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Tenuta Chiccheri
La perla della Val d’Illasi
Tenuta Chiccheri rappresenta la nouvelle vague dei vini veronesi di qualità
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Al confine orientale della Valpolicella, soltanto una strada sterrata fa da confine con l’area del Soave, una vecchia proprietà agricola è diventata una delle cantine veronesi emergenti per qualità: Tenuta Chiccheri in pochi anni ha saputo conquistarsi un suo spazio in un mercato affollato ed in una denominazione dove l’asticella della qualità è – oggettivamente – molto alta. Merito del terroir, ci troviamo a Tregnago, in val d’Illasi, uno dei vigneti più belli d’Italia, ed anche della carica imprenditoriale di Giancarlo Ruffo, industriale di Verona nel settore meccanico, che ha costruito il suo “impero” sulla base di poche, semplici, regole di vita. Con 17 ettari di superficie complessiva fra bosco, uliveti e vigna – 11 gli ettari vitate – e 50mila bottiglie prodotte ogni anno, Tenuta Chiccheri è molto di più di un semplice “buen retiro” come testimoniano la proiezione internazionale e i molti riconoscimenti ottenuti dai vini, non ultimo quello di “miglior metodo classico d’Italia” nell’ultima edizione del Challenge Euposia con la Cuvée del
Fondatore Montpré
«Ho sempre avuto la passione per la natura e la vita del settore agricolo – racconta oggi Giancarlo Ruffo-. Fin da bambino aiutavo i miei genitori mezzadri nei campi, in stalla e , durante l’inverno, prima di andare alla scuola elementare mi alzavo alle 4 del mattino per mungere le vacche. Il vino mi ha sempre affascinato e fin da quando ho acquistato la tenuta ho iniziato a produrre vino prima per la famiglia e per gli amici; per un periodo ho conferito le uve alla cantina sociale, successivamente, considerando la zona estremamente vocata alla produzione di vini di qualità ho pensato di investire nel settore vinicolo in maniera ancora più diretta. Dapprima lavorando sulle vigne - estirpando vigneti già esistenti- per poi fare nuovi impianti. Successivamente sono stati fatti investimenti in cantina. Tenuta Chiccheri nasce così
nel 2003».
Come è arrivato a scegliere la zona di Tregnago in particolare?
«La scelta è stata casuale, durante vendita una passeggiata in collina, ho visto una vecchia proprietà in vendita. Apparteneva ad una vecchia famiglia di agricoltori, uno di questi – quello, evidentemente, più benestante – amava scendere in paese, a cavallo, per prendersi una “chicchera” , una tazzina di caffè in lingua veneta. Da qui il suo soprannome “Chicchero” diventato poi di tutta la sua famiglia. Mi sembrava un bel ricordo da salvaguardare. Ma, soprannomi a parte, la tenuta era bellissima, con vigneti a 400-500 metri sul livello del mare, rivolti a sud. Ne ho intuito le potenzialità, ma soprattutto me ne sono innamorato».
Mi spiega la scelta dei vini: per i rossi ha puntato sugli autoctoni veronesi (corvina, corvinone, croatina e rondinella), ma ha mantenuto due internazionali come chardonnay e pinot nero… «Beh, essendo Tenuta Chiccheri in Valpolicella “allargata” come non concentrarsi sui “nostri” rossi della denominazione? Ma confesso che mi sono sempre piaciute le bollicine, e da questa passione deriva la decisione di non cancellare questi vigneti – lo chardonnay è la vigna più vecchia della tenuta: ha trent’anni ed è l’unica ad aver conservato la tradizionale pergola, come sistema di allevamento – e di realizzare dei metodo classico».
Pensa mai ad autoctoni come garganega e durella?
«L’imprenditore ed il vignaiolo sono sempre alla ricerca di nuove sfide. Però ho anche imparato che
se si vogliono raggiungere risultati veri, per arrivare alla qualità massima, bisogna saper restare concentrati. Per il momento, quindi, non penso a nuovi impianti con gli autoctoni a bacca bianchi».
Torniamo alla scelta di produrre eccellenza nelle bollicine col metodo classico e la scelta del pinot nero che nel veronese non ha grande tradizione: come è nata questa intuizione?
«Un po’ ha giocato la mia passione per i vini spumante di spessore, ma una parte determinante l’ha giocata la tenuta stessa. Questa zona è vocata per i rossi , ma altitudine e mineralità del terreno fanno sì che chardonnay e pinot nero possano esprimersi al meglio con buona freschezza, eleganza e profumi. Il resto è venuto di conseguenza».
C’è un modello di vignaiolo, di azienda vinicola (in Italia o all’estero) cui guarda per ispirarsi? dalla tipologia dei vini al modello di business...
«Ci si ispira sempre a chi sa fare bene il proprio mestiere avendo come base su serietà ed onestà. Il panorama internazionale è costellato da eccellenti vignaioli. Sono consapevole che Tenuta Chiccheri è una realtà giovane e so che ci vuole il giusto tempo per crescere. Sacrificio e dedizione insieme ad un altro importante ingrediente -umiltà - non devono mai mancare nel lavoro quotidiano».
Cuvée del Fondatore Montpré Brut 2010: la degustazione
Il terreno su cui nasce questo metodo classico è calcareo; i vigneti – 4mila ceppi/ettaro - sono a pergola per lo chardonnay mentre il pinot nero poggia sul guyot. Vendemmia manuale e almeno trenta mesi di a f f i n a m e n t o sui lieviti. Il vigneto a chardonnay è quello “storico” della Tenuta, con trenta vendemmie sulle spalle.
Al naso sono immediate le note di glicine e fiori bianchi, pesca e mela al forno. Profumo di crema pasticcera e leggera tostatura. Il palato è molto coerente con l’olfatto: tornano le note fruttate che virano sul cedro candito e su un prezioso balsamico. Caldo, ampio, e di lunga persistenza; di grande freschezza e piacevolezza, molto invitante alla beva.