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“Corazziere ferito che abbandona il campo di battaglia” di Théodore Géricault

DI GIUSEPPE FRASCAROLI

Il “Corazziere ferito che abbandona il campo di battaglia” è un dipinto a olio su tela di cm 358 × 294 realizzato da Jean-Louis-Théodore Géricault, conservato al Museo del Louvre di Parigi.

L’opera illustra un militare dell’imperatore Napoleone che lascia il campo di battaglia perché ferito. Esposto al Salon del 1814, il dipinto è divenuto l’emblema della disfatta del periodo napoleonico; la situazione politica era ormai precipitata con la disfatta di Napoleone e la sua abdicazione.

Tuttavia, la distanza dal campo di battaglia, la mancanza di ogni manifestazione di sofferenza nel volto del militare ferito e l’interesse tutto indirizzato alla impeccabilità formale mettono il dipinto in correlazione con il neoclassicismo.

La scena raffigura un corazziere ferito che, smontato di sella e posto sotto un cielo di dense nuvole scure e tra i lampi della battaglia che ancora infuria in lontananza, mostra uno sguardo vigile e prudente; la testa è volta all’indietro con gli occhi sbarrati e uno sguardo impaurito, mentre sta scendendo per un declivio di terreno scuro appoggiandosi al fodero della spada. Il cavaliere trattiene con la mano destra il suo cavallo spaventato.

Il corazziere, non raffigurato come vincente, ma come perdente, non come eroe, ma come semplice soldato che cerca di salvare la propria vita, rimanda alla sconfitta di Napoleone. La composizione, infatti, raffigura la capitolazione delle certezze e delle grandi aspirazioni napoleoniche, l’anticipazione della fine di un’epoca.

Va detto che quest’opera rammaricò profondamente il pittore, perché, se “L’Ufficiale dei cavalleggeri della guardia imperiale” presentato nel 1812 era stato accolto come il promettente saggio di un giovane dotato, questo quadro non suscitò grande interesse, piuttosto diverse critiche, per la condotta pittorica da abbozzo per i colpi di spatola eccessivamente corpose e l’inesattezza delle proporzioni del cavallo la cui groppa era ritenuta troppo addossata alla testa. Clément, nel 1879 avrebbe scritto: “Si direbbe che il pittore, avendo preso male le misure, abbia fatto entrare il cavallo a forza nella tela”.

Personalmente sono in disaccordo con i critici dell’ottocento che hanno disapprovato questo quadro, con una considerazione personale che vuole “riabilitare” questo bel dipinto: proprio nella presa d’atto di una vita militare che si fonda sulla fatica e sulla sofferenza di animali e di uomini, nel definito infrangersi degli ideali illuministici che emerge dal cupo scenario della restaurazione politica si animano quelle contraddizioni a cui l’irrequietezza di Géricault ha saputo fornire sagaci, anche se provvisorie, sintesi formali che possono essere confuse con grossolani errori del pittore. Al pessimismo della ragione, al disinganno provocato dagli avvenimenti della storia, che hanno intaccato sicuramente la sensibilità del grande artista, si accompagna un impeto della passione di tipico sapore romantico in cui Géricault unisce l’esaltazione della vita dell’uomo cui dà tragica grandezza, espressione appassionatamente patetica.

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