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Caldo e freddo: come affumicare pesci, molluschi e crostacei
Metodi diversi, con risultati gastronomici diversi. Conoscere le tecniche permette di lavorare il prodotto fresco al fine di proporre trasformati tra i più diversi e dal grande pregio gustativo. Per i piccoli laboratori artigianali, ma anche per le cucine professionali
di Lara Abrati
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L’utilizzo del fumo per conservare gli alimenti non è cosa nuova, anzi. Insieme all’utilizzo del sale, ma anche dell’essiccazione, è probabilmente uno dei metodi più semplici ed efficaci da sempre utilizzati per combattere l’infinita lotta contro il tempo che ha impegnato gli umani nel trovare strategie al fine di garantirsi il cibo il più a lungo possibile, non solo nel momento in cui vi era la disponibilità di fresco. Proprio da questa esigenza nascono molti dei prodotti trasformati che oggi consumiamo comunemente e che cerchiamo costantemente di valorizzare per i loro pregi gastronomici.
La tecnica dell’affumicatura si è molto diffusa nelle zone più fredde del pianeta e si basa su due processi diversi: la disidratazione per effetto del calore e l’azione delle sostanze volatili presenti nel fumo, che si sviluppano durante l’incompleta combustione di legno e trucioli. Tali sostanze, diverse in relazione alla tipologia di legno utilizzato, permettono di conferire al cibo sfumature aromatiche tra le più diverse arrivando così ad infinite combinazioni.
L’applicazione del metodo è utile anche ad esempio per il mondo della salumeria di pesce: ecco che si iniziano ad assaggiare “speck” di pesce spada, ma anche di trota o di salmerino e così via. Conoscere i metodi, applicando quelli più appropriati, permette di poter viaggiare con la fantasia e dare nuova forma e nuovi sapori ai prodotti della pesca.
La differenza di risultato dipende da più aspetti: dal legno utilizzato, dalla marinatura, dal tempo di esposizione a fumo, dalle caratteristiche stesse del prodotto da affumicare. In particolare, però, l’elemento che più incide sulle caratteristiche del pro- dotto finale è la presenza del calore Esso stimola cambiamenti importanti a carico delle proteine e, oltre al modificare gli aspetti aromatici, sarà incisivo per quanto riguarda sapore, succosità e consistenza del prodotto finito.
Affumicare a caldo vuol dire sottoporre l’alimento ad una temperatura del fumo tra i 50 e i 90 °C: il prodotto cuoce lentamente, l’effetto aromatizzante è meno intenso e la carne de pesce si sfalda. In sostanza, è cotto! Si ottiene un prodotto perfetto da consumare tal quale, ma anche in insalata o a guarnire primi piatti.
Quando si affumica a freddo il risultato è molto diverso. La complessità del metodo a freddo è particolare, per questo motivo nella maggior parte delle cucine, anche quelle professionali, si applica il metodo a caldo.
A destra: salmerino affumicato a freddo. In basso: salmerino affumicato a caldo. Come regola generale, i pesci grassi si prestano meglio anche all’affumicatura a caldo, mentre quelli magri, preso atto che si possono affumicare a caldo, rispondono meglio all’affumicatura a freddo.
Un vero peccato perché dall’affumicatura a freddo si ottengono enormi soddisfazioni: per la preparazione di un prodotto dalle caratteristiche uniche e mai banali.
Un processo lungo, che innanzitutto necessità di una materia prima sana e freschissima (è necessario trattare il pesce come richiede la normativa dedicata al pesce da consumare crudo al fine di garantire la sicurezza alimentare) e, a questo punto, ci si può davvero divertire e sbizzarrire. Dalla scelta della marinatura (serve a limitare la perdita di succhi eccessiva durante il processo), che può essere la classica a base di sale e zucchero e acqua, ma anche un rub o può prevedere l’aggiunta di succhi trai più diversi, fino alla scelta del legno da utilizzare, alla densità del fumo e al tempo di esposizione, che varierà in relazione alla tipologia del prodotto e al suo successivo uti- lizzo. Alla fase di esposizione al fumo segue un periodo di riposo prima del consumo a crudo, della sua cottura o della fase di breve stagionatura nel caso dei salumi di mare. Il risultato? Un prodotto lievemente disidratato, che presenta una consistenza unica, simile al crudo, che non si sfalda, ma si presta ad essere tagliato a fette. Sentori e aromi particolari, che dipendono dall’esposizione al fumo, ma anche dagli elementi utilizzati per perfetto per essere gustato tal quale.
L’incidenza del sentore di fumo nel pesce non dipende tanto dal suo habitat, metodo con cui viene normalmente classificato, ma dalla presenza di grasso nelle sue carni. Quello magro, come trota, salmerino, luccio o merluzzo, ad esempio, presenterà un aroma delicato e leggero, mentre il pesce grasso, come il salmone, l’agone o l’anguilla, presenterà un sentore più intenso, grazie alla capacità dello stesso di assorbire e trattenere meglio le sostanze volatili presenti nel fumo.
Per questo motivo, i pesci grassi si prestano meglio anche all’affumicatura a caldo, mentre quelli magri, preso atto che si possono affumicare a caldo, rispondono meglio all’affumicatura a freddo.
Anche le uova di pesce possono dare il tocco in più se affumicate, meglio a freddo. I molluschi sono interessanti per l’affumicatura a freddo, in particolare le cozze, ma anche le vongole, i fasolari, le ostriche. Quest’ultime contengono una percentuale di grasso interessante, riuscendo così ad assorbire e trattenere bene gli aromi. I crostacei non possiedono grandi quantità di ma- teria grassa, ma comunque possono dare soddisfazioni sia se affumicati a freddo che a caldo, soprattutto nel caso di crostacei di grandi dimensioni. Opportunità interessanti al fine di valorizzare i prodotti della pesca, per la preparazione di piatti con un tocco unico, ma anche di trasformati conservati perfetti per diversificare la propria proposta.
Speck di pesce spada in tranci.