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V0 Una gara di astuzia (Plauto

4. Traduci le seguenti frasi elementari con determinazioni di luogo e di tempo.

1. Qua via in urbem itur hieme? 2. Perge in Siciliam, ubi salus nostra est. 3. A pueritia volo domi gaudium sit. 4. Deus ad homines venit, immo in homines. 5. Undique ex agris concurrerunt. 6. Ibam via Sacra tertio quoque die. 7. Haec via est per Macedoniam usque ad Hellespontum. 8. Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur. 9. E Peloponneso decedens Rhodum venibam sesto die post tertium mensem. 10. Domi Caesaris saepe epulae habebantur. 11. Heri venisti media nocte, nunc abis. 12. Omnes Hermae, qui in oppido erant Athenis, una nocte deiectae sunt. 13. Huc Mithridates venit post aliquot dies. 14. Aristoteles magister Alexandri fuit, a quo a pueritia bona praecepta didicit. 15. Nullus dolor est quem tempus non leniat.

TESTO ESEMPLARE TRADOTTO

Plauto Miles gloriosus, atto II, vv. 341- 353

TRADUZIONE Laura Forcella

V 0 Una gara di astuzia

Il commediografo Plauto mette in scena due schiavi. Palestrione, il deus ex machina della vicenda, è l’orditore di inganni, l’architectus della vicenda, quello che riuscirà a riunire la ragazza di cui si parla nel dialogo, con il suo innamorato, sottraendola al miles gloriosus. Scèledro è il beffato che suscita risa proprio perché si crede furbo. Palestrione deve convincere che la ragazza è in casa: in realtà è riuscito a portarla a un incontro segreto con il suo innamorato.

PAL. Quid nunc? Si ea domi est, si facio ut eam exire hinc videas domo, dignus es verberibus multis? SCEL. Dignus. PAL. Serva istas fores, ne tibi clam se subterducat istinc atque huc transeat. SCEL. Consilium est ita facere. PAL. Pede ego iam illam huc tibi sistam in viam. SCEL. Agedum ergo face. Volo scire, utrum ego id quod vidi viderim an ille faciat, quod facturum dicit, ut ea sit domi. Nam ego quidem meos oculos habeo nec rogo utendos foris. Sed hic illi subparasitatur semper, hic ei proximus est, primus ad cibum vocatur, primo pulmentum datur; nam ille noster est fortasse circiter trimenium, neque cuiquam quam illi in nostra melius est famulo familia. Sed ego hoc quod ago, id me agere oportet, hoc observare ostium. Sic obsistam. Hac quidem Pol certo verba mihi numquam dabunt.

palestrione: E allora? Se lei è a casa, se te la faccio vedere mentre esce da questa casa, ti meriti un sacco di legnate? scèledro: Certamente. P.: Tieni ben d’occhio queste uscite perché non possa sgattaiolare alla chetichella e passare di qui.

S.: È proprio questo che intendo fare. P.: Io te la farò spuntare qui sulla via con i suoi piedi. S.: Fa’ dunque quello che devi fare! Palestrione entra in casa. Scèledro parla al pubblico. Voglio sapere se ho visto ciò che ho visto o se quello là farà ciò che dice che farà cioè farla trovare a casa. Infatti ho i miei occhi e non chiedo che ne debbano essere usati altri. Ma lui, Palestrione, sempre la adula e le sta appiccicato; è il primo ad essere chiamato a mangiare, è il primo a cui si dà il cibo. Il nostro Palestrione c’è forse da tre mesi, eppure non c’è nessuno che sia trattato meglio di lui in famiglia. Conviene che io faccia ciò che faccio: osservare questa porta. Così starò di guardia: per Polluce, non mi diranno certamente parolacce, da questa parte!

Rifletti sul testo Il contesto

1. Plauto (255-184 a.C.), attore e autore di fabulae palliatae, testi teatrali ambientati in Grecia dalla trama complicata che garantisce il lieto fine, non indaga la psicologia dei personaggi, delineandoli come macchiette divertenti: è il caso di questi due schiavi e del miles gloriosus, il protagonista di questa commedia che prende il nome da questa figura di mercenario spaccone, molto diverso dal modello di soldato romano. 2. Oppidum quodvis videtur posse expugnare dolis, “Sembra che qualsiasi fortezza possa essere espugnata con i raggiri” è la morale negativa che regge questa vicenda come si desume da questo brano e dall’intera produzione di Plauto. È a Plauto, infatti, che si deve la massima Homo homini lupus, “L’uomo è lupo all’uomo” che ha utilizzato il filosofo inglese Hobbes (1588-1679).

La morfo-sintassi

3. Il testo appartiene all’età arcaica, presenta forme sincopate come domist per domi est e arcaiche come eae per ei o illic per ille che abbiamo normalizzato per facilitarti. Ecco la traduzione dello scrittore Pier Paolo Pasolini (1922-1975) di due versi di questo testo: E manco so’ tre mesi, ch’è venuto a stà qua! Cià messi tutti sotto; cià sbaraccati, cià! Quali sono i versi tradotti? Quali caratteri rivela questa traduzione confrontata con quella che ti abbiamo proposto? 5. Focalizziamo ora l’attenzione sull’uso dell’ablativo e sulle determinazioni di tempo e di luogo: - domo è un ablativo di moto da luogo. Quali sono le eccezioni dei complementi di luogo con la parola domus? - Trasforma dignus verberibus con la relativa corrispondente utilizzando il verbo verbero, -as, -avi, -atum, -are - Trasforma pede al plurale. Che complemento è? - utendos è un gerundivo di un verbo deponente che significa “debbano essere usati”. Qui è costruito in modo assoluto. Che tipo di ablativo regge solitamente?

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