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V0 Anche gli dei difendono i poeti (Fedro

TESTO ESEMPLARE TRADOTTO

Fedro Fabulae, XXVI

TRADUZIONE Laura Forcella

5. Cuius /quem vestrum interest ut patria salva sit?

6. Consulis/ consuli refert pugnam vincere.

7. Est amici/amicum gratiam referre.

8. Est hominis acuti gloriam aeternam / aeternum dare amico.

9. Est nostrorum temporum / nostra tempora putare ineptium lodari.

10. Scipio dixit sua interesse Hannibalem / Hannibalis vinci.

V 0 Anche gli dei difendono i poeti

Simonide fu un grande poeta greco vissuto tra il VI e il V secolo a.C. Questa fabula di Fedro racconta un aneddoto che lo riguarda. I due gemelli, figli di Leda nominati nel testo, sono Castore e Polluce, l’uno abile domatore di cavalli, l’altro pugile. Insieme costituiscono la costellazione dei Gemelli.

Quantum valerent inter homines litterae dixi superius; quantus nunc illis honos a superis sit tributus tradam memoriae. Simonides idem ille de quo rettuli, victori laudem cuidam pyctae ut scriberet certo conductus pretio, secretum petit. Exigua cum frenaret materia impetum, usus poetae more est et licentia atque interposuit gemina Ledae sidera, auctoritatem similis referens gloriae. Opus adprobavit; sed mercedis tertiam accepit partem. Cum relicuas posceret: “Illi” inquit “reddent quorum sunt laudis duae. Verum, ut ne irate te dimissum sentiant, ad cenam mihi promitte; cognatos volo hodie invitare, quorum es in numero mihi.” Fraudatus quamvis et dolens iniuria, ne male dimissus gratiam corrumperet, promisit. Rediit hora dicta, recubuit. Splendebat hilare poculis convivium, magno apparatu laeta resonabat domus, repente duo cum iuvenes, sparsi pulvere, sudore multo diffluentes, corpore humanam supra formam, cuidam servolo mandant ut ad se provocet Simonidem; illius interesse ne faciat moram. Homo perturbatus excitat Simonidem. Unum promorat vix pedem triclinio, ruina camarae subito oppressit ceteros; nec ulli iuvenes sunt reperti ad ianuam. Ut est vulgatus ordo narratae rei omnes scierunt numinum praesentiam vati dedisse vitam mercedis loco.

Ho detto precedentemente quanta importanza avesse tra gli uomini la letteratura: quanto sia stato l’onore tributato ad essa dagli dei lo tramanderò ora alla memoria. Quel medesimo Simonide, di cui ho prima raccontato, si ritirò in un luogo secreto, dopo aver concordato una certa ricompensa, per scrivere un elogio per la vittoria di un pugile di scarsa fama. Poiché la futilità dell’argomento raffreddava l’ispirazione, fece ricorso alla consuetudine e alla licenza poetica: vi mescolò la storia dei due astri gemelli di Leda, riferendosi al prestigio di una gloria simile. Ottenne l’approvazione della sua opera, ma ricevette la terza parte del compenso. Alla richiesta della parte

rimanente, il pugile gli disse: “Te la paghino quelli ai quali sono state riservate le altre due lodi! Promettimi, però, di venire a cena perché non si abbia l’impressione che tu sia stato liquidato senza accordo tra noi. Voglio oggi invitare i miei parenti tra i quali per me sei annoverato”. Sebbene frodato e triste per l’inganno, per non guastare i buoni rapporti pur malamente conclusi, glielo promise. Tornò all’ora stabilita e prese posto nel triclinio. Sfavillava, festante di coppe, il banchetto, la casa risuonava lieta di un grande sfarzo, quando, improvvisamente, due giovani, cosparsi di polvere, grondanti molto sudore, dai corpi ben al di sopra di qualsiasi bellezza umana, ordinano a uno schiavo di chiamare loro Simonide: era nel suo interesse non indugiare nemmeno un istante. L’uomo sconvolto fa uscire Simonide. Aveva appena spinto fuori un piede dal triclinio, quando improvvisamente il crollo del soffitto a volta schiacciò tutti gli altri. I due giovani non furono trovati alla porta. Non appena fu divulgata la cosa nell’ordine in cui è stata raccontata, tutti capirono che la presenza degli dei aveva corrisposto al poeta la vita in luogo del compenso.

Rifletti sul testo Il contesto

1. La fabula, scritta in poesia nel metro del senario giambico, è opera di Fedro, un poeta di origine greca arrivato a Roma come schiavo e liberato, forse per meriti letterari, dallo stesso Augusto. In questa narrazione si può cogliere, quindi, il riferimento autobiografico alla condizione del poeta, non abbastanza premiato dagli uomini, ma protetto dagli dei. Leggiamo lo stesso racconto in Cicerone, in Quintiliano e in Valerio Massimo e sappiamo che risale alla tradizione favolistica greca. Il modello dichiarato di Fedro è il greco Esopo, anche lui schiavo, uno scrittore leggendario vissuto forse realmente nel VI secolo a.C. Come accade spesso nelle sue fabulae, Fedro dichiara in apertura l’intento della sua narrazione: ricorrendo a Simonide, un personaggio di cui ha già parlato, vuole dimostrare come gli dei considerino la letteratura un valore. Nella fabula XXIII, un naufragio aveva permesso a Simonide di dichiarare che la sua ricchezza, cioè la sua cultura, non è soggetta ai rovesci della Fortuna: si possono perdere i beni materiali, ma ciò che si è appreso è patrimonio che nemmeno un naufragio può sottrarci.

La morfo-sintassi

2. Focalizziamo l’attenzione sui genitivi: - l’interrogativa indiretta iniziale potrebbe essere trasformata con un genitivo di stima, se “gli uomini” divenisse soggetto: “quanto stimano gli uomini la letteratura”. Traduci la nuova proposizione ricordando che è un’interrogativa indiretta. - laudis duae non è un genitivo: laudis è un arcaismo per laudes. Quorum è un genitivo di possesso. - quorum es in numero mihi: che tipo di genitivo è quorum? Sapresti esprimerlo in un altro modo? - illius interesse ne faciam moram: l’infinito trasmette rapidità al messaggio. Spiega il costrutto: perché illius e non sua? - Analizza narratae: parte del discorso, modo, tempo, caso, genere, numero, funzione logica.

- Trascrivi gli altri sostantivi al genitivo che non sono stati analizzati e completa lo specchietto:

Declinazione Lemma sul vocabolario

Ledae prima Leda, -ae

- promorat è una forma sincopata per promoverat.

Lo stile

3. Il poeta greco Simonide, già protagonista di una fabula di Fedro, anima ora un racconto molto vivace, fondato sulla sorpresa: Fedro racconta dell’ignoranza, o forse dell’interesse, di un pugile di cui non dichiara il nome, della visita inaspettata di due misteriosi giovani e dell’interpretazione del fatto da tutti accettata. Particolarmente efficace è la descrizione luminosa e sonora della casa in festa che splendebat e resonabat. L’apparizione dei due giovani, le divinità, riceve vigore dal sostantivo corpora che interrompe la sequenza dei participi (sparsi, diffluentes) e suscita l’attenzione del lettore, fornendo l’indizio chiave dell’interpretazione (humanam supra formam). È ricorrente nella letteratura, sacra e profana, la presenza di divinità che assumono aspetti ingannevoli per gli uomini. Conosci qualcuna di queste storie? Vi ricorre qualche elemento in comune con questa?

Il lessico

4. Simonide è stato invitato a un convivium, un luogo cioè dove “si vive insieme”. La parola è stata usata da Fedro come sinonimo di epulae, -arum, “banchetto”, ma ha una risonanza emotiva particolare: epulae è legato semplicemente alla dimensione del cibo (la radice è la stessa di opus) e non a quella della vita. Non è un caso che Lucrezio usi questa parola per trasmetterci l’immagine poetica della vita come un banchetto da cui si può imparare ad allontanarsi come conviva satur, “convitato sazio”. Lo stesso faranno, dopo di lui, Orazio e Seneca. Non è nemmeno un caso che quando Dante decide di dare un titolo a un’opera scritta in volgare a cui assegna una grande importanza etica, in un momento in cui cerca il riscatto dal suo umiliante esilio, scelga l’allegorica immagine del Convivio che è un luogo in cui il cibo nutre non solo il corpo, ma anche lo spirito.

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