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RITRATTO DEL PRINCIPE TOMMASO FRANCESCO DI SAVOIA CARIGNANO A CAVALLO di Antoon Van Dyck

DI GIUSEPPE FRASCAROLI

Tra le diverse tipologie di ritratti indagate da Van Dyck figura anche il ritratto equestre, genere che risale alla statuaria classica e che ha per tradizione un carattere eroico e magniloquente. In particolare, il cavallo trasmette energia, e laddove l’effigiato monti un cavallo impennato, il ritratto diventa una celebrazione della sua forza di carattere, permette psicologicamente di essere sollevati dalle proprie paure, sentendosi grande e potente; si sottintende quindi che chi sia in grado di controllare un cavallo imbizzarrito può ugualmente condurre una nazione o un esercito.

Van Dyck nel 1633 ha già ritratto “Carlo I a cavallo, con il suo scudiero Sant’Antonio” ma questo dipinto, che pure mostra il cavallo in movimento, ha l’enfasi e la grandiosità retorica del ritratto, che l’artista realizzò nel 1634 a Bruxelles per Tommaso Francesco di Savoia Carignano. Questo ritratto del principe a cavallo è un olio su tela di cm 315 x 236 ed è conservato nella Galleria Sabauda di Torino.

Il dipinto fu eseguito insieme a un altro ritratto a mezzo busto e fu commissionato per celebrare l’insediamento “ad interim” del principe come reggente dei Paesi Bas-

si spagnoli. Tommaso Francesco, che era un comandante militare, era arrivato con quella nomina al culmine della sua carriera: la sua opzione di porsi al servizio di Filippo II di Spagna veniva premiata. In omaggio alla sua patria d’elezione il principe si fece ritrarre con un’armatura di fattura spagnola e scelse un cavallo di razza andalusa. La posa dell’elegante cavallo bianco che si sta impennando, la lunga criniera, le bardature dorate, i tendaggi di seta stupendamente modellati e il cielo cupo partecipano a commemorare la magnificenza e la fastosità del condottiero. Tommaso Francesco è raffigurato con il bastone del comando e con i segni e il nastro rosso dell’Ordine dell’Annunziata, assegnatagli dal padre, Carlo Emanuele I di Savoia nel 1616. Il principe era però più ambizioso che abile; la sua carriera militare sarebbe stata segnata da successi e fortune alternate ad insuccessi. Van Dyck era un ritrattista troppo attento e sensibile per non comprendere la vera natura dell’uomo: lo sguardo quasi disorientato e smarrito sta ad indicare la divergenza tra i suoi ideali, spesso utopistici e le sue reali capacità.

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