i giovani». E ancora una volta sono i ristoranti più quotati, San Lorenzo e Dolada, che riescono a proporre le parti meno richieste, come spalle e pance. Si tratta pur sempre di importanti biglietti da visita… Riccardo Lagorio Bottega Valter Viale Alpago 74 32015 Puos d’Alpago (BL) Telefono: 348 4431588

La Fiorentina entra nei PAT, i Prodotti Agroalimentari Tradizionali La bistecca alla fiorentina si ottiene dal taglio della lombata del vitellone o della scottona ed è caratterizzata dalla presenza nel mezzo dell’osso a “T”, col filetto da una parte e il controfiletto dall’altra. Questo taglio, che è un vero capolavoro, è recentemente stato iscritto nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), comprendente specialità particolarmente legate a un territorio e alla sua storia. Per i metodi di realizzazione, conservazione, stagionatura, creazione che si sono consolidate e protratte nel tempo, secondo le regole tradizionali e per un periodo non inferiore a 25 anni. Proprio per questo, sottolinea Coldiretti, è necessario che l’origine della carne sia locale. La bistecca alla fiorentina ha una lunga tradizione e a fine ‘800 venne presentata come piatto toscano per Firenze capitale d’Italia. Fu PELLEGRINO ARTUSI, nel suo “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”, a spiegare come doveva essere cucinata la vera bistecca fiorentina: “Mettetela in gratella a fuoco ardente di carbone, così naturale come viene dalla bestia o tutt’al più lavandola e asciugandola; rivoltatela più volte, conditela con sale e pepe quando è cotta, e mandatela in tavola con un pezzetto di burro sopra. Non deve essere troppo cotta perché il suo bello è che, tagliandola, getti abbondante sugo nel piatto. Se la salate prima di cuocere, il fuoco la risecchisce, e se la condite avanti con olio o altro, come molti usano, saprà di moccolaia e sarà nauseante”. «Far parte dell’elenco dei PAT vuol dire contribuire alla crescita di una collettività e dell’economia di un territorio» ha sottolineato la vicepresidente e assessora all’agroalimentare Stefania Saccardi. «Ma si tratta anche di ottenere un riconoscimento della nostra tradizione che è espressione del patrimonio culturale» (fonti: Coldiretti, ruminantia.it; photo © Valerio Pardi).

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LA CARNE IN TAVOLA

Cuciniamo i saltimbocca

Un balzo gustoso di Giorgia Fieni

«S

fido chiunque (a parte i vegetariani) a rimanere impassibile davanti ad un piatto di saltimbocca alla romana: l’aroma della salvia, la vista del prosciutto croccante, il sughetto che promette meraviglie…» Ha ragione SONIA PERONACI: questa ricetta ingolosisce tutti, adulti e bambini, chef stellati e cuochi alle prime armi. Basta coprire fettine di fesa ben battute con prosciutto crudo e salvia, arrotolarle, fissarle con uno stecchino e cuocerle nel burro, deglassando poi il fondo con vino bianco. Pochi minuti di cottura (si possono anche preparare in anticipo e rosolarle all’ultimo)… Et voilà… il secondo è servito ed è perfetto soprattutto dopo un primo piatto impegnativo, perché sono bocconcini piccoli e golosi, ovvero una vera esplosione di gusto che si può anche mangiare con le mani! Però mi sento di dissentire da Sonia sul tema veg: esistono infatti versioni di saltimbocca prive di carne ma altrettanto golose. Sostituendo il vitello col seitan o col muscolo di grano, il prosciutto con affettato vegetale e il burro tradizionale con quello di soia, per esempio. Ma anche usando il pesce (e, ovviamente, un ripieno di verdure): scorfano, sogliola, baccalà, orata, calamari, pesce spada, rana pescatrice, coregone, triglia, capesante. Se invece possiamo concederci la fetta di crudo all’interno per l’esterno possiamo usare i funghi, i fichi o addirittura i bagels come contenitore. Chi invece ama i saltimbocca solo con la carne può comunque variarli scegliendo cavallo (con lo speck), agnello, fegato (con lardo), maiale (con Pata Negra, sfumati

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nello sherry, oppure con basilico — al posto della salvia — e aggiunti di burrata, oppure alla napoletana — con mozzarella, salsiccia e uova), tacchino (con speck e fichi sfumati al Porto oppure con spinaci lessati e sottiletta), pollo (con zucca e alloro), vitello (con pancetta, servito con castagne al timo o piselli alla pancetta), capocollo (sono i Saltimbocca alla pugliese, con pancetta e caciocavallo). Altre sostituzioni possibili sono: anziché prosciutto usiamo la pancetta, la coppa, il bacon o il prosciutto cotto (io direi che per farli più “alla romana” possibile, anche del buon guanciale potrebbe essere perfetto, perché, sciogliendo il suo grasso naturale in cottura, renderebbe la carne molto morbida); come farcitura, mettiamo pure mozzarella e salsa di pomodoro (sono i Saltimbocca alla sorrentina) e credo sia l’unica variante possibile altrimenti diventano comuni involtini; per sfumare, anziché vino bianco scegliete birra o brandy o succo di agrumi o latte di cocco. Le aggiunte sono invece infinite e passabili solo della vostra fantasia; vi cito solamente: Camembert, pomodori secchi sottolio, capperi, fiori di zucca, mele, groviera, cipolle, carciofi, fontina e curry. Non ponetevi comunque alcun limite: tutto ciò che secondo voi può accoppiarsi bene con prosciutto e salvia è ben accetto! Infine, un consiglio per una presentazione originale: infilate i saltimbocca negli spaghetti fritti, aggiungendo così anche una nota croccante. Il balzo fra le fauci rimane sempre lo stesso, ma i vostri commensali ne rimarranno ancora più stupiti.

Carne di vitello, prosciutto crudo dolce, salvia e burro: ecco cosa serve per fare i saltimbocca alla romana, un piatto tipico della cucina regionale del Lazio diffuso largamente in tutta la Penisola. Scegliete un prosciutto dolce, non eccessivamente saporito, oppure provate la variante con lo speck, il lardo, o capocollo e caciocavallo, per un saltimbocca pugliese

Pellegrino Artusi, nella sua “Scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” (1891), racconta di averli mangiati a Roma, alla trattoria Le Venete, e perciò di poterli “descriverli con esattezza. Sono bracioline di vitella di latte, condite leggermente con sale e pepe, sopra ognuna delle quali si pone mezza foglia di salvia (una intera sarebbe di troppo) e sulla salvia una fettina di prosciutto grasso e magro”

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Preparazione dei saltimbocca di vitello con prosciutto crudo e salvia (photo Š genny – stock.adobe.com).

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NUTRIZIONE

Scopriamo i benefici delle carni avicole sulla nostra salute

Approvate dai nutrizionisti: tutti possono mangiare le carni avicole

P

erché le carni avicole costituiscono una grande risorsa per il nostro organismo? Lo abbiamo chiesto a tre esponenti del mondo della nutrizione, che ci spiegano perché il consumo di carni bianche è determinante per il nostro benessere.

«le proteine vegetali sono meno complete e non contengono tutti gli amminoacidi essenziali, quelli che il nostro organismo non è in grado di produrre». Per far “rifornimento” di questi importanti elementi, il prof.

Proteine animali e vegetali Per il PROF. ANDREA POLI, presidente dell’associazione Nutrition Foundation of Italy, «le proteine di origine animale sono in genere molto più complete dal punto di vista del profilo amminoacidico» mentre

Secondo dati Ipsos 2018, pollo e tacchino sono le carni preferite dal 54% degli Italiani, che le scelgono come principale fonte di proteine nella propria dieta. Le carni bianche vantano pochi grassi, un ragionevole apporto calorico ed elevata digeribilità e biodisponibilità proteica

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Poli consiglia di consumare carni avicole, le cui proteine «vengono smontate più facilmente dai nostri enzimi digestivi, rendendo più utilizzabili gli amminoacidi che li contengono».

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Esiste un quantitativo consigliato? Possiamo consumare le carni avicole fino a quattro volte a settimana, in quanto apportano pochissime calorie e, come conferma NICOLA SORRENTINO, nutrizionista specialista in Scienza dell’Alimentazione e Dietetica, «sono molto digeribili e adatte a tutti: bambini e adulti, anziani, donne incinte, sportivi e per chi è a dieta». Prima pappa col pollo... La carne bianca fornisce alcuni nutrienti e micronutrienti di solito presenti in minime quantità nei prodotti di origine vegetale come vitamina B12, ferro, zinco, selenio e niacina. Inoltre, colma il deficit di ferro e proteine del latte materno, dopo il sesto mese di vita, favorendo lo sviluppo delle capacità neurologiche e psicologiche. Il dott. GIUSEPPE MORINO, responsabile UO Educazione alimentare dell’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, conferma che «tra le carni è corretto prediligere quelle bianche, ottima fonte di proteine, con pochi grassi e di buona qualità, una elevata digeribilità e un ragionevole apporto calorico, da poter consumare fin dalle prime pappe». ...e dieta over 65 L’alimentazione per i soggetti di età superiore ai 65 anni ha delle caratteristiche particolari perché non riguarda solo la percentuale delle proteine presenti nella dieta ma anche la loro digeribilità e biodisponibilità. Proprio per questo il rapporto tra pollo e salute è ancora più stretto: tra i vari tipi di carne, quella bianca corrisponde a questi requisiti perché permette facilità di masticazione e ottimo assorbimento delle sue proteine. Fonte: UNAItalia Unione Nazionale Filiere Agroalimentari delle Carni e delle Uova www.unaitalia.com Nota A pagina 92, photo © Farknot Architect – stock.adobe.com

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STAMPI ALLUMINIO

STAMPI INOX

ATTREZZATURE INOX

PIANTANE INOX

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CONSERVAZIONE

L’antica arte di salmistrare e non soltanto la lingua Si usano sale e salnitro. In origine nacque per il pesce, poi fu riservata alle carni. Oggi caratterizza soprattutto la preparazione della lingua di bovino, un “pezzo di scarto” diventato prelibatezza sempre presente nel classico bollito misto nonché Prodotto Agroalimentare Tradizionale. Tipico del Veneto (e anche di Lombardia, Emilia, Friuli e Trentino) di Nunzia Manicardi

L

a salmistratura è un metodo antichissimo di conservazione delle carni che oggi si lega nella memoria collettiva soprattutto alla ricetta della “lingua salmistrata” (lingua di bovino). In origine,

però, la salmistratura nacque per permettere la conservazione del pesce. Sarebbe infatti stato il pescatore fiammingo WILHELM BRÖKEL ad averla inventata nel XIV secolo e questo non deve destare meraviglia,

essendo sempre stati gli uomini del Nord Europa i maestri nell’arte della conservazione dei prodotti ittici. Dal pesce, gradualmente, si è estesa poi alla carne, fino ad essere il termine “salmistrato” una definizione

Lingua salmistrata (photo © spinetta – stock.adobe.com).

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applicata soltanto a quest’ultima e in particolare, soprattutto in Italia, alla lingua. Per il pesce conservato in questo modo si parla adesso, invece, semplicemente di “pesce sotto sale”. La definizione ricorda infatti chiaramente che per salmistrare occorre innanzitutto il sale, che sottrae umidità al prodotto prolungandone la conservazione. Un tempo si usava soltanto sale marino e poi anche sale da cucina. La differenza è la seguente: il sale marino viene prodotto attraverso l’evaporazione di acque salate (di mari o laghi salati) e richiede di solito poca lavorazione, mentre il sale da cucina richiede una lavorazione più complessa poiché bisogna eliminare i minerali ed eventualmente aggiungere un additivo per prevenire l’aggregazione. Per salmistrare la carne occorre un tipo particolare di sale, composto solitamente da sale da cucina e nitrito (usato anch’esso per aumentare la conservabilità), a cui a volte si aggiunge il salnitro. Il nome “salmistrare” deriva infatti dal veneto salmistro, “salnitro”, forse incrocio di salnitro con salmastro (Dizionario Treccani). Il salnitro è il nitrato di potassio, ovvero il sale di potassio dell’acido nitrico. È un additivo alimentare, usato principalmente nella conservazione di salumi e carni salate, identificato dalla sigla E 252. Durante la salmistratura, l’emoglobina si combina col nitrito diventando resistente all’azione del calore e dell’ossigeno. Poiché l’emoglobina è resistente, la carne riesce a conservare il proprio colore rosso vivo, come se fosse fresca, e di conseguenza la propria conservabilità. Si impoverisce però il contenuto nutritivo di proteine e sali minerali. La salmistratura può essere a secco o in salamoia. A secco consiste nello sfregare la carne con la miscela di sale e nitrito. È un procedimento semplicissimo, che dopo circa un mese o due fornisce una carne abbastanza secca e che può essere conservata a lungo. In salamoia la carne viene invece bagnata con una

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Il teteun è un salume valdostano riconosciuto come Prodotto Agroalimentare Tradizionale (PAT) italiano prodotto con mammelle bovine adulte salmistrate. Il nome riprende la voce del “patois” valdostano per mammella (fonte: www.regione.vda.it; photo © SteVephoto di Venturini Stefano). soluzione di acqua e miscela di sale per salmistrare. Dopo un mese, e anche meno, la carne è già pronta per il consumo ma dura meno a lungo rispetto a quella trattata a secco. I tempi moderni, con la velocità richiesta dal mercato, hanno fatto sì che si sia arrivati anche alla salmistratura rapida, in cui la soluzione della salamoia viene iniettata direttamente nei muscoli e nelle vene della carne accelerando notevolmente i tempi che si riducono a sole due o tre settimane. La preparazione di carne salmistrata probabilmente più famosa in Italia è, come detto, la lingua salmistrata. Di bovino (manzo, vitello, bue) o di maiale, fa parte di quel “quinto quarto” che comprende i tagli di scarto coi quali tuttavia la creatività culinaria del nostro Paese ha saputo dar vita a piatti gustosissimi e oggi perfino ricercati. La lingua salmistrata, non a caso, fa parte di un complesso gastronomico estremamente importate: il Bollito Misto, grande classico della nostra cucina, tipico soprattutto di

Piemonte ed Emilia (Modena, in particolare). La lingua viene servita con la tipica salsa verde a base di olio e prezzemolo. La preparazione è molto lunga, almeno 15-18 ore in salamoia, ma per fortuna oggi la lingua è venduta anche confezionata sottovuoto. Va sempre cotta, ma i tempi si accorciano moltissimo. Dopo aver aperto la busta, la lingua deve essere lavata con cura e messa a bollire senza sale e a fuoco moderato. Dopo circa 2 ore dovrebbe essere pronta. Si verifica la cottura con l’aiuto di uno stecchino. Una volta cotta, va spellata ancora bollente, facendo attenzione a non scottarsi. Non si può fare diversamente, perché una volta diventata fredda diventa estremamente difficile riuscire in quest’operazione. La si taglia poi a fettine sottili e la si serve con la salsa verde, col purè di patate o con la pearà veronese, altra salsa tradizionale con brodo di carne, pane raffermo, midollo di bue e tanto pepe (pearà significa infatti “pepata”). Nunzia Manicardi

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FIERE

Doppio appuntamento, digitale e in presenza

MARCA by BolognaFiere 2021

L’

edizione 2020 di MarcabyBolognaFiere aveva segnato un importante punto di svolta grazie ai risultati raggiunti in termini di partecipazione degli operatori, frutto anche del lavoro di promozione svolto in collaborazione con ICE – Agenzia, che ogni anno contribuisce ad invitare category manager e buyer delle principali catene internazionali. Per l’edizione 2021, che si è trovata a fronteggiare una situazione radicalmente diversa con numerose restrizioni imposte agli spostamenti, BolognaFiere ha riposizionato l’evento fieristico in presenza dal tradizionale mese di gennaio alle giornate del 24 e 25 marzo. Ma non solo! È infatti stata ideata anche una Digital Session di MarcabyBolognaFiere, un evento on-line che si svolgerà nei giorni immediatamente precedenti ovvero dal 15 al 25 marzo. L’obiet-

tivo? Rispondere alla necessità di mantenere i rapporti tra buyer ed espositori ed accrescere le opportunità di stabilire nuovi contatti; nei giorni precedenti sarà infatti possibile incontrare i buyer sulla piattaforma video e stabilire dei rapporti che potranno essere successivamente consolidati nel corso della fiera con una visita allo stand. L’agenda digitale degli incontri b2b tra espositori e buyer è ospitata dalla piattaforma B2Match, la stessa utilizzata con successo negli ultimi anni per gli incontri dell’International Buyer Programme. Come funzionerà la Digital Session? I partecipanti (espositori e buyer) potranno richiedere appuntamenti 1:1 a seconda dei loro interessi specifici (tipo di collaborazione, Paese, prodotto) utilizzando un

L’edizione di MarcabyBolognaFiere 2020 (photo © Pasquale Minopoli, fotominopoli@gmail.com).

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sistema di matchmaking con filtri avanzati. Una volta concordati, gli incontri si svolgeranno on-line attraverso la piattaforma video integrata al sistema (per informazioni e iscrizione: marca@bolognafiere.it). I prodotti MDD al centro della fiera MarcabyBolognaFiere è l’evento leader per il settore della MDD in cui la GDO è protagonista e rappresenta, da oltre 17 anni, il momento di confronto per l’analisi dei trend di mercato e la pianificazione delle strategie business. A poche settimane dalla data di svolgimento della manifestazione — organizzata da BolognaFiere in collaborazione con ADM, Associazione Distribuzione Moderna — c’è fiducia da parte delle imprese nella manifestazione e nella la volontà di rilancio dell’economia nel post pandemia. «Rilevare un’adesione così significativa da parte delle imprese — ha dichiarato ANTONIO BRUZZONE, direttore generale di BolognaFiere — dopo un anno che ci ha costretti al confronto con l’emergenza causata dalla pandemia è, per la nostra società, motivo di orgoglio. In questi mesi la struttura, in stretta collaborazione con il partner ADM e il comitato tecnico scientifico, ha lavorato per arricchire ulteriormente la fiera con nuove iniziative che renderanno la partecipazione a MarcabyBolognaFiere ancora più strategica e performante». Il positivo trend nelle adesioni a MarcabyBolognaFiere 2021 è anche lo specchio del dinamismo dei prodotti MDD che, nel nostro Paese, hanno ancora ampie opportunità di incrementare le rispettive quote di mercato: in Francia questa categoria di prodotti vale il 33,9% del food, nei Paesi Bassi il 30% (con andamento costante), in Italia il 22,3%

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(+2%); l’unico Paese in Europa in controtendenza è il Regno Unito che registra un –2.8% ma a fronte di una quota di penetrazione del mercato del 53%. Negli USA, infine, i prodotti MDD rappresentano il 18,7% (+0,5%) (fonte: IRI-Consumer Spending Tracking, maggio 2020). Lay-out rinnovato e obiettivo sicurezza Gli operatori professionali in visita all’evento potranno muoversi all’interno di un lay-out ulteriormente finalizzato rispetto alle precedenti edizioni che si svilupperà in sette grandi padiglioni espositivi. Infatti, in aggiunta ai tradizionali 25, 26, 28 e 29, MarcabyBolognaFiere 2021 occuperà anche i padiglioni 31, 32 e il nuovissimo 37 del quartiere fieristico di Bologna, assicurando le migliori condizioni per uno svolgimento dell’evento in piena sicurezza, grazie anche a percorsi finalizzati alla razionalizzazione dei flussi di visita e ai protocolli per la sicurezza che saranno applicati. MarcabyBolognaFiere 2021 dedicherà al settore food i padiglioni 25, 26, 28, 29 e 37 e al settore Non food i padiglioni 31 e 32. Due gli ingressi a disposizione di espositori e operatori: l’ingresso Nord e l’ingresso Ovest Costituzione; il primo collegato direttamente alla rete autostradale e al sistema di parcheggi (più funzionale per quanti utilizzeranno l’auto), il secondo collegato alla stazione ferroviaria, al centro cittadino e all’aeroporto internazionale G. Marconi con mezzi pubblici (funzionale a quanti privilegeranno la rete ferroviaria o il trasferimento in aereo). Focus dedicati ai trend emergenti: Fresco, Wine e Free From in primo piano Da sempre MarcabyBolognaFiere si caratterizza per mettere in evidenza i trend emergenti, dedicandogli spazi e occasioni specifiche di approfondimento. Nel 2021 la manifestazione proporrà, accanto alla seconda edizione di Marca Fresh — lo spazio riservato al settore del fresco, ortofrutta in primis (ma

destinato a coinvolgere tutti i settori del fresco), che promuove le relazioni tra produzione e distribuzione mettendo in evidenza tre obiettivi primari in termini di strategie per il business: Innovation, Experience, Networking — la nuova Marca Wine Area e l’iniziativa Free From Hub. Sviluppata dal know-how di BolognaFiere e BOS, Free From Hub si ripropone nell’edizione 2021 con l’obiettivo di rappresentare il mercato free from italiano e internazionale. Il mercato evidenzia che viene posta sempre più attenzione agli healthy food nella loro accezione più ampia: cibi sani, che fanno bene all’organismo sia per le proprietà benefiche che sono state aggiunte, nel caso dei cibi rich-in, o tolte nel caso dei prodotti free from. I consumatori sono sempre più attenti al binomio cibo-salute, prediligendo, con sempre maggiore incidenza, prodotti funzionali, alimenti biologici e free from. Queste tendenze saranno in primo piano a MarcabyBolognaFiere 2021 nell’ambito di Free From Hub, che comprenderà anche un nuovo spazio Functional Food Hub per dare risposte esaustive e promuovere nuove opportunità di business.

Marca Digital Session 15-25 marzo 2021 Piattaforma on-line www.marca.bolognafiere.it

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MEAT-TECH: fiera in presenza e attenzione ai nuovi trend Grande ritorno della manifestazione dedicata alle soluzioni di processing & packaging per l’industria delle carni, dei derivati e dei piatti pronti dal 17 al 20 maggio

Sostenibilità, tracciabilità, food safety e ingredienti innovativi sono alcuni dei trend topic guida di MEAT-TECH, in calendario a Milano dal 17 al 20 maggio. Grande attenzione anche alle nuove abitudini di consumo, con le tematiche di sostenibilità ambientale e del biologico in netta crescita, soprattutto nei segmenti Meat e Dairy.

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EAT-TECH 2021, terza edizione della fiera specializzata in tecnologie e soluzioni innovative per la filiera dei salumi, delle carni e dei piatti pronti, si svolgerà dal 17 al 20 maggio in accordo coi più rigidi protocolli di sicurezza anti-Covid previsti da Fiera Milano a garanzia di espositori e visitatori. Sostenibilità, tracciabilità, food safety, ingredienti innovativi sono solo alcuni dei trend topic guida di MEAT-TECH, scelti per fornire alle filiere produttive presenti in fiera, elementi e applicazioni capaci di coniugare innovazione, efficienza produttiva e logiche di trasferimento tecnologico per i prodotti dell’oggi e del domani. Dopo un anno complesso come il 2020, sono molti gli elementi di cambiamento che il mercato dovrà affrontare, a cominciare dalle mutate abitudini di consumo che vedono in crescita la sensibilità verso i temi ambientali e il bio, scelto dal 20% in più di consumatori, in un percorso coerente che alla qualità delle materie prime, associa scelte più sostenibili anche sul fronte del packaging. La sensibilità ambientale accresciuta dall’emergenza parte dalla scelta del prodotto per trasferirsi alla confezione, tanto che 9 consumatori su 10 ritengono che il packaging green sia un complemento indispensabile per il prodotto bio (fonte: NOMISMA). Ma il bio non è il solo segmento a crescere in un 2020 che, nelle sue battute finali, vede il consumo del settore insaccati pari a 130.000 tonnellate vendute per un valore di oltre 1.030 milioni di euro, che segue le 413.000 tonnellate del segmento processed meat, per un volume d’affari di 2.978 milioni di euro (fonte: ASS.I.CA.). A livello mondiale, buona performance anche per il settore Fish & Seafood che, con oltre 126.400 milioni di euro di valore delle vendite, vede dati in crescita del +4,7% stimato nel periodo 2021-2024 (fonti: Ipack Ima Business Monitor in collaborazione con MECS).

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Tra i focus della fiera c’è anche il Dairy, in particolare i formaggi, che vedono 886 milioni di chilogrammi previsti in vendita entro la fine dell’anno, per un valore di oltre 9.000 milioni di euro, con prospettive di crescita del mercato mondiale nel periodo 2021-2024 di un +0,9%, pari a 21.682 milioni di chilogrammi per 178.795 milioni di euro di vendite. Alla trasversalità dei temi presenti in fiera si aggiunge, infine, la proposta di ingredienti innovativi per ricette complesse che guardano con crescente interesse al mercato dei prodotti free from o a base vegetale. I partner che sostengono MEATTECH, portando con sé competenze, saperi e opportunità di networking rappresentano l’eccellenza produttiva italiana: • UCIMA (Unione Costruttori Italiani Macchine Automatiche per il Confezionamento e l’Imballaggio); • ASS.I.CA. (Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi) in rappresentanza delle imprese di produzione dei salumi, dai prodotti trasformati di carne suina e bovina alla macellazione suina; • ANIMA ASSOFOODTEC (Associazione Italiana Costruttori Macchine, Impianti, Attrezzature per la Produzione, la Lavorazione e la Conservazione Alimentare). Bio e Green spingono le nuove abitudini di consumo nelle carni Dai dati dell’osservatorio “The World after lockdown” di NOMISMA, tra marzo e maggio 2020 il 30% degli Italiani ha acquistato con maggiore continuità prodotti bio. Più attenzione, nel 20% dei consumatori

anche ai metodi di produzione attenti all’ambiente e al packaging sostenibile. Una sensibilità ambientale e una maggiore attenzione alla sicurezza alimentare figlie dell’emergenza, che dal prodotto si trasferiscono quindi alla confezione. 9 consumatori su 10 ritengono infatti che un prodotto bio debba, per coerenza, essere confezionato con metodi green; il 36% si aspetta una confezione 100% riciclabile e il 17% compostabile, mentre l’11% vorrebbe informazioni sull’impatto ambientale del packaging anche in etichetta. Si tratta di un trend di crescita non solo in Italia, ma che investe anche il prodotto bio made in Italy. Il segmento ha vissuto una crescita particolarmente significativa negli ultimi 10 anni (+597%), con un posizionamento al quinto posto a livello mondiale dietro a USA, Germania, Francia e Cina nel biennio 2018-2020 (fonte: NOMISMA). In particolare, hanno espresso grande dinamismo i settori Meat e Dairy, comparti in cui l’innovazione di processo e di prodotto diventano strumento fondamentale per anticipare i nuovi trend di consumo. La presenza di espositori specializzati nel settore della carne, salumi e derivati, ma anche nei nuovi trend di consumo e negli ingredienti innovativi, affiancati ad aziende “multiprodotto”, rende l’offerta espositiva di MEAT-TECH 2021 unica nel suo genere, per visitatori e buyer alla ricerca di soluzioni innovative e di un attento monitoraggio del mercato.

MEAT-TECH è la fiera delle tecnologie e dei materiali innovativi per lavorazione, trasformazione e confezionamento di carne, derivati e piatti pronti. Un’offerta espositiva che si completa con spezie, aromi e ingredienti per l’industria alimentare. I numeri dell’edizione 2018: 180+ espositori, 14.363 visitatori e un gradimento dei visitatori pari a 7,3 punti su un massimo di 9. >> Link: www.meat-tech.it

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IFFA 2022, non solo proteine animali Oltre al tradizionale focus sulle carni, dalla prossima edizione IFFA si aprirà anche alle proteine alternative e ai loro processi di produzione. All’insegna di una piattaforma fieristica incentrata sull’innovazione e sul networking dell’industria alimentare

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a prossima edizione di IFFA, la manifestazione fieristica più importante nel mondo per gli operatori dell’industria delle carni, amplierà la sua gamma prodotti includendo tecnologie e soluzioni per prodotti vegetali e proteine alternative. IFFA – Technology for Meat and Alternative Proteins: questa è la nuova definizione della fiera che si svolgerà a Francoforte dal 14 al 19 maggio 2022. «Il merca-

to delle carni alternative è uno tra i settori in maggiore espansione a livello mondiale in questo momento e il nostro obiettivo è sviluppare le sue componenti tecnologiche in occasione della prossima IFFA» ha dichiarato WOLFGANG MARZIN, presidente e amministratore delegato di Messe Frankfurt. «La principale area di competenza dei nostri espositori e visitatori da sempre ruota intorno alla lavorazione, al confezionamen-

Il nuovo key visual di IFFA 2022 con un burger di proteine animali e uno di carni vegetali. Due visioni produttive e culturali lontanissime tra loro che però dovranno sempre più contendersi l’attenzione del consumatore (photo © Messe Frankfurt Exhibition GmbH).

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to e alla vendita di carne e prodotti a base di carne. Anche per questo siamo ben felici di presentare nuovi prodotti e tendenze favorendo una vera spinta all’innovazione». Nonostante i prodotti a base vegetale rappresentino ancora un mercato di nicchia, le previsioni di sviluppo a livello di mercato globale sono caratterizzate da un trend in forte crescita. Le vendite annuali di prodotti a base di proteine vegetali sono stimate a 12 miliardi di dollari entro il 2025, con un tasso di crescita annua di oltre il 18% (fonti: Arizton Plant-based Meat Market – Global Outlook and Forecast 2020-2025, 09/2020). Parallelamente, riporta Messe Frankfurt, le vendite annuali di carne lavorata dovrebbero raggiungere circa 319 miliardi di dollari con un tasso di crescita annuale di appena +0,2% (fonti: Statista – Consumer Market Outlook, 2020). Va da sé che per i produttori di macchinari e attrezzature per l’industria alimentare e per il confezionamento, spezie e additivi, questo sviluppo rappresenti un enorme potenziale di business. I visitatori di IFFA 2022 avranno quindi accesso alle tecnologie nei settori della lavorazione delle carni e delle proteine alternative, così come nel campo dell’ingredientistica e dei prodotti a base di carne prodotta in laboratorio. Il tutto in un contesto che darà spazio non solo ai grandi player tecnologici ma anche a start-up innovative. >> Link: www.iffa.com

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Haripro, leader in Italia nella produzione di proteine e aromi naturali, fornisce le piĂš importanti aziende produttrici di ingredienti per la salumeria. Haripro grazie ad una continua ricerca, ha sviluppato negl'anni prodotti sempre piĂš all'avanguardia, come proteine funzionali ed aromi naturali anallergici ad alto valore nutrizionale. Haripro is a leading producer of proteins and natural flavours in Italy. It supplies the most important Companies which blend ingredients for the meat industry. Haripro, thanks to a continuous research, had developed through years more advanced products like functional proteins and hypoallergenic natural flavours with high nutritional value.

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Confermato Cibus 2021. Si terrà a metà giugno o all’inizio di settembre: sondaggi In corso tra aziende espositrici e buyer nazionali ed esteri. Pronto un budget record per l’incoming dei top buyer Confermata la XX edizione di Cibus 2021, Salone Internazionale dell’Alimentazione esclusivamente dedicato ai prodotti agroalimentari italiani. L’imprevedibilità della pandemia ha suggerito a FIERE DI PARMA e a FEDERALIMENTARE di valutare lo spostamento in avanti della data di apertura, inizialmente prevista per il 4 maggio. Per fissare la nuova data sono stati avviati, alla fine del 2020, due sondaggi: uno su un campione rappresentativo degli espositori di tutti i settori alimentari, l’altro su un panel di 1.500 buyer nazionali ed esteri provenienti da tutte le geografie di riferimento. Due le possibilità che stanno emergendo: aprire Cibus nella terza settimana di giugno, prima di Vinitaly, oppure agli inizi di settembre, prima del Salone del Mobile. La scelta finale terrà conto naturalmente dell’andamento della pandemia e della campagna di vaccinazione. Fiere di Parma e Federalimentare, in accordo con ICE-AGENZIA e i principali attori della filiera agroalimentare, contano di poter fissare a breve la data definitiva. Il 95% delle tremila aziende che avevano prenotato il proprio stand per Cibus 2020, poi cancellata, ha già confermato la propria presenza. Una risposta positiva sta arrivando anche dai buyer esteri, tanto che è previsto un budget senza precedenti di oltre 3 milioni di euro per favorire l’incoming. La scommessa è quella di incrociare la progressiva ripresa produttiva e commerciale in Italia e nel mondo. Cibus 2021 sarà una fiera in presenza, per presentare i nuovi prodotti e per consentire alla community internazionale di tornare sul territorio, a visitare le aziende fiore all’occhiello del Food & Beverage italiano. Ma l’evento capitalizzerà anche il matching generato dalla piattaforma on-line MyBusinessCibus e dai contenuti sviluppati in ambiente phigital e digital da Cibus Forum e Cibus Lab, portale sul quale saranno organizzati per tutto il 2021 nuovi workshop con la partecipazione di aziende e buyer nazionali ed esteri. >> Link: www.cibus.it

Tuttofood si riprogramma in autunno insieme a HostMilano: appuntamento a Fiera Milano dal 22 al 26 ottobre 2021 Tuttofood Milano, la manifestazione B2B globale e innovativa dell’ecosistema agroalimentare, punto di riferimento nazionale ed internazionale, ha deciso di spostarsi dal tradizionale appuntamento di maggio ad ottobre 2021, nei giorni dal 22 al 26, per cogliere l’opportunità di sfruttare tutte le sinergie strategiche e di sistema con HostMilano, la manifestazione leader mondiale delle tecnologie e delle soluzioni per l’ospitalità ed il fuori casa. «In questo momento è necessario agire in modo sinergico e trasversale anche nel settore fieristico — ha detto CARLO BONOMI, presidente di Fiera Milano — le manifestazioni professionali devono rimanere al fianco delle imprese, aiutandole ad essere sempre più competitive in un mercato dove l’innovazione e l’internazionalizzazione oggi, più che mai, rappresentano elementi fondamentali per la ripresa dei settori economici oltre che per l’intero sistema-Paese». «Consapevoli della centralità delle nostre manifestazioni vogliamo trasformare le incertezze di questo momento in opportunità — ha sottolineato Luca Palermo, AD di Fiera Milano — la contemporaneità delle due manifestazioni, fortemente connesse, consentirà l’arricchimento dell’intero sistema del Food e dell’Hospitality e Milano si confermerà, ancora una volta, hub internazionale di interscambio e facilitatore di occasioni di incontro e di opportunità di business tra le filiere». >> Link: www.tuttofood.it

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LA PAGINA SCIENTIFICA

Peste Suina Africana, allerta massima anche in Europa di Dario Dongo, Carmela Mele e Alfonso Piscopo

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a Peste Suina Africana (PSA o ASF, African Swine Fever) ha ripreso a dilagare anche in Europa continentale. Si tratta di una malattia innocua per l’uomo ma altamente contagiosa nei suini, ove è causa di elevata mortalità. Il continente asiatico ha subito enormi perdite, con un impatto terribile sul mercato globale. Le carni suine rappresentano infatti la seconda fonte di proteine animali a livello globale, dopo il pollame e le uova. I recenti focolai in Germania, primo produttore di carni suine nel vecchio continente, hanno fatto scattare l’allerta massima anche in Europa. A fronte del rischio di crisi dell’intera filiera zootecnica suina, con danni irreparabili anche per

l’industria dei salumi, è utile un approfondimento. Corsi e ricorsi storici La PSA, originaria dell’Africa subequatoriale, venne segnalata per la prima volta in Europa a metà del secolo scorso. Di seguito una breve cronistoria: • 1957 – ASF registrata a Lisbona. Di lì a breve si diffonde nella penisola iberica, ove in 5 anni viene eradicata; • 1978 – Sardegna. La peste suina è dichiarata endemica, ancora in attesa di eradicazione (si veda, paragrafo specifico); • 2007 – Un focolaio in Georgia dilaga in Armenia, Azerbaigian, Iran, Russia e Bielorussia;

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2012 – Un nuovo contagio, dall’Ucraina alle repubbliche baltiche, Romania, Repubblica Ceca e dintorni; 2014 – La peste suina compare in Polonia, ove riappare nel 2019 e tuttora persiste; 2016 – Moldavia. 2017 – Repubblica Ceca e Romania. 2018 – Ungheria, Bulgaria, Belgio. 2019 – Slovacchia. 2020 – Serbia, Grecia e Germania. Dopo il primo caso tra i cinghiali nello stato di Brandeburgo, confermato l’11/09/2020, altri 13 suidi selvatici infetti sono identificati a Neuzelle, vicino al confine con la Polonia.

Mappa degli attuali focolai di Peste Suina Africana in Europa.

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Il disastro asiatico La PSA è endemica nell’Africa sub-sahariana e si è diffusa negli ultimi decenni in Europa, America Latina e Caraibi. Ma è l’Asia il continente ove essa ha registrato una vera ecatombe di suini, stimata dall’Organizzazione mondiale per la salute animale (OIE) dell’82% delle perdite totali tra il 2016 e il 2020. Il 2018 ha segnato il principio del disastro in Cina, ove la malattia è dilagata in tutte le 31 province. A seguire Mongolia, Vietnam, Cambogia, Hong Kong, Repubblica Democratica Popolare di Corea, Laos, Birmania, Filippine, Corea del Sud, Timor-Est e Indonesia, nel 2019. Papua Nuova Guinea e India, nel 2020. Il contagio L’infezione da PSA si trasmette per contatto diretto (per via delle feci) e indiretto, attraverso rifiuti di cucina contaminati ovvero per ingestione di carni di animali infetti (più raramente tramite materiali e attrezzature contaminati). La malattia può anche venire trasmessa dalle zecche molli del genere Ornithodoros. Alcuni autori ipotizzano un ruolo secondario nella trasmissione della malattia da parte di vettori meccanici quali le mosche volatrici. Maiali bradi e cinghiali hanno avuto e tuttora hanno un ruolo importante nel contagio, in vari territori, quali serbatoi e fonti della peste suina. Il virus dalla popolazione brada si diffonde infatti agli ungulati domestici e ai cinghiali, i quali a loro volta possono reinfettare i bradi, determinando così l’endemicità della malattia. La principale modalità di contagio è orofecale, sebbene il virus possa diffondersi anche per altre vie (respiratorie e cutanee, più raramente genitali). La malattia La malattia si può manifestare con quadri clinici iperacuti, acuti, subacuti, cronici e inapparenti. Le forme più tipiche sono quelle iperacute o acute, che provocano la morte degli animali malati entro 3-10 giorni, a volte prima ancora dell’appalesarsi di sintomi clinici evidenti. Nella forma acuta e subacuta si ammala-

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no inizialmente solo pochi animali dell’allevamento, presentando febbre come sintomo principale. L’infezione poi si estende a tutti i capi, con perdita dell’appetito e difficoltà deambulatorie (sintomi aspecifici)1. Nell’ultima fase della malattia l’animale può manifestare sintomi neurologici (atassia e paraparesi), con paralisi degli arti posteriori e crisi convulsive, oltre a emorragie cutanee, in genere sotto forma di petecchie ovvero di chiazze e soffusioni su orecchie, faccia interna ed estremità degli arti, ventre e coda (sintomi specifici). Nelle scrofe gravide si ha la sindrome SMEDIA. Possono inoltre comparire sintomi di natura digestiva (vomito e diarrea), congiuntiviti e sintomi respiratori. Forme croniche e inapparenti Nella forma cronica di malattia i sintomi sono estremamente variabili: gli animali colpiti possono dimagrire senza una causa apparente

o avere febbre che può oscillare su valori di 39-40 °C. I capi colpiti possono venire a morte dopo molte settimane di malattia. Tra le forme cliniche di peste suina africana si segnala anche la forma inapparente, in cui gli animali possono infettarsi e non manifestare nessun sintomo. Tuttavia, possono rimanere infetti, asintomatici e portatori sani, costituendo un pericolo di diffusione del virus nell’ambiente. Lesioni Le lesioni anatomopatologiche in seguito a forme acute e subacute di peste suina africana sono emorragie diffuse a vari organi quali milza, reni, cuore e gangli linfatici. All’apertura della carcassa si possono evidenziare spandimenti emorragici soprattutto nella cavità toracica e addominale. La milza si presenta aumentata di volume ed emorragica con cambiamenti di colore e di consistenza. I reni presentano un aspetto caratteristico

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formarsi sull’esistenza di zone a rischio e soprattutto adottare le misure igienico-sanitarie per scarpe, vestiti, attrezzature e mezzi di trasporto; 4) Cittadini – In caso di avvistamento di carcasse di suidi, avvisare immediatamente i Servizi Veterinari dell’Azienda Sanitaria Locale o quantomeno le forze dell’ordine, i carabinieri forestali, i vigili urbani, ecc…; 5) Turisti e viaggiatori – Evitare sempre di mangiare carni e salumi di ignota provenienza ovvero comunque non certificati2 e, soprattutto, astenersi nel modo più assoluto dal portare con sé souvenir di origine animale.

con emorragie puntiformi diffuse su tutta la superficie e variabili nella forma e nelle dimensioni (a uovo di tacchino). I linfonodi (renali, epigastrici, meseraici e i mediastinici) a loro volta presentano lesioni emorragiche simili a coaguli di sangue. A carico dell’intestino si può riscontrare un’enterite emorragica con petecchie ed emorragie diffuse in tutta la superficie. Diagnosi ardua, cure e vaccini assenti La diagnosi di peste suina africana può presentare notevoli difficoltà in quanto gli stessi sintomi si possono riscontrare in altre malattie del suino quali PSC (peste suina classica), intossicazioni alimentari, avvelenamenti da anticoagulanti, sindromi respiratorie, malattia di Aujeszky, mal Rosso, salmonellosi. Le peculiarità immunologiche del virus PSA/ASF sono molto importanti al fine di determinarne il controllo, poiché esso non induce nell’organismo la produzione di

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anticorpi neutralizzanti. Non è stato di conseguenza finora possibile realizzare un vaccino (come invece per la peste suina classica, c.d. hog cholera, e altre virosi), né altri strumenti di cura. La prevenzione rimane perciò a tutt’oggi l’unico strumento disponibile. Prevenzione In assenza di vaccini e/o farmaci veterinari in grado di arrestare la moria epidemica dei suidi, l’attenzione si focalizza sulla prevenzione: 1) Veterinari – Massima allerta e attenzione a segnalazioni di allevamenti sospetti o di ingressi al macello di animali anche solo minimamente sospetti; 2) Trasportatori – Disinfettare i mezzi di trasporto prima e dopo il carico. Non foraggiare gli animali durante gli spostamenti con avanzi di cibo; 3) Cacciatori – A esito delle battute di caccia le la carcasse catturate devono venire doverosamente sottoposte a visita sanitaria. In-

EFSA, campagna di informazione nei Balcani L’EFSA (European Food Safety Authority) ha avviato ad agosto 2020 una campagna d’informazione sulla peste suina africana, nei Balcani, col supporto di CLITRAVI (The Liaison Centre for the Meat Processing Industry in the European Union). La campagna d’informazione è rivolta ai Paesi della penisola balcanica. Albania, Bosnia ed Erzegovina, Croazia, Grecia, Kosovo, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Slovenia. I suoi destinatari sono anzitutto allevatori, cacciatori e persone che entrino in contatto con gli ungulati, domestici e non (cinghiali, maiali bradi), nonché organizzazioni veterinarie, autorità di controllo e polizia di frontiera, governi locali, operatori turistici e viaggiatori. Le parole-chiave della campagna di EFSA sono Detect, Prevent, Report, ovvero Rilevare, Prevenire e Segnalare possibili focolai sono attività essenziali a mitigare l’espansione di questa malattia. Schede informative, infografiche, post sui social network e altri materiali sono disponibili sul sito web dedicato da EFSA alla PSA (www.efsa.europa.eu/StopASF). PSA in Sardegna In Italia la PSA è presente solo nel territorio della regione Sardegna dal 1978. La regionalizzazione e le misure di contenimento a tal uopo stabilite hanno consentito di attuare

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il Piano nazionale di eradicazione della PSA mediante provvedimenti regionali, sotto il controllo del Ministero della Salute, in modo da garantire, nei quattro decenni trascorsi, la libera circolazione di animali e carni provenienti dalle altre regioni e province autonome. Allo stato attuale la Sardegna è a un passo dal risultato storico dell’eradicazione della PSA grazie all’istituzione dell’Unità di progetto regionale (UDP) e all’applicazione dell’apposito programma straordinario3. L’ultimo focolaio tra gli animali domestici, a Mamoiada (NU), si è spento nel settembre 2018, mentre a Baunei (NU), a novembre 2019, si è registrata l’ultimo caso di sieropositività. Tra i cinghiali l’ultimo riscontro di positività al virus risale all’aprile 2019 su due cinghiali trovati morti nel comune di Bultei (SS). Carni suine e insaccati rimangono soggetti a divieto di trasporto e vendita fuori dall’isola. Conclusioni provvisorie L’OIE ha definito apposite precauzioni e standard da seguire per controllare la peste suina africana, a partire da sorveglianza e segnalazione tempestiva dei nuovi focolai. Il rigoroso rispetto degli standard

OIE è cruciale per mitigare gli impatti della ASF sulla sanità animale e le economie dei Paesi coinvolti. E deve perciò venire considerato una priorità fondamentale nella politica commerciale — oltreché nelle politiche sanitarie e della sanità animale — dell’Unione Europea. Dario Dongo Avvocato e giornalista PhD in diritto alimentare internazionale Fondatore di WIISE (FARE-GIFT-Food Times) ed Égalité Carmela Mele Dirigente Veterinario Sanità Animale, ASSL di Cagliari Medico veterinario specializzato nel settore suinicolo Alfonso Piscopo Dirigente veterinario dell’ASP di Agrigento e membro del comitato scientifico della rivista EUROCARNI Autore e coautore di centinaia di articoli scientifici e non su riviste di settore nazionali e internazionali Note 1. Anche se alcuni soggetti possono superare la malattia, essi tuttavia rimangono portatori del virus e contagiare successivamente suini sani. 2. Si vedano le precauzioni generali indicate nell’articolo www.

greatitalianfoodtrade.it/sicurezza/alimenti-crudi-e-freschibuone-prassi-anti-covid 3. L’Unità di progetto regionale (UDP) è stata istituita con delibera della Giunta regionale sarda 25/11/14 n. 47/3. Le sue competenze sono state definite con la Legge regionale 34/2014. * L’articolo originale è stato pubblicato su www.greatitalianfoodtrade.it Bibliografia SÀNCHEZ-CORDÒN P.J., MONTOYA M., REIS A.L., DIXON L.K. (2018), A re-emerging viral disease threatening the global pig industry, THE VETERINARY JOURNAL, doi.org/10.1016/j. tvjl.2017.12.025 DIXON L.K., STAHL K., JORI F., VIAL L., PFEIFFER D.U. (2020), African Swine Fever Epidemiology and Control, ANNUAL REVIEW OF ANIMAL BIOSCIENCES; 8:221-246, doi.org/10.1146/annurev-animal-021419-083741 G ALLARDO C., F ERNÁNDEZ -P INERO J., A RIAS M. (2019), African swine fever (ASF) diagnosis, an essential tool in the epidemiological investigation, Virus Res.; 271:197676, doi.org/10.1016/j. virusres.2019.197676

A Tel Aviv apre il primo ristorante che propone carne coltivata in laboratorio Il primo ristorante al mondo che propone carne coltivata in laboratorio è stato aperto a fine 2020 nel sobborgo Ness Ziona di Tel Aviv. Il ristorante, il cui nome è “The Chicken”, si trova vicino allo stabilimento della sua società madre, la start-up israeliana SuperMeat (supermeat.com). L’agenzia di stampa israeliana Walla riferisce che i tavoli, da prenotare obbligatoriamente con largo anticipo, si affacciano sull’impianto pilota e gli ospiti possono osservare il processo di produzione. I clienti al momento non pagano perché il ristorante è ancora in fase sperimentale. Per contro, devono compilare un questionario di valutazione o fornire feedback per permettere ai ristoratori di raccogliere più pareri possibili al fine di migliorare l’offerta. Il menù attuale comprende due hamburger fatti con un “croccante filetto di pollo coltivato” prodotto da cellule staminali animali, senza la morte dell’animale, nel laboratorio-cucina dislocato nel locale adiacente. «L’hamburger di pollo, croccante all’esterno e tenero all’interno, è davvero succulento», ha dichiarato l’AD della SuperMeat. Secondo i responsabili del ristorante, il gusto dell’hamburger sarebbe indistinguibile da quello di “carne vera”. SuperMeat è stata fondata nel 2015 per offrire un’alternativa alla carne, la cui produzione comporta la sofferenza degli animali: SuperMeat’s mission is to bring the world the highest quality chicken meat, grown directly from cells, in a sustainable and animal-friendly process si legge nel sito della start-up. Alcuni rabbini sostengono che la carne coltivata in laboratorio sarebbe esente dai requisiti della carne kosher, mentre altri affermano che si applicano gli stessi divieti, compresi quelli concernenti la salatura e la separazione dai prodotti lattiero caseari (fonti: Agrapress, Accademia dei Georgofili).

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La qualità della carne confezionata in Atmosfera Protettiva (MAP) o Vacuum Skin Packaging (VSP) ed esposta in punto vendita di Federico Santantoni, Giulia Secci, Lina Fernanda Pulido Rodriguez, Lorenzo Guerrini e Giuliana Parisi

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Introduzione l colore è percepito dai consumatori come l’indicatore più importante di qualità e di freschezza della carne (KENNEDY et al., 2004). Il colore rosso vivace brillante nella carne di bovino e il rosa chiaro nella carne di suino giocano infatti il ruolo più importante nella scelta di acquisto (O’

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SULLIVAN e KERRY, 2009). L’effetto della perdita di colore sulla carne fresca confezionata e il relativo deprezzamento legato alla perdita di accettabilità è stato stimato in più di un miliardo di dollari di perdite all’anno nell’intera industria della carne negli Stati Uniti (SMITH et al., 2000). La molecola principale responsabile del colore rosso e delle

sue sfumature è la mioglobina, composta da un gruppo eme costituito da quattro nuclei pirrolici con al centro un atomo di ferro, legato ad un composto globulinico. In ambiente riducente e in presenza di ossigeno, il ferro (Fe2+) trasforma la mioglobina in ossimioglobina, responsabile del colore rosso brillante della carne. La capacità di legarsi

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all’ossigeno viene persa al diminuire della pressione parziale di ossigeno e all’aumentare dell’ossidazione, creando la metamioglobina, con il ferro Fe3+ al centro del nucleo tetrapirrolico responsabile del colore rosso bruno della carne (CORNFORTH e JAYASINGH, 2004). Tale modificazione può comunque essere rallentata sia da un pH finale al di sopra del valore di 5,5 (WATTS, 1954), sia dalla presenza nel muscolo di elevata densità dei mitocondri e da alte concentrazioni di succinato (TANG et al., 2005). Ad oggi, il principale metodo di confezionamento per mantenere la stabilità del colore della carne è quello in atmosfera protettiva (MAP) con alti valori (fino a 80%) di ossigeno (O’ SULLIVAN e KERRY, 2009), che permettono il “blooming”, ovvero la transizione della deossimioglobina in ossimioglobina, con conseguente sviluppo del colore rosso brillante. Lo svantaggio di questa tipologia di atmosfera ad alto contenuto di ossigeno è però il potenziale sviluppo di fenomeni di ossidazione e di irrancidimento mentre il colore è ancora accettabile (MANCINI e HUNT, 2005). Un’altra tipologia di confezionamento utilizzata nell’industria è il confezionamento in sottovuoto e in particolare il confezionamento in Vacuum Skin Packaging (VSP), nel quale è stato visto che i bassi valori di pressione relativa dell’ossigeno nella confezione non permettono però lo sviluppo del colore rosso brillante. A valori di pressione dell’ossigeno tra 1,4 mmHg e 25 mmHg si crea infatti la metamioglobina, responsabile del colore bruno, con un picco che si verifica alla pressione di 4 mmHg (KROPF, 2004). Con valori di pressione dell’ossigeno di 1,4 mmHg la mioglobina rimane nella forma deossigenata e sviluppa nella carne un colore rosso porpora, caratteristica che viene favorita da ambienti riducenti (KROPF, 2004). I materiali di confezionamento utilizzati per il sottovuoto, dovendo mantenere una pressione parziale dell’ossigeno molto bassa, devono

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Figura 1 – Schema concettuale del progetto. avere delle caratteristiche di barriera all’ossigeno <30 mL per 24 h per m2 (KROPF, 2004). Per quanto riguarda la carne di bovino, il confezionamento sottovuoto è sconsigliabile anche se in alcuni mercati come quello americano e inglese sono state poste in vendita confezioni di carne confezionate in skin packaging che hanno dato risposte positive all’acquisto, ma solo dopo un certo tempo di adattamento e familiarità da parte dei consumatori con il pigmento porpora (HERMANSEN, 1983). Tale confezionamento è invece utilizzabile con la carne di suino in quanto ha valori di mioglobina nel muscolo più bassi (2 mg/g) rispetto al bovino (nel vitellone: 8 mg/g), il che rende meno visibile la colorazione anomala della deossimioglobina (KROPF, 2004). Una delle azioni più importanti per il confezionamento della carne in sottovuoto è la riduzione del tempo di esposizione all’ossigeno dopo la porzionatura, in quanto così si evita l’ossidazione e l’eccessivo spostamento del potenziale redox verso valori troppo bassi che causerebbero la perdita della capacità dei pigmenti di ritornare al loro stato deossidato (KROPF, 2004).

L’analisi del colore, centrale in questo studio, è stata definita perché sul piano di marketing è il driver principale di scelta di acquisto da parte dei consumatori, quindi riuscire a mantenere un corretto confezionamento, oltre a garantire la sicurezza alimentare, permette anche di avere un colore della carne accattivante per il consumatore. L’attenzione ad un’alimentazione sana e al consumo consapevole della carne da parte della nostra società ci indica che la carne deve essere di qualità così come il suo confezionamento. Quindi serve un concetto integrato di tutela della qualità del prodotto-confezione che si fonde in un connubio tecnologico atto a preservare le caratteristiche positive quanto più possibile inalterate nel tempo (Figura 1). Obiettivi e metodi Questo studio ha avuto lo scopo di indagare e comparare l’evoluzione di alcune caratteristiche fisiche e chimiche della carne di bovino e suino confezionata in atmosfera protettiva (MAP) e in Vacuum Skin Packaging (VSP), durante la conservazione a basse temperature positive (+4 °C), dallo stabilimento di produzione alla catena di distribuzione. Nello specifico, sono state

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Figura 2 – a) Calo peso (CP, %) dei carpacci di bovino durante la conservazione; b) Umidità (%) dei carpacci di bovino (valori espressi come media ± SEM). *: p<0,05; ns: p>0,05.

Figura 3 – a) Calo peso (CP, %) delle fette sottili di suino durante la conservazione; b) Umidità (%) delle fette sottili di suino (valori espressi come media ± SEM). ***: 0,0001; ns: p>0,05. considerati due prodotti, i carpacci di girello di bovino adulto (muscolo Semitendinosus) e le fette sottili di suino pesante (muscolo Longissimus dorsi), confezionati in MAP e VSP e conservati per sei giorni. Sono stati analizzati 48 campioni di carne suina e 48 campioni di carne bovina, per un totale di 96 campioni, così suddivisi: 9 campioni per categoria confezionati in MAP (bovino: al tempo 0 in media circa 70% O2, 20% CO2, 10% N2; suino: al tempo 0 in media circa 60% O2, 20% CO2, 20% N2) e 7 campioni confezionati VSP. Ogni settimana sono state alternate le specie per tre lotti/repliche per un totale di 6 settimane complessive di analisi. Sono stati fatti campionamenti al giorno 0 (t0), ovvero al momento della produzione, quindi i campioni sono stati inviati al reparto macelleria del supermercato di un’azienda leader del settore della GDO dove sono stati collocati con etichetta riservata sul banco

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frigo espositivo. I campioni sono stati prodotti dal centro lavorazione carne dell’azienda medesima. Le porzioni di carne da tagliare hanno subito un trattamento di crostatura criogenico con CO2 che porta la temperatura della superficie esterna a –2 °C e la temperatura al cuore a 0 °C. Questo processo è servito per poter tagliare con efficienza la carne con l’affettatrice automatica. È stato valutato l’effetto della conservazione al giorno 3 (t3) e al giorno 6 (t6). I campioni sono stati inseriti in una borsa frigo e prelevati dal luogo di produzione e dal punto vendita e analizzati presso i laboratori della Sezione di Scienze Animali del Dipartimento DAGRI dell’Università degli Studi di Firenze. Sui campioni, una volta codificati, sono state fatte le seguenti analisi: misura della percentuale di CO2 e O2 all’interno della confezione con misuratore distruttivo O2/CO2 (Checkpoint Dansensor, Ametek Mocon

Europe, Danimarca), la capacità di ritenzione idrica e il peso del campione di carne al tempo 0, al tempo 3 e al tempo 6. È stata fatta la misura dello stato ossidativo, mediante quantificazione dei TBARS secondo la metodica adattata da VYNCKE (1970), del pH con pH-metro e del colore con colorimetro (Chroma Meter CR-200, Konica Minolta, Giappone), secondo i parametri CIELab (L*: luminosità, a*: indice del rosso, b*: indice del giallo). Sono state infine scattate le foto dei campioni durante la conservazione ed è stata fatta la misura del colore mediante analisi di immagini col software gratuito ImageJ (USDA, USA). L’elemento innovativo di questo studio risiede nel fatto che questi prodotti sono stati esposti nel banco refrigerato del negozio al dettaglio e quindi sottoposti alle condizioni reali di acquisto. È stata data comunicazione di questa sperimentazione per far comprendere ai soci e ai consumatori che l’azienda in questione presta notevole attenzione alla tutela della salute del consumatore, monitorando l’evoluzione della conservazione della carne fresca nelle condizioni reali di vendita. Questa iniziativa è stata accolta con curiosità e notevole interesse dei clienti del punto vendita e con soddisfazione quando apprendevano che l’azienda metteva in atto una strategia di controllo di questo tipo, ad alto valore scientifico. Risultati e discussione Il mantenimento dei corretti livelli di pressione e quantità dei gas dell’atmosfera protettiva è indice di un corretto contenimento delle caratteristiche di sicurezza, genuinità nonché sensoriali della carne fresca (KROPF, 2000). Le confezioni di carpaccio di vitellone non hanno registrato un calo dell’atmosfera protettiva nel tempo e questo è stato generalmente vero anche per le confezioni di suino. La perdita di essudato nelle confezioni di bovino in MAP, seppur di modesta entità (circa il 4,5% di calo peso in media dopo 6 giorni

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di conservazione), non ha compromesso l’estetica delle confezioni (Figura 2). La perdita di essudato nelle confezioni di carne di suino in MAP si è dimostrata maggiore, pari a circa il 6,4% del peso iniziale (Figura 3). Dal momento che le fette di suino pesavano mediamente 133,23 g in più dei carpacci di vitellone (285,95 vs 152,72 g), nelle confezioni dopo 6 giorni di conservazione sono stati rilasciati mediamente 17,2 g di essudato. Il drip loss in questo caso è risultato visibile nella confezione già dopo il terzo giorno (quando i valori di essudato risultavano maggiori di 15 g) e i pozzetti raccogli liquido della confezione in PET sono riusciti a trattenere solo parzialmente l’essudato, che si è accumulato ai lati della confezione creando un impatto visivo con possibili effetti negativi in termini di accettabilità. La percentuale di essudato rilasciato dalla carne di entrambe le specie dopo sei giorni di conservazione a 4 °C rientra nei valori percentuali massimi (>10%) per le carni rosse, compatte e non essudative RFN (Red Firm and Nonexudative meats) che sono state sottoposte a criocongelamento parziale (WARRISS e BROWN, 1987; HONIKEL et al., 1986; HONIKEL, 2004). Il valore di drip loss dei carpacci di girello dopo 6 giorni di conservazione è risultato paragonabile ai valori ottenuti da DEN HERTOG-MEISCHKE et al. (1997) e LAWLOR et al. (1999). Le confezioni in VSP delle carni di entrambe le specie prese in esame hanno presentato valori molto bassi di essudato rilasciato durante la conservazione rispetto alle confezioni in MAP, confermando i risultati ottenuti da TAYLOR (1990), da LAGERSTED et al. (2011) e da KAMENÍK et al. (2014). Questo perché il confezionamento in VSP annulla lo spazio di testa della confezione e crea una resistenza meccanica con la pellicola a diretto contatto con la superficie della carne, di fatto rallentando significativamente il rilascio dei liquidi (TAYLOR et al., 1990; Kropf, 2004). Al 6o giorno di esposizione sul banco refrigerato

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Figura 4 – Valori del rosso RGB nella carne bovina. Interazione (C×S) tra tipo di confezionamento (C) × durata della conservazione (S) per l’indice del rosso (valori medi ± SEM). a. Media dei valori dell’indice del rosso; b. Moda dei valori dell’indice del rosso; c. Deviazione standard dei valori della media. Valori espressi come media ± SEM. a, b, c: lettere diverse indicano medie significativamente diverse entro tempo di conservazione; ***: p<0,0001; **: p<0,002.

Figura 5 – Valori del rosso RGB nella carne suina. Interazione (C×S) tra tipo di confezionamento (C) × durata della conservazione (S) per l’indice del rosso. a. Media dei valori dell’indice del rosso; b. Moda dei valori dell’indice del rosso; c. Deviazione standard dei valori della media. Valori espressi come media ± SEM. ns: p>0,05. il colore delle fette di carpaccio di vitellone confezionate in VSP è risultato più scuro e tendente al marrone rispetto alle fette confezionate in MAP, come evidenziato dalla diminuzione significativa dell’indice del rosso (a*). Tale andamento è risultato in accordo (r=0,7) coi risultati dell’analisi di immagine delle fotografie e con i valori della media e della moda del rosso RGB. L’aumento della deviazione standard della media ha permesso anche di evidenziare la presenza di chiazze di colore diverso, comparse dopo 6 giorni di conservazione (Figura 4). L’ispezione visiva delle foto digitalizzate delle fette può confermare quanto descritto dai risultati ottenuti (Figure 5 e 6).

I valori dell’indice del rosso (a*) che sono stati ottenuti sono paragonabili a quelli ottenuti da KAMENIK et al. (2014) e i valori del parametro del rosso RGB sono paragonabili ai valori riscontrati da NASSU et al. (2012), sempre su fette di Longissimus lomborum di bovino confezionate in MAP e in VSP e conservate per 6 giorni a 4 °C. La diminuzione del colore rosso durante il periodo di conservazione è dovuta all’aumento del rapporto metamioglobina/ossimioglobina (MANCINI e HUNT, 2005). La modificazione del colore risulta già visibile con la presenza di metamioglobina in percentuale superiore al 20% sul totale e la perdita di accettabilità è conclamata con un rapporto metamioglobi-

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Figura 6 – Foto digitalizzate delle fette di carne di bovino confezionate in MAP e in VSP a 0, 3 e 6 giorni di conservazione a temperatura di refrigerazione. na/ossimioglobina di 2:1 (CARPENTER et al., 2001). Il confezionamento in VSP in questo caso ha compromesso l’estetica del colore nel caso delle fette di bovino. D’altro canto, molti studi dimostrano che il confezionamento VSP può mantenere stabile il colore rosso porpora per più di 15 giorni (TAYLOR, 1990; LAGERSTED et al., 2011; LI et al., 2012; KAMENIK et al., 2014). Tale colorazione è tipica della mioglobina allo stato deossidato e si ritrova nella carne confezionata in VSP a patto che la pressione parziale dell’ossigeno all’interno della confezione sia inferiore a 1,4 mmHg (KROPF, 2004). Nel caso della carne bovina, questo tipo di colorazione non ha però riscontrato un’accettabilità sufficiente da parte dei consumatori (TAYLOR, 1990; CARPENTER et al., 2001; JEREMIAH, 2001; KROPF, 2004). Dall’esame della Figura 5 si evidenzia chiaramente che i due sistemi di confezionamento durante il periodo di conservazione non hanno prodotto risultati significativamente diversi per il valore del rosso RGB. Per quanto riguarda l’indice del rosso (a*) ottenuto strumentalmente col colorimetro, nel caso della carne suina non sono state riscontrate variazioni significative in relazione a nessuno dei due

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fattori oggetto di studio né è stata riscontrata un’interazione significativa tra di essi, evidenziando la maggiore stabilità della colorazione della carne suina rispetto a quella bovina, come del resto evidenziato anche da una prova simile condotta da KAMENIK et al. (2014). SUMAN e JOSEPH (2013) hanno evidenziato che la stabilità della colorazione dovuta alla mioglobina è maggiore nella carne suina rispetto a quella bovina, in quanto in quest’ultima la mioglobina risulta più suscettibile all’autossidazione rispetto alla mioglobina della carne suina. In primo luogo, la maggiore stabilità della mioglobina durante la conservazione a temperatura costante di refrigerazione dipende dal pH e dall’energia di attivazione (Ea) dell’autossidazione (GUTZE e TROUT, 2002). La costante di velocità di autossidazione della mioglobina si riduce del 50% per ogni variazione di 0,5 punti di pH. Nel caso di questa sperimentazione la variazione del pH non è stata significativamente rilevante, attestandosi in differenza massima di valori tra la carne bovina e quella suina pari a 0,1. L’Ea dell’autossidazione della mioglobina in vitro risulta il 20% più bassa nella carne suina rispetto a quella bovina (GUTZE e TROUT, 2002).

Il muscolo Longissimus dorsi è un muscolo con un quantitativo più alto di fibre rosse (ossidative) rispetto al muscolo Semitendinosus (nel bovino fino al 10% in più) e questa peculiarità fa sì che ci sia un maggior quantitativo di mitocondri nel L. dorsi e un mantenimento più stabile della riduzione del nucleo ematinico della mioglobina, con conseguente stabilizzazione del colore (TAYLOR, 2004; FAUSTMAN et al., 2010; RAMANATHAN e MANCINI, 2018). La luminosità (L*) delle fette sottili di suino ha risentito significativamente della durata della conservazione, sia nel caso delle fette esposte alla luce che nel caso di quelle non esposte in quanto sovrapposte all’interno della confezione, con valori più elevati a t6. L’aumento della luminosità è associato all’aumento del colore pallido della carne (OTTO et al., 2004). Questa tendenza negativa è direttamente correlata all’aumento della quantità di liquido essudato sulla superficie della carne cui si assiste durante la conservazione (LEE et al., 2000; HUFF-LONERGAN et al., 2002). Il valore dell’indice del giallo (b*) delle fette di suino confezionate in VSP e non esposte alla luce ha risentito significativamente della durata della conservazione, presentando un aumento significativo del suo valore a t3 e poi un decremento a t6, acquisendo nel tempo nuances tendenti al blu. I colori tendenti al verde e al blu sono correlati alla perdita di accettabilità da parte dei consumatori (MANCINI e HUNT, 2005). La variazione del pH durante i sei giorni di esposizione sul banco refrigerato è risultata stabile e non significativa, come confermato da altri studi condotti su carne bovina e suina confezionata in MAP e in VSP (VÁZQUEZ et al., 2004; KAMENIK et al., 2014). L’ossidazione dei lipidi nella carne di bovino durante la conservazione, espressa in relazione al contenuto in TBARS, è risultata maggiore nella carne confezionata in MAP rispetto a quella confeziona-

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Figura 7 – Foto digitalizzate delle fette di carne di suino confezionate in MAP e in VSP a 0, 3 e 6 giorni di conservazione a temperatura di refrigerazione. ta in VSP. In particolare, il tenore di TBARS della carne confezionata in MAP è risultato maggiore rispetto a quello della carne confezionata in VSP già dal terzo giorno e molto maggiore al sesto giorno di conservazione, con valori rispettivamente di 1,18 mg MDA-eq/kg e 0,49 mg MDA-eq/kg. La maggiore ossidazione è certamente conseguenza dell’alta percentuale di ossigeno presente nello spazio di testa della confezione in MAP (KROPF, 2000). Questi risultati sono in linea con quelli ottenuti da KIM et al. (2010). I valori di TBARS della carne suina, pur diversi per le due modalità di confezionamento, in generale non sono associabili a variazioni significative, rimanendo stabili nel tempo e non crescenti durante l’esposizione in punto vendita. KAMENIK et al. (2014) hanno riscontrato che la carne di suino resiste bene all’ossidazione lipidica, ottenendo risultati paragonabili a quelli ottenuti nella presente sperimentazione. Conclusioni In conclusione, durante i sei giorni di esposizione sul banco refrigerato del punto vendita le confezioni in MAP delle fette di carne bovina e suina hanno generalmente permesso di mantenere la stabilità del colore rosso, anche se per quanto riguarda

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la carne bovina confezionata in MAP i risultati dell’analisi mediante colorimetro e dell’analisi del colore effettuata sulle foto digitalizzate hanno dato risultati contrastanti, avendo quest’ultima evidenziato una diminuzione (p<0,05) del colore rosso nei giorni successivi al primo giorno di conservazione. Per quanto riguarda invece la confezione in VSP, la carne bovina al sesto giorno di esposizione è risultata scura e con chiazze, aspetto che non si è però verificato nel caso della carne suina. La confezione in VSP per tutte e due le tipologie di carne ha ridotto sensibilmente la quota di liquidi rilasciati, mentre nel caso della carne suina confezionata in MAP l’essudato in eccesso è risultato visibile già dal terzo giorno di esposizione. L’ossidazione, quantificata mediante il contenuto in TBARS, è risultata estremamente bassa nelle carni confezionate in VSP mentre, al contrario, nella carne bovina confezionata in MAP la quota di TBARS è aumentata durante la conservazione, evidenziando un’ossidazione significativa come conseguenza dell’atmosfera protettiva ricca di ossigeno. Valori di TBARS pari a 0,68 e a 0,29 mg MDA-eq/kg per le carni confezionate in MAP e pari a 0,37

e 0,32 mg MDA-eq/kg per quelle confezionate in VSP, rispettivamente per il bovino e il suino, ottenuti nel corso di questo studio sono associabili, comunque, a carni di eccellente qualità sensoriale, in quanto i valori riscontrati risultano molto al di sotto del valore soglia associato alla percezione di rancidità, pari a 2,0 mg MDA-eq./ kg (GREEN e CUMUZE, 1982; CAMPO et al., 2006). Federico Santantoni Giulia Secci Lina Fernanda Pulido Rodriguez Lorenzo Guerrini Giuliana Parisi Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agrarie, Alimentari, Ambientali e Forestali (DAGRI) Università degli Studi di Firenze Ringraziamenti Un sentito ringraziamento va alla DOTT.SSA ROSELLA ROCCHI, al DOTT. FRANCESCO TAMBERI e alla DOTT.SSA MARINA DOMENICI per aver diretto e coordinato la produzione dei campioni oggetto di studio. Grazie anche a UNICOOP FIRENZE che ha finanziato la ricerca. Bibliografia 1. CAMPO M.M., NUTE G.R., HUGHES S.I., ENSER M., WOOD J.D., RICHARDSON R. I. (2006), Flavour perception of oxidation in beef, MEAT SCIENCE, 72(2), 303-311. 2. CARPENTER C.E., CORNFORTH D.P., WHITTIER D. (2001), Consumer preferences for beef color and packaging did not affect eating satisfaction, MEAT SCIENCE, 57(4), 359-363. 3. CORNFORTH D.P., JAYASINGH P. (2004), Chemical and physical characteristics of meat. Colour and pigment, ENCYCLOPEDIA OF MEAT SCIENCES, Elsevier, 249-256. 4. DEN HERTOG-MEISCHKE M.J.A., SMULDERS F.J.M., HOUBEN J.H., EIKELENBOOM G. (1997), The effect of dietary vitamin E supplementation on drip loss of bovine Longissimus lumborum, Psoas major and semitendinosus muscles, MEAT SCIENCE, 45(2), 153-160. 5. FAUSTMAN C., SUN Q., MANCINI R., SUMAN S. P. (2010), Myoglobin and lipid oxidation interactions:

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Rintracciabilità senza lacune in cinque punti

B

atteri nel latte, fipronil nelle uova, parti in plastica nella carne macinata: sono casi limite, certo, ma se un richiamo è inevitabile, le aziende devono sapere esattamente quali prodotti hanno consegnato e a chi. Queste cinque raccomandazioni aiutano a raggiungere una rintracciabilità senza lacune indipendentemente dalle dimensioni aziendali. 1. Fissare gli obiettivi Solo un buon concetto di tracciabilità con obiettivi chiaramente definiti porta al successo. Innanzitutto va analizzato lo stato attuale dell’azienda per individuarne i punti deboli. Poi va chiarito quali sono gli obiettivi da raggiungere tramite la tracciabilità: maggiore sicurezza alimentare e richiami più rapidi? Standard qualitativi più alti? Adempimento di nuove leggi o linee guida? Oppure, come spesso accade, una combinazione di più obiettivi? Le esigenze e i desideri individuali delle aziende sono però

molto diversi: il quadro giuridico di un produttore italiano di formaggi e salumi, per esempio, è diverso da quello di un produttore di carne americano; un’azione di richiamo in Italia deve essere completata in tempi diversi rispetto ad un altro Paese. Poi ci sono le tendenze guidate dal commercio o dai consumatori, come i nuovi sigilli di qualità. Tutto questo va valutato strategicamente e considerato dal punto di vista concettuale. È consigliabile, quindi, formare un team di progetto ben assortito con diverse competenze e conoscenze operative, possibilmente composto dal personale dell’IT, dei reparti di produzione e del controllo qualità, e infine dalla direzione. Sarebbe inoltre opportuno coinvolgere il fornitore del software per la tracciabilità già in questa fase. 2. Definire le dimensioni dei lotti La qualità della tracciabilità dipende dalla definizione del lotto e dalle sue dimensioni. Chiaramente lotti più piccoli e omogenei consento-

no una tracciabilità più mirata. Con piccoli lotti, però, aumenta lo sforzo per l’acquisizione dei dati e crescono i costi. Nella definizione o delimitazione dei lotti, gli esperti raccomandano un compromesso tra la gestione del rischio aziendale da un lato e l’efficienza economica dall’altro. Una pratica spesso utile e comprovata a livello internazionale è la formazione di lotti giornalieri o lotti ancora più piccoli. Raccomandazioni più ampie che possano essere valide per qualsiasi azienda hanno poco senso perché qui le differenze strutturali e organizzative sono troppo grandi. Ad esempio, il latte da bere proveniente da grandi aziende agricole, che viene lavorato e distribuito da un’unica industria lattiero casearia, è più facile da rintracciare, nonostante le grandi dimensioni dei lotti, rispetto a un formaggio biologico prodotto in piccoli lotti e commercializzato attraverso appositi negozi biologici. Anche nel caso delle barbabietole da zucchero, che ogni autunno giac-

Il modulo CSB-Traceability garantisce una rintracciabilità efficiente e senza lacune.

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ciono nei campi in grandi quantità, per esempio, i grandi lotti di materie prime non sono critici: la formazione di piccoli lotti in questo caso non è necessaria semplicemente perché vi è un basso rischio. Tutt’altro concetto deve essere applicato per la carne bio di bovini provenienti da allevamenti biologici. In questo caso la rintracciabilità deve essere seguita e dettagliata lungo tutto la filiera di trasformazione con molteplici informazioni che devono anche essere stampate sulle etichette di prodotto. 3. Scegliere il tipo di identificazione Prerequisiti per una tracciabilità completa sono l’etichettatura e l’i-

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dentificazione univoca dei prodotti interessati, meglio ancora se automatizzate. È possibile questo solo usando numeri di identificazione, codici a barre o RFID secondo gli standard GS1, numero dell’unità di spedizione SSCC e EPCIS. Nel caso ideale, le materie prime in entrata sono già contrassegnate dal fornitore: il ricevimento della merce è decisivo infatti per tutti gli ulteriori processi di identificazione. È qui che, supportati dalle giuste tecnologie informatiche, si gettano le basi per il trasferimento di informazioni al magazzino, alla produzione, all’imballaggio e all’etichettatura fino al picking. In linea di principio, la tracciabilità può essere documentata anche su

carta. Ma con l’aumento dei volumi di produzione, del numero di reparti e di persone coinvolte nel processo di documentazione e del numero di lotti di materie prime presenti nel prodotto, aumenta anche la complessità del processo di rintracciabilità. E al più tardi in caso di eventi sfavorevoli, la carta mostra tutti i suoi limiti rispetto all’elaborazione elettronica dei dati. 4. Raccogliere i dati giusti nei luoghi/punti giusti Organizzare la tracciabilità diventa complicato ovunque si mescolino diversi lotti di materie prime per la produzione di un alimento. Qui vengono creati nuovi lotti, che possibilmente un gestionale

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idoneo deve gestire e trasferire alle fasi successive di produzione e/o di confezionamento. È consigliabile avere delle postazioni IT per la raccolta dati in tutti i punti rilevanti del processo operativo (i cosiddetti Critical Control Points) al fine di raccogliere ed elaborare le informazioni on-line ed in tempo reale. Optare per l’utilizzo di terminali mobili o di un PC o di lettori fissi di codici a barre dipende dalle condizioni spaziali dell’azienda e dal concetto individuale di flusso di materiale: importante è che i dati vengano registrati direttamente nel processo. Solo in questo modo diviene semplice provare quale lotto e quali ingredienti siano presenti nel prodotto alimentare finito. Ciò include anche la documentazione delle quantità di semilavorati che confluiscono nel processo di produzione. Vi è anche un ulteriore vantaggio: registrando e controllando i dati nelle varie fasi di produzione, le criticità sono rilevate rapidamente o addirittura evitate. 5. Utilizzare i dati e creare valore aggiunto Qualsiasi sistema di tracciabilità è valido solo se la qualità dei dati è valida. In più, la tecnologia informatica in uso deve consentire di analizzare e visualizzare questi dati in qualsiasi momento: solo così si possono organizzare e automatizzare i processi di richiamo, cosa che è già in parte richiesta da leggi, linee guida e audit. Grazie all’utilizzo di un gestionale è sufficiente la semplice pressione di un tasto per adempiere all’obbligo di prova che le caratteristiche pubblicizzate di un prodotto siano state davvero rispettate; si pensi addirittura anche

Tracciabilità con smartphone. alle informazioni sulla quantità di emissioni di CO2 durante la produzione. L’importanza dei sistemi di tracciabilità continuerà quindi a crescere anche in futuro. In Europa, molte aziende stanno già fornendo i loro dati a banche dati per i consumatori come fTrace, mynetfair o ATC. Presumibilmente queste o sistemi simili avranno prima o poi un ruolo anche a livello internazionale. Allora una tracciabilità senza lacune non solo fornirà un valore aggiunto critico per le vendite, ma diventerà anche un requisito fondamentale per essere competitivi. Per concludere Ultimo ma non meno importante: i sistemi di tracciabilità offrono anche la grande opportunità di ottimizzare i processi e di trarne profitto economico. Ottimizzazione degli

acquisti, informazioni aggiornate sulle giacenze di magazzino, basi di pianificazione affidabili, valutazioni e statistiche significative, calcoli esatti dei lotti sono tutti effetti positivi di una tracciabilità senza lacune.

Referente: • Dott. A. MUEHLBERGER CSB-System Srl Via del Commercio 3-5 37012 Bussolengo (VR) Telefono: 045 8905593 Fax: 045 8905586 E-mail: info.it@csb.com Web: www.csb.com

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STORIA E CULTURA

Carne allo spiedo nobile e popolare L’antichissima e tradizionale tecnica di cottura delle carni allo spiedo che pareva scomparsa rimane oggi nelle rosticcerie e sta risorgendo attraverso il kebab di Giovanni Ballarini

“G

ira su’ ceppi accesi / lo spiedo scoppiettando” canta G IOSUÈ C AR DUCCI in San Martino (Rime Nuove, 1883), una poesia che fino alla prima metà del secolo scorso tutti i bambini italiani hanno imparato a memoria, quando le carni allo spiedo, soprattutto di selvaggina, erano ancora una consuetudine viva. Non è un caso che la poesia continui con la presenza del cacciatore che sta sull’uscio a rimirar stormi d’uccelli neri tra le rossastre nubi, mentre probabilmente aspetta di gustare una buona schidionata di carni allo spiedo. Arrostire le carni direttamente sul fuoco è certamente la prima forma di cottura utilizzata dall’uomo dopo che l’ebbe scoperto, il cui uso domestico risale, secondo l’antropologo RICHARD W. WRANGHAM, professore a Harvard, a circa due milioni di anni fa, mentre il primo focolare sinora individuato sembra posteriore di circa cinquecentomila anni. Mentre gli animali interi e i grossi pezzi di carne sono cotti in buche e ricoperti interamente dalle braci, o disposti su pietre ollari, tenute costantemente calde dal fuoco, le piccole parti sono infilzate su sottili ma resistenti bastoni, eventualmente avvolte in foglie per mantenerne gli umori, ed esposte direttamente al calore del fuoco mentre sono continuamente rigirate dall’uomo migratore. È solo la donna di società umane divenute stanziali che usa al-

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tri strumenti di cottura e soprattutto la pentola, avvalorando l’interpretazione che lo spiedo è il simbolo di una cucina maschile, delle carni rosse e selvatiche, mentre la pentola identifica una cucina femminile fatta di brodi, intingoli e sughi di carni e soprattutto di vegetali. Spiedo dalla caccia alla cucina Lo spiedo (Venabulum in latino) nel Medioevo e nel Rinascimento è un’arma per la caccia alla selvaggina pericolosa, cinghiale soprattutto, in Francia e Italia. Si compone di un lungo corpo metallico appuntito, a sezione quadrangolare, inastato su di un astile in legno. La differenza con la lancia da cinghiale in uso tra i Germani è forse, originariamente, solo etimologica. Per giungere allo spiedo di ferro da quest’arma primordiale passa molto tempo. Nel tardo Medioevo sui rari trattati di cucina che ci sono pervenuti l’attrezzo è denominato spiedo, dalla parola latina medievale spetus, che a sua volta è di origine longobarda, riagganciandosi all’antico francese espiet e all’inglese spit. In origine questi termini volevano tutti designare un’arma bianca costituita da un’asta di legno resistente e flessibile, come il tasso o il frassino, della lunghezza di due metri circa, che ad un’estremità montava un’aguzza punta di metallo generalmente a forma di rombo o di foglia. Nel parlare italiano corrente lo spiedo, o schidione, è anche un

utensile in metallo o legno, in forma di astile sottile ed appuntito ad una delle estremità, sul quale si infilzano le carni per la cottura alla fiamma o alla brace. Il passaggio da uno strumento di guerra o di caccia ad attrezzo di cucina è stato abbastanza disinvolto e si suppone che derivi dall’uso che i soldati e i cacciatori ne facevano per arrostire la carne da loro cacciata. Nel corso del tempo l’uso militare, venatorio e quello domestico favoriscono una sempre maggiore differenziazione, giungendo alla loro precisa definizione di forma di spiedo venatorio e di cucina. Nelle grandi cucine nobiliari del Medioevo esistono spiedi di diversa lunghezza e forma e, come afferma T. SCULLY nel trattato L’arte della cucina nel Medioevo (Ed. Piemme, pagg. 106-108), la scelta da parte del cuoco dello spessore dello spiedo dipende dal peso del pezzo di carne che ci deve infilare. Lo spiedo è in generale montato su anelli di un paio di pesanti sostegni di metallo disegnati per reggerlo ad altezza variabile davanti o direttamente sopra il fuoco. Oltre agli spiedi di ferro vi sono anche quelli di legno e non solo per cucinare degli spiedini, ma vi è chi mette in guardia contro l’uso di questo materiale, come scelta di un’economia sbagliata che cerca di risparmiare col rischio di sprecare un costoso pezzo di carne. La carne è montata su uno spiedo di solito attraversata dallo spiedo stesso e già

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La principale prerogativa della cottura allo spiedo sta nel sapore, perché è una delle tecniche che maggiormente esalta le qualità della carne (photo © Victoria Shes x unsplash).

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Quasi scomparso dalle case degli Italiani, oggi lo spiedo si usa nei ristoranti e, soprattutto, nelle rosticcerie per cuocere carni miste di maiale, vitello, pollo e coniglio. Sullo spiedo la carne cuoce in un ambiente asciutto, al contrario del forno, dove è inevitabile un accumulo di vapore, e per questo è necessario bagnarla e ungerla di tanto in tanto, per evitare che si secchi eccessivamente e formi una crosta dura (photo © watman – stock.adobe.com). nel Medioevo esistono ricette nelle quali diversi uccelli, pezzi grossi di carne e verdura sono alternati per tutta la lunghezza dello spiedo. La carne può essere anche legata allo spiedo con una corda, procedimento in uso per gli uccellini. Girarrosti per gli spiedi Nel passato gli spiedi erano girati a mano da sguatteri giraspiedi o girarrosto. Questi garzoni, nei grandi e fumosi antri in cui si approntano le vivande, giravano manualmente gli spiedi per ore e ore, restando esposti costantemente ad una forte fonte di calore e protetti solo da uno schermo di metallo leggero. Nei secoli XVI e XVII si inventarono spiedi che giravano meccanicamente, detti molinelli e oggi denominati girarrosti. Le rappresentazioni che abbiamo, e alcuni esemplari ancora esistenti (nel Bresciano esiste un

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Museo dello Spiedo), dicono che sono macchine regolate col meccanismo dei contrappesi che ricordano il funzionamento degli orologi a pendolo con carica manuale. Ogni palazzo e casa signorile ne possedeva uno, perché l’arrosto girato era considerato il piatto che segnava i momenti culmine della vita civile e religiosa rappresentando uno status symbol. Nelle campagne solo i ceti più fortunati avevano un più piccolo girarrosto, costituito da uno schidione centrale in ferro munito di un manico a manovella, rivestito con un tubo in metallo o in legno, sorretto da due alari in ferro battuto e con ganci di ferro posti ad altezze differenti per consentire di tenere la carne più o meno discosta dal fuoco e dalle braci e ottimizzare la cottura. L’Enciclopedia Treccani definisce il girarrosto (voce composta da girare

e arrosto) un apparecchio per uso domestico, generalmente a molla, che serve a far girare lentamente lo spiedo su cui sono infilzati i cibi da arrostire sul focolare ma anche il dispositivo per ristoranti e rosticcerie, azionato da un motore elettrico nel quale numerosi spiedi sono presi fra due cerchi rotanti agli estremi di un asse ed è munito di un ingranaggio epicicloidale che imprime a ciascuno spiedo anche un moto di rotazione proprio. Cucina allo spiedo Lo spiedo vanta una storia gloriosa, ricca di sapori e d’immagini, racconta MASSIMO MONTANARI ne Il sugo della storia (Edizioni Laterza, 2016). Montanari riferisce come l’arrosto allo spiedo per molto tempo magnificasse il privilegio di pochi che potevano permettersi carne di qualità, una grande camino a pare-

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te per cuocerla e, non da ultimo, abbondante buona legna. Tutti i grandi del passato gradiscono la carne allo spiedo rispetto a quella bollita, iniziando da Carlo Magno, anche come segnale e ostentazione di potere. Ed è nei banchetti dei nobili che lo scalco trancia con destrezza queste carni. Ora lo spiedo è sempre meno gradito dalla cucina postmoderna, mantenendo invece la sua presenza nei locali dove si fanno cucine tradizionali, ma soprattutto ha un ruolo importante nella cucina delle rosticcerie o di strada, ad iniziare dalle esotiche kebaberie. Spiedo in cucina La cottura allo spiedo fa parte delle cotture per arrostimento o cottura arrosto, dove l’alimento è cotto ad alta temperatura, sotto l’azione diretta del calore e in atmosfera secca. È una cottura per concentrazione nella quale le alte temperature (il calore d’irraggiamento della fiamma e delle braci è di circa 600 ºC) provocano la colorazione bruna superficiale del cibo dovuta alla caramellizzazione degli zuccheri, reazioni di Maillard e abbrustolimento della parte superficiale del cibo. Nella cottura allo spiedo, usata quasi esclusivamente per la carne, la trasmissione di calore avviene per irraggiamento. La carne è infilata nello spiedo, che è fatto ruotare lentamente su una fonte di calore: un tempo fuoco e braci di legna, poi carbone, resistenza elettrica o a gas. In questo modo la superficie esterna dell’alimento si rosola uniformemente, i vapori fuoriescono, il grasso e i liquidi colano in una leccarda posta sotto lo spiedo. I liquidi, eventualmente sgrassati, sono spesso adoperati per preparare salse di accompagnamento o serviti insieme alla carne per mantenerla umida. Sullo spiedo la carne cuoce in un ambiente asciutto, al contrario del forno, dove è inevitabile un accumulo di vapore e per questo motivo è necessario bagnarla e ungerla di tanto in tanto, per evitare che si secchi eccessivamente e formi una crosta dura. La cottura è più lenta

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di quella in forno (richiede circa il 20% di tempo in più), la distanza dalla fonte di calore deve essere proporzionale alla dimensione del taglio e il calo di peso medio è di circa un terzo. Un tempo gli spiedi erano orizzontali, girati a mano ma anche da speciali macchine azionate da ingegnosi movimenti a orologeria. Ora gli spiedi più utilizzati, soprattutto per i kebab, sono verticali, con la fonte di calore posta a lato dell’alimento, e si possono vedere anche in tutte le rosticcerie ambulanti presenti nei mercati alimentari che propongono ogni genere di carne arrosto. Gli spiedi verticali facilitano la raccolta del liquido nella leccarda, ma in Italia non è consuetudine servire il liquido di cottura insieme al pollo arrosto, mentre in Francia, dove il grasso non è demonizzato come da noi, il rosticciere chiede sempre se il cliente desidera il jus, il sugo, e ti guarda male se non lo vuoi! Lo spiedo si presta bene per la cottura della carne anche di un animale di piccole o medie dimensioni intero. Quest’ultimo è il caso del maiale di diverse cucine regionali, come quella sarda con il porceddu. La cottura allo spiedo è impiegata anche per alcuni pesci e la ricetta più tradizionale è il capitone, la femmina dell’anguilla, di dimensioni maggiori rispetto al maschio, un pesce particolarmente grasso, che si cucina allo spiedo tagliato a tocchetti, dopo una marinatura in succo di limone, sale e pepe. Anche i molluschi dalle carni coriacee, come seppie, totani, polpi, e calamari, possono essere marinati e cotti allo spiedo. Nella cucina greca e mediorientale lo spiedo verticale (doner) serve per cuocere carni marinate e tagliate a fettine, infilzate una sopra l’altra, che la cottura rende croccanti in superficie e sono poi essere tagliate in piccoli pezzi, con i quali si farciscono panini piatti con aggiunta salsa di yogurt, pomodori, cipolle e spesso anche patate fritte. Nel Gyros Pita greco vi sono carni di maiale e agnello,

il Doner Kebab e lo Shawarma della cucina araba sono preparati carne di manzo, agnello, montone vitello ma anche pollo, evitando assolutamente carne di maiale, vietata per motivi religiosi. Accorgimenti Per una buona cottura allo spiedo bisogna iniziare con le carni molto vicine alla fonte di calore e, quando iniziano a colorirsi, arretrare e cuocere lentamente. La salatura della carne va compiuta a metà cottura. Per evitare che la carne si secchi, occorrerà bagnarla e ungerla di tanto in tanto, ma non eccessivamente, rischiando che diventi quasi lessa, e perdendo di conseguenza gusto e sapore. I grassi di colatura che si depositano nella leccarda vanno bagnati con brodo e acqua per evitare che brucino, soprattutto se si intende riutilizzarli per condire la carne. Nella cottura dell’uccellame, è consigliata la tecnica del precot. A fine cottura, per rendere le carni più morbide e saporite, è consigliabile avvolgere gli uccelli in sottili fette (barde) di lardo e dare un colpo di fuoco. Per il maiale, e per rendere la sua cotenna più croccante, a cottura quasi terminata si può invece bagnare con la birra, alzando il calore nel finale. Vantaggi e svantaggi La principale prerogativa della cottura allo spiedo sta nel sapore, perché è una delle tecniche che maggiormente esalta le qualità della carne. Altra caratteristica è la possibilità di controllare la cottura e di modificare la temperatura passo passo, rendendo questa tecnica un’arte che permette di seguire la preparazione costantemente in tutte le sue fasi. Uno svantaggio è l’aggiunta di grassi. Se buona parte di questi colano sulla leccarda, è altrettanto vero che per mantenere le carni morbide è necessario ungerle spesso. La cottura allo spiedo richiede molto tempo, uno svantaggio che fa però parte della sua preziosità. Prof. Em. Giovanni Ballarini Università degli Studi di Parma

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SONO 180 GRAMMI, LASCIO?

Plancton, Alessandro Fiori

Mangia! di Giovanni Papalato

“M

angia, Alessandro, mangia! Non devi avanzare il pollo”. Nel primo singolo del quarto album di ALESSANDRO FIORI c’è il ricordo di una dinamica infantile comune a tanti se non a tutti. Mangiare tutto quello che c’era nel piatto, pensando a chi non aveva possibilità era un senso di colpa indotto, pesante, che voleva essere consapevolezza e poi coscienza. A me capitava con le verdure, soprattutto quelle verdi. Il pollo, invece, mi piaceva da matti. La sua pelle croccante... Ad un certo punto chiedevo sempre di poterlo mangiare con le mani alla Robin Hood. Al mercato coperto della mia città c’è ancora un banco che vende esclusivamente polli e oltre alle parti più usate(petto, cosce, sovracosce, ali), ricordo che la zampe venivano usate per il brodo e le creste, i bargigli, il collo per il ragù. Ma non è solo Mangia! a muoversi in acque scure, poco illuminate, perché “Plancton” è un disco che si immerge tra memorie e ricordi quasi a toccare il fondo per esorcizzare, purificare e poi risalire. In questo senso Aaron è davvero un tazebao (manifesto cinese affisso in luoghi pubblici, generalmente di contenuto politico; per estensione, cartellone o striscione di contenuti analoghi, diffusosi anche in Occidente, NdR). Primo brano, estremamente rappresentativo, tra materia e sogno, mostra tutti gli elementi che poi ricorreranno nel corso del lavoro. Si comincia con la voce di AARON SWARTZ, il geniale programmatore morto suicida. Coautore della prima specifica del RSS e delle licenze Creative Commons, attivista finanziatore di Reddit, del

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gruppo di attivismo on-line Demand Progress e creatore del Guerrilla Open Access Manifesto, denuncia con tono pacato ma deciso che internet è davvero senza controllo e che nessuno può rimanere passivo di fronte a questa realtà. Campionamenti, fratture elettroniche, la voce di Fiori che emerge raccontando di un nuovo giorno, dal canto di un gallo agli operai che vanno in fabbrica, tra beats e loops, in una serie di immagini che riconosciamo nella loro ordinarietà. Nel finale, quando il sole è rimasto dietro coperto dalle nuvole, come una coscienza che si vuole occultare, il brano si apre invece ancora a chitarre elettriche che si nutrono della ritmica. Non c’è tempo di assorbire ed elaborare la forza di un brano come quello appena ascoltato perché lo strumentale che segue, e che dà titolo al disco, nuota esplorativo tra strati di suono prodotti assieme a Tasto Esc e FRNKBRT, ossessiva, densa e ipnotica. Poi una luce atonale, come i fari di un’auto che passa e sezioni di archi copia incollati sono il preludio alla parata grottesca di Piazzale Michelangelo. Scale che salgono e scendono seguendo un ritmo circense e digitale mentre Fiori canta di vulnerabilità e selfie, di comitive orientali e di una surreale rappresentazione dell’Arte in un finale di chitarre, tra beat e white noise che ricorda certi RADIOHEAD di “Ok Computer”. Il parallelismo con la band di Oxford prosegue immediato e consequenziale con “Kid A” in Margine, dove la destrutturazione si fa concreta tra voce e spigoli di gomma a infilarsi per uscire da un labirinto di sottrazioni sonore. Il lato A si conclude con Ho Paura e qui si ha forte la sensazione netta di essere estremamente lontani dalla superficie; non ci sono scossoni, correnti a mischiare. I suoni sono come permeati mentre si mette in scena un beffardo incontro con la morte. Una sorta di sogno cosciente, in cui si orienta il percorso onirico senza lasciare quella totale sensazione di altro da sé. Una forma canzone

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Un’immagine del video del brano “Mangia!”, diretto da Francesco Faralli e interpretato dallo stesso Alessandro Fiori. costruita come su sequenze che si sommano senza diventare mai convezione. Colpi esplosi nell’acqua, poi sembra di sentire scatole che meccanicamente si aprono per poi chiudersi in se stesse, una pianola che evoca il suono di un ambulanza, aprono al racconto dell’amore nella malattia di Ivo e Maria. In un continuo movimento tra avvicinarsi e allontanarsi, seguendo le due note della sirena, con empatia, Fiori ci porta nell’intimità di una commovente convivenza, senza scadere mai nel patetico. Galluzzo è un ping pong di beat allucinato ma estremamente pop che gioca a nasconderlo, pur sapendo di non riuscirci. Compone un dittico perfetto in questo senso con la successiva Mangia!, un tango elettronico di bassi, un granchio che a ritroso si muove nella memoria, ipnotico e onirico. Magnetico, manda in corto circuito il disco. C’è un prima e un dopo. Da questo reset emerge la preghiera crepuscolare di Madonna Con Bambino Rubato, che si anima di un tribalismo organico, flusso di coscienza sonoro in cui abbandonarsi, la schiena sopra l’acqua in balia di un mare calmo.

Il “Sereno (...)” che chiude il disco si racconta nei puntini di sospensione, marziale e ambiguo strumentale che tra colpi d’incudine si tuffano in una lenta progressione che rimanda a echi trip hop. Un viaggio tra acque profonde, muovendosi tra città sommerse, ma animate da storie quotidiane in cui Alessandro Fiori riesce a rimanere in equilibrio tra racconto e rivelazione. “Plancton” si manifesta a seconda della luce che lascia filtrare o che restituisce, rifrangendola. Da sempre la voce dell’artista casentinese ha la capacità di essere tangibile nel contemporaneo pur venendo da un tempo che è stato. È come se narrasse per immagini e da lì nascessero suggestioni che si svelano chiare e leggibili. La commistione tra questo elemento così manifesto e il suo opposto rappresentato dal mondo sonoro di “Plancton” dà vita ad un’esperienza straniante ma mai ambigua. Un viaggio che mostra stimoli introspettivi mai banali. Giovanni Papalato Note A pag. 126, photo © Lucio Pellacani.

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