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Lambrusco. I consigli dello chef Stefano Corghi
di Enzo Russo
Lambrusco tra passato e futuro a tavola esalta la gastronomia
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Èsempre bello andare a Modena e fare un giro tra i vigneti del Lambrusco e vedere le foglie ingiallite che ricoprono il terreno, sembra di guardare un quadro dell’arte pittorica del Novecento, con in più i profumi della vendemmia appena terminata che si inerpicano nel naso con grande piacere. E’ qui che incontriamo il direttore del Consorzio del Lambrusco di Modena, Ermi Bagni, per parlare per l’appunto della vendemmia del Lambrusco, un vino antico che fa sognare il passato ma anche il futuro, visto che è il più venduto e conosciuto
nel mondo, al passo con i tempi e sempre alla moda, giovane, frizzante e spumeggiante. La giornata è bella, c’è sole e la temperatura è mite, ci accomodiamo sotto un pergolato per parlare ed ammirare ancora i filari di vigneto che si stanno spogliando delle foglie, è rimasto ancora qualche sporadico grappolo di uva oramai appassita che rende la scenografia ancora più intrigante.
“Quest’anno dal punto di vista qualitativo, abbiamo dovuto anticipare la vendemmia di circa 15 giorni per la siccità di quest’estate per preservare le fragranze e le caratteristiche delle uve. Abbiamo
iniziato a fine agosto con il Lambrusco Salamino e terminato verso la fine di settembre. Considerando che il Grasparossa che dei tre Lambruschi è quello che nasce nella zona collinare, è il più rustico, ha la buccia più consistente e si conserva più a lungo, veniva vendemmiato a fine ottobre, quest’anno per il clima è stato vendemmiato un mese prima.
Dal punto di vista quantitativo abbiamo avuto un calo del 25% su una media provinciale. Perchè abbiamo avuto le gelate primaverili che hanno colpito nel momento in cui la vite germogliava e poi la siccità prolungata, due elementi che hanno influito negativamente nella produzione, anche se in pianura c’è stata la possibilità dell’irrigazione di soccorso, mentre in collina questo non è stato possibile”.
Ma questo calo ha corrisposto alla qualità: “La qualità si è mantenuta sugli stessi livelli degli anni precedenti, anche perché produrre di meno non corrisponde quasi mai a una migliore qualità, specialmente il Lambrusco che ha determinate caratteristiche organolettiche che rimangono intatte in qualsiasi situazione climatica.
Noi possiamo produrre 180 quintali ad ettaro di uva per il Sorbara e il Grasparossa e 190 per il Salamino. Questi vini hanno conquistato molti mercati a livello mondiale e da 40 anni il Lambrusco doc è il più venduto nella Grande Distribuzione. Con questo vogliamo dire che, al di là dei cambiamenti climatici, il Lambrusco piace sempre”. E la gradazione: “la vendemmia è stata anticipata proprio per mantenere la gradazione dei 10,5°/11°, perché un Lambrusco a 12° si allontana da quelle che sono le sue caratteristiche. Il consumatore vuole e si aspetta quella gradazione”.
Nelle tre tipologie di Lambrusco, qual è quella che ne uscita bene dalla siccità: “Il Salamino perché è il vitigno più vigoroso. Ha avuto la possibilità di avere più acqua, mentre il Sorbara ha avuto un’impollinazione buona, per quanto riguarda il Grasparossa della zona pedocollinare è andata bene, mentre in quella collinare il calo si è fatto sentire”.
Direttore, quando in Emilia si parla di Lambrusco, inevitabilmente lo si accosta alla gastronomia che qua da voi ha una tradizione ben consolidata che affonda le radici nella cultura contadina e oggi nella grande ristorazione stellata dove si preparano piatti che hanno una storia, ma rivisti e corretti nei condimenti per una sana ed equilibrata alimentazione.
Vogliamo parlarne per capire meglio quali sono i possibili abbinamenti per gustare con armonia i due “attori”?
«A Modena abbiamo tre Lambruschi doc legati al nome del vitigno, poi ce né un altro che è un blend, non ha una caratterizzazione di vitigno come come il Lambrusco di Sorbara, il Salamino di Santa Croce e il Grasparossa di Castelvetro».
Quali sono le caratteristiche dei tre Lambruschi? “Il Sorbara ha una spiccata acidità è privo di Vendemmia 2017 anticipata per salvaguardare t utte le caratteristiche del lambrusco
struttura tannica, profumi molto distinti quasi floreali con retrogusto di fruttato ed molto trasversale come abbinamento; il Salamino di Santa Croce è di colore rosso intenso, molto fruttato e poco floreale; il Grasparossa di Castelvetro è più vinoso, profumi che ricordano la frutta matura e una struttura maggiore rispetto agli altri Lambruschi perchè è un uva più ricca di polifenoli ed il territorio dove nasce è pedocollinare, quindi appare più rotondo e morbido”. Tra le tre tipologie qual’è il Lambrusco più richiesto: “Non solo all’estero e fuori dall’area di Modena e Reggio E. le tipologie che vanno per la maggiore sono quelle che hanno un colore più ricco, rosso intenso, il Salamino e il Grasparossa. Però il Sorbara dal colore rosè è quello che si abbina meglio a certi piatti caratteristici, come i tortellini, cotechino e zampone e bolliti proprio per la sua spiccata acidità”. Quando andate all’estero il Lambrusco lo promuovete con i vostri piatti della tradizione?
“Quando organizziamo degli incontri per promuoverlo e farlo degustare, lo facciamo soltanto con il Parmigiano Reggiano, una specie di aperitivo, poi cerchiamo sempre di proporlo con la loro cucina, i loro piatti locali”.
In Italia, qualè la Regione che maggiormente consuma Lambrusco?
“Dopo l’Emilia Romagna c’è la Lombardia e poi subito dopo viene la Toscana”.
I consigli dello chef Stefano Corghi Piatti ed abbinamenti
Ed ora parliamo della gastronomia emiliana con lo chef Stefano Corghi titolare del ristorante “Il Luppolo e l’Uva” - Via Staffette Partigiane 31/P – Modena, che ha realizzato alcuni piatti della tradizione abbinandoli alle tre tipologie di Lambrusco doc. La sua è una cucina che trae origine dalla tradizione emiliana, ma con un tocco di fantasia che lo porta a realizzare piatti di alta cucina, elaborati quel tanto che basta e non appesantirli nei condimenti, quindi piatti dai sapori delicati, ma decisi, che gratificano il palato.
“Come antipasto ho preparato una Tartare di cervo mantecata con il burro e granaglia di nocciole , servita con una riduzione di vino Sorbara e una granella ghiacciata di lampone. L’abbiamo abbinata al Lambrusco di Sorbara perché la dolcezza della carne contrasta con l’acidità del Sorbara. E’ un ideale abbinamento.
Come primo piatto ho pensato ai Tortelloni di zucca con un ragù di salsiccia di maiale brado, brasato al vino Salamino e rosmarino. Lo abbiamo abbinato al Lambrusco Salamino perché tende al dolce e quindi la spezia va a contrastarlo creando una sinergia gustativa che appaga il palato.
Infine, ho realizzato come secondo piatto Il Guancialino di maiale brasato al vino Grasparossa saltato al rosmarino, cubetti di zucca e pancetta croccante con Aceto Balsamico di Modena. In questo caso lo propongo abbinato al Lambrusco Grasparossa, che ha un discreto corpo, perché asciuga la parte succulenta del piatto che ha anche un fondo leggermente dolce e si esalta con il salato della pancetta croccante e l’acidità del Balsamico. Un incontro che esalta i due attori e soddisfa il palato”.
Nell’attesa delle portate, lo chef Stefano ci sorprende con un vassoio di salumi emiliani: salame, coppa, prosciutto crudo e lardo accompagnati da tocchetti di Parmigiano Reggiano e gnocco fritto. Non male come benvenuto.
I piatti li abbiamo provati e degustati in religioso silenzio, proprio per “afferrare” tutti i sapori. Un silenzio che è durato poco, perchè il locale si è subito riempito di persone, non è molto grande, forse è per questo che ci si trova a proprio agio. Tutte le portate sono state apprezzate, non hanno deluso, sia per la preparazione sia per la composizione nel piatto, perchè anche l’occhio vuole la sua parte.