Theriaké Theriaké [online]: ISSN 2724-0509
RIVISTA BIMESTRALE
GALENICA /2 Preparazioni topiche di Carlo Squillario
FRAXINUS SPP. Proprietà e uso in toterapia di Carmen Naccarato
CONTRIBUTO PER UNA STORIA ICONOGRAFICO-ICONOLOGICA DELLA MORTE (I parte)
di Rodolfo Papa
DOMENICO DE GREGORIO Prete intellettuale dell’agrigentino di Vincenzo Lombino
IL CESELLO, LA FRESCHEZZA DI UN’ARTE ANTICA di Irene Luzio
LA SCOPERTA DELLA VITAMINA E
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di Giusi Sanci
Anno V n. 39 Maggio - Giugno 2022
Sommario
4 Medicamentum at secundum artem GALENICA /2
Preparazioni topiche
30 Cultura
IL CESELLO, LA FRESCHEZZA DI UN’ARTE ANTICA
36 Apotheca & Storia
6 Fitoterapia & Nutrizione
LA SCOPERTA DELLA VITAMINA E
FRAXINUS SPP.
Proprietà e uso in toterapia
14 Delle Arti
CONTRIBUTO PER UNA STORIA ICONOGRAFICOICONOLOGICA DELLA MORTE (I parte)
26 Cultura
DOMENICO DE GREGORIO
Prete intellettuale dell’agrigentino
Responsabile della redazione e del progetto gra ico: Ignazio Nocera Redazione: Valeria Ciotta, Elisa Drago, Rossella Giordano, Christian Intorre, Federica Matutino, Giorgia Matutino, Francesco Montaperto, Carmen Naccarato, Silvia Nocera, Giusi Sanci. Contatti: theriake@email.it Theriak via Giovanni XXIII 90/92, 92100 Agrigento (AG). In copertina: Cammarata, 1986, Leonardo Sciascia e Domenico De Gregorio osservano un manoscritto della Biblioteca Comunale di Cammarata, in occasione della presentazione del volume Cammarata. Notizie sul territorio e la sua storia. Foto di Pippo Di Grigoli. Questo numero stato chiuso in redazione il 29 – 6 – 2022 In questo numero: Vincenzo Lombino, Irene Luzio, Carmen Naccarato, Rodolfo Papa, Giusi Sanci, Carlo Squillario.
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Collaboratori: Pasquale Alba, Giuseppina Amato, Carmelo Baio, Francisco J. Ballesta, Vincenzo Balzani, Francesca Baratta, Renzo Belli, Irina Bembel, Paolo Berretta, Mariano Bizzarri, Elisabetta Bolzan, Paolo Bongiorno, Samuela Boni, Giulia Bovassi, C. V. Giovanni Maria Bruno, Paola Brusa, Lorenzo Camarda, Fabio Caradonna, Carmen Carbone, Alberto Carrara LC, Letizia Cascio, Matteo Collura, Alex Cremonesi, Salvatore Crisafulli, Fausto D'Alessandro, Gabriella Daporto, Gero De Marco, Irene De Pellegrini, Corrado De Vito, Roberto Di Ges , Gaetano Di Lascio, Danila Di Majo, Claudio Distefano, Clelia Distefano, Vita Di Stefano, Domenico DiVincenzo, Carmela Fimognari, Luca Matteo Galliano, Fonso Genchi, Carla Gentile, Laura Gerli, Mario Giuffrida, Andrew Gould, Giulia Greco, Giuliano Guzzo, Ylenia Ingrasciotta, Maria Beatrice Iozzino, Valentina Isgr , Pinella Laudani, Anastasia Valentina Liga, Vincenzo Lombino, Ciro Lomonte, Roberta Lupoli, Irene Luzio, Erika Mallarini, Diego Mammo Zagarella, Giuseppe Mannino, Massimo Martino, Carmelo Montagna, Giovanni Noto, Roberta Paci ici, Roberta Palumbo, Rodolfo Papa, Marco Parente, Fabio Persano, Simona Pichini, Irene Pignata, Annalisa Pitino, Valentina Pitruzzella, Renzo Puccetti, Carlo Ranaudo, Lorenzo Ravetto Enri, Salvatore Sciacca, Luigi Sciangula, Alfredo Silvano, Carlo Squillario, Pierluigi Strippoli, Gianluca Tri ir , Emidia Vagnoni, Elena Vecchioni, Fabio Venturella, Margherita Venturi, Fabrizio G. Verruso, Aldo Rocco Vitale, Diego Vitello.
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Galenica /2 Preparazioni topiche Carlo Squillario*
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iao ragazzi, e ben ritrovati a parlare di galenica. Sono molteplici le preparazioni topiche che vediamo in farmacia. Ma quali possono essere allestite in un laboratorio? Essenzialmente tutte, Se non si tratta di tecnologie non replicabili in farmacia (mi vengono, per esempio, in mente i cerotti antin iammatori). Cosa allestiamo in farmacia? Creme, unguenti, lozioni, supposte e ovuli. Le lozioni: la pi famosa lozione allestita in farmacia sicuramente il minoxidil al 2 o al 5%. Oltretutto possibile allestirlo come of icinale, con riferimento alla monogra ia della BP minoxidil scalp lotion. Le lozioni poi sono molto usate dai tricologi, i quali inseriscono, oltre al minoxidil, estrogeni, progestinici e melatonina. Queste ultime preparazioni, ovviamente, richiedono ricetta magistrale e nella gran parte dei casi si tratta di ricetta “non ripetibile”. Continuando nella scia delle magistrali dermatologiche, ricordiamo le creme, per esempio quelle depigmentanti con idrochinone, da solo o in associazione con acido retinoico. Attenzione! Per queste preparazioni sono richiesti eccipienti particolari e accorgimenti tecnici e di preparazione particolari (infatti, per maneggiare ormoni e acido retinoico bisogna dotarsi di una cappa chimica, per lavorare sempre in sicurezza). E qui mi ricollego a quanto detto la scorsa volta, ovvero se uno non ha la strumentazione adatta, meglio che indirizzi il cliente/paziente verso altri colleghi che, magari, eseguono abitualmente determinate preparazioni. Facciamo rete. Non mi stancher mai di ripeterlo. Ma torniamo alle nostre preparazioni: creme e unguenti. Vi sar sicuramente capitato di prepararli (anche solo all’universit ). Come pure i gel (vogliamo parlare del gel disinfettante mani durante il lockdown?). Analizziamoli insieme. Le creme possono essere di tre tipi: O/A, A/O e A/S. Le prime sono le pi delicate, le creme idro ile. Sono quelle al cetomacrogol (anch’esso in farmacopea ita-
liana) oppure al polisorbato 80 (o tween 80). Le seconde sono q u e l l e g ra s s e (come la cold cream, s come quella della Avene). E l’ultima la pi sconosciuta cio : acqua in silicone. Sicuramente l’avrete gi testata tra le creme commerciali perch l’unica che lascia la pelle liscia e setosa. Gli unguenti sono quelli a base di vaselina e anche di lanolina (la pi famosa la pasta all’ossido di zinco). Tutte queste basi si possono allestire in farmacia tranquillamente. Certo si ha bisogno di un turboemulsore o di un miscelatore. Ma se uno non lo possiede, in commercio esistono le basi pronte da usare all’occorrenza per incorporare i principi attivi. I gel in ine sono forme farmaceutiche in cui una soluzione, sia essa acquosa o oleosa, geli icata da un opportuno geli icante quale idrossietilcellulosa o carbopol. Questa forma farmaceutica potete tranquillamente allestirla in laboratorio partendo da zero e usando olio di gomito e bacchetta di vetro. Vi ho stuzzicato un po’ la curiosit e la voglia di fare? Alla prossima!
*Farmacista. Facebook: https://www.facebook.com/preparazionigaleniche Instagram: https://www.instagram.com/farmacia_squillario/
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Medicamentum fiat secundum artem
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Per info: accademiaurbanadellearti@gmail.com e su Whatsapp 348 7123383
Fraxinus spp. Proprietà ed uso in itoterapia Carmen Naccarato*
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on oltre 60 specie, il genere Fraxinus considerato uno dei principali generi della famiglia delle Oleaceae [1]. I frassini sono alberi a foglie pennato-composte e con frutti a s mara [2]. La s mara, o achenio alato, un frutto secco indeiscente, cio non si apre a maturit , e monosperma, ossia con un solo seme all’interno [3]. Le s mare si disperdono trasportate dal vento (dispersione anemocora) [4]. I iori sono attinomor i, in genere tetrameri ed ermafroditi, riuniti in in iorescenze [5] a racemo terminale [6] La corolla dialipetala nel F. ornus, mentre assente negli altri frassini [7]. L’androceo costituito da due stami epicorollini e il gineceo bicarpellare, sincarpico con ovario supero [8]. L’impollinazione anemo ila [9]. Figura 1. Frassineto del territorio delle Madonie, Sicilia. Stalattiti di manna, Molte specie di Fraxinus sono apprezzate detta manna in “cannolo”, o “manna eletta”. La manna solidificata sul tronco, dopo la raccolta, chiamata “manna in rottame”. commercialmente per il legname [10]. Questi alberi possono raggiungere dimensioni considerevoli, superiori ai 10 metri [11]. I frassini sono diffusi in Asia, Europa, e America setCome nota Schicchi: tentrionale [12]. «Le pi antiche notizie sulla produzione di manna in In Italia comunissimo in tutta la penisola, dalla faSicilia risalgono alla seconda met del 1500, ma la coltuscia prealpina del Carso, ino ai laghi lombardi; penera nell’Isola si svilupp intensivamente soltanto nel XVIII tra nelle valli principali ino al cuore delle Alpi. secolo, soprattutto lungo la fascia sublitoranea e collinaNella pianura padana quasi assente. re della parte nord-occidentale compresa tra Tusa (ME) Cresce principalmente in boschi e foreste in associae San Vito Lo Capo (TP). La zona di maggiore produzione zione a varie latifoglie, come quercia, carpino ecc... ed ricadeva nelle Madonie e, in particolare, nei territori dei formidabile nel ricolonizzare le zone forestali in cui comuni di Castelbuono, Cefal , Geraci Siculo, Pollina e avvenuto un incendio o un precedente vecchio rimSan Mauro Castelverde; minore incidenza aveva ad ovest boschimento, mostrando elevata rusticit e messa a di Palermo tra Capaci, Carini e Cinisi e nel trapanese. La seme. specie coltivata era soprattutto l’orniello (Fraxinus orF. ornus e F. angustifolia (nelle varie cultivar) sono nus). Durante gli ultimi decenni del 1800 la frassinicoltura coltivate in Sicilia, nelle Madonie, per la produzione siciliana registr una notevole lessione (FLORIDIA, della manna, nota alla medicina tradizionale come 1936) ma, tra la ine del secolo e i primi decenni del ‘900, blando lassativo e iscritta in Farmacopea Uf iciale ebbe nuovamente un forte incremento per la consistente [13]. richiesta di prodotto da parte dell’industria e dei mercati La manna, prodotta soltanto dalle specie ornus e anesteri. Le aree frassinicole, pertanto, aumentarono in gustifolia, un succo reso solido dall’aria, di colore modo considerevole tanto che nel 1929 il Catasto agrario biancastro che fuoriesce dal tronco in seguito a punriportava una super icie investita a frassini di 6.699 ettature d’insetto (Cicada orni) o ad incisioni della corri per la provincia di Palermo e di 542 ettari per quella di teccia [14]. Trapani, per buona parte in coltura specializzata.
*Farmacista
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Fitoterapia & Nutrizione
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Tuttavia, se l’umidit va sotto il 40% e la temperatura supera i 30°C, si ha il disseccamento troppo rapido delle gocce di manna lungo la linea di incisione, e la conseguente inibizione della fuoriuscita di altro prodotto (fenomeno detto ammarratura) [20]. La pioggia causa la dissoluzione della manna, che viene cos irrimediabilmente perduta [21]. Continua Schicchi, riportando i termini adoperati dai frassinicoltori siciliani:
Figura 2. Frassineto del territorio delle Madonie, Sicilia. Stalattiti di manna, detta manna in “cannolo”, o “manna eletta”. La manna che sgocciola fino al suolo e solidifica nella concavit della “pala” di fico d’India, prende il nome di “manna di pala”.
Dall’ultimo dopoguerra in poi la coltura ha subito un rapido declino, rimanendo relegata in ristrette super ici del comprensorio Madonita e, in particolare, nei territori di Castelbuono e Pollina. Qui gli ultimi frassinicoltori ⏤ poco pi di cento anziani contadini ⏤ contribuiscono ancora oggi a mantenere viva la coltura e a scongiurare la temuta scomparsa di un tale patrimonio vegetale, che ha rappresentato per secoli una risorsa portante dell’economia locale» [15].
Durante il periodo di produzione, che va da giugno a settembre, l’estrazione della manna si giova di elevate temperature, scarsa umidit (40-60%) e modeste escursioni termiche (25-30 °C) [16]. Tali condizioni si riscontrano soprattutto nella zona di Castelbuono e Pollina [17]. La fascia altimetrica nella quale si trovano i frassineti ricade tra i 100 e i 700 metri sul livello del mare [18]. I venti secchi favoriscono la fuoriuscita di manna, mentre i venti umidi la rallentano o addirittura la bloccano. La manna consolidata ha propriet igroscopiche, dunque in presenza di umidit tender a rigon iarsi e a fermentare dando luogo alla formazione di gas maleodoranti [19].
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«Per accertare lo stato di maturazione delle piante, e quindi l’inizio della stagione produttiva, il frassinicoltore pratica un saggio alla base del tronco asportando un pezzetto di corteccia. Se dalla ferita stilla una “lagrima” la pianta matura e viene quindi praticata la prima incisione della stagione. Le incisioni, dette volgarmente “ntacche”, devono essere eseguite con energia, in modo da interessare l’intero spessore della corteccia ino all’alburno, per una lunghezza variabile da 5 a 10 cm, a partire da 5 cm di altezza dal suolo. Esse vengono effettuate sia sul tronco che sui rami principali ad una distanza di circa 2 cm dalle precedenti e leggermente inclinate per favorire lo scolo della manna. Per non danneggiare la pianta e salvaguardare la copiosit del raccolto, l’incisione deve essere af idata a mani esperte in grado di utilizzare, con precisione quasi chirurgica, l’apposito attrezzo (mannaluoru o cutièddu â manna), una specie di roncola af ilatissima ed appuntita» [22].
Se grazie alla naturale inclinazione del tronco la manna, gocciolando, forma una stalattite prima di arrivare a terra, questa viene detta “manna in cannolo”, “cannolo” o “manna eletta”. Questa forma rappresenta il prodotto pi pregiato. Se invece la secrezione abbondante e il processo di solidi icazione troppo lento, l’essudato arriva al suolo e viene raccolto sulle pale (cladodi) di ico d’India, opportunamente collocate in corrispondenza dello scolo. Avvenuta la cristallizzazione, questo tipo di manna viene detta “manna in sorte” o “manna di pala”. In ine, la parte di linfa rappresa lungo il tronco viene chiamata “manna in rottami”, e rappresenta la parte di minor pregio [23]. Dopo la raccolta, il prodotto viene separato per qualit e posto in ripiani chiamati asciucaturi o stinnituri, per la fase di essiccazione [24]. La manna contiene D-mannitolo (50-60%) [25], Dglucosio, D-fruttosio [26], mannotriosio, mannotetrosio, minerali, acidi organici, acqua e costituenti minori non ancora ben caratterizzati [27]. La manna un blando lassativo che agisce per richiamo di acqua nel lume intestinale (effetto zavorra). Ha un sapore dolce e gradevole, per tale motivo utilizzato in pediatria [28]. Dalla manna in rottami si estrae il mannitolo, utilizzato, fra l’altro, per ridurre gli edemi cerebrali [29].
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Fitoterapia & Nutrizione
Figura 3. Infiorescenza di Fraxinus ornus. Fonte: https://universoalpino.com/frassino-minore-orniello/
Il mannitolo anche un diuretico osmotico utilizzato per via endovenosa nell’insuf icienza renale acuta per ridurre la pressione intracranica e intraoculare [30]; per il trattamento dell’anuria post-chirurgica [31]; e anche per favorire l’allontanamento di sostanze tossiche nei casi di avvelenamento [32]. La manna consigliata anche per l’eliminazione di parassiti intestinali; in dosi moderate per stimolare le secrezioni biliari; e come dolci icante alimentare ben tollerato dai diabetici [33]. A livello dell’apparato respiratorio, sembra che agisca come emolliente e bechico nelle bronchiti croniche [34]. La letteratura non evidenzia effetti secondari, collaterali e tossici alle dosi indicate, fatta eccezione per soggetti con una particolare sensibilit soggettiva ( latulenza e nausea) [35]. Bisogna evitare l’assunzione in contemporanea con farmaci per una possibile diminuzione del loro assorbimento e l’assunzione in caso di occlusione intestinale (Commissione E del BfArM) [36]. Recentemente, l’attenzione di alcuni studiosi si rivolta alla caratterizzazione chimica dei componenti
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secondari presenti nella manna. Nello studio di Schicchi, Camarda e coll., tra i sali minerali, il pi abbondante il potassio, tanto da rendere la manna un utile integratore di tale sostanza [37]. In campioni di manna fresca di alcune cultivar di F. angustifolia stata riscontrata la presenza di sostanze volatili, che vanno via via perdute durante il periodo di conservazione. In particolare, nel campione di 1 giorno della cultivar Verdello si osservata la presenza di palmitoleato di metile (54%) e di etile (74%); nel campione di 1 giorno della cultivar Nziriddu palmitoleato di di metile (80,92%) e esaidrofarnesolo (19%); e nel campione di Baciciu di 3 giorni metilestere (44%) ed etilestere (20%) dell’acido palmitoleico, esaidrofarnesolo (31,86%) [38]. Nello stesso studio sono stati isolati da Camarda e coll. 2 nuovi composti cumarinici, un isomero strutturale di un composto gi isolato nella manna in rottame da Camarda e coll. nel 1989, e un derivato diossigenato della lomatina [39]. In uno studio del 2019 di Attanzio e coll. [40], sono state valutate in vitro l’attivit antiossidante e l’attivit antin iammatoria dell’estratto idro-alcolico
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Fitoterapia & Nutrizione Classe
Composto
mg/Kg
Simple Phenols Cumarins Phenylpropanoids Flavonoids Secoiridoids Secoiridoids derivative
Gallic acid Tyrosol Hydroxytyrosol Fraxetin Verbascoside Catechin
4.12 ± 0.32 36.66 ± 0.25 13,33 ± 0.40 4.74 ± 1.02 4.5 ± 0.21 5.86 ± 0.52
Luteolin 3,7 glucoside
1.45 ± 0.35 3.69 ± 0.34
Procyanidin B1 n.d. Quercitin 3-Oglucoside
n.d.
Oleuropein
250 ± 4.78
Elenoic acid
Tabella 1. Caratterizzazione chimica dei metaboliti secondari presenti nella manna, da: Attanzio A. et al., Phenolic Composition of Hydrophilic Extract of Manna from Sicilian Fraxinus angustifolia Vahl and its Reducing, Antioxidant and Anti-Inflammatory Activity in Vitro. Antioxidants (Basel). 2019 Oct; 8(10): 494. doi: 10.3390/ antiox8100494 Figura 4. Esemplare di Fraxinus chinensis. Fonte: https:// it.m.wikipedia.org/wiki/File:Fraxinus_chinensis.JPG
di manna. I metaboliti secondari responsabili di tale attivit sono riportati in Tabella 1. E nel 2020, lo stesso gruppo di ricerca, nello studio di Restivo e coll. [41], ha esposto tre linee di cellule umane di tumore del colon (HCT-116, Caco-2 e HT-29) ad un estratto acquoso di manna, dimostrando che questo presenta una signi icativa attivit antiproliferativa. In letteratura sono presenti molti studi relativi all’attivit biologica non soltanto della manna, ma degli estratti delle diverse parti della pianta, di molte specie di frassino non mannifero. Nella medicina tradizionale cinese, ad esempio, da tempo nota l’attivit dell’estratto di Fraxini cortex, cio della corteccia delle specie Fraxinus rhynchop hylla Hance, F. chinensis Roxb., F. aboana Lingelsh. e F. stylosa Lingelsh. L’ampia gamma di propriet farmaco-terapeutiche documentata include azioni anticancro, antin iammatorie, vasoprotettive, anticoagulanti, epatoprotettive, ipoglicemizzanti, antiossidanti, antiallergiche, antimicrobiche, neuroprotettive, soppressive dell’adipogenesi. Esculetina, esculina, frassina e frassetina sono le cumarine maggiormente responsabili di tali attivit [42]. L’azione antidiarroica di Fraxini cortex sarebbe dovuta ad una alterazione del trasporto di ioni Na+ e Cl-, come dimostrato nei ratti [43]. L’estratto metanolico della corteccia di F. micrantha ha mostrato di essere in grado di indurre in vitro la
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frammentazione del DNA e la produzione di NO, causando l’apoptosi nelle cellule del carcinoma mammario (MCF-7) [44]. Gli estratti ottenuti dagli alberi di Fraxinus hanno mostrato citotossicit verso diverse cellule cancerose quali quelle di leucemia mieloide cronica, mieloma multiplo, leucemia murina, inibizione di protein chinasi B [45]. Un estratto di F. excelsior ha presentato in silico propriet antiproliferative contro cellule cancerose come quelle epatiche e colonrettali, contro l’adenocarcinoma caucasico gastrico e il carcinoma mammario duttale [46]. 14 nuovi abietani e 7 C20-Norabietani sono stati isolati da estratti dalla corteccia di F. sieboldiana. Due degli abietani isolati hanno mostrato attivit citotossica contro le cellule cancerose ovariche (A2780) [47]. Estratti di Fraxinus e i suoi composti isolati hanno un potenziale nel modulare l’attivit di diversi enzimi chiave associati alla risposta in iammatoria. Oleuropeina, un composto fenolico isolato dalla specie Fraxinus rhynchophylla, ha mostrato effetti antin iammatori, estratti metanolici infatti downregolano la produzione di mediatori di leucociti in studi in vitro e in vivo. L’inibizione della mieloperossidasi, della diidrofolato reduttasi dall’estratto acquoso etanolico uno dei possibili meccanismi che gli conferisce propriet antin iammatorie [48]. L’estratto metanolico della polvere delle foglie di F. xanthoxyloides ha mostrato un’attivit epatoprotetti-
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Figura 5. S mare di Fraxinus excelsior. Fonte: https:// it.m.wikipedia.org/wiki/File:Fraxinus_excelsior_4560.jpg
va nei ratti (Rattus novergicus) paragonabile alla silimarina, in quanto riduce il livello di perossido d’idrogeno e di conseguenza lo stress ossidativo indotto da CCl4. Aumenta inoltre la capacit rigenerativa degli enzimi epatici antiossidanti (CAT, POD, SOD, GST e GSR) [49]. La fraxetina, isolata dalla corteccia di F. rhynchophylla Dence, inibisce l’ossidazione delle LDL indotta da Cu2+ pi ef icacemente dell’esculetina. La fraxetina ha due funzioni antiossidanti: a basse concentrazioni ha effetto diretto di rimozione dei ROS, mentre ad alte concentrazioni attiva i fattori Nfr-2/ARE che sono collegati con un aumento dell’attivit della glutatione-S-transferasi-alpha e OH-1 [50]. La fraxetina, utilizzata in vitro alle concentrazioni di 0,01-0,05 mg/ml, inibisce la proliferazione dello Stailococcus aureus. Il meccanismo associato alla inibizione della topoisomerasi 1 e topoisomerasi 2 e ad un notevole aumento della permeabilit di membrana. Inoltre, macromolecole quali RNA, DNA e altre proteine risultano diminuite ino al 55.74% [51]. Oleuropeina isolata da F. rhynchophylla pu essere usata come agente neuroprotettivo [52]. Essa ha evidente attivit inibitoria contro cellule neuronali danneggiate. Inoltre, l’esculina isolata da F. sieboldiana
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Fitoterapia & Nutrizione
Figura 6. Esemplare di Fraxinus excelsior. Fonte: https:// it .wikipedia.org/wiki/Fraxinus_excelsior#/media/ File:Fraxinus_excelsior_tree.jpg
mostra attivit neuroprotettive sulla citotossicit stimolata dalla dopamina in cellule di neuroblastoma umano [53]. L’estratto da F. pennsylanicca mostra spiccata attivit antifungina [54]. Sono stati valutati gli effetti ipotensivi dall’estratto acquoso di F. excelsior in ratti ipertesi e normotesi, con una somministrazione orale per circa 3 settimane, con il risultato di un decremento della pressione sanguigna sistolica [55]. Sono state condotte valutazioni di attivit antitoxoplasma di oleuropeina e suoi metaboliti isolati dal F. rhynchophylla [56]. I risultati, sebbene siano necessari ulteriori approfondimenti, dimostrano effetti antitoxoplasma. L’esculetina dall’estratto di F. chinensis ha mostrato avere effetto protettivo nei confronti del fotoinvecchiamento cutaneo [57]. I suoi bioattivi itochimici e metaboliti secondari possono essere utilizzati in industria cosmetica e come agenti antiet anche per le propriet rigenerative della pelle. Sono stati inoltre condotti studi per dimostrare un decremento dell’obesit mediante downregulation dell’attivit della lipasi pancreatica, utilizzando l’estratto in etilacetato della corteccia di F. rhynchophylla [58].
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Uno studio ha rivelato che, estratti da F. excelsior promuovono la diuresi e potrebbero essere potenzialmente utilizzati come agenti ipotensivi [59]. Come nota Sarfraz, ampiamente dimostrato, da studi in vitro ed in vivo, che gli estratti delle piante del genere Fraxinus hanno molteplici propriet farmacologiche. tuttavia necessario identi icare i limiti tossicologici per certi organi quali il fegato ed il rene, studiare ulteriormente i meccanismi d’azione, e i bersagli proteici delle molecole bioattive [60].
Bibliografia 1. Judd W. S. et al., Botanica sistematica. Un approccio ilogenetico. Terza ed. italiana sulla quarta in lingua inglese a cura di Conte L., Galloni M., Piccin, 2019, p. 510. 2. Pasqua G. et al., Botanica generale e diversità vegetale. Quarta ed., Piccin, 2019, p. 461. 3. Ivi, p. 317. 4. Cfr. Judd W.S., op. cit., p. 512. 5. Pasqua G., op. cit., p. 461. 6. Maugini E. et al., Botanica farmaceutica. IX ed., Piccin, 2014, p. 555. 7. Pasqua G., op. cit., p. 461. 8. Ibid. 9. Ibid. 10. Judd W.S., op. cit., p. 511. 11. Cfr. Maugini E., op. cit., p. 555. 12. Cfr. Judd W.S., op. cit., p. 510; Cfr. Maugini E., op. cit., p. 554. 13. GU Serie Generale, n. 224 del 26-9-2018, p. 14. https:// www.gazzettauf iciale.it/eli/gu/2018/09/26/224/sg/ pdf 14. Fassina G., Ragazzi E., Lezioni di farmacognosia. Droghe vegetali. Cedam, 2004, p. 43. 15. Schicchi R. et al., Caratterizzazione chimica della manna estratta nelle Madonie (Sicilia) da cultivar di Fraxinus angustifolia e di Fraxinus ornus (Oleaceae). Quad. Bot. Amb. Appl., 17/2 (2006): 151-174, p. 151. 16. Ivi, p. 152. 17. Ibid. 18. Ibid. 19. Ivi, p. 153. 20. Ibid. 21. Ibid. 22. Ibid. 23. Ivi, p. 154. 24. Ivi, p. 155. 25. Fassina G., op. cit., p. 43. 26. Maugini E., op. cit., p. 556. 27. Schicchi R., op. cit., p. 155. 28. Maugini E., op. cit., p. 556. 29. Ibid. 30. Campanini E., Dizionario di itoterapia e piante medicinali. Terza ed., Tecniche nuove, 2017, p. 302. 31. Fassina G., op. cit., pp. 43-44. 32. Schicchi R., op. cit., p. 155. 33. Ibid. 34. Campanini E., op. cit., p. 303. 35. Ibid. 36. Ibid. 37. Schicchi R., op. cit., p. 173. 38. Ibid. 39. Ivi, p. 160.
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Contributo per una storia iconogra ico-iconologica della morte (I parte) Rodolfo Papa
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crivere una “storia dell’iconogra ia della raf igurazione della morte all’interno dell’arte cristiana” certamente interessante, ma al contempo complesso, poich , come spesso accade nei temi artistici legati a verit di fede, le sfumature sono molteplici, tante quante sono i punti di vista dai quali possibile guardare l’argomento. In questo contributo cercher di delineare alcuni aspetti, posizionando lo sguardo su un numero limitato e circoscritto di punti di vista, accennandone alcuni e per necessit tralasciandone altri, sebbene parimenti importanti. Si pu , infatti, certamente indagare questo tema da una prospettiva antropologica, sociologica, politica, economica, etica e bioetica, e per ino medico-sanitaria oltre che isiologica, ma in questo mio contributo, cercher di comprendere soprattutto le valenze religiose e spirituali che, nel corso della storia, hanno mosso artisti e committenti alla rappresentazione della morte, e dunque analizzer alcuni monumenti funebri al ine di comprendere come la fede di quegli uomini si sia espressa con diversi esiti compositivi, estetici e stilistici. L’analisi iconologica dei monumenti funebri, che emerger da queste brevi pagine, si propone di produrre un senso coerente in grado di aprirsi ad ulteriori letture, avendo presente quel che afferma anche George Kubler in un suo scritto, ovvero che «per coloro che si applicano allo studio del signi icato il criterio di valore non la discontinuit , ma la continuit » [1]. Del resto, lo stesso termine linguistico “monumento” conserva in s il senso dell’originario verbo transitivo latino mŏnēre, che si muove dal “far ricordare”, nel senso di “riportare alla memoria”, ino all’ “esortare nell’ammonimento”, provocando, suscitando, “ispirando pensieri”. Infatti la radice di “monito” e di “mente” la medesima di “monumento”, e quest’ultimo tradotto in senso letterale signi ica semplicemente “strumento per far ricordare”. Il monumento si colloca, dunque, come “strumento”, tra il ricordo e il pensiero, tra il portare alla memoria fatti, cose, persone e il ri lettere su di esse. Ma il mo-
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Figura 1. Tommaso di ser Giovanni Cassai detto Masaccio, L’Altare della Trinità, Chiesa di S. Maria Novella, Firenze.
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Delle Arti Rodolfo Papa, PhD. Pittore, scultore, teorico, storico e ilosofo dell'arte. Esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi. Accademico Ordinario della Ponti icia Insigne Accademia di Belle Arti e Lettere dei Virtuosi al Pantheon. Docente di Arte Sacra, Tecniche Pittoriche nell’Accademia Urbana delle Arti. Presidente dell'Accademia Urbana delle Arti. Gi docente di Storia delle teorie estetiche, Storia dell’Arte Sacra, Traditio Ecclesiae e Beni Culturali, Filoso ia dell’Arte Sacra (Istituto Superiore di Scienze Religiose Sant'Apollinare, Roma; Master II Livello di Arte e Architettura Sacra della Universit Europea, Roma; Istituto Superiore di Scienze Religiose di Santa Maria di Monte Berico, Vicenza; Ponti icia Universit Urbaniana, Roma; Corso di Specializzazione in Studi Sindonici, Ateneo Ponti icio Regina Apostolorum). Tra i suoi scritti si contano circa venti monogra ie, molte delle quali tradotte in pi lingue e alcune centinaia di articoli (“Arte Cristiana”; “Euntes Docete”; “ArteDossier”; “La vita in Cristo e nella Chiesa”; “Via, Verit e Vita”, “Frontiere”, “Studi cattolici”; “Zenit.org”, “Aleteia.org”; “Espiritu”; “La Societ ”; “Rogate Ergo”; “Theriak ” ). Collaborazioni televisive: “Iconologie Quotidiane” RAI STORIA; “Discorsi sull’arte” TELEPACE. Come pittore ha realizzato interi cicli pittorici per Basiliche, Cattedrali, Chiese e conventi (Basilica di San Crisogono, Roma; Basilica dei SS. Fabiano e Venanzio, Roma; Antica Cattedrale di Bojano, Campobasso; Cattedrale Nostra Signora di Fatima a Karaganda, Kazakistan; Eremo di Santa Maria, Campobasso; Cattedrale di San Pan ilo, Sulmona; Chiesa di san Giulio I papa, Roma; San Giuseppe ai Quattro Canti, Palermo; Sant'Andrea della Valle, Roma; Monastero di Seremban, Malesia; Cappella del Perdono, SS. Sacramento a Tor de'schiavi, Roma …)
numento ha anche il compito di costituire un monito, Per comprendere bene quel che stiamo dicendo, che per sua natura sospeso tra il ricordare e il meprendiamo come primo esempio L’altare della Trinità ditare, in senso pi propriamente spirituale. [2], eseguito negli anni 1424-1425 da Tommaso di Ri lettendo ulteriormente, si intende il monumento ser Giovanni Cassai detto Masaccio, nella Chiesa di S. non solo in senso ottocentesco come dedica ad un Maria Novella a Firenze [3]. L’affresco nel registro personaggio illustre del passato pi o meno remoto, inferiore rappresenta uno scheletro adagiato sopra come omaggio della citt un sarcofago, af iancato da ad un suo poeta o artista due coppie di colonnine «Il monumento si colloca […] come famoso, ritenuto in qualalle estremit e posto sotto “strumento”, tra il ricordo e il pensiero, tra il un piano, al momento isiche modo fondativo della portare alla memoria fatti, cose, persone e il camente non presente, ma stessa civitas, che lo rapriflettere su di esse. Ma il monumento ha presenta autocelebrandoche getta comunque ombra si, ma nel monumento anche il compito di costituire un monito, che sul fondo della parete; lo funebre c’ qualcosa di è per sua natura sospeso tra il ricordare e il scheletro posto, dunque, pi e di diverso. sotto il piano della mensa meditare, in senso più propriamente Prima di tutto, ci si pu che costituisce, o meglio spirituale» soffermare sul fatto che che costituiva, l’altare reale molti hanno commissiodella cappella icta, nella nato a grandi artisti il proprio monumento funebre, quale la ri lessione sulla morte parte integrante molti anni prima della morte e in previsione di essa, della meditazione sull’azione salvi ica della Croce e questo certamente il primo senso dello “strumenall’interno della storia della salvezza, nell’economia to di memoria”, giacch serve allo stesso committenintra-trinitaria ivi rappresentata [4]. Sul fondo della te per ricordare costantemente l’esito della sua vita. parete, poco sopra lo scheletro, campeggia una scritIl monumento funebre in questo caso iscrivibile ta in caratteri capitolini che recita: «IO FU’ GI QUEL nell’ambito del tema iconogra ico della vanitas, come CHE VOI SETE, E QUEL CH’I’ SON VOI ANCO mezzo di ricordo di memoria della caducit delle SARETE». Questa scritta ovviamente il precipitato cose vane, divenendo vero e proprio memento mori. di una ri lessione personale sulla morte, condotta dal Ma nella cultura cristiana, ogni esito personale non committente e partecipata all’artista che la scrive ma, pu rimanere separato dalla collettivit , l’agire del oltre a svolgere una funzione rammemorativa persocristiano agire nella societas, e ancor pi edi icare nale, diviene, per il semplice fatto di essere scritta in la stessa civitas, perch la fede non ⏤ come vorun luogo pubblico quale la chiesa, un monito e un ammaestramento per gli altri. rebbe una certa cultura liberale otto-novecentesca Partendo proprio dall’affresco di Masaccio necessa⏤ un fatto privato, ma esattamente l’opposto, cio rio spostare il discorso su un piano ulteriore, giacch eminentemente pubblico. Ecco che in questa proil luogo di sepoltura per secoli stato proprio l’edi ispettiva il monumento funebre cristiano svolge non cio delle chiese. I monaci, i frati, le monache e le suosolo il compito di pietas nei confronti del defunto, ma re per secoli sono stati sepolti in ossari comuni collodi carit nei confronti dei vivi che ad esso guardano cati sotto il pavimento delle chiese monastiche e con rispetto. conventuali. I poveri e le persone comuni ricevevano
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Figura 2. Tommaso di ser Giovanni Cassai detto Masaccio, L’Altare della Trinità, particolare. Chiesa di S. Maria Novella, Firenze.
sepoltura negli ossari posti sotto il pavimento delle chiese, magari ad opera di confraternite a questo scopo create. Mentre gli appartenenti alle famiglie nobili o a quelle di ricchi mercanti e di banchieri, venivano sepolti nelle cappelle di famiglia che solitamente erano collocate lungo le navate laterali delle chiese o erano esse stesse delle cappelle indipendenti pi o meno grandi, o nei casi pi importanti erano vere e proprie chiese palatine o conventuali of iciate da ordini religiosi. In ogni caso la sepoltura era normalmente prevista all’interno delle chiese. A questo punto dobbiamo aprire una parentesi sulla concezione stessa dell’edi icio “chiesa” come luogo totale della fede e della vita dei fedeli cristiani. Il senso iconologico di una chiesa , infatti, quello di “luogo totale”, capace cio di riassumere tutta la multiforme bellezza delle verit di fede. Infatti, l’edi icio chiesa, attraverso la sua forma e attraverso le immagini in esso contenute, deve rappresentare Cristo stesso, che in quel luogo presente e agisce. In altre parole, l’edi icio deve rappresentare il mistero del Corpo Mistico di Cristo [5]. Guardando alla lunga esperienza artistica prodotta nel corso dei secoli dalla Chiesa per mezzo dei suoi “fedeli-artisti”, si possono scoprire molte cose in tal senso interessanti. Gli esempi di questa volont di rappresentazione artistica sono sovrabbondanti in ogni epoca e in ogni latitudine. L’idea stessa dell’edi icio chiesa si conformata al corpo di Cristo a partire dalla pianta, che maturata nel corso del tempo in forma di croce latina, riecheggiando non solo il simbolo della fede, ma mostrando nelle sue proporzioni l’idea stessa del corpo glorioso del Croci isso-Risorto. La corrispondenza tra corpo e architettura, cos ampiamente svi-
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luppata gi nella tradizione classica pre-cristiana testimoniata dagli scritti di Vitruvio [6], riceve inesauribile ricchezza nella prospettiva cristiana [7], a partire dalla Patristica. Cos vediamo in pieno Medioevo, per esempio, nella nota raf igurazione del macrocosmo proposta da Ildegarda di Bingen nel Liber divinorum operum [8], una esplicita corrispondenza tra il cosmo, il corpo dell’uomo, la pianta delle chiese, la croce; in questa immagine la Trinit abbraccia e costituisce questo tutto armonico, di cui Cristo il centro di signi icato. Deriva da Ildegarda di Bingen anche la bella immagine che troviamo nel Liber Ponti icalis del XII secolo (Reims, Bibl. Munic, ms. 672, fol. Iv ). E la ritroviamo anche negli scritti di Rabano Mauro [9] e di San Pier Damiani [10]. Questa complessa visione del mondo in cui tutto si corrisponde diventa, nelle opere pittoriche, la rappresentazione di come le cose si muovano dall’origine, si formino a partire da essa e ad essa tendano. Persino in Leonardo troviamo la coscienza di questo movimento ontologico, infatti in uno dei suoi taccuini scrive che l’universo “incluso” nella mente di Dio [11]. Nella visione cristiana, la rappresentazione dell’intero corpo mistico si completa con la raf igurazione dei santi che sono al cospetto di Dio, avvolti dalla sua Gloria nella festa perenne della liturgia celeste. Ed ecco allora che le facciate delle cattedrali si popolano delle ef igi dei corpi dei santi, che sono esposti alla contemplazione dei fedeli per la loro educazione ed edi icazione morale e spirituale. Gli esempi sono innumerevoli, e cos possiamo vedere le realizzazioni di questa santa rappresentazione, per esempio, nella facciata della Cattedrale di Salisbury edi icata intorno al 1220, o nella contemporanea facciata della Cat-
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Figura 3. Facciata della Cattedrale di Salisbury, Regno Unito di Gran Bretagna.
tedrale di Strasburgo, tanto per citarne qualcuna. Ma oltre l’esibizione dei volti delle schiere in inite dei santi, viene anche rappresentato il senso di comunione dei santi che vivono in cielo al cospetto di Dio, e che sono nella gioia del seno stesso di Dio [12]. I cieli sono pieni di santi ed angeli, rappresentati in ordine gerarchico secondo la tradizione esegetica dei testi sacri elaborata nei secoli dai Padri della Chiesa. Prima di tutto, viene rappresentato Cristo, primizia di coloro che risorgono da morte, poi gli Apostoli, poi i martiri, di seguito i confessori della fede ed in ine le vergini. Sant’Agostino in una sua omelia afferma: «Secuti sunt eum martyres sancti, usque ad effusionem cruoris, usque ad similitudinem passionis: secuti sunt martyres, sed non soli. Non enim postquam illi transierunt, pons incisus est; aut postquam ipsi biberunt, fons ipse siccatus est. […] Habet, habet, fratres, habet hortus ille dominicus, non solum rosas martyrum, sed et lilia virginum, et coniugatorum hederas, violasque viduarum. Prorsus, dilectissimi, nullum genus hominum de sua vocatione desperet: pro omnibus passus est Christus. Veraciter de illo scriptum est: “Qui vult omnes homines salvos ieri, et in agnitionem veritatis venire” (1 Tm 2, 4)» [13].
Tutta la realt creata e redenta viene rappresentata negli immensi affreschi e mosaici che popolano le
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«Quia igitur unus est Deus princeps non solum omnium Angelorum, sed etiam hominum, et totius creaturae; ideo non solum omnium Angelorum, sed etiam totius rationalis creaturae, quae sacrorum particeps esse potest, una est hierarchia» [15]. Ed ancora: «est auctoritas sacrae Scripturae, quae sic eos nominat. Nomen enim Seraphim ponitur Isaiae VI; nomen Cherubim Ezech. I; nomen thronorum, Coloss. I; dominationes autem et virtutes et potestates et principatus ponuntur Ephes. I; nomen autem Archangeli ponitur in canonica Iudae, nomina autem Angelorum in pluribus Scripturae locis» [16].
L’arte sacra cristiana sempre stata impegnata nella rappresentazione di questa visione del cosmo. Cos , per esempio, nella Basilica di San Marco a Venezia, o
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pareti, le volte e le cupole delle nostre splendide chiese. La tradizione medievale e rinascimentale esprime la fede negli Angeli [14], secondo quanto scritto nelle pagine e negli eventi della Rivelazione. Nove cori angelici costituiscono una gerarchia che ha Dio al proprio centro: sera ini, cherubini, troni, dominazioni, potest , virt , principati, arcangeli e angeli. Tommaso d’Aquino, partendo dalle Sacre Scritture, nella Summa theologiae offre un’approfondita ri lessione sugli angeli:
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nella volta della chiesa del Ges a Roma affrescata dal Gaulli [17], vediamo l’intero cosmo rappresentato nel mistero della Creazione e della Redenzione: tutto si ricapitola in Cristo re dell’universo, circondato dalle schiere angeliche e dalle schiere dei santi. Il fedele chiamato a contemplare il cielo che irrompe nello spazio sacro della chiesa, in un gioco linguistico che risponde direttamente al senso etimologico del termine “con-templare”, che signi ica letteralmente “osservare la volta celeste attraverso il perimetro del tempio privo del tetto” [18]. E cos gli artisti fanno a gara per trovare modi sempre nuovi ed ef icaci per annullare le pareti del sof itto e permettere al cielo di discendere verso i fedeli, mostrando non solo la luce, ma anche i suoni celestiali della meravigliosa liturgia perenne che nel cielo si celebra nell’unit della comunione dei santi, al suono e al canto degli angeli che danno Gloria a Dio. A questo proposito come dimenticare le prospettive mirabili del gesuita Andrea Pozzo [19] nella chiesa di San’Ignazio [20] a Roma. Nell’in inita gamma di sfumature teologico-spirituali che le nostre chiese offrono, si afferma dunque l’abitudine di rappresentare delle vere e proprie cosmogra ie, dove tutte le realt create e redente si ricapitolano, secondo l’esegesi patristica di testi rivelati quali il prologo del Vangelo di Giovanni. Vediamo il volto di Cristo che giganteggia nelle volte delle cupole delle chiese, in quanto principio e ine di tutta la realt . Cristo immenso e occupa tutta la volta celeste, perch Egli Dio come scrive Giovanni nel suo Vangelo: «In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente stato fatto di tutto ci che esiste» [21].
Attraverso questa chiave interpretativa possiamo leggere opere mirabili come il Katholikon della chiesa di Dafni eretta nell’ XI sec., o la chiesa di Santa Maria Pammakaristos eretta sotto i Paleologi a Costantinopoli, o ancora la cupola centrale della chiesa della Parigoritissa costruita ad Arta nel XIII secolo [22]. L’idea di rappresentare cosmogra ie si modula in varie maniere nel corso del tempo; i portali delle cattedrali gotiche riproducono, attraverso una serie di archi concentrici che si sovrappongono l’uno all’altro nelle strombature, i vari cieli che circondano il mondo ino a giungere al settimo, luogo della dimora di Dio. Le strombature dei portali pullulano di santi, parlano della vita che nel cielo e convogliano lo sguardo verso il culmine dove al centro della mandorla solitamente rappresentata la Trinit . Il portale d’ingresso della Cattedrale di Reims, quello della Cattedrale di Santiago de Compostela o il portale della Cattedrale di Saint-Trophine ad Arles o ancora i portali del Duomo di Siena o quelli del Duomo di Ge-
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Figura 4. Facciata della Cattedrale di Nostra Signora di Strasburgo, Francia.
nova, che immediatamente esplicitano in senso trinitario il mistero della Chiesa, ci dicono tutti che lo spazio architettonico gi parla di una dimensione paradisiaca. La chiesa cos concepita ci introduce gi in una dimensione celeste, perch di fatto non entriamo solo nel luogo di ritrovo di una comunit , ma direttamente in una dimensione altra, tutta spirituale, dove il cielo e la terra, i fedeli “pietre vive”, entrano in comunione con tutto il mistero del Corpo Mistico di Cristo che appunto la Chiesa. L’arte diviene il mezzo insuperato per rappresentare questa dimensione ecclesiale e nel contempo escatologica, riprendendo il senso pi profondo delle parole di san Paolo: «Ringraziamo con gioia Dio, Padre del Signore nostro Ges Cristo, perch ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce, ci ha liberati dal potere delle tenebre, ci ha trasferiti nel regno del suo Figlio diletto, per opera del quale abbiamo la redenzione, la remissione dei peccati. Cristo immagine del Dio invisibile, generato prima di ogni creatura; prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui: quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili. Egli il capo del corpo, che la Chiesa; il principio di tutto, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose. Piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza, per mezzo di lui riconciliare
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Figura 5. In alto: a sinistra Monastero di Daphni, Grecia; a destra cupola della Chiesa della Theotokos Pammacaristos, Istambul, Turchia. In basso: cupola della Chiesa della Panaghia Parigoritissa, Arta, Grecia.
a s tutte le cose, rappaci icare con il sangue della sua croce gli esseri della terra e quelli del cielo» [23].
Dunque, la lettura iconologica di queste chiese cos ricche di pittura, scultura e decorazioni, deve partire da una corretta impostazione, che sia in grado di evidenziare la dimensione mistica delle visioni in esse rappresentate. In esse, infatti, il fedele condotto a “vedere” lo splendore della Gloria di Dio attraverso la
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bellezza dell’opera dell’ingegno dell’uomo, che capace di rappresentare per analogia la Bellezza stessa di Dio. In questa prospettiva necessario menzionare gli studi e le scoperte fatte dallo storico dell’arte Marco Bussagli, che rintraccia nel Giudizio Universale [24] di Michelangelo della Cappella Sistina, un immenso volto che occupa tutta la parete ed costituito dalla in inita schiera di angeli e di santi, prendendo a
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Figura 6. Portali della Cattedrale di S. Lorenzo, Genova.
modello il volto della Veronica, anticamente conservato nella Basilica di San Pietro e rimosso, per proteggerlo dalle devastazioni dei Lanzichenecchi durante il sacco di Roma nel 1527, ad opera dell’imperatore Carlo V. Il Giudizio Universale di Michelangelo si iscrive nella lunga tradizione che qui abbiamo esposto, nella volont di rappresentare non solo la Gloria di Dio, ma l’idea stessa del Mistero del Corpo Mistico di Cristo, nel quale si incastonano tutti i santi, gli angeli e i fedeli di ogni tempo, che sono giunti a vedere e godere della bellezza in inita del Volto di Dio. Michelangelo espone e nasconde al tempo stesso, attraverso un’abile e sapiente composizione, il mistero cristologico della Chiesa, evidenziato non solo dai corpi dei santi ma anche dalla presenza dei fedeli. In tal senso le cappelle private, veri e propri luoghi di sepoltura, concepite in vario modo, ma sempre all’interno della medesima concezione teologica e culturale, si strutturano come delle cosmogra ie capaci di evocare al proprio interno il senso di appartenenza all’intero Corpo Mistico che la Chiesa, di cui Cristo il capo. L’idea stessa di seppellire i defunti all’interno delle chiese segno evidente di una visione complessa e compiuta del senso escatologico della rappresentazione della fede attraverso le immagini. Si posso fornire innumerevoli esempi, ed alcuni sono molto appropriati per comprendere il signi icato della rappresentazione della morte all’interno dell’economia della salvezza. Per esempio la Cappella Sassetti in Santa Trinita a Firenze, realizzata da Domenico Ghir-
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landaio [25] tra il 1482 e il 1485, per il banchiere Francesco Sassetti, con le sue Storie di San Francesco, declina, all’interno della devozione francescana, la fede nella resurrezione dei corpi. Infatti, si nota un complesso rimando tra i due sarcofagi di fattura classica, all’antica, che accolgono appunto i corpi dei capostipiti della famiglia ⏤ Francesco Sassetti e sua moglie Nera Corsi ⏤ posti sotto degli archi nelle pareti destra e sinistra della cappella, e il sarcofagomangiatoia rappresentato nella pala d’altare L’adorazione dei pastori, realizzata anch’essa dal Ghirlandaio e posta sull’altare della cappella funebre. Il sarcofago scoperchiato, utilizzato nel dipinto per rappresentare la mangiatoia [26], allude alla morte di Cristo e alla sua sepoltura, ma soprattutto alla sua Risurrezione giacch esso vuoto. E cos i due sarcofagi di Nera Corsi e di Francesco Sassetti, scolpiti allo stesso modo di quello nel dipinto della pala d’altare, ad esso si collegano, riconducendo l’esito delle morti dei due committenti, in un costruttivo senso di virtuosa speranza, alla Risurrezione stessa di Cristo. Per comprendere il nesso che lega quei due sarcofagi reali a quello dipinto e vuoto, ci soccorre il brano della Epistola ai Romani di san Paolo che, ponendo in relazione il sacri icio di Cristo con la salvezza degli uomini nell’avvenuta riconciliazione con Dio, recita: «Giusti icati dunque per la fede, noi siamo in pace con Dio per mezzo del Signore nostro Ges Cristo; per suo mezzo abbiamo anche ottenuto, mediante la fede, di accedere a questa grazia nella quale ci troviamo e ci van-
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Delle Arti tiamo nella speranza della gloria di Dio. E non soltanto questo: noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virt provata e la virt provata la speranza. La speranza poi non delude, perch l'amore di Dio stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci stato dato. Infatti, mentre noi eravamo ancora peccatori, Cristo mor per gli empi nel tempo stabilito. Ora, a stento si trova chi sia disposto a morire per un giusto; forse ci pu essere chi ha il coraggio di morire per una persona dabbene. Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi perch , mentre eravamo ancora peccatori, Cristo morto per noi. A maggior ragione ora, giusti icati per il suo sangue, saremo salvati dall'ira per mezzo di lui. Se infatti, quand'eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo, molto pi ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, per mezzo del Signore nostro Ges Cristo, dal Figura 7. In alto: Domenico Ghirlandaio, Adorazione dei pastori. Cappella Sassetti, Chiesa di S. quale ora abbiamo ottenuto la Trinita, Firenze. riconciliazione. Quindi, come a In basso: a sinistra, sepolcro di Nera Corsi; a destra, sepolcro di Francesco Sassetti. causa di un solo uomo il peccato grazia di un solo uomo, Ges Cristo, si sono riversati in entrato nel mondo e con il peccato la morte, cos anche la abbondanza su tutti gli uomini. E non accaduto per il morte ha raggiunto tutti gli uomini, perch tutti hanno dono di grazia come per il peccato di uno solo: il giudizio peccato. Fino alla legge infatti c'era peccato nel mondo e, part da un solo atto per la condanna, il dono di grazia anche se il peccato non pu essere imputato quando invece da molte cadute per la giusti icazione. Infatti se manca la legge, la morte regn da Adamo ino a Mos per la caduta di uno solo la morte ha regnato a causa di anche su quelli che non avevano peccato con una traquel solo uomo, molto di pi quelli che ricevono l'absgressione simile a quella di Adamo, il quale igura di bondanza della grazia e del dono della giustizia regnecolui che doveva venire. Ma il dono di grazia non come ranno nella vita per mezzo del solo Ges Cristo. Come la caduta: se infatti per la caduta di uno solo morirono dunque per la colpa di uno solo si riversata su tutti gli tutti, molto di pi la grazia di Dio e il dono concesso in
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Figura 8. Filippino Lippi, Cappella Carafa, S. Maria sopra Minerva, Roma.
uomini la condanna, cos anche per l'opera di giustizia di uno solo si riversa su tutti gli uomini la giusti icazione che d vita. Similmente, come per la disobbedienza di uno solo tutti sono stati costituiti peccatori, cos anche per l'obbedienza di uno solo tutti saranno costituiti giusti. La legge poi sopraggiunse a dare piena coscienza della caduta, ma laddove abbondato il peccato, ha sovrabbondato la grazia, perch come il peccato aveva regnato con la morte, cos regni anche la grazia con la giustizia per la vita eterna, per mezzo di Ges Cristo nostro Signore» [27].
Un altro esempio interessante di concezione di cappella funebre la Cappella Carafa [28], affrescata in Santa Maria sopra Minerva a Roma, da Filippino Lippi tra il 1488 e il 1493 per il cardinale Oliviero Carafa. La pala d’altare, anch’essa realizzata ad affresco e incorniciata da una splendida cornice a stucco in modo da rappresentare la casa di Maria a Nazaret, vede il committente in ginocchio al cospetto della Vergine sorpresa proprio nel momento della “meritatio” [29] all’interno del santo evento dell’Annunciazione. Il cardinale presentato a Maria da un suo illustre avo, il domenicano san Tommaso d’Aquino. Qui il senso della speranza si declina all’interno della fede in una accezione devozionale tutta mariana. Infatti il cardinale si fa rappresentare all’interno della scena dell’Annunciazione nel momento culmine dell’Incarnazione, ponendo quindi in relazione l’altare sottostante, con il tabernacolo (ora asportato) e la
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Figura 9. Pietro Cavallini, monumento funebre del Cardinale Matteo d’Acquasparta, S. Maria in Aracoeli, Roma.
igura di Maria stessa che il vero Tempio di Gloria, tabernacolo vivente di Nostro Signore Ges Cristo. E il senso della preghiera di intercessione del defunto cardinale si esplicita nella parte superiore dell’affresco, dove Maria Assunta in cielo, in corpo e anima, in quanto creatura splendente di grazia preservata “ab origine” dal peccato originale, guarda verso gli apostoli e, attraverso di essi, agli uomini con amore di madre. E quindi il senso di speranza lanciato oltre la morte dagli affreschi fatti realizzare dal cardinale Oliviero Carafa, si comprende attraverso le bellissime parole della preghiera dedicata a Maria: «Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, benedicta tu in mulieribus, et benedictus fructus ventris tui, Iesus. Sancta Maria, mater Dei, ora pro nobis peccatoribus, nunc et in hora mortis nostrae. Amen». Del resto questa cappella riprende una lunghissima tradizione di sepolture cardinalizie, che declinano il senso della speranza nella vita eterna all’interno della devozione mariana, come la tomba del cardinale Matteo d’Acquasparta [30], generale dei francescani realizzata da Giovanni di Cosma dopo il 1302 nella
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Figura 11. Antonio e Piero del Pollaiolo, pala d’altare della Cappella del Cardinale del Portogallo, con i Santi Vincenzo, Giacomo Maggiore ed Eustachio. Chiesa di S. Miniato al Monte, Firenze.
Figura 10. Bernardo e Antonio Rossellino, Cappella del Cardinale del Portogallo, particolare del monumento funebre. Chiesa di S. Miniato al Monte, Firenze.
chiesa di Santa Maria in Aracoeli a Roma, o ancora la tomba del cardinal Guidel, eretta dopo il 1299 in Santa Maria Maggiore sempre a Roma, o come ancora la tomba del cardinale Guglielmo Durando vescovo di Mende, realizzata dopo il 1296 da Giovanni di Cosma in Santa Maria sopra Minerva, che a pochi metri di distanza dalla stessa cappella Carafa. In questi monumenti, la struttura semplice: un sarcofago con sopra la igura del defunto giacente e al di sopra un mosaico o un affresco rappresentante il defunto inginocchiato ai piedi del trono su cui siede la Vergine con il Bambino e i santi patroni del defunto. Ma la rappresentazione che questo tipo di tomba pone in essere molto pi complessa di quel che a prima vista appare. Infatti nel caso della tomba del cardinale Acquasparta, la struttura incorniciata da un tempietto gotico, che sembra de inire lo spazio separato di una vera e propria cappella a forma di ciborio. Il riferimento cosmico che pone in essere immediatamente avvertibile, infatti le due colonne libere rimandano alle altre due che (non realizzate) devono, per forza di cose, sorreggere la struttura soprastante, e quel segno di quattro punti rimanda necessariamente alla natura creaturale dell’uomo e, quindi in senso esteso, alla terra, mentre la parte alta nella lunetta affrescata, abitata dalla Vergine con il Bambino tra i santi Matteo apostolo e Francesco, allude, con evidenza di cose, alle realt celesti. Quindi
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Bibliografia e note 1. Kubler G., La forma del tempo. La storia dell’arte e la storia delle cose. Trad. it. Casatello G., Einaudi, Torino 1989, p. 150. 2. Studi recenti hanno posto il problema della titolazione di quest’opera di Masaccio, che solitamente viene denominata come Trinit , ma questo descriverebbe solamente la
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la tomba concepita essa stessa come un edi icio che unisce cielo e terra in una rarefatta cosmogra ia, capace di parlare di vita e di salvezza all’interno di un luogo di morte. Questi modelli si imporranno, rimanendo vivi ino a tutto il XV e il XVI secolo, come testimoniano per esempio, la Cappella del Cardinale di Portogallo realizzata intorno al 1465-66 da Bernardo e Antonio Rossellino in San Miniato a Firenze, dove il bassorilievo del gruppo della Vergine con il bambino, inseriti in un clipeo vegetale, che sormonta il monumento funebre del cardinale Giacomo di Lusitania, dialoga con la igura di san Giacomo maggiore dipinta nella pala d’altare tra i santi Vincenzo ed Eustachio, opera di Antonio Pollaiolo, in segno di intercessione per l’omonimo illustre defunto; o il Monumento funebre del doge Andrea Vedramin, realizzato da Pietro, Tullio e Antonio Lombardo, tra il 1490 e il 1500, nella chiesa dei Santi Giovanni e Paolo a Venezia; o ancora la Tomba del cardinale Girolamo Basso della Rovere realizzata da Andrea Sansovino, tra il 1505 e il 1507, nell’abside della chiesa di Santa Maria del Popolo a Roma. In questi due ultimi esempi, per , il discorso teologico si allarga ulteriormente anche alla rappresentazione dell’elogio delle virt praticate in vita dal defunto. [segue]
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parte superiore dell’affresco e non sarebbe in grado di spiegare il senso dell’insieme, mentre con il titolo Altare della Trinit se ne ricostruisce il senso non solo iconologico ma anche funzionale, visto che in origine tale affresco era dotato di una mensa d’altare su cui si of iciava la Messa, risultando quindi una vera e propria cappellina laterale “ icta”. Cfr. Marino E., La Trinità di Masaccio. Nerbini, Firenze 2008. Riguardo il rapporto tra il convento di S. Maria Novella e la cultura domenicana, cfr. Marino E., Santa Maria Novella e il suo spazio culturale, [s. n.], Pistoia 1983; Lunardi R., Arte e storia in Santa Maria Novella. Nuova Salani, Firenze 1983. Il signi icato teologico trinitario, che la parte superiore rappresenta, si combina con l’affresco sottostante la mensa nel quale viene rappresentato uno scheletro che, inserito in una visione salvi ico-escatologica, nella prospettiva dell’Incarnazione, morte e Risurrezione della seconda persona della Trinit , acquista in questo caso il senso di un vero e proprio memento mori. Cfr. Marino E., La Trinità del Masaccio, cit., in particolare il cap. 5, intitolato L’Altare della Trinità e la storia della salvezza. La iconogra ia-iconoteologia dell’Altare della Trinit visione della “Storia” della salvezza del “Primo-Adamo”, operata delle tre Persone della SS. Trinit sul Golgota nell’ora del Cristo “nuovo-Adamo” (Gv. 12, 23), e riattualizzata “in sacramento” sull’Altare eucaristico nel tempo della Ecclesia, pp. 259-328. Cfr. Papa R., L’edi icio chiesa come rappresentazione del Corpo mistico della Chiesa. In Atti del Convegno internazionale di studi L’Arte, la bellezza e il magistero della Chiesa, Universit della Calabria, 14 novembre 2008, in pubblicazione. «1. Aedium compositio constat ex symmetria, cuius rationem diligentissime architetcti debent. Ea autem paritur a proportione, quae graece αυαλογια dicitur. Proportio est ratae partis membrorum in omni opere totoque com|modulatio, ex qua ratio ef icitur symmetriarum. Namque non potest aedis ulla sine symmetria atque proportione rationem habere compositionis, nisi uti [ad] hominis bene igurati membrorum habuerit exactam rationem. 2. Corpus enim hominis ita natura composuit […] 3. Similiter vero sacrarum aedium membra ad universam totius magnitudinis summam ex partibus singulis convenientissimum de| bent habere commensus responsum. Item corporis centrum medium naturaliter est umbilicus. […] 4. Ergo si ita natura composuit corpus hominis, uti proportionibus membra ad summam igurationem eius respondeant, cum causa constituisse videntur antiqui, ut etiam in operum perfectionibus singolorum membrorum ad universam igurae speciem habeant commensus exactionem. Igitur cum in omnibus operibus ordines traderent, | maxime in aedibus deorum, <quod eorum> operum et laudes et culpae aeternae solent permanere» Marco Vitruvio Pollione, De Architettura. Libri X, a cura di Bossalino F., ed. Kappa, Roma 2002, libro III, I, 1, pp. 124-126. Riguardo il rapporto simbolico dei segni della cultura antica nella prospettiva cristiana, cfr. Champeaux G., Sterckx S., I simboli del Medio Evo. Trad. it. Girardi M., Jaca Book, Milano 1984; Penna R., L’ambiente storico culturale delle origini cristiane. EDB, Bologna 1984. Ildegarda di Binghen, Liber divinorum operum. Ed. Derolez A., Dronke P., Turnhout, Brepols 1996 (Corpus Christianorum, Continuatio Mediaevalis, 92). Cfr. Cavallo G., Rabano Mauro, De rerum naturis. Cod. Casin. 132. Archivio dell’Abbazia di Montecassino. Facsimile e Commentari, Pavone Canavese, 1994. Vedi anche Reuter M., Text und Bild im Codex 132 der Bibliothek von
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Montecassino ‘Liber Rabani de originibus rerum’. Untersuchungen zur mittelalterlichen Illustrationspraxis (Münchener Beiträge zur Mediaevistik und Renaissance-Forschung, 34), M nchen 1984. Cfr. Giovanni da Lodi, Vita Petri Damiani. In Migne J.P., Patrologiae Cursus Completus, series II, Ecclesiae Latinae, Parigi 1844-55, vol. 144, 114 C.; Pier Damiani, Opere. Lettere, a cura di Gargano G.I., D’Acunto N., Citt Nuova, Roma 2000; Id., De divina omnipotentia e altri opuscoli, a cura di Brezzi P., trad. di Nardi B., Vallecchi, Firenze 1983; Id., Lettere ai monaci di Montecassino, a cura di Granata A., Jaca Book, Milano 1988; Id., Vita sancti Romualdi, edizione critica di Tabacco G., Istituto Storico Italiano, Roma 1957; Id., Lettre sur la toute-puissance divine. Introduction, texte critique, traduction et notes par Cantin A., Paris 1972 (Sources chr tiennes, N. 191). Sebbene negli ultimi anni della sua vita, Leonardo mostri di nutrire dif idenza verso la volont di scrivere e di comunicare quanto oltrepassa la ragione, tuttavia egli non perde mai la sua iducia nella capacit dell’arte di rappresentare l’origine di tutto; egli, infatti, scrive: «O [stoltizia umana] voi poi scorrere ne’ miracoli e scrivere e dar notizia di quelle cose di che la mente umana non capace e non si posso[n] dimostrare per nessuni essemplo naturale» (Leonardo da Vinci, Codice W, 19084r) e poi nel medesimo testo si dichiara convinto che non si pu «abbracciare la mente di Dio, nella quale s’include l’universo, caratando o minuzzando quella in ‘n inite parte come l’avvessero a natomizzare» (Ibid.), ma laddove iniscono le de inizioni e le dimostrazioni, il mistero dell’universo, contenuto nella mente di Dio, in qualche modo continua a essere mostrato nelle opere del pittore. Per una ri lessione su questo passaggio, cfr. Papa R., Leonardo teologo. Ancora, Milano 2006, p. 27 e p. 64. «C’ poco da meravigliarsi, quindi, se una mentalit , che riteneva necessario rendere la fede “pi chiara” con un appello alla ragione e rendere la ragione “pi chiara” con un appello all’immaginazione, si sentiva anche tenuta a rendere l’immaginazione “pi chiara” con un appello ai sensi. […] Nella sfera delle arti igurative ci dimostrabile attraverso l’analisi di quasi ogni singola igura, bench sia ancora pi evidente nella sistemazione degli insiemi. […] Il timpano nettamente diviso in tre registri, cosicch Cristo in trono (Deësis) risulta separato dai dannati e dagli eletti, e questi a loro volta dai risorti. Gli apostoli, precisamente inclusi nel timpano di Autun, sono posti nelle strombature al di sopra delle dodici virt e dei vizi corrispondenti» Panofsky E., Architettura gotica e iloso ia scolastica. Trad. it. Petrella A., a cura di Starace F., Liguori, Napoli 1986, p. 22. Agostino d’Ippona, Discorso 304, 2-3: «I santi martiri lo hanno seguito ino all'effusione del sangue, ino a rendersi a lui somiglianti nella passione: i martiri lo hanno seguito, ma non sono stati i soli. In realt non che venne tagliato il ponte dopo il loro passaggio, o che quella sorgente si sia inaridita dopo che i martiri bevvero.[…] Possiede, possiede, fratelli, quel giardino del Signore, possiede non solo le rose dei martiri, ma pure i gigli delle vergini e le edere dei coniugi e le viole delle vedove. In una parola, dilettissimi, in nessuno stato di vita gli uomini dubitino della propria chiamata: Cristo morto per tutti. Con tutta verit , di lui stato scritto: Egli vuole che tutti gli uomini siano salvi e che tutti giungano alla conoscenza della verit » Opere di Sant’Agostino, edizione latino-italiana, parte III: Discorsi, vol. XXXIII, a cura di Trap A., Citt Nuova, Roma 1986, pp. 518-521.
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Delle Arti 14. Per uno studio iconogra ico delle immagini degli angeli, cfr. Bussagli M., Storia degli angeli. Racconto di immagini e di idee. Rusconi, Milano 2003. 15. Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, I, q. 108, art. 1, resp. «Poich dunque l’unico principe Dio, il quale capo non solamente di tutti gli angeli, ma altres degli uomini e di tutto il creato, ne segue che una sola pure la gerarchia non solo di tutti gli angeli, ma anche di tutte le creature razionali, atte a partecipare le cose sante» S. Tommaso d'Aquino, La Somma teologica, trad.it. a cura di Coggi R., Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996, vol. I, p. 938. 16. Ibid., I, q. 108, art. 5, sed contra «Abbiamo l’autorit della Sacra Scrittura che cos li denomina. Infatti troviamo i Sera ini in Isaia [6,2]; i Cherubini in Ezechiele [1; 10, 15.20]; i Troni nella Lettera ai Colossesi [1, 16]; le Dominazioni, le Virt , le Potest e i Principati nella Lettera agli Efesini [1, 21]; gli Arcangeli nella Lettera Canonica di Giuda [9] e gli Angeli in moltissimi luoghi della Scrittura» S. Tommaso d'Aquino, La Somma teologica, op. cit., vol. I, p. 955. 17. Canestro Chiovenda B., La gloria di Sant’Ignazio e altri lavori del Gaulli per i Gesuiti. In “Commentari”, 13, 1962, 2-4, pp. 289-298; Enggass R., The painting of Baciccia. Pennsylvania University 1964, pp. 32-34; Wittkower R., Jaffe I.B., Architettura e arte dei gesuiti. Mondadori Electa, Milano 1992. 18. Devoto G., Avviamento alla etimologia italiana, Mondadori, Milano 1979, ad vocem. 19. Pozzo A., Perspectiva pictorum et architectorum, Roma 1693. 20. Pozzo A., Signi icati delle pitture, fatte nella volta della Chiesa di Sant’Ignazio di Roma, spiegati dal medesimo autore in una lettera scritta a sua Eccellenza il Sig. Principe di Lichtenstein, edito da Domenico Ercole, Roma 1828; Mariani V., Lettera del f. A. Pozzo al Principe di Liechtenstein sul signi icato degli affreschi della volta della chiesa di Sant’Ignazio, Roma 1924; Id., La cupola di Sant’Ignazio nel trattato di Prospettiva di Andrea Pozzo, in “Roma”, I -1923, pp. 432-34; Fabrini N., La chiesa di Sant’Ignazio in Roma, Roma 1952; Montalto L., Andrea Pozzo nella chiesa di Sant’Ignazio al Collegio Romano. In “Studi Romani”, 1958; Carboneri N., Andrea Pozzo architetto. Trento 1962; Portoghesi P., Roma barocca. Laterza, RomaBari 1967; Beltrame Quattrocchi E., Il palazzo del Collegio Romano e il suo autore. In “Studi Romani”, 1956; De Feo V., Andrea Pozzo, Architettura e illusione. Of icina, Roma 1988. 21. Gv 1, 1-3. 22. Per uno studio dell’arte e dell’architettura bizantina, cfr. Iacobini A., Zanini E. (a cura di), Arte profana e arte sacra a Bisanzio. Argos, Roma 1995; Beckwith J., L’arte di Costantinopoli. Introduzione all’arte bizantina. Einaudi, Torino 1967; Mango C., Architettura bizantina. Electa, Milano 1999; Orlandos A.K., ᾽Αρχεῖον τῶν βυζαντινῶν μνημείων τῆς ῾Ελλάδος, Atene 1935. 23. Col 1, 3. 12-20. 24. Bussagli M., Michelangelo. Il volto nascosto nel “Giudizio”. Medusa, Milano 2004. 25. Papa R., Ghirlandaio. Art Dossier, n. 246, luglio-agosto, Giunti, Firenze 2008. 26. Papa R., Contributo per una storia iconologica della Natività. In La Madonna del Presepe, da Donatello a Guercino, catalogo della mostra a cura Adani G., Gentilini G. e Grimaldi Fava C., Minerva, Bologna 2007, pp. 72-105. 27. Rm 5, 1-21.
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28. Papa R., La città dipinta. La cappella Carafa di Filippino Lippi. In “ArteDossier”, XX, n. 207, gennaio 2005, pp. 34-40. 29. Robertus Caracciolus, Specchio della fede, Venezia 1495, (Sermone XL de la Annuntiatione…), pp. CLIv-CLIIr. Fra Roberto Caracciolo analizzando il racconto esposto nel vangelo di Luca (Lc I, 26-38) rintraccia e commenta la successione di cinque condizioni spirituali e mentali o stati d’animo attribuibili a Maria: «O terbio mistrio da dichiarare circa la annuntiatione della madonna si chiama angelica confabulatione: dove si conteneo cinque laudabile conditione de essa virgine benedica. La prima si chiama Conturbatione. La seconda Cogitatione. La tertia Interrogatione. La quarta Humiliatione. La quinta Meritatione. […] La quinta laudabile conditione si chiama Meritatione… E dicte quelle parole l’angelo si part . E la virgine benigna subito hebbe Christo dio incarnato nel suo ventre con quelle mirabile conditione delle quale disseno nel sermone nono. Dove noi possiamo meritamente contemplare che in quello puncto che la virgine Maria concep Christo l’anima sua fu levata in tanta contemplatione alta e sublime con gesto e dolcezza delle cose divine che citra la beati ica visione pass el modo de ogni altra creatura». 30. Pace V., Arte a Roma nel Medioevo. Committenza, ideologia e cultura igurativa in monumenti e libri. Liguori, Napoli 2000, Cap. 8: La committenza artistica del cardinale Matteo d’Acquasparta nel quadro della cultura igurativa dell’epoca, pp. 151-173.
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Cultura
Domenico De Gregorio Prete intellettuale dell’agrigentino Vincenzo Lombino*
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parere di Jacques Le Goff, l’intellettuale, almeno il medievale, tale se legato alla citt e se fa parte di un gruppo «organico», ovvero di servitori della Chiesa (cfr. Gli intellettuali nel medioevo, Milano 2008, 4-6). Applicato con le dovute distinzioni al nostro tempo, questo pensiero torna utile per dare un’identit a Domenico De Gregorio (1923-2006). Fu legato alle sue citt e fu un servitore della Chiesa, in tutta sincerit . Fu storico e teologo della societ agrigentina e della Chiesa di Agrigento, e fu anche bibliotecario a vita della prestigiosa Biblioteca Lucchesiana di Agrigento, docente negli istituti superiori dell’agrigentino, giornalista, poeta. Insomma fu un «intellettuale» a tutto tondo del suo tempo e come tale mi ripropongo qui di ricordarlo brevemente o di farlo conoscere. A parte le sue puntuali e lunghe permanenze di studio in Germania, De Gregorio visse la sua vita tra Cammarata, suo paese natale, e Agrigento. A questi due centri, ha dedicato tutto il proprio impegno di intellettuale, privilegiandoli come luoghi dell’accadimento storico, in cui incontrare e comprendere l’uomo. Ma quale uomo o meglio chi l’uomo? De Gregorio vede l’uomo come colui che, cosciente o no, Cristo ha legato a s . La societ umana, quella societ che egli ha studiato a fondo nella ristretta realt provinciale agrigentina, ai suoi occhi, non altro che incarnazione continua del Cristo, incarnazione nell’uomo delle sue terre. Dostoevskij, a suo tempo, parl di immagine di Cristo stampata nel cuore del popolo russo, indipendentemente della sua radicale ignoranza dottrinaria. Non diversamente si pu dire dell’idea del Cristo incarnato secondo De Gregorio. Quando scrive di storia della Chiesa agrigentina, che ⏤ come noto ⏤ per molti secoli in tale porzione di mondo corre sovrapponibile alla storia sociale, scrive in realt del Cristo incarnato. Lo si vedr pi chiaramente tra breve. In ogni caso De Gregorio non tradisce la realt tutta umana di tale incarnazione. Egli coglie fragilit e virt della sua gente. La Chiesa agrigentina del suo e nostro tempo rimane pur sempre in continuit con la prima Chiesa dei martiri di questa terra, di San Libertino, di San Pellegrino, di altri a noi sconosciuti. Il popolo cristiano agrigentino , dice, una famiglia, una
Figura 1. Domenico De Gregorio, Cammarata (AG) 1923-2006.
fraternit , legata a luoghi e fatti precisi e ai suoi santi: S. Calogero, S. Gregorio, S. Gerlando, S. Rosalia, il Beato Matteo, S. Alfonso e soprattutto la Beata Maria Vergine, venerata nel territorio ovunque e con svariati titoli, che l’hanno resa vicina a tutti (‘A Beddamatri). De Gregorio vede Ges in Rosario Livatino, martire per la giustizia, dove per giustizia ⏤ spiega ⏤ dobbiamo intendere la Giustizia di Dio, che differente da quella degli uomini. «La Giustizia di Dio volont di liberazione, di salvezza per l’uomo. Dio infatti in Ges Cristo salva l’uomo perch lo libera dal peccato, lo giusti ica, lo rende suo iglio e lo affratella a tutti gli uomini […]. Rosario Livatino fu vitti-
*Sacerdote; dottore in Farmacia; docente di Patristica presso la Ponti icia Facoltà Teologica di Sicilia San Giovanni Evangelista e presso lo Studio Teologico San Gregorio Agrigentino di Agrigento. Anno V n. 39 – Maggio – Giugno 2022
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Cultura
ma innocente per l’affermazione di tale Giustizia […]. Il martirio di questo giudice fedele e coscienzioso, come il sangue dei primi nostri martiri, pu diventare seme di liberazione e di rinascita» (Parrocchia di carta, 64).
C’ per , tra i suoi scritti, un'altra ottica prospettica per osservare il volto di Ges nel popolo, un’ottica speciale che da sempre i teologi hanno privilegiato. L’ottica simbolica dell’arte. De Gregorio fu certamente pedagogo delle espressioni artistiche igurative agrigentine. A mio modo di vedere, ritengo che personalmente prefer esprimersi con la poesia. Cerc anche in questa sua modalit espressiva l’aggancio teologico, richiamandosi all’idea di Shakespeare secondo cui i poeti sono spie di Dio, profeti che colgono Dio l dove, a volte, appare sotto apparenze del tutto contrarie alle immagini dei benpensanti. E allora, per De Gregorio, il Figura 2. Cammarata 1986, Leonardo Sciascia e Domenico De Gregorio osservano un manoscritto Bernardino Lamis dell’«Eredella Biblioteca Comunale di Cammarata, in occasione della presentazione del volume Cammarata. sia catara» di pirandelliana Notizie sul territorio e la sua storia. Foto di Pippo Di Grigoli. forgiatura diventa, proprio per la sua incompresa e radicale umilt , ma pur sempre di uomo di alto valore storici (ancora oggi assolutamente importanti), che umano e culturale, quasi profezia dell’umilt di Cririteneva del valore dei duo leptà che la povera vedova sto. Anzi Bernardino Lamis l’alter De Gregorio, ovdi evangelica memoria gett nel tempio (cfr. La Chievero il suo pseudonimo nei due volumi di poesie sa Agrigentina, pp. 611-629), la sua speranza lo propubblicati (Micolinette e Muddicheddi), ma non diiettava infatti altrove (cfr. L’immaginaria edizione dei vulgati e piuttosto passati umilmente di sottobanco voll. delle poesie a Utopoli). ai soli amici. Nella poesia per si rivela la personalit sensibile, laica ma anche radicalmente profetica e Rizzutedda senza nomu cristiana di De Gregorio. Anche qui Cristo la iligrana dei suoi versi. Egli coglie Cristo nell’umilissima e «Anno domini 1679 die 3 xbris: giovanissima fanciulla, caduta vittima della violenza inventa est mulier mortua in feugdo in una contrada del monte Cammarata, dimenticata Minaxha con capillis nigris rixis, dalla storia, seppellita nel monotono registro parrocaetatis 14 circiter annorum. (Liber defuctorum Archivio Matrice S. Giovanni Gemini) chiale dei defunti della matrice di San Giovanni Gemini e scoperta dal De Gregorio disilluso studioso di Ti truvaru nni lu fegu di la Minaxha ogni espressione umana nella storia. Nei versi della lu tri dicemmiru di lu secentusittantanovi sua poesia, De Gregorio le restituisce l’ossimorico e nun ti sappiru dari nome di «Rizzutedda senza nomu». mancu un nomu. La trascrivo qui sotto cos come stata pubblicata, a Morta. suggello di questi brevi cenni a memoria di un intelQuann’eri viva un ti circavanu, lettuale che non si trov affatto a suo agio nella nuda, scanza, morta di fami, societ del suo tempo. Insoddisfatto dei suoi studi
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si nni futtianu. Morta, ti truvaru. Ma ppi livari di mmezzu na carogna. Nnuvinnarunu l’anni e comu? Taliannuti li denti comu a l’armala? E l’unica cosa chi t’appartinni foru li to capiddi niuri e rizzi. Eri na picciuttedda di quartodici annuzzi. Cu ti purtà a la Minaxa? Quali stentira, quali fami, quali spranzi? Un bisognu, na fantasima, n’amuri? Stavi xhuriennu e mentri xhurivi ti sunnavi, forsi, un tò maritu, ‘na casa china di igli … Ma, eccu la morti. T’ammazzaru? Muristi di nicissità? E prima? Ti mangiaru? Di sti quartodici annuzzi nun ristaru chi sti capiddi rizzi, e tuorti, comu lu disitinu, niuri, comu la morti».
Bibliografia 1. Cfr. Le Goff J., Gli intellettuali nel Medioevo. Mondadori, 2008, pp. 4-6. 2. De Gregorio D., La Chiesa Agrigentina. Notizie storiche. 5 voll., Agrigento 1996-2000. 3. De Gregorio D., Cammarata, in Paesi di Sicilia. IBIS, Palermo 1965. 4. De Gregorio D., Cammarata. Notizie sul territorio e la sua storia. Agrigento 1986. 5. De Gregorio D., San Calogero. Studio sul Santo e il suo culto. Agrigento 1977. 6. De Gregorio D., Il clero agrigentino e Garibaldi. In L’evento garibaldino nel territorio di Agrigento. Celebrazioni del Centenario della morte di G. Garibaldi. Agrigento 1984, pp. 31-35. 7. De Gregorio D., S. Gerlando e la situazione religiosa di Agrigento. Sarcuto, Agrigento 1993 8. De Gregorio D., Mons. Ficarra, dalla nascita all’episcopato. In Sidoti A. (ed.), Mons. Angelo Ficarra Vescovo di Patti (1936-1957). Documenti e Ricerche di Storia Religiosa. Diocesi di Patti. Patti 1999, pp. 11-66. 9. De Gregorio D., San Gerlando. La Dialettica (introduzione, traduzione e note). Agrigento 2000. 10. De Gregorio D., ‘A Beddamatri. Titoli e scritti mariani. Agrigento 2005. 11. De Gregorio D. «Bernardino Lamis», Muddicheddi. Utopoli 2006. 12. De Gregorio D. «Bernardino Lamis», Micolinette. Utopoli 2006. 13. Tuzzolino A. (ed.), De Gregorio D., Cammarata: Cronache dei secoli 19. e 20., dal 1800 al 1961. Cammarata 2006. 14. Petrone C. (ed.), La parrocchia di carta. Gli editoriali di mons. Domenico De Gregorio nel settimanale «L'Amico del Popolo» (1976-2001). Sarcuto, Agrigento 2007. 15. Lombino V., Domenico De Gregorio. storico, giornalista e letterato. Guida Bibliogra ica. Agrigento 2012.
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Il cesello, la freschezza di un’arte antica Irene Luzio*
Figura 1. Laboratorio Benedetto Gelardi Argenti, cortile di Palazzo Pantelleria-Varvaro, piazza Meli, Palermo.
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l Quadrilatero di Sant’Eligio uno dei luoghi pi signi icativi del centro storico di Palermo. un nodo di viuzze che s’intrecciano su via Meli ⏤ che da Piazza S. Domenico scende ino al porticciolo della Cala ⏤ ed l’antico quartiere di argentieri ed ora i: il vanto di Palermo, che brillava tra le capitali europee in questo settore dell’artigianato artistico. Il quartiere ha ormai perso quasi tutte le sue botteghe, soppiantate dai locali notturni. Tuttavia, dalla soglia di Palazzo PantelleriaVarvaro ⏤ in piazza Meli, nel cuore stesso del Quadrilatero ⏤ si pu ancora avvertire l’inconfondibile
battere dei martelli sul metallo prezioso, cadenzato, vibrante e ancora cos vivo. Il suono attrae turisti e curiosi all’interno del cortile, dominato da un maestoso Ficus macrophylla, alla cui sinistra si affaccia il laboratorio Benedetto Gelardi Argenti. Benedetto Gelardi mastro argentiere. Dopo lunghi anni di apprendistato, si specializzato nell’arte del cesello e dello sbalzo, due delle tecniche fondamentali per la realizzazione di un’opera di pregio. Lo sbalzo prevede che la lastra di metallo prezioso ⏤ di 6 o 7 decimi di mm di spessore ⏤ sia lavorata dal retro, o dall’interno verso l’esterno, per far emergere i volu-
*Università degli Studi di Palermo.
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Figura 2. Laboratorio Benedetto Gelardi Argenti, restauro della galea d’argento.
mi attraverso sapienti colpi di martello. Il cesello, invece, permette di de inire sulla super icie i soggetti e le decorazioni: il retro della lastra viene cosparso di piombo fuso, o di una particolare mistura di pece, gesso e grasso, che attutisce i colpi di parecchi ceselli ⏤ strumenti prodotti dallo stesso artigiano, simili a scalpelli ⏤ utilizzati per la lavorazione. La tecnica permette di ri inire l’opera ino al dettaglio pi minuto. Gelardi attualmente tra i pi virtuosi cesellatori d’Italia. Nel 1978, Gelardi avvia il suo laboratorio. Nel tempo riunisce una vera e propria squadra di lavoro, altamente quali icata nel progettare, realizzare e restaurare opere d’argenteria ⏤ ma anche d’ore iceria e statuaria ⏤ con una particolare inclinazione verso produzioni di carattere sacro, specialmente suppellettili liturgiche. Ogni opera d’argenteria un pezzo unico, realizzato interamente a mano, con tecniche tradizionali come la fusione a cera persa, la saldatura a fuoco, lo sbalzo, il cesello, il traforo e tecniche di initura, quali i bagni galvanici in argento o in oro. Anche i modelli e le opere scultoree vengono realizzati con tecniche tradizionali di lavorazione della terracotta e intaglio del marmo. I manufatti realizzati ex novo ⏤ come da tradizione ⏤ recano il marchio e il bollo dell’argento, che ne testimoniano l’autore e il “titolo” della lega.
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RESTAURI La padronanza delle tecniche tradizionali viene applicata anche per interventi di restauro conservativo di opere antiche, spesso liturgiche, ripristinate nella loro integrit e restituite alla loro originaria funzione. Tra i lavori di restauro condotti dal laboratorio Gelardi, il pi signi icativo quello di un singolare manufatto seicentesco: una galea d'argento, donata a Santa Rosalia come ex voto per uno scampato naufragio. Attraverso la documentazione fotogra ica, si potuto constatare in quali disastrose condizioni l'opera verteva, ma stato anche possibile programmare gli interventi di cui necessitava. Il vascello stato smontato nelle sue singole, in inite componenti e sottoposto all'indispensabile processo di pulitura; le componenti danneggiate sono state ripristinate, mentre alcuni elementi mancanti sono stati realizzati ex novo e integrati. L'operazione di restauro si trasformata in un'avventura a met tra l'ingegneristica navale e il modellismo pi sfrenato! L’opera attualmente custodita all'interno del Museo del Tesoro di Santa Rosalia, presso il Santuario di Monte Pellegrino. Il pregio dell’attivit di Gelardi non risiede solo nel mantenere viva un’arte antica, quasi dimenticata, e nel restaurare o realizzare opere di elevata qualit materiale e tecnica, curate ino al pi minuzioso dettaglio. Al di l del “saper fare”, c’ un “saper
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Figura 3. A sinistra: reliquiario in argento contenente il “contapreghiere” di S. Rosalia. A destra: lanterna argentea di S. Rosalia.
ascoltare”. Ci che rende umanamente signi icativa la sua arte che sia un servizio: un convogliare l’esperienza, l’ingegno e la passione in un’opera che trascende chi l’ha creata, per incarnare le esigenze e i gusti di colui che l’ha commissionata, che l’impiegher e la custodir nel tempo. I committenti sono spesso privati ⏤ non solo palermitani o siciliani, ma italiani, europei, internazionali ⏤ e devoti: preti, ordinandi, congregazioni, semplici fedeli, intere comunit cattoliche, che necessitano di arredi sacri per una chiesa, celebrare una ricorrenza, sostituire opere trafugate, ottenere o ripagare una grazia. Non raro che acquistino manufatti esposti in vetrina o presenti in catalogo, ma pi frequente che ne richiedano la realizzazione ex novo. Ha inizio cos un’attivit creativa corale, un processo collettivo e partecipato: si prende spunto da opere gi realizzate da grandi maestri del passato o dallo stesso laboratorio, si tiene conto di eventuali richieste in termini di simbologia ed estetica, si buttano gi gli schizzi, poi si passa a una progettazione pi dettagliata, si crea un modello, si plasma la materia e in ine la si ri inisce. cos che un’opera profonda e ricca di signi icato viene alla luce, coniugando funzionalit , preziosit e sacra bellezza: un’opera destinata alla gloria di Dio e all’elevazione delle anime, che sopravvivr a chi l’ha voluta e a chi l’ha realizzata.
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OPERE ORIGINALI Tra i lavori originali pi signi icativi possiamo citare un reliquiario argenteo in stile barocco, sbalzato e cesellato, commissionato per custodire una preziosa reliquia: il "contapreghiere" di Santa Rosalia, i cui grani sono realizzati con la pietra della grotta in cui la Santuzza trascorse il suo eremitaggio. Possiamo ricordare le lanterne argentee, cesellate e sbalzate a mano, con motivi decorativi che rimandano stilisticamente all'Urna argentea di Santa Rosalia, custodita in Cattedrale. Ma il protagonista indiscusso della produzione Gelardi il paliotto d’altare in argento dorato, realizzato per il Duomo di Santa Maria Nuova, a Monreale ⏤ per conto del quale, nell'anno 2000, il laboratorio aveva gi curato il restauro dell'altare maggiore, del Valadier: una raf inata opera barocca, datata 1771 e realizzata su commissione dell'arcivescovo Francesco Testa. La mensa d’altare ornata da cinque medaglioni, raf iguranti episodi della vita della Vergine, a cui si aggiunge ⏤ al centro del paliotto ⏤ quello della Nativit di Maria: il pi maestoso, sorretto da angeli e af iancato dalle scene della Pentecoste e dell'Assunzione. A coronamento dell’altare, alternate fra preziosi candelieri, si collocano sei corpose statue di santi, oggetto di fervente devozione nel monrealese: S. Pietro, S. Paolo, S. Benedetto, S. Castrenze, S. Rosa-
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Figura 4. In alto: Paliotto in argento dorato del nuovo altare del Duomo di Monreale. Sotto: Laboratorio Benedetto Gelardi Argenti, fasi di lavorazione delle formelle.
lia, S. Luigi IX. Il paliotto in argento dorato per il nuovo altare coram populo, costituito da un pannello ligneo progettato digitalmente, ai ini di predisporre gli alloggiamenti per settantanove formelle argentee dorate, distribuite in tre ordini sovrapposti. Le formelle sono tutte sagomate a mano, trattate a sbalzo e/o cesello, e sottoposte a doratura galvanica. Presentano dimensioni diverse: le formelle maggiori ospitano una variet di soggetti, tutti rigorosamente ispirati alle scene musive del Duomo, relative all’Antico e Nuovo Testamento; le formelle minori sono caratterizzate da elementi
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Figura 5. Laboratorio Benedetto Gelardi Argenti, lavorazione del paliotto del nuovo altare del Duomo di Monreale.
decorativi, in ilo d'argento intrecciato, che fanno da sfondo a un'ampia variet di gemme, alloggiate in castoni d’argento dorato. Richiama alla mente uno dei capolavori dell’ore iceria medievale, qual l’altare maggiore della chiesa di S. Ambrogio a Milano,
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realizzata dal magister phaber Vuolvinio, intorno alla met del IX secolo. Dispiace solo che risulti dif icilmente leggibile, in relazione al pi ampio contesto architettonico: la distanza, che lo separa dalla navata, non favorisce la fruizione delle piccole decorazioni,
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Cultura mentre l’elegante doratura che lo impreziosisce pare quasi dissolversi nella straordinaria luminosit dei pannelli musivi del Duomo. Ad ogni modo, con quest’opera, Benedetto Gelardi e il suo staff hanno fornito un contributo artistico d’indubbio valore, ponendo un’eccelsa virt tecnica a servizio delle necessit e del gusto di un’eminente committenza. VALE UN VIAGGIO Ci sarebbe molto altro da raccontare ancora. Per esempio la fornitura periodica di manufatti preziosi per la tavola ad un gioielliere di New York. Oppure i lavori per altri clienti provenienti da varie parti del mondo, che approdano alla Bottega Gelardi attratti dall’estrema qualit del suo lavoro. Il mastro artigiano un vero palermitano e, come tale, sa essere squisitamente ospitale. Provare per credere. La visita al suo laboratorio sempre un arricchimento. Chiunque vi arrivi viene accolto da una persona estremamente colta e disponibile a spiegare con amabilit le differenti fasi della lavorazione di ciascun oggetto. come fare un viaggio nel tempo. Tecniche impiegate dagli artigiani migliaia e migliaia di anni or sono vengono coniugate con strumenti all’avanguardia, come il pantografo computerizzato. un’arte, quella dell’argenteria palermitana, che affascina per la capacit degli artigiani di far dialogare sapientemente intelligenza, occhi, cuore e mani senza perdere mai la curiosit per quanto offre il progresso delle tecnologie e la trasformazione dei simboli in forme. Passeggiare per le strade di S. Eligio (dal nome della chiesa dedicata al loro patrono) diviene in tal modo un’occasione unica per immergersi in una tradizione di eccellenza ⏤ l’ore iceria e l’argenteria di Palermo ⏤ inserita nel Registro delle Eredit Immateriali dell’UNESCO.
Figura 6. Laboratorio Benedetto Gelardi Argenti, formelle del paliotto del nuovo altare del Duomo di Monreale.
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La scoperta della vitamina E Giusi Sanci*
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a vitamina E una vitamina liposolubile presente naturalmente negli oli vegetali e in altri alimenti grassi. Questa vitamina non e un’unica molecola ben de inita, ma comprende una classe di sostanze con attivit simile, che esplicano la stessa funzione nel nostro corpo con maggiore o minore potenza. Comprende infatti una classe di sostanze con attivit simile. Ci sono circa 8 differenti tipi di vitamina E suddivisi in due classi principali che sono i tocoferoli (α, β, γ, δ) e tocotrienoli (α, β, γ, δ). La forma pi attiva e diffusa l’ α-tocoferolo. Dopo l’acido ascorbico, certamente la vitamina piu importante per la nostra salute. Dobbiamo assumerla col cibo, in quanto le nostre cellule non possono sintetizzarla. La vitamina E contenuta soprattutto negli alimenti di origine vegetale. Tutte le piante superiori contengono tocoferolo, che localizzato prevalentemente nelle foglie e nelle parti verdi delle piante. Le fonti principali sono rappresentate dall’olio di germe di grano, di arachidi, di mais, di oliva, e dai frutti oleosi. La vitamina E risulta sensibile alla luce e al calore, tende quindi a degradarsi alle alte temperature. Data la sua sensibilit al calore, l’olio extra vergine d’oliva crudo, rappresenta uno dei migliori prodotti per l’assunzione di vitamina E. L'assorbimento dei tocoferoli avviene nell'intestino tenue per un processo di diffusione passiva che richiede l'azione degli acidi biliari. Dalla mucosa intestinale i tocoferoli passano nella circolazione linfatica e quindi in quella sistemica dove sono presi in carico dalle liproproteine. La funzione dominante della vitamina E quella antiossidante per il mantenimento dell’integrit della membrana cellulare. In particolare agisce all'interno del doppio strato fosfolipidico delle membrane cellulari, e a tale livello previene la perossidazione lipidica, proteggendo le cellule dai danni che i radicali liberi causano alla membrana esterna. La sua azione si esplica: 1) nell’apparato cardiovascolare, impedendo indesiderate coagulazioni del sangue e regolando il metabolismo dei grassi (prevenzione di ictus, infarti, arteriosclerosi, ecc...); 2) favorendo l’ossigenazione di sangue e tessuti (maggiore resistenza alla fatica e migliori prestazioni isiche e sportive, anche in alta montagna), se presa nella dose di almeno 800 U.I. al giorno; 3) ripulendo il sangue dalle tossine e, in particolare, dai radicali
liberi, rallentando pertanto l’invecchiamento; 4) promuovendo il buon funzionamento dell’apparato riproduttivo; favorisce quindi una normale attivit sessuale e p ro t e g g e q u e s t i organi da sterilit e malattie. utile anche nel diabete e nelle disfunzioni tiroidee. Si pu affermare quindi che favorendo la salute in generale, dif icile trovare una funzione o una malattia che non possa trovare giovamento da generose dosi di questa vitamina. Recenti risultati sembrano dimostrare che la vitamina E possa aiutare a prevenire o ritardare malattie coronariche, limitando l’ossidazione delle LDL responsabili della formazione della placca ateromasica a livello dei vasi coronarici. provato che un’aumentata assunzione di vitamina E con la dieta diminuisce l’incidenza di patologie coronariche. In uso esterno, rallenta la formazione delle rughe. La vitamina E fu scoperta nel 1922 dall'embriologo Herbert Evans e dalla sua assistente Katharine Bishop che con il loro esperimento sui ratti dimostrarono che esisteva un nuovo fattore nutrizionale liposolubile, inizialmente chiamato “fattore X”, in grado di prevenire la morte fetale (Evans e Bishop, 1922; Evans e Bishop, 1912). L’esperimento consisteva nella utilizzazione di due gruppi di ratti, il primo alimentato con una dieta a base di caseina pura, lardo, amido di grano, olio di fegato di merluzzo, lievito di birra e cloruro di sodio; il secondo gruppo alimentato con la stessa dieta del primo con aggiunta di alcuni vegetali, tra cui principalmente frumento germogliato e insalata fresca. Gli sperimentatori notarono subito che gli animali del primo gruppo rimanevano sterili: la fecondazione e l’attechimento ovulare avevano luogo regolarmente, ma il pi delle volte il feto moriva durante la gestazione e veniva poi riassorbito insieme alla placenta. Quelli del secondo gruppo invece avevano un numero sempre maggiore di gravide, che
*Farmacista
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Figura 1. Herbert McLean Evans (1882-1971)
partorivano poi regolarmente. A questo punto gli sperimentatori vollero rendersi conto delle esatte caratteristiche dell’avitaminosi E, ed in particolar modo in cosa consistesse questa avitaminosi, se esistesse veramente una differenza tra l’avitaminosi E dei ratti maschi e quella delle femmine, ed in ine quale delle due fosse pi facilmente curabile. Si osserv che nutrendo le femmine con alimenti scarsi di vitamina E, i feti vivi continuavano ad evolversi nell’utero per un certo tempo, per poi regolarmente deperire. I casi in cui sopravvenivano parti prematuri erano invece moltissimi. Le madri nutrite con alimenti ricchi di vitamina E dopo una nuova fecondazione partorivano tutte regolarmente . Veniva cos dimostrato che la sterilit , se non vi erano infezioni o alterazioni organiche di altro tipo, era transitoria e curabile. Nei ratti maschi il risultato era invece diverso: si pot dimostrare che un ratto affetto da avitaminosi E, dopo aver perso la facolt della riproduzione, non era pi capace alla rigenerazione, nemmeno dopo avergli somministrato della vitamina E, anche in dosi elevate, perch tale avitaminosi provoca nel suo corpo l’atro ia degli organi sessuali non pi rigenerabili con nessuna vitamina. Nel 1927, l’esistenza della vitamina E venne generalmente riconosciuta, dopo che Evans e Burr presentarono un metodo per la determinazione biologica di questo fattore liposolubile. In seguito Evans e Olcott, nel 1936, per mezzo di estratti fortemente concentrati di vitamina E ottenuti dall’olio di germe di grano, ricavarono un alcol
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che possiede l’attivit biologica della vitamina E e a cui stato assegnato il nome di tocoferolo. In America si era intanto arrivati a sperimentare la dieta vitaminica E sulla donna, e si pot constatare veramente una considerevole diminuzione del numero degli aborti naturali. Juhasz-Shaffer constat in seguito che un nutrimento ricco in vitamina E produce effetti favorevoli sul nascituro, poich il suo sviluppo viene ad essere migliore che non negli altri casi. Nei laboratori svizzeri, tedeschi ed americani, intanto, si studiava la costituzione chimica di questi tocoferoli e fu nel 1937 che Fernholz e Emerson, separatamente da Karrer e John, chiarirono la costituzione chimica della vitamina E. (Karrer, 1938). Nell’anno successivo Todd ne realizza la sintesi. Cos oggi questa sostanza pu essere ottenuta sia da sostanze naturali, sia per via sintetica. La scoperta che la vitamina E essenziale anche per l'uomo avvenne solamente nel 1968. La vitamina E stata considerata per molti anni un nutriente essenziale per molte specie animali e, a partire dal 1968, anche per l’uomo. Il ritardo nel riconoscere il ruolo essenziale della vitamina E per l’uomo derivato dal fatto che, nell’adulto sano, l’avi-
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Figura 2. Katharine Julia Scott Bishop (1889-1975)
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Figura 3. Tocoferoli e tocotrienoli.
taminosi E dovuta a un apporto de icitario con la dieta una condizione rarissima. Infatti la vitamina E si trova ampiamente distribuita negli alimenti e nell’organismo sono presenti abbondanti depositi. Nell’adulto un de icit di vitamina E pu essere conseguente a un malassorbimento dei lipidi. I nati prematuri sono particolarmente a rischio per la de icienza poich possiedono scarse riserve della vitamina. La carenza di vitamina E rara e generalmente dovuta a compromissioni digestive, anomalie (genetiche o acquisite) nell'assorbimento o nel metabolismo dei grassi, oppure da una dieta sbilanciata. Se presente tale carenza pu causare problemi a livello dei nervi e del sistema immunitario. In particolare i problemi nervosi sono dovuti alla cattiva conduzione degli impulsi elettrici per via dei cambiamenti nella struttura e nella funzione della membrana nervosa. La vitamina E, come del resto tutti i componenti del gruppo, possiede spiccate propriet antiossidanti. Tuttavia non si pu affermare con assoluta certezza che tutte le funzioni che essa assolve nell’organismo siano attribuibili a questa sua propriet e quindi la complessa sintomatologia che si instaura nella carenza sia causata esclusivamente dai danni che i radicali liberi dell’O2 provocano a carico della struttura e quindi della attivit di importanti molecole biologiche in particolare dei fosfolipidi presenti nelle membrane cellulari e nelle lipoproteine circolanti. I siti di deposito sono costituiti da fegato, tessuto adiposo, muscolo scheletrico e lipoproteine. La carenza di vitamina E una condizione che non si veri ica quasi mai, anche perch i depositi endogeni sono tali da garantire quasi un anno di autonomia, senza assunzione. In ogni caso in tale condizione ci si aspetta una degenerazione delle membrane cellulari con risultante anemia, debolezza muscolare e atassia cerebrale.
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Bibliografia 1. Traber M.G. et al., Absorption, transport and delivery to tissues. In Packer L., Fuchs J. (eds.), Vitamin E in Health and Disease. Marcel Dekker, 1992, New York, pp. 35–53. 2. Azzi A. et al., RRR-alpha-tocopherol regulation of gene transcription in response to the cell oxidant status. Z Ernahrungswiss, 1998; 37 Suppl 1:21-8. 3. Stocker A. et al., Identi ication of a novel cytosolic tocopherol-binding protein: structure,speci icity, and tissue distribution. IUBMB Life, 1999, Jul; 48(1):49-55. 4. Azzi A. et al., The role of alpha-tocopherol in preventing disease: from epidemiology to molecular events. Mol Aspects Med. 2003 Dec; 24(6):325-36. Review. 5. Zingg J.M., Azzi A., Non-antioxidant activities of vitamin E. Curr Med Chem. 2004 May;11(9):1113-33. Review. 6. Azzi A., Molecular mechanism of alpha-tocopherol action. Free Radic Biol Med. 2007 Jul 1; 43(1):16-21. Review. 7. Niki E., Traber M.G., A history of vitamin E. Annals of Nutrition & Metabolism, 2012, 61 (3): 207–12. 8. Wang X., Quinn P.J., (July 1999). Vitamin E and its function in membranes. Progress in Lipid Research, 1999, 38 (4): 309–36.
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