Impariamo a gestire le emozioni
Come affrontare rabbia, paura, tristezza e ritrovare l’equilibrio interiore
Come affrontare rabbia, paura, tristezza e ritrovare l’equilibrio interiore
Come affrontare rabbia, paura, tristezza e ritrovare l’equilibrio interiore
Ognuno istintivamente sa cosa sono le emozioni, ma quasi nessuno, oggi, riesce a viverle nel modo corretto. Cerchiamo di domarle, soffocarle o correggerle. I condizionamenti sociali ci hanno portato a credere che alcune siano buone, altre invece no. Abbiamo rinnegato il loro valore, mettendole in una posizione subordinata rispetto alla logica e alla razionalità. Ci si è dimenticati del fatto che le emozioni sono per noi una guida, perché arrivano dalla parte più profonda e autentica del nostro essere. Rabbia, paura, tristezza e tutte le altre, infatti, possono essere definite come voci dell’anima, espressioni di bisogni autentici e desideri che sono soltanto nostri. Quando ci vengono a trovare, portano un messaggio. Ecco allora che, se impariamo ad accoglierle e ad ascoltarle, possono condurci verso la piena realizzazione della nostra natura. Le emozioni sono la chiave indispensabile per aprire la porta che ci dà accesso alla nostra interiorità, quel luogo intimo e personale in cui sta nascosto il segreto della nostra felicità, ovvero la piena realizzazione di noi stessi. Tutte, nessuna esclusa, sono nostre alleate. Conoscerle (e liberarci da convenzioni e falsi miti sul loro conto) è il primo passo per sfruttare il loro enorme potere di trasformazione.
A volte le emozioni sembra che ci complichino la vita. Quello che è certo è che non dobbiamo mai sbarrare loro la strada: sono energia vitale ed espressione di stati dell’anima. Non ascoltarle, non fare loro spazio, ci allontana dalla nostra vera natura, che non è univoca, ma complessa. Per questo ne esistono così tante. Se, per un eccesso di razionalità e giudizio, siamo portati a temerle, a considerarne alcune negative, dobbiamo avere ben chiaro che il nostro compito è viverle, mentre il loro è quello di far emergere i nostri bisogni più profondi.
Possono liberarci da maschere che ci vanno strette
Accogliere le emozioni significa mettersi in ascolto di se stessi e questo è l’unico modo per arrivare ad essere felici. Facciamo un esempio: arriva la tristezza e cosa facciamo di solito? Cerchiamo di mandarla via. Ma se non l’ascoltiamo, tornerà. E alzerà di più la voce, diventando più intensa e profonda. Accogliamola invece, facciamole spazio. La tristezza arriva per dirmi, magari, che il ruolo che mi trovo a interpretare nella società o nella famiglia non basta a darmi la gioia che merito. La tristezza mi dice che ho bisogno anche di altro e mi invita a cercarlo.
Emozione: dal latino “emovere” = rimuovere, portare fuori, scuotere. È una risposta affettiva intensa e breve, una reazione a un evento o a una situazione. È associata a specifici cambiamenti corporei ed è legata a ciò che conta per noi.
Stato d’animo: è un’emozione dai toni moderati che tende a stabilizzarsi nel tempo (serenità, fiducia, ottimismo).
Sentimento: implica maggiore stabilità ed è orientato a comportamenti che si mantengono nel tempo. Il sentimento d’odio è più stabile e complesso di un’emozione come la rabbia e si alimenta di ragionamenti, convinzioni e ricordi.
Sono moltissimi gli studi che hanno cercato di definire ed enumerare le emozioni. Le ricerche transculturali di Paul Ekman, che hanno preso in esame popoli e individui di ogni tipo, tradizione e provenienza, hanno fatto la storia e sono arrivate a identificarne sei. Queste sono le emozioni di base, che appartengono a tutti, non importa dove si è nati, a quale latitudine e in quale cultura. Esse sono associate a espressioni facciali precise, riconoscibili e universali. Ecco quali sono.
SORPRESA È rapidissima e si origina da un evento inaspettato; può essere seguita da paura, gioia, tristezza.
RABBIA È una potente reazione di auto-difesa. Diventa una spinta all’attacco se viene espressa verso l’esterno; se repressa può causare, nel tempo, sintomi e disturbi psicosomatici.
PAURA È puro istinto e ci mette in allerta di fronte a una situazione potenzialmente pericolosa. Ha una funzione protettiva.
TRISTEZZA Nasce da una perdita o da un fallimento personale. Invita a richiudersi in se stessi per poter ripartire.
GIOIA È generata da una soddisfazione o una gratificazione. È la motivazione che ci spinge ad agire.
DISGUSTO È la risposta di repulsione nei confronti di qualcosa che non ci piace o che pensiamo sia dannoso.
Definite le emozioni di base, iniziamo a coglierne un primo grado di complessità, che deriva dall’intensità con cui le proviamo. Dalla rabbia derivano fastidio, collera, ma anche ira; la paura può essere lieve, come un leggero timore o una semplice apprensione, o arrivare al terrore vero e proprio. La tristezza sfuma dalla malinconia al dolore intenso, come quello dovuto a un lutto. La gioia si manifesta come serenità o addirittura estasi, mentre il disgusto va dalla semplice noia alla ripugnanza.
NASCONO LE EMOZIONI COMPLESSE
Dall’unione delle diverse emozioni di base e dall’interazione di queste con l’esperienza nascono emozioni più raffinate e complesse: le emozioni secondarie. Sono meno istintive e spontanee, perché sono anche il frutto di cultura ed esperienze. Le emozioni complesse sono numerosissime e rendono conto delle mille sfumature che può avere uno stato d’animo dentro di noi. Sono la tavolozza completa con la quale il nostro mondo interiore scrive i suoi messaggi. Eccone alcune: disprezzo, rimorso, disapprovazione, timore, sottomissione, amore (opera di gioia e fiducia), ottimismo (frutto di anticipazione e gioia), aggressività (esito di rabbia e anticipazione), allegria, invidia, vergogna, ansia, rassegnazione, gelosia, speranza, nostalgia, delusione e molte altre ancora…
Anche loro vanno accolte, interrogate con curiosità, perché raccontano il nostro modo di stare nel mondo.
La cosa più importante e spesso la più difficile da fare è sospendere il giudizio su ciò che proviamo, evitando di attribuire alle emozioni etichette come giusto o sbagliato, buono o cattivo. Provare rabbia è sbagliato? Sei una bella persona solo se provi gioia e non ti fai mai vedere triste?
La paura ti rende vile? In realtà non ha senso catalogare le emozioni. Giudicarle è la cosa peggiore che possiamo fare in quanto esse sono giuste e utili così come sono, nel momento in cui si presentano. Sono un fatto: in questo momento ne proviamo una e non ha senso negarlo. Ci sono emozioni che fanno stare bene e altre che fanno stare male, ma tutte portano un’indicazione preziosa che viene da dentro e, per quanto spiacevole possa essere il messaggio, nessuna ci può danneggiare.
Aggiungiamo un altro elemento: in noi convivono (e devono farlo) emozioni contrarie. La rosa, fiore delicato con un gambo ricoperto di spine, è considerata l’emblema della legge dell’armonia degli opposti che regola l’inconscio. A livello simbolico ci invita a riflettere sul fatto che nessuno è abitato sempre e solo da un unico stato d’animo e che le definizioni che diamo di noi stessi (“Io sono un tipo pauroso”, “Sono allegro”...) non hanno senso. Infatti, il dolore e la tristezza non sono necessariamente disgiunti dalla gioia. Questo è un enorme vantaggio, perché significa che è possibile, ad esempio, trovare ed evocare la gioia anche nei momenti tristi. Le emozioni opposte, come gioia e tristezza, sono destinate a intrecciarsi e rincorrersi, sono complementari e non alternative.
Evoca l’immagine di un momento doloroso che ti è capitato e, contemporaneamente, porta alla mente l’immagine di un istante in cui ti sei sentito felice, allegro, spensierato. Tieni nella mente queste due immagini una accanto all’altra, come se ne tenessi una in ogni mano, e percepisci allo stesso modo la presenza della gioia e della tristezza.
Le emozioni, come detto, ci mettono in contatto col mondo. Se impariamo a viverle senza opporre resistenza, ci sono di grande aiuto per imparare a essere più coinvolti in ciò che facciamo, più concentrati e in equilibrio. Ci regalano, infatti, l’intensità della vita. Senza di loro la nostra esistenza non avrebbe senso né sapore. Non a caso il tempo delle emozioni è il presente: ciò che sentiamo è qui e ora, l’unico tempo della vita. Stare con ciò che proviamo, piacevole o meno che sia, è l’unico modo per vivere in maniera autentica e non superficiale. Ecco perché non dovremmo solo cercare le emozioni piacevoli. Se le inseguiamo perché ci portino via, come diversivo alla routine, è probabile che finiremo per allontanarci dalla nostra realizzazione. Nascondere gli stati d’animo che sono meno accettati socialmente come la tristezza, l’insicurezza o la paura per mostrarsi sempre forti, allegri, sorridenti, vincenti ci fa respingere e rifiutare una parte fondamentale di noi, rendendoci banali e superficiali e rischiando di farci ammalare.