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Belle Botteghe Gastronomia Cerasella Massimiliano Rella
Tradizione vuole che il capocollo di Martina Franca venga tagliato a coltello in fette di spessore variabile secondo i gusti (photo © Angelo Chiariello – stock.adobe.com).
lasciano in ammollo per altre 24 ore. La vestitura dei capocolli avviene con un budello naturale di maiale; avvolti in panni di lino o cotone vengono poi lasciati a riposo per i successivi 20 giorni prima di entrare nelle celle di asciugatura.
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Si passa quindi all’affumicatura, che conferisce al capocollo di Martina Franca il suo caratteristico profumo: il legno di fragno e il mallo di mandorla vengono bruciati insieme per due giorni conferendo al prodotto un lieve sentore di fumo. Un tempo si ricopriva il pavimento della stanza di stagionatura coi rami della macchia mediterranea e si appiccava il fuoco, badando che bruciassero senza fi amma, ma oggi si utilizzano appositi camini in grado di tenere sotto controllo i parametri fondamentali del processo produttivo.
La stagionatura dura circa 6 mesi, tempo necessario per conferire al capocollo un sapore aromatico e persistente per il contatto delle carni con il vino. Tradizione vuole che il presidio venga tagliato a coltello in fette di spessore variabile a seconda dei gusti.
Si abbina con il buon pane pugliese, come il pane di Altamura DOP, oppure lo si trova accompagnato ai fi chi, alle cipolle al vin cotto, alle fave o al Pallone di Gravina, noto formaggio semiduro che trova origine dell’area di Gravina da cui prende il nome.
Consumato in passato da famiglie contadine, in particolare pastori occupati nella transumanza, oggi il capocollo di Martina Franca è diventato un salume
IL CAPOCOLLO È UN SALUME DI GRANDE VALORE STORICO E CULTURALE, CHE VA VALORIZZATO E TUTELATO, PER PROTEGGERNE L’AUTENTICITÀ, L’ANTICA RICETTA E LA RELAZIONE CON QUESTO MERAVIGLIOSO ANGOLO DI PUGLIA
Capocollo e… bombette!
Capocollo di maiale fresco, Caciocavallo podolico del Gargano, sale, pepe, panatura opzionale. Le bombette pugliesi sono degli involtini ripieni tipici del territorio della Valle d’Itria, la valle dei trulli tra le province di Bari, Brindisi e Taranto, e in particolare proprio di Martina Franca, in cui sono numerosi i “fornelli”, tipici forni a legna in cui viene cotta la carne. Molte macellerie della zona, infatti, possiedono un fornello e, dopo la quotidiana vendita della carne al banco, in serata si trasformano, permettendo ai clienti di gustare ogni varietà di carne, appena sfornata, seduti in romantici e incantevoli angoli dei centri storici. Le bombette sono di forma arrotondata e di piccole dimensioni (circa 3-5 cm). Il nome di questi bocconcini golosi sarebbe legato all’esplosione di sapore che si prova mangiandole e soprattutto assaporandone il ricco ripieno. Durante le feste e le sagre estive sono considerate lo street food locale per eccellenza (photo © newscucina.it).
ricercato, ottenuto seguendo regole ben defi nite. Il presidio, infatti, ha un Disciplinare di produzione rigoroso che regola tutte le fasi della fi liera ed esclude l’uso di nitriti, nitrati e di qualsiasi altro additivo alimentare.
Nel 2018 l’Associazione del Capocollo di Martina Franca, che raggruppa piccoli artigiani della zona, ha avviato l’iter per attribuire al presidio la denominazione europea d’origine protetta (DOP). Negli anni i norcini della Murgia hanno svolto un grande lavoro di promozione del territorio e di salvaguardia dei saperi tramandati di padre in fi glio, ma ai sensi dell’art. 13 e 25 del CPI, il marchio “Capocollo di Martina Franca” non può essere registrato. Ciò signifi ca che, ad oggi, chiunque e dovunque può produrre questo salume. La DOP è l’unico modo per legare il Capocollo alla città d’origine potendo fi nalmente metterlo al sicuro. È un percorso tortuoso e pieno di ostacoli, ma ormai indispensabile per la credibilità del prodotto.
Si attende risposta da parte del Ministero delle Politiche Agricole, ma, per il momento, dovrà accontentarsi di raggiungere il traguardo dell’IGP. Il problema principale è il mancato equilibrio tra domanda e offerta: l’area di approvvigionamento del suino dovrebbe essere l’intero Sud Italia per soddisfare l’intera domanda di prodotto. Da un singolo maiale si possono ottenere solo 2 capocolli e per questo motivo la produzione resta limitata.
Occorre, quindi, allargare il territorio di approvvigionamento per la produzione dei suini, ma, soprattutto, i confi ni dell’attuale composizione dell’associazione dei produttori del capocollo di Martina Franca. Secondo l’assessore allo sviluppo economico del comune, BRUNO MAGGI, «una volta scritte bene le regole e il disciplinare si può lavorare in questa direzione, ma bisogna lavorare maggiormente di squadra».
Il capocollo è un prodotto unico, inimitabile e straordinario. Un salume di grande valore storico e culturale, che va valorizzato e tutelato, per proteggerne l’autenticità, l’antica ricetta, la relazione con il territorio e per contrastare le grandi produzioni industriali, che nascono di giorno in giorno in questo meraviglioso angolo di Puglia. Il nostro tifo è tutto per lui!
Chiara Papotti
Gastronomia CERASELLA
di Massimiliano Rella
Davanti al Parco Nazionale del Circeo, lungo la statale Pontina, la lunga strada che porta i romani a sud verso Sabaudia, il Circeo e Terracina, c’è una ricca gastronomia con tavoli interni-esterni che rischia di passare inosservata anche ai gastronomi più attenti. Potrebbe, infatti, sembrare uno dei tanti edifi ci sparsi lungo le strade dell’AgroPontino, quella fertile terra in provincia di Latina bonifi cata durante il fascismo con l’aiuto di braccia friulane, venete e romagnole, per ricordare le principali origini dei coloni insediatisi nel Basso Lazio durante il ventennio.
La gastronomia si chiama Cerasella e non è poi tanto anonima neanche sotto il profi lo architettonico: affacciatevi nella grande e luminosa sala del bar accanto, tra i tavoli per consumare all’asporto (130 coperti tra dentro e fuori), e noterete la linearità e il minimalismo di un edifi cio anni ‘60 che da una parte si ispira allo stile razionalista tipico delle vicine città di fondazione — Sabaudia, Pontinia, Pomezia, la stessa Latina —
Mario Santucci, selezionatore e titolare di Gastronomia Cerasella (photo © Massimiliano Rella).
dall’altra sfrutta la luce naturale con una parete di vetrate perimetrali, abbellita da sottili intelaiature, che fa intimidire i cantori odierni della tanto sbandierata sostenibilità. Avete presenti gli “sbrodolatori” del green, dell’energia pulita, dell’edilizia ecocompatibile? Quelli arrivati con 60-70 anni di ritardo…
Invece, l’aspetto gastronomico di questa bottega con tavoli per la sosta golosa all’asporto abbraccia tutta la ricchezza di sapori e cultura alimentare della migliore Italia, da Sud a Nord. Il proprietario, MARIO SANTUCCI, attento selezionatore di prodotti, apre la Gastronomia Cerasella una trentina d’anni fa proprio per ricercare e vendere le eccellenze delle nostre regioni, con un’attenzione particolare al Lazio e alle conserve alimentari.
Sono complessivamente qualche centinaio le referenze sugli scaffali e nella vetrina di salumi e formaggi di questa piccola e curata bottega del gusto. Per rimanere al Lazio meridionale troviamo ad esempio il Prosciutto di Bassiano dell’azienda Reggiani e il Provolone di Recco, da Formia, uno degli ultimi paesi della provincia di Latina, già in odor di Campania; due prodotti di cui ovviamente ci siamo interessati in passato. Quest’ultimo formaggio, ad esempio, si deve all’iniziativa di ENZO RECCO, anziano signore proprietario di un negozio di generi alimentari in centro storico che a fi ne ‘90, su suggerimento di un amico, decise di mettersi ad affi nare salumi e formaggi. Nacquero così i provoloni di Recco, acquistati in provincia di Piacenza e da lui stesso affi nati a temperatura e umidità costanti, con stagionature da minimo 24 mesi a massimo di 6-7 anni e forme di 30-50 kg di peso. Più sono invecchiati, più il provolone ingiallisce, diventa piccante, granuloso e complesso (www.provolonirecco.it). Il Prosciutto di Bassiano dei Reggiani (www.prosciuttobassiano.it) è invece un prodotto dal sapore intenso, aromatico e leggermente affumicato. Dopo la rifi latura a punta di coltello le cosce sono conciate con una salsa di ingredienti freschi, aglio, vino, pepe nero e sale marino, senza aromi chimici e conservanti. La conciatura avviene contemporaneamente alla prima salatura, della durata di una settimana. C’è anche una seconda salatura per un’altra settimana per far entrare bene la giusta quantità di sale nelle fi bre dei tessuti. A questo punto le cosce riposano tre mesi in celle frigorifere dove la carne si stabilizza e prima della stagionatura sono affumicate in modo naturale con fumo di legno di faggio per 4-5 ore. Atto fi nale: l’affi namento in locali arieggiati per 14-18-24 mesi, a seconda della grandezza della coscia e del tipo di prosciutto; il nero a 36 mesi.
Spaziando all’Italia troviamo tantissime altre specialità. Da Mondragone (CE) le mozzarelle di bufala campana DOP del Caseifi cio Migliore Rosa (www.caseifi ciomigliore.it); da Moena, Trento, il “profumatissimo” Puzzone; da Agnone, in provincia di Isernia, il ca ciocavallo del Caseifi cio Antenucci (www.caseifi cioantenucci.it); da Vignola (MO) le confetture di visciola dell’azienda Cavazza (www.cavazza1898.com); da Conegliano (Treviso) la mostarda di Lazzaris (www.lazzaris.com); dal lago di Garda le giardiniere di Morgan (www.lagiardinieradimorgan.com); da Roccaverano, Asti, l’ottima Robiola di Roccaverano del Caseifi cio AgriLanga (www.agrilanga.it). E per la salumeria vari salumi dalla Levoni di Castellucchio, Mantova (www.levoni.it) e salumi e insaccati di piccoli salumifi ci, come il veneto Bazza per lonza, pancetta e salame (www.salumibazza.it), oppure, da Pisa, i carpacci di Bernardini Gastone (www.bernardinigastone.it).
C’è ovviamente spazio anche per la pasta, ad esempio i tajarin di MARCO