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“Cavalli da corsa davanti alle tribune” di Edgar Degas
DI GIUSEPPE FRASCAROLI
“Cavalli da corsa davanti alle tribune” (Le défilé) è un olio su tela di cm 46 × 81 realizzato dal pittore impressionista Edgar Degas, (Parigi, 19 luglio 1834 – Parigi, 27 settembre 1917) nel 1866-68 e conservato al Musée d’Orsay di Parigi.
L’ippodromo con i cavalli era uno degli argomenti prediletti dall’artista, perché lo considerava un luogo adatto per studiare le sagome, i profili e il movimento. Degas riesce a rendere in maniera magistrale l’atmosfera delle corse, anche se in quest’opera ha preferito rappresentarne i momenti più tranquilli e pacati. L’abitudine di recarsi alle corse di cavalli è, al pari dei bagni di mare o delle passeggiate nei giardini pubblici, una moda creata dal Secondo Impero.
Il pittore raffigura cavalli e cavalieri in assetto appena prima della partenza per la corsa: la frenesia è palese, e termina nel brusco scatto nervoso del purosangue sullo sfondo, che produce pienamente l’effetto desiderato, ovvero l’eccitazione e il clima di tensione e attesa che anticipa la competizione. Gli altri cavalli, invece, vengono fatti sfilare davanti ai raffinati spettatori che affollano le tribune a sinistra e che, per ripararsi dalla luce splendente e accecante, si riparano con eleganti ombrellini. Sullo sfondo si profilano alcune ciminiere fumanti che evocano la nascente industrializzazione della capitale francese.
Degas in quest’opera descrive egregiamente i cavalli al passo prima della partenza, mentre la prospettiva viene qui effettuata in modo centrale con la convergenza delle linee formate dalla balaustra che cinge la tribuna a sinistra, la fila dei cavalli a destra e il punto di fuga situato sullo sfondo dietro al cavaliere che riesce a controllare con difficoltà il suo cavallo eccitato.
La luce, inoltre, serve a Degas per offrire all’osservatore una vasta e armoniosa gamma di sfumature vive e squillanti, dai caldi toni prevalentemente bruni, aranciati e giallastri, accostando i colori così da esaltarli reciprocamente: ecco allora che il mantello dei cavalli rimanda alle giubbe dei fantini, che cromaticamente ben si armonizzano con la copertura della tribuna, con gli alberi, con le vesti policrome della platea di spettatori.
Da notare inoltre la parsimonia nei dettagli: Degas tralascia infatti quei particolari che faciliterebbero l’identificazione dei fantini, come ad esempio il colore delle casacche, che in alcuni casi si sovrappone.