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“Ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale” di Théodore Géricault
DI GIUSEPPE FRASCAROLI
In soli venti giorni circa, con l’aiuto dell’amico barone d’Aubigy che si offerse a posare per gli studi e i bozzetti di movimento in groppa a un cavallo preso in affitto dal cocchiere di una carrozza pubblica e al luogotenente Dieudonné, che fu il suo primo modello, Théodore Géricault approntò la più vigorosa e vivace interpretazione mai raffigurata di un soldato all’attacco sul suo cavallo imbizzarrito a causa dei frastuoni dei cannoni in battaglia. Questo imponente dipinto, un olio su tela di cm 349 x 266 è stato realizzato da Géricault (Rouen, 26 settembre 1791 – Parigi, 26 gennaio 1824) nel 1812 ed è conservato al museo del Louvre di Parigi. Il nostro artista, che dopo le sue prime esperienze pittoriche nell’ambiente neoclassico francese, diventò un importante esponente dell’arte romantica, espose questa sua opera per la prima volta al Salon di Parigi, la più importante esposizione d’arte della Francia in quel periodo, ad appena ventuno anni, e rappresenta il suo tentativo di unire sia il movimento che la perfezione strutturale nella sua arte. È un’opera di grande levatura, impetuosa, sia per l’impostazione caratterizzata dal cavallo impennato con gli occhi sbarrati esaltato dall’artista con l’uso di pennellate vibranti di luce e di energia, sia per la posa altera del cavaliere su una sella ornata da pelle di leopardo, sia per i fuochi della battaglia e per la carica emozionale del colore
che lo sostanzia. L’idea per questo dipinto sembra che gli fosse venuta da un banale incidente. Secondo l’intellettuale della sua epoca Charles Clément, un giorno, mentre l’artista andava alla festa di Saint-Claude, “vide sulla strada una carrozza alla quale era attaccato un cavallo grigio, per niente bello, ma focoso e di un colore magnifico” che, nel tentativo di ribellarsi al giogo della carrozza, si impennava scuotendo il muso con la bava alla bocca. Quel cavallo gli ispirò la composizione del quadro con il “destriero da guerra, inebriato, impazzito per l’odore della polvere, il bagliore delle armi, il tuonare del cannone” (Clément, 1863). Questo dipinto segnò la consacrazione del pittore nel 1812, quando ricevette la medaglia d’oro al Salon di Parigi. Il modello diretto di questa visione eroica, con il cavallo impennato, è il “Napoleone che valica il Gran San Bernardo” di David, dal quale tuttavia si differenzia nella posa, e per la stesura pittorica a forti macchie contrastate, unico aspetto dell’opera che suscitò delle perplessità nella critica. A mio avviso la stesura a macchia del bel cavallo pomellato, che riduce la definizione ai contorni e suggerisce la fugacità della visione, con le luci e le ombre usate per far risaltare qualche dettaglio o nascondere altre parti, suggeriscono un senso di mistero, inquietudine e trepidazione.