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Io sono il foie gras Josette Baverez Blanco
LA MORTADELLA SOVIETICA
di Nunzia Manicardi
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Anche i Russi hanno il loro würstel, che qui però ha sia un nome che un’origine diversi da quello tedesco, assai più conosciuto. Anzi, è più esatto dire che hanno la loro mortadella perché, come vedremo, è anche dalla nostra specialità bolognese, sia pure rivisitata, che esso trae ispirazione. Il suo nome è Doktorskaya e l’origine è piuttosto recente perché risale agli anni Trenta del secolo scorso. È nata, quindi, poco dopo la costituzione dell’Unione Sovietica, avvenuta nel 1922, ed è sopravvissuta alla sua dissoluzione nel 1991, mantenendo intatto il favore di cui aveva goduto fi n dal primo momento e che ne fatto uno dei simboli della gastronomia russa. Si è trattato di un esordio piuttosto tardivo, in quanto le salsicce di tipo tedesco fecero la loro comparsa in Russia soltanto nel XII secolo ed ebbero diffusione popolare ancora più tardi, tra ‘600 e ‘700, quando lo zar Pietro I — il fondatore della nuova capitale San Pietroburgo — le introdusse pressoché uffi cialmente
nell’ambito della sua articolata opera di occiden talizzazione dell’intero paese che investì tutti gli ambiti della vita sociale e culturale.
Da allora in poi furono consumate ma a tutto vantaggio delle classi più abbienti. Fu soltanto nel 1936 che, sotto le direttive tecniche del Commissariato per la salute popolare istituito dalla nuova Costituzione sovietica appena entrata in vigore per volontà di Stalin, l’Istituto scientifi co di ricerca per l’industria di trasformazione della carne diretto da ANASTAS MIKOYAN e a lui poi dedicato sviluppò la ricetta, il nome e, soprattutto, le tecnologie di produzione della nuova, grossa salsiccia di fabbricazione industriale, un alimento dietetico con elevato contenuto proteico che avrebbe potuto rinforzare la dieta del popolo russo e che per questo fu chiamato Doktorskaya kolbasa (Salsiccia del Dottore).
L’idea di questo nuovo impasto alimentare scaturì anche dal giro di Assomiglia al würstel tedesco ma, ancor di più, alla nostra mortadella, e si chiama Doktorskaya. Nata negli anni Trenta, questa salsiccia di produzione industriale gode tuttora di uno straordinario favore popolare. Si mangia abitualmente anche a colazione tagliata spessa come farcitura dei panini
visite che Mikoyan, un progressista desideroso di confrontarsi col mondo esterno, in accordo con Stalin, ottenne di fare negli Stati Uniti d’America. Fu proprio sul suolo americano che, nella fabbrica di carne di Chicago (città di origine tedesca, dove i würstel tuttora costituiscono uno dei cibi più diffusi e identitari) venne a conoscenza di quella che là veniva chiamata “salsiccia bolognese”, una mortadella che, a sua volta, si avvicinava al Leberwurst, la salsiccia tedesca morbida a base di fegato.
La trasferta di Mikoyan fruttò un accordo commerciale che, al suo ritorno in patria, portò all’apertura di un primo stabilimento russo-americano per la produzione di un insaccato simile alla mortadella di tipo bolognese ma appositamente modifi cato per renderlo meno grasso. Il primo “fi lone” cotto di Doktorskaya kolbasa che uscì dalla linea di produzione del salumifi cio moscovita prevedeva molti albumi e conteneva pochi grassi, proprio come “prescritto dal dottore”. Dal “Libro per un’alimentazione gustosa e salutare” (1952) leggiamo che: “tra i vari salami cotti c’è anche il Doktorskaya kolbasa, così chiamato perché può essere mangiato anche in caso di alcune malattie dello stomaco, quando è necessario nutrirsi con cibi di facile digestione. La ricetta di questo salame prevede per lo più carne suina non grassa (60 gr su 100 gr di carne macinata), grasso di maiale (25 gr) e carne bovina di ottima qualità (15 gr) con l’aggiunta di zucchero, sale e un pizzico di cardamomo. La ricetta non prevede l’aggiunta di pepe, condimenti e altre spezie piccanti”. Al manzo e al maiale semigrasso aromatizzati con il cardamomo si univano latte, uova, sale, zucchero e acido ascorbico (stabilizzante del colore).
La produzione avveniva mediante taglio a cubetti e miscelazione di tutti gli ingredienti in una pasta omogenea con la quale erano poi riempiti i tubi, dopodiché la salsiccia così ottenuta veniva essiccata e bollita. Poiché era una fonte salutare di carne (quasi il 99% del totale prodotto e di alta qualità), dal sapore delicato che poteva piacere a chiunque e a prezzo basso, questa salsiccia diventò subito popolarissima in tutta l’Unione Sovietica e tale è rimasta anche dopo la fi ne di quel tipo di organizzazione statale. La sua diffusione immediata e capillare fu ottenuta anche grazie a un’abilissima campagna promozionale su vasta scala, con la vendita diretta sulle bancarelle di strada e, in seguito, nei distributori automatici.
La Doktorskaya è stata prodotta in base alla ricetta standardizzata appena descritta e fi ssata dal GOST 23670 dal 1936 fi no al 1974, quando le restrizioni sugli standard qualitativi furono allentate a causa delle crisi economiche e venne consentito di aggiungere al macinato fi no al 2% di amido o farina per “allungare” la carne (oggi gli standard da rispettare sono quelli contenuti nella direttiva GOST 23670 del 1979)
Tuttavia, questo non infl uì molto sulla sua popolarità, tutt’altro. Iniziò infatti anche ad essere usata a colazione per farcire i panini. In epoca sovietica se ne metteva una grossa fetta su pane imburrato, mentre adesso è il contrario: fette sottili senza burro. In ogni caso si tratta sempre di panini aperti, cioè senza copertura. Diventò ancora più famosa e diffusa quando nacque l’usanza di aggiungerla all’insalata Olivier (quella che noi chiamiamo insalata russa) e alla Soljanka, la tipica zuppa russa con una base di brodo mescolata con cetrioli, cavolo, pomodoro e altri vegetali in salamoia. In qualsiasi modo, insomma, purché sia Doktorskaya.