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Cavalli in riva al mare di Giorgio De Chirico

DI GIUSEPPE FRASCAROLI

“Giorgio De Chirico (Volo, Grecia, 1888 – Roma, 1978), pittore, scultore e scrittore, principale esponente della corrente artistica della pittura metafisica, contrariamente a Boccioni, raffigura il cavallo collocandolo in distese litoranee, nella pacatezza di un tempo impreciso e indefinito e in un ambiente ignoto che si perde all’alba delle civiltà classiche. I cavalli divennero spesso protagonisti dell’opere di De Chirico, che li riteneva gli animali maggiormente pittorici. Uno dei suoi “Cavalli in riva al mare”, è un olio su tela di cm 129,5 x 96,5 realizzato tra il 1927 e il 1928, conservato nel Museo Carlo Bilotti Aranciera di Villa Borghese, Roma.

In quest’opera sono raffigurati due cavalli, soggetto che sarà ripreso più volte dal pittore metafisico, tra ruderi antichi. I destrieri avanzano con grazia nella loro maestà mitologica, eleganti nei loro fisici resi ancor più longilinei dalle pennellate vigorose chiare e scure atte a creare ombre e luci; procedono con le criniere e le ampie code ondulate al vento su di una spiaggia carezzata dalla luce dell’alba o forse, al contrario, di un violaceo tramonto.

I cavalli in riva al mare danno l’impressione di essere una coppia capace di provare i sentimenti e le emozioni dell’essere umano, abbandonata nel ricordo dei tempi che furono e bramosa di godere gioendo del delizioso momento ricreato nella tela. La peculiare atmosfera visionaria di quest’opera è data da due componenti: le rovine di un tempio sullo sfondo, più un’apparizione spettrale che effettiva architettura, dipinto con pennellate acquose con le stesse tonalità coloristiche delle nuvole del cielo, e il frontone di un tempio che galleggia leggero sulle acque calme, come un ricordo che emerge dal mare della memoria. La pittura è quasi ridotta a due sole tonalità intrise di luce, grazie al sapiente e ponderato uso dell’olio. Oltre la bellezza, questi cavalli manifestano la vitalità della natura: libertà e potenza, un vigore che viene addolcito da un’espressione mite e indifesa, perché, come lo stesso artista afferma: “Voglio bene agli animali perché li considero esseri indifesi, non protetti. Per questo li amo. Ogni vittima, ogni essere sopraffatto dalla prepotenza altrui gode di tutto il mio amore”. Mossa dalla materia pittorica e dalla fantasia onirica, questa coppia di cavalli sembra animata da una vita inesauribile.

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