32 minute read
Otto vini da non perdere
Tenute Lunelli presentano Auritea, Cabernet Franc 2015 Costa Toscana IGT firmato da Luca D’Attoma
Auritea è un Cabernet Franc in purezza, un vino di grande intensità che fin da subito si posiziona al vertice della produzione toscana delle Tenute Lunelli, a Podernovo, uno splendido poggio vitato sulla Costa Toscana, che gode di un microclima ideale per la creazione di vini rossi di pregio, grazie alla brezza marina che rinfresca le calde giornate estive. Il vigneto “Olmo”, situato sul lato est della collina di Podernovo, produce un Cabernet Franc di particolare freschezza, grazie alla posizione che garantisce l’esposizione al sole del mattino e il riparo dai forti raggi pomeridiani. Il terreno presenta strati ricchi di minerali, sia in profondità che in superficie, tanto che camminando nel vigneto si possono ritrovare conchiglie fossili dell’era pliocenica.
Advertisement
È qui che nasce il nuovo Auritea, frutto della collaborazione con Luca D’Attoma, enologo di grande esperienza, soprattutto su questo tipo di vitigno, e da alcuni anni consulente enologico delle Tenute Lunelli. A lui si deve la creazione di tutti i vini toscani e umbri della famiglia Lunelli. Il nome Auritea rimanda ad Arca Aurita, la conchiglia fossile presente da milioni di anni nei terreni della Tenuta, che dona a questo vino una suadente mineralità. Al naso stupisce per la profonda intensità, dove sentori di polvere di cacao, confettura di ribes nero e rosmarino anticipano accenni più speziati e balsamici. In bocca la struttura, solida ed elegante, mette in risalto la morbidezza del tannino e regala, nel finale, la sapidità donata proprio dalla componente fossile del terreno. La prima annata di Auritea nasce dalla vendemmia 2015, effettuata rigorosamente a mano in piccole cassette e, dopo un’accurata pre-macerazione a freddo e una vinificazione in acciaio, matura per 18 mesi in barriques di legno francese, prima di affinare per altri 12 mesi in bottiglia. Come tutte le etichette di Podernovo, sarà un vino biologico. Sarà prodotto in appena 4mila bottiglie.
Cantina Tramin , ecco il nuovo Chardonnay Riserva “Troy” 2015
Si chiama “Troy” il nuovo vino con cui Cantina Tramin si confronta con i grandi Chardonnay del mondo. Nell’antica lingua locale significa “sentiero“, nome scelto per evocare un lungo percorso compiuto dalla storica azienda altoatesina. Una crescita qualitativa ininterrotta che prosegue da oltre vent’anni, testimoniata dai numerosi premi e riconoscimenti raccolti dai propri vini, nei quali la varietà Chardonnay era impiegata finora come importante componente della prestigiosa cuvée Stoan.
“Nel nostro territorio – afferma Willi Stürz, kellermeister di Cantina Tramin – per molti anni lo Chardonnay coltivato a quote elevate non era apprezzato, a causa della sua struttura esile. Con il passare del tempo abbiamo compreso come le piante potevano trovare il proprio equilibrio e ad avere basse rese in modo naturale, con un minimo intervento di regolazione delle quantità. Questo ci ha consentito di raggiungere i risultati odierni, di cui siamo molto soddisfatti”.
I vigneti si trovano in località Sella, sul versante orientale del massiccio della Mendola. Si collocano tra 500 e 550 metri d’altezza, quindi in posizione più avanzata rispetto a quelli di Gewürztraminer con cui si produce Epokale, il primo vino bianco italiano premiato con 100/100 dalla guida Robert Parker Wine Advocate.
Hanno un’età media di 25 anni e sono allevati in parte a guyot e in parte attraverso la pergola semplice aperta, con pendenze che vanno anche oltre il 30%. L’’esposizione è a sud-est e gode di giornate calde e soleggiate, con forti escursioni termiche notturne e la presenza di correnti fredde provenienti dalle montagne. I terreni sono composti da ghiaia calcarea mista ad argilla.
Per la prima edizione di Troy è stata scelta la vendemmia 2015, annata eccellente per i vini bianchi dell’Alto Adige. Durante la raccolta le uve sono state attentamente selezionate, con un controllo acino per acino. La fermentazione è avvenuta in barrique, dove il vino ha sostato per undici mesi sui lieviti, compiendo anche la fermentazione malolattica. Troy è stato dunque travasato in contenitori di acciaio per un’ulteriore maturazione sui lieviti di 22 mesi. La chiarificazione è avvenuta quindi per precipitazione spontanea prima dell’imbottigliamento.
Ne è risultato un vino dal colore dorato con un’intensità e un’ampiezza di profumi che svelano immediatamente la propria origine montana, con delicati sentori floreali e agrumati, sensazioni di frutti tropicali, come mango, banana e melone galia, note di camomilla e menta e un tocco di mandorla. In bocca domina la freschezza e una piacevole mineralità salina, con un finale lungo sui toni minerali e sensazioni retro olfattive tropicali e di nocciola tostata.
Walton Brook Vineyard Pinot Gris 2013 metodo classico
Ogni anno il Challenge Euposia presenta delle novità interessanti nel panorama del metodo classico internazionale. Dal Leichestershire arriva questo Pinot gris, vitigno poco utilizzato nelle spumantistica; tecnologia e cloni dalla Germania per questa cantina avviata nel 2008 su colline rivolte a mezzogiorno in questa contea che sta nel cuore del Regno Unito, poco a nord di Leicester. Walton Brook è una piccola cantina, con poco meno di 10mila viti piantate e questo Pinot Gris è del 2013 con sboccatura nel 2018. Brillante nel bicchiere, ha al naso note citrine immediate di lime con fiori bianchi, erbaceo e note di cipria. Il palato è molto fresco, spalla acida ancora importante nonostante l’evoluzione sui lieviti, palato ampio dove tornano note d’agrumi, pompelmo ed un finale morbido di mandorla tipico del vitigno. Invitante alla beva, molto gradevole e nel complesso assai equilibrato.
Chianti Classico Gran Selezione Romitorio di Santedame 2015: dopo 11 anni torna il “gran toscano” di Ruffino
Prodotto in sole 6500 bottiglie, debutta sul mercato con l’annata 2015 il Romitorio di Santedame con un nuovo uvaggio, 90% Sangiovese e 10% Colorino, una nuova veste e soprattutto sotto la DOCG del Chianti Classico Gran Selezione. Romitorio di Santedame era un’etichetta storica di Ruffino – azienda vitivinicola di Pontassieve fondata nel 1877 – nata nel 1990 come Toscana IGT. Vino pioniere e prodotto in edizione limitata è stato testimone dell’importanza che Ruffino ha sempre attribuito alla ricerca e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni toscani. L’uvaggio era quindi basato sul Colorino e una piccola parte di Merlot. Dopo 11 anni di assenza, il Romitorio di Santedame ritorna come Chianti Classico Gran Selezione e prende i natali da un singolo poggio di una delle zone di produzione più prestigiose dell’intera denominazione: la Conca d’Oro di Castellina in Chianti. Una fortunata combinazione di suolo, altitudine ed esposizione fa di quest’area un terroir privilegiato. Qui, a 400 m slm con esposizione sud e terreni ricchi di scheletro, galestro e argilla molto ben drenati e ideali per la coltivazione del sangiovese, crescono le viti dedicate alla produzione del Chianti Classico Gran Selezione. La posizione ventilata e la vicinanza di un’area boschiva garantiscono inoltre un’ottima escursione termica preziosa per la corretta maturazione delle uve e lo sviluppo di sostanze polifenoliche fondamentali per la componente aromatica del vino.
Proprio in questo luogo dalle caratteristiche uniche e fortunate nel 2015 si è tenuta la prima vendemmia dedicata alla produzione del Chianti Classico Gran Selezione Romitorio di Santedame. Produzione che è iniziata in un’annata eccellente, caratterizzata da temperature calde e giornate terse che hanno garantito uve perfettamente mature e sane con profili che si sono tradotti in un vino di grande eleganza e struttura. Per questo vino Ruffino ha scelto uno stile di vinificazione molto tradizionale che ha visto
seguire ad una fermentazione in tini di acciao inox a temperatura controllata, una macerazione sulle bucce di circa 10 giorni e un successivo affinamento di 30 mesi, di cui 24 in botti di rovere.
Il Romitorio Santedame 2015 si presenta alla vista con un colore rosso rubino intenso. Al naso spiccano i sentori varietali del sangiovese con note di frutta rossa matura accompagnate da spezie ed eleganti note balsamiche. Al palato si riconfermano persistenti le note di frutta rossa matura e si evolvono i sentori speziati che vanno dal pepe alla liquirizia. Un finale lungo e una struttura elegante sostenuta da tannini fitti e setosi fanno intendere il lungo potenziale di invecchiamento di questa Gran Selezione. Un vino capace di raccontare un legame che perdura da più di 140 anni, quello tra Ruffino ed il Chianti Classico.
Fattoria di Gratena Siro Fifty 2015
Vino di superiore potenza e intensità gusto aromatica, di eccezionale ricchezza cromatica ed estrattiva. L’asse portante è polpa di frutto, distillata dal grado, di concentrazione maestosa, tutta avvolta in felpati e mentosi balsami di vaniglia e dolci spezie del rovere. Quante storie racconta questo vino. Siro Fifty Igt Toscana è un Sangiovese 80% e Gratena nero 20%. Questo il blend di un’azienda ancora poco conosciuta ma di grande prospettiva. Fattoria di Gratena dispone di 15 ettari – ubicati nell’agro che esiste da prima della battaglia di Campaldino che si combattè l’11 giugno 1289 fra i Guelfi e i Ghibellini - certificata Bio dal 1994, una delle prime in Italia. Quasi ci si imbarazza nel dover sceglierne una per partire nel racconto. Anzitutto, come spesso accade nel mondo del vino, le eccellenze nascono quasi per caso. Un racconto che prima di aprire la bottiglia comincia dal campo e da un vitigno ritrovato, creduto perso, di antico lignaggio. Il gratena nero. La Fattoria di Gratena è composta da 180ha dei quali 15,50 sono vitati e 10 sono a olivo, vino e olio certificati come detto biologici. Ha una linea di tre etichette: Chianti Gratena, Siro Fifty IGT Toscana e Gratena Nero IGT Toscana . Il Siro Fifty rappresenta una delle eccellenze dell’azienda. Quindi prima Attilio Scienza e Gazzetta Ufficiale e poi Istituto di Ricerca di Arezzo, CREA, Prof Storchi hanno terminato gli ulteriori studi per terminare la registrazione e consacrarlo Vitigno Toscano.
Fabio De Ambrogi vive qui dal 1999, un millennials si potrebbe dire, dalle idee chiare, nel vecchio casale di famiglia che ancora profuma di ricordi di una semplice e signorile vita rurale. Il padre era top manager da Gucci e inizialmente ne segue le tracce lavorando nel campo della moda occupandosi dell’export. Il Siro Fifty 2015, annata storica, è composto come detto da Sangiovese e Gratena nero, quest’utimo vitigno autoctono, ritrovato in azienda. La Fattoria di Gratena, che ne è proprietaria e produttrice esclusiva, deve inizialmente questo ritrovamento alla curiosità di Giacomo Tachis. Ma fu Attilio Scienza a condurre un attento studio ampelografico con l’Università di Milano che lo portò dopo tre anni di micro vinificazioni a stabilire l’individuazione di un nuovo DNA quindi di un vitigno originale registrato con Decreto Ministeriale del 28 maggio 2010 con il nome di Gratena Nero . Non un sangiovese dunque, come parrebbe lecito aspettarsi da questo fazzoletto di terra tuscia. In un piccolo appezzamento di vigneto chiamato la vigna del Beppone, pronto ormai al rinnovamento delle piante, nel 1997 fu scoperta dell’uva che non aveva le foglie tipiche del Sangiovese. Per curiosità quella poca uva venne vinificata e il prodotto fu un vino scuro, denso, molto tannico, dall’odore quasi sgradevole. Non rimaneva quindi che estirpare il vigneto. Però quel vino non venne eliminato ma riassaggiato quattro mesi dopo, a marzo e la sorpresa fu grande. E poi con l’arrivo di Fabio Mecca rispettosamente ingentilito. La cantina Fattoria di Gratena produce circa 7000 bottiglie del vino “Siro Fifty”. 14 gradi alcool. Gratena Nero è ufficialmente vitigno Toscano da Settembre 2017.
T.N. 76 Weissburgunder: da Thomas Niedermayr un originale Pinot Bianco nato dalla vendemmia 2014
Thomas Niedermayr presenta il suo nuovo Pinot bianco nato dalle uve raccolte quattro anni fa. Il T.N. 76 Weissburgunder 2014 è l’unico vino prodotto utilizzando uve tradizionali da parte del vignaiolo altoatesino, famoso per essere stato tra i primi e più convinti sostenitori in Italia dei vitigni Piwi, varietà naturalmente resistenti alle malattie fungine ottenute attraverso incroci per impollinazione eseguiti in vigna.
Nonostante un’annata più piovosa del solito, la vecchia vigna di Pinot bianco piantata nel 1976 ha saputo sviluppare grappoli ricchi di zucchero ed equilibrati, che Thomas ha interpretato in modo originale rispetto alla tradizione locale che vuole da questo vitigno vini giovani e di pronta beva, ma rispettoso del suo modo di intendere il vino naturale e il suo potenziale evolutivo. Fermentazione spontanea, tre anni di affinamento in acciaio e rovere neutro e nessuna filtrazione: il T.N. 76 Weissburgunder 2014 è oggi un vino tanto ricco di gusto e profondità quanto sorprendente per eleganza e bevibilità. I classici aromi di mela del Pinot bianco sono impreziositi da note fruttate e speziate ravvivate da una grande freschezza e sapidità che rendono questo vino eclettico per gli abbinamenti a tavola. «La vecchia vigna di famiglia ha saputo adattarsi alle particolari condizioni climatiche del 2014, donando uve di grande qualità – racconta Thomas Niedermayr -. Io mi sono limitato a rispettarne i tempi e a permetterne la naturale evoluzione in cantina per estrarre i profumi, i sapori e l’anima profonda di questo vino classico dell’Alto Adige».
Tasca d’Almerita, debutta il Pinot nero extrabrut Rosé 2014: il metodo classico che nasce a Ragaleali
L’espressione extra brut del Pinot Nero in purezza a Regaleali – la tenuta madre della famiglia Tasca d’Almerita nel cuore della Sicilia – è un Metodo Classico millesimato dal colore rosa antico della vendemmia 2014. Il Pinot Nero proviene dalla vigna “Piana Case Vecchie” a Regaleali: 6 ettari impiantato da Lucio Tasca nel 1984 su una collina a 480 metri di altezza su un terreno di argille fini, leggermente calcaree. Una sperimentazione en rose che ha visto fin dal suo inizio, dieci anni fa, la sua migliore espressione nella versione extra brut. Grazie alle condizioni pedoclimatiche “continentali” della Tenuta Regaleali, questo vino rivela tutta la tensione tra freschezza e acidità mostrando un perlage fine e continuo con sentori tipici del vitigno e delicata frutta rossa. L’annata 2014 è stata fresca e ha permesso un buon sviluppo della vite e un buon inizio di maturazione, con un’estate mite e assenza di piogge. Il Pinot Nero è stato raccolto il 14 agosto, una tra le prime vigne della tenuta ad essere vendemmiate. Una permanenza sui lieviti di 36 mesi con rifermentazione in bottiglia per un vino complesso, fresco, e discretamente sapido e persistente. Sboccato a luglio 2018.
Diletta Rosé Puglia Igp 2017 Cantine De Nittis d’Alba
Addí ca l’úcchie pose tótte jí silénziose, si potrebbe dire, in pugliese, ovvero, “Dove l’occhio si posa, tutto è silenzioso” nella tenuta De Nittis d’Alba a Manfredonia. Il momento migliore per degustare Diletta Rosé Puglia Igp 2017. È quel momento della giornata che coincide con la “tardecita“, un’uscita sul lungomare di Manfredonia verso l’imbrunire.. Bombino in purezza, questo rosé ha una personalità forte che si impone. Lavorazione in acciaio e vetro e poi elevazione in vetro. Colore rosato carico come un clairet bordolese. Profilo aromatico connotato da profumi in bella mostra, come i frutti del sottobosco, la melagrana, il tamarindo, il chinotto ed il mirto, la prugna e la susina matura. Pregevole il sentore vegetale. In bocca entra un sorso morbido, vellutato, suadente, cristallino, elegante e soprattutto fresco e beverino. Frutto integro e polposo. Buona l’espressione finale. Dal colore rosato che ci ricorda il passato estivo e ci riscalda il cuore. A torto classificato tra i minori di Puglia, il Bombino nero in realtà è un vero e proprio protagonista in particolare nell’interpretazione di questa azienda nata dall’incontro di amici con la passione per l’eccellenza: Raffaele Pio De Nittis e Michele d’Alba . Una tradizione che risale al 1700, un brand che affonda le sue radici nelle terre di Manfredonia, accarezzate dal vento del Mar Adriatico e crogiolo di culture ed eccellenze enogastronomiche rinomate in tutto il mondo. Poche bottiglie da centellinare .
Roséxpo, il rosa spopola al Castello Carlo V di Lecce
La quinta edizione di Roséxpo, il salone internazionale dei vini rosati, organizzata da deGusto Salento, quest’anno ha fatto strage di numeri. Duecentosessantaquattro etichette, centosettantasette aziende italiane e straniere (Francia, Slovenia, Israele, Libano, Georgia, Portogallo), cinque consorzi, sette grandi distributori, quattrodici regioni italiane coinvolte, duemilacinquecento wine lover.
Il convegno d’apertura titolava “Il vino rosato visto Oltreoceano”. «Guardiamo all’estero, osserviamo le case history riuscite, non possiamo non ispirarci al successo che lega l’idea di rosé a un luogo cult come Saint Tropez, guardiamo alla Francia che con i rosati ha creato uno stile di vita e da lì vogliamo partire per innescare un nuovo meccanismo di promozione del rosato come brand italiano del piacere e del gusto» spiega Ilaria Donateo, presidente di deGusto Salento.
La Francia resta il primo consumatore mondiale, con oltre un terzo delle quote, seguita da Stati Uniti (14%) e Germania (8%) che nel lungo termine registrano un trend di aumento dei consumi. In tutto il mondo, si bevono 24 milioni di ettolitri di vino rosato, secondo gli ultimi dati disponibili (riferiti al
2016) forniti dall’Osservatorio economico mondiale dei vini rosati, di France Agrimer e Civp-Conseil interprofessionnel des vins de Provence. L’Italia, che è quarto produttore, secondo esportatore a valore dopo la Francia e terzo esportatore in volume sempre dopo la Francia e la Spagna, occupa una quota molto bassa nei consumi: il 4%. Molto importante nell’ottica di promozione ed internazionalizzazione è stato il patto d’intesa sui Rosati siglato a Bardolino tra i cinque più importanti consorzi: Bardolino con il Chiaretto, Valtènesi, Vini d’Abruzzo con il Cerasuolo d’Abruzzo, Castel del Monte e Salice Salentino. Il loro obiettivo è soprattutto l’estero, perché ancora oggi valorizzare i rosati in un Paese, come l’Italia, che non sembra apprezzarli e consumarli in maniera sistematica, non è facile. Il convegno ha evidenziato come sia importante il rilancio dell’immagine del made in Italy negli Stati Uniti, dove i vini di Provenza spadroneggiano, conquistando la fiducia della fascia target: i millennials. E dove i rosati francesi spuntano prezzi medi di 48 dollari a bottiglia rispetto ai 18 dollari di quelli italiani.
Personalmente ritengo che l’insuccesso del rosato in Italia (anche se purtroppo manca un osservatorio di riferimento dal quale trarre numeri e dati oggettivi, il rosato non ha dignità statistica, in quanto
viene assimilato ai rossi nelle rilevazioni ufficiali), sia dovuta al fatto che non venga ancora percepito come un vino identitario e territoriale. Troppi produttori pensano che possa essere fatto con qualsiasi tecnica, con qualsiasi uva, con qualsiasi stile e che sia fondamentalmente un completamento di gamma, non un vino su cui veramente puntare. E questo crea confusione, disaffezione da parte del consumatore. Se invece pensiamo al Salento, va detto che forse sono gli unici ad avere creato una vera connessione tra territorio e vino rosato. D’altronde il Rosato del Salento (primariamente da uve di Negroamaro) è uno dei pochi rosé che ha saputo conquistarsi fama e meriti nel Bel Paese e non solo. Vuoi per la sua storia (il primo rosato di tutta Italia fu imbottigliato proprio qui, nel 1943, dall’azienda Leone de Castris, con il nome di Five Roses), vuoi per le caratteristiche di questo vitigno autoctono, particolarmente adatto alla versione in rosa, vuoi per una nuova classe di produttori, che affiancando la vecchia, ha saputo dare un nuovo corso alla storia della viticoltura in zona. Non ultimo, va considerato il lavoro che alcune associazioni stanno facendo. Fra queste va assolutamente evidenziato il lavoro di deGusto Salento, Associazione del Negroamaro. Questa associazione di promozione culturale, scevra da logiche politiche e non legata a finalità commerciali, è formata da appassionati del mondo del vino in alcun modo legati a nessuna delle aziende aderenti, che sono tutte del Salento. Ad oggi l’associazione, capeggiata dalla dinamica e volitiva presidente Ilaria Donateo, coordina diciannove realtà produttive (Apollonio, Bonsegna, Calitro, Cantina
Fiorentino, Castel di Salve, Castello Monaci, Claudio Quarta, Conti Zecca, Garofano Vigneti e Cantine, Marulli, Michele Caló e figli, Romaldo Greco, Rosa del Golfo, Santi Dimitri, Tenute Rubino, Torre Ospina, Vallone, Vetrere, Vigneti Reale) operanti nella penisola salentina, ovvero l’estremo lembo del Tacco di Italia che dalla punta più a sud (S. Maria di Leuca), includendo l’area jonico-tarantina e parte dell’areale brindisino. Potevano restare nel loro piccolo orticello, invece si è ben pensato di fare sistema, di uscire dai confini locali e aprirsi ad un confronto di ricerca con altri territori ugualmente vocati, italiani e stranieri.
Interessanti anche i seminari organizzati durante Roséxpo, che dimostrano lo spirito di confronto e di volontà di crescita collettiva del comparto rosato che sottende l’iniziativa. Ecco allora “Direction: champagne Rosé”, “Rosa di Francia”, “Trentodoc, il rosato di montagna delle Dolomiti” e “Declinazioni del Lambrusco Spumante”.
Segnatevi in agenda: appuntamento dal 22 al 23 giugno 2019 a Lecce per Roséxpo, il prossimo Salone Internazionale dei vini rosati.
Donatella Cinelli Colombini confermata presidente delle Donne del vino
Donatella Cinelli Colombini guiderà per altri tre anni l’Associazione Nazionale Le Donne del Vino. È stata rieletta oggi dal nuovo Consiglio direttivo. Imprenditrice del vino della Toscana, è presidente nazionale delle Donne del Vino dal 2016.
«L’esperienza di guidare le Donne del Vino – commenta Cinelli Colombini - è stata più faticosa di quanto immaginassi, ma anche più entusiasmante perché ho scoperto un patrimonio di talenti, di voglia di fare e di altruismo che poche associazioni possiedono, specialmente dopo trent’anni di vita. Le Donne del Vino sono oltre 800 meravigliose persone. Negli scorsi tre anni, io ho chiesto loro un impegno e uno sforzo supplementari e i risultati sono stati straordinari. Siamo la più grande organizzazione femminile mondiale del settore enologico, la più organizzata e la più attiva».
Nel 2018 per la prima volta le Donne del Vino hanno rinnovato il loro Consiglio direttivo e Collegio dei Probiviri votando on line. Anche le candidature sono state raccolte via internet. Un nuovo metodo di votazione che ha riscontrato il parere positivo del 100% delle associate.
Donatella Cinelli Colombini sarà affiancata dal nuovo Consiglio direttivo. È composto da tre vice presidenti: Antonella Cantarutti (produttrice, Friuli
Venezia Giulia); Daniela Mastroberardino (produttrice, Campania) e Paola Longo (enotecaria – Lombardia). Lo completano le consigliere: Pia Donata Berlucchi (produttrice, Lombardia); Sabrina Soloperto (produttrice, Puglia); Gilda Guida Martusciello (produttrice, Campania); Marilisa Allegrini (produttrice, Veneto); Lorella Di Porzio (ristoratrice, Campania); Cinzia Mattioli (ristoratrice, Liguria); Cristiana Cirielli (pr e comunicatrice, Friuli Venezia Giulia); Marina Ramasso (ristoratrice, Piemonte). Nel Collegio dei probiviri, Elena Walch (produttrice, Trentino Alto Adige); Francesca Poggio (produttrice, Piemonte) e Michela Guadagno (sommelier, Campania).
Nel prossimo futuro le Donne del Vino hanno nuove importanti sfide: «La prima e la più importante – continua la presidente - quella di internazionalizzarsi creando una rete mondiale basata sullo sharing; subito dopo quella di accrescere le opportunità per le socie, puntando sul networking cioè trasformando i rapporti in trasferimento di conoscenze, business, opportunità di stage o di lavoro».
Cinelli Colombini pensa soprattutto alle giovani donne under 30 che si affacciano, o vorrebbero, al settore vino. Per loro l’associazione sta predisponendo il progetto Future ovvero un archivio telematico con tutte le opportunità formative in cantine, enoteche, ristoranti, agenzie giornalistiche e di pr, studi di consulenza enologica cioè in ogni segmento della filiera del vino. Un’idea di Alessandra Boscaini, delegata del Veneto. Nel 2019 ci sono già molte iniziative in calendario: a ProWein 2019 (17-19 marzo) ci sarà una degustazione al femminile; sabato 2 marzo è Festa delle Donne del Vino in tutta Italia; a Milano, a novembre 2019, in occasione di SIMEI, salone delle macchine per l’enologia, si terrà un Forum mondiale di Donne del Vino. Chi sono le Donne del Vino
Le Donne del Vino sono un’associazione senza scopi di lucro che intende promuovere la cultura del vino e il ruolo delle donne nella filiera produttiva del vino. Nata nel 1988, conta oggi oltre 800 associate tra produttrici, ristoratrici, enotecarie, sommelier e giornaliste. Questi i numeri a gennaio 2019: 815 donne del vino, di cui la metà sono produttrici, 57 ristoratrici, 90 sommelier, 17 enoteche, 9 enologhe, 130 giornaliste, 30 socie onorarie e 72 attività diverse. Tra le sue più recenti azioni vanno ricordate la convention virtuale di Matera con le donne del vino del mondo con l’obiettivo di fare network fra le associazioni mondiali offrendo maggiori opportunità alla compagine femminile dell’enologia, la salvaguardia dei vitigni autoctoni italiani rari, la divulgazione dell’abbinamento vino rosato-pizza, le attività benefiche (raccolta fondi per le associazioni che si occupano di contrastare la violenza sulle donne, quella per aiutare i grandi ustionati delle zone povere del mondo e per i pastori del pecorino amatriciano che sono rimasti con le loro greggi nonostante il terremoto). Nell’ultimo triennio è stato anche fatto un sondaggio sul profilo delle Donne del Vino che ha rivelato come le cantine, con direzione femminile, siano molto più attente all’ambiente, internazionalizzate, diversificate e orientate sui vini di qualità rispetto alla media nazionale. Ogni anno, il sabato prima della Festa delle Donne, le socie aprono le porte delle loro attività per mostrare ai winelovers il mondo del vino al femminile. Dal 2016 le Donne del Vino sono anche attive uno staff della comunicazione che si occupa dell’ufficio stampa, di social network e di un blog su www.ledonnedelvino.com.
Challenge Euposia, l’undicesima edizione conferma la leadership italiana: tre Campioni del mondo sui sei assegnati
Champagne Gardet, Spier 1692, Hattingley Valley, Sacramundi, Santa Venere e San Salvatore 1988: questi i migliori sparkling wine metodo classico
Champagne Gardet, maison fondata nel 1895 a Chigny-les-Roses da Charles Gardet (importata in Italia da B.e.Vi Srl di Sergio Bruno a Parona di Valpolicella), è l’undicesimo Campione del Mondo del Challenge internazionale Euposia che si è svolto a metà novembre, col patrocinio e secondo le regole del Grand Jury Européen. La manifestazione si è svolta presso il nuovissimo centro accoglienza di Tommasi Family Estates a San Pietro in Cariano, nel cuore della Valpolicella classica. Due giorni di serrate degustazioni alla cieca hanno selezionato oltre 150 Metodo classici provenienti da tutte le principali regioni produttive mondiali col debutto assoluto del primo Metodo classico prodotto in Cina, Grace Vineyard.
Con Champagne Gardet sul tetto del mondo è salita anche Spier 1692, una delle più antiche cantine sudafricane a Stellenbosh, Campione del Mondo per i Metodo classici biologici: un risultato che conferma un lungo impegno per la tutela dell’ambiente. Spier (importata in Italia da AfriWines di Fabio Albani) lavora in conduzione biologica, è una farm molto attenta e rispettosa della sostenibilità ambientale e sociale: lavora coi fornitori e produttori locali, ed è una delle 30 compagnie segnalate dal WWF come
“campioni della conservazione” al mondo.
Torna sul podio, dopo tre anni, Sacramundi, boutique winery del Lessini Durello, che si conferma nuovamente Campione del Mondo per i Metodo classici da vitigni autoctoni con il suo Pas Dosè.
Torna nel Regno Unito il titolo di Campione del mondo fra gli spumanti metodo classico Rosé, all’undicesima edizione del Challenge internazionale Euposia, che si è svolto nei giorni scorsi, a Verona nella prestigiosa cornice della cantina Tommasi: il millesimo 2014 di Hattingley Valley ha infatti riportato nell’Hampshire un titolo che nel passato era andato per ben due volte a Camel Valley. Hattingley Valley ha preceduto l’italiano Trentodoc Cesarini Sforza 1673; Champagne Perrier Jouet, Blason Rosé; Pierre Ponelle Cremant Bourgogne Cote d’Or-Beaune ed il sudafricano Krone Cap Classique 2017.
Hattingley Valley è una giovane maison del sud dell’Inghilterra, a metà strada fra Londra e Southampton, fondata nel 2008 da Simon Robinson; la prima vendemmia venduta è stata nel 2013 e dispone di 24 ettari di vigneto affidati all’enologa Emma Rice , laureata al Plumpton College, e per due volte nel 2014 e nel 2016 premiata come miglior winemaker del Regno Unito. La produzione complessiva è di 140mila bottiglie, il 40% delle quali prende stabilmente la via dell’export.
L’undicesima edizione ha assegnato altri due titoli nei Rosé di campione del mondo, entrambi acquisiti da cantine italiane:
miglior SW Rosè da vitigno autoctono è stato appannaggio di Santa Venere, SP1 da uve gaglioppo coltivate a Cirò, in provincia di Crotone;
miglior SW Rosè da agricoltura biologica è stato invece proclamato un altro metodo classico del nostro Sud: Gioi dell’Azienda agricola San Salvatore 1988, ubicata nel Parco Nazionale del Cilento a poca distanza da Paestum. Ai Campioni del mondo si aggiungono i Campioni nazionali e regionali, ovvero i migliori metodo classico che si sono classificati alle spalle dei Campioni del mondo.
Miglior metodo classico del Regno Unito: Shar ha , Devon, Sparkling Blank 2014, blend di Pinot noir, Pinot meunier e Chardonnay Miglior metodo classico d’Italia: Villa Rinaldi, VSQ, Veneto, Barriccaia Brut, Pinot noir e Chardonnay
Miglior Metodo classico di Francia: Cha agne Le reux-Penet, Grand Cru Verzy e Verzenay, Bulles Noires Brut, Pinot noir in purezza
Miglior Metodo classico Internazionale: Bodega Cru at, Argentina (Mendoza), Cuvee Reserve Extra-brut, Pinot noir e Chardonnay
Miglior Metodo classico di Spagna: Murviedro 1927, Cava (Requena), Los Monteros, Macabeo in purezza
Miglior Metodo classico d’Europa: Go o a PZ, Croazia, Zlhatina in purezza
Miglior Metodo classico Asia/Oceania: Grae Vineyard, Cina (Shanxi), Angelina Brut Reserva 2009, Pinot noir e Chardonnay
Miglior Metodo classico del Veneto: Za uner, VSQ, Verona, Riserva Daniele Zamuner 2008, Pinor noir, Pinot meunier e Chardonnay Premio alla sostenibilità: Se t ellerei Arunda Vivaldi, Josef Reiterer (Italia)
Al via “School of Cheese”
il contest creativo per alunni delle scuole primarie, che porta in classe quattro DOP e forma i consumatori di domani.
Scuola di formaggi, “School of cheese”. È il nome del concorso ideato dai consorzi per la tutela dei formaggi DOP Asiago, Gorgonzola, Pecorino Sardo e Taleggio, rivolto agli alunni delle classi terza, quarta e quinta elementare di sette regioni italiane: Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Veneto, Trentino Alto-Adige e Sardegna.
Attraverso queste eccellenze del territorio, tutti prodotti DOP, ovvero a Denominazione di Origine Protetta, i bambini, con l’aiuto degli insegnanti, saranno coinvolti in un contest che, dopo aver dato loro gli strumenti per apprezzare le caratteristiche e peculiarità dei prodotti, li stimoli a sviluppare e rappresentare quanto appreso nelle forme artistico espressive a loro più vicine. L’elaborato – sia esso un fumetto, racconto, servizio fotografico, gioco… – dovrà illustrare, in modo originale, le prerogative dei formaggi partner, i loro valori nutrizionali, gli abbinamenti e le sinergie possibili. Attraverso il contest i ragazzi, con l’aiuto degli insegnanti, potranno mettere a frutto la loro creatività per valorizzare i prodotti.
Il fine del contest è portare i bambini a riconoscere le denominazioni di origine, in particolare quella dei prodotti contraddistinti dal marchio DOP, accrescere la loro cultura alimentare e diventare protagonisti di scelte salutari, imparando che il benessere può coniugarsi con gusto e piacere.
Il concorso prevede il coinvolgimento di circa 3500 scuole (circa 500 per ogni regione citata), che verranno contattate direttamente per aderire al concorso. Di queste, le prime 10 classi terze, 10 quarte e 10 quinte per ogni regione che invieranno la propria iscrizione saranno gli effettivi partecipanti.
Le classi partecipanti riceveranno un kit ludico-didattico gratuito contenente materiale editoriale per i docenti, declinato in modo da offrire loro informazioni e approfondimenti sui prodotti e gli obiettivi della campagna, e materiale rivolto ai bambini, con il quale gli alunni potranno mettere alla prova la loro creatività, realizzato con un linguaggio a loro comprensibile e una grafica accattivante, unitamente a dei gadget.
I Consorzi di tutela dei formaggi DOP Asiago, Gorgonzola, Pecorino Sardo e Taleggio realizzeranno inoltre un video, una modalità molto efficace pensata in particolare per i bambini, che possa completare i materiali a disposizione. Vi sarà inoltre un help desk attivo, per fornire assistenza continua agli insegnanti durante l’elaborazione delle proposte artistiche e il sito web www.schoolofcheese.it.
Il regolamento prevede che ogni classe partecipante possa inviare un solo elaborato, quello che meglio illustri il significato del progetto, il valore del marchio DOP e le caratteristiche dei formaggi oggetto della proposta, concentrandosi sui loro valori nutrizionali e i possibili abbinamenti.
Di questi ne verrà scelto uno, che verrà premiato durante TUTTOFOOD, evento internazionale organizzato da Fiera Milano dal 6 al 9 maggio. I Consorzi partner: Consorzio Tutela Formaggio Asiago Consorzio per la tutela del formaggio Gorgonzola Consorzio per la Tutela del Formaggio Pecorino Sardo DOP
Consorzio Tutela Taleggio È dedicato ai bambini dagli 8 ai 10 anni, il concorso ideato dai Consorzi per la tutela dei formaggi DOP Asiago, Gorgonzola, Pecorino Sardo e Taleggio. Giocando impareranno a riconoscere le denominazioni di origine, apprezzare i prodotti DOP e trasformare quanto appreso in un elaborato artistico.
Cresce la produzione di Gorgonzola Dop nel 2018
Nel 2018 sono state prodotte 4.849.303 di forme di Gorgonzola Dop, 116.588 in più rispetto al 2017 (+2,46%). Ancora più sensibile l’aumento rispetto al 2016 (+5,85 %). I dati resi noti oggi confermano il trend in costante crescita nella produzione di Gorgonzola Dop negli ultimi anni.
Il Gorgonzola Dop del tipo Piccante raggiunge l’11,5% della produzione totale con un aumento del 7% rispetto al 2017 in linea con il crescente gradimento dei formaggi a lunga stagionatura, specialmente nel periodo pre-natalizio (Indagine Assolatte).
Oltre due terzi della produzione 2018 si è concentrato nelle province piemontesi (Novara, Vercelli, Cuneo, Biella, Verbano-Cusio-Ossola e il territorio di Casale Monferrato).
Il Gorgonzola Dop si conferma ancora una volta terzo formaggio di latte vaccino per importanza nel panorama dei formaggi DOP italiani, dopo i due grana, con 37 aziende associate e 1.800 aziende agricole dedicate alla produzione e un volume d’affari al consumo di 720 milioni di euro.
EXPORT IN CRESCITA - Il Gorgonzola si conferma molto amato anche all’estero con, al settembre 2018, oltre 15mila tonnellate (+3,0% rispetto al 2017) dirette verso i mercati stranieri per un valore di oltre 94 milioni di euro. Crescono sia il consumo all’interno dell’Unione Europea (+1,5%) sia quello Extra UE (+14%). Ottime le performance di Francia (+5% con 3468 ton.), Polonia (+18% con 469 ton.), Austria (+15% con 408 ton.) in Europa; Giappone (+31% con 379 ton.), Australia (+112% con 249 ton.), Canada (+76% con 63 ton.) e Nuova Zelanda (+258% con 3,7 ton.) nel resto del mondo. (Dati CLAL al settembre 2018).
Il Presidente del Consorzio Gorgonzola Renato Invernizzi commenta con entusiasmo: “La continua crescita dei numeri del Gorgonzola Dop all’interno del comparto caseario, leader dell’agroalimentare per valore alla produzione, al consumo e all’export, ci rende molto orgogliosi. I nostri sforzi continuano ad essere rivolti alla tutela del prodotto per combattere la contraffazione e promuoverne la qualità. Puntiamo sempre più alla destagionalizzazione del formaggio Gorgonzola Dop, per aumentare le occasioni di consumo anche nei mesi più caldi, nonché ad accrescere la cultura alimentare e la conoscenza del valore della Denominazione d’Origine anche nei giovanissimi, come dimostra il concorso “School of Cheese” ideato insieme ad altri Consorzi di tutela”.
Trionfale avvio per Matteo Bizzoccoli chef dell’Antica Osteria Molinari Sante a Lazise
Il comune di Lazise sul Garda è un piccolo borgo che si affaccia sulla sponda sud ovest del Lago di Garda. Un paese tranquillo dove l’atmosfera è rilassata passeggiando sul lungolago o lungo le sue viuzze, strette tra antichi palazzi e racchiuse nella possente cinta muraria, o nelle ridenti frazioni, come Pacengo.
E a Pacengo il giovane e promettente chef Matteo Bizzoccoli, supportato dalla famiglia, ha riaperto innovando un ristorante del passato a base di pesce, innovando il menu.
Varcare l’ingresso dell’Antica Osteria Molinari Sante, vuol dire respirare il giovane entusiasmo dello chef che prende per mano ed accompagna in un gustoso percorso enogastronomico. Una piacevole sosta in cui assaporare ottimi piatti e, perché no, ottimi vini. Matteo Bizzocoli ha scelto di realizzare il proprio sogno entrando nella cucina dell’Antica Osteria Molinari Sante, personalizzandola e mettendo a disposizione di tutti coloro che hanno la fortuna di imbattersi in essa, tutta l’esperienza acquisita dopo essersi diplomato nel 2009 chef–enogastronomo, con il massimo livello, presso l’Istituto Professionale per I Servizi Alberghieri e Ristorazione, Luigi Carnacina in Bardolino, e dopo aver lavorato accanto a grandi chef stellati. La sua cucina unisce i piatti tradizionali a quelli più ricercati, con ingredienti di prima scelta ed elaborati con un tocco di fantasia. L’inaugurazione lo scorso Natale. Che dire, un trionfo di sapori, di competenza, di accoglienza e professionalità! Lo chef Matteo Bizzocoli ha saputo accontentare tutti , con sapienza e professionalità.
La sapienza di Nicola Bizzocoli (gestore assieme al figlio Matteo) e il suo entusiasmo hanno contribuito a rendere perfetta la serata. Il cibo è stato veramente buono, classico ma nello stesso tempo con dei toni originali; la carta dei vini direi che è piuttosto importante (vini non solo della zona, ma provenienti da tutta Italia); l’arredamento è elegante senza essere troppo sfarzoso. Alla guida della brigata in cucina e attento selezionatore di materie prime e del menù Matteo, giovane chef con tanta grinta. Grinta che si sente nei piatti. Grande studio sulla selezione di affettati, il percorso guidato della selezione di formaggi da acquolina in bocca per poi passare al petto d’anatra. Anche il dolce, un tiramisù al pistacchio, non delude ma anzi completa la cena. I vini, racconta il papà Nicola, sono tutti stati scelti in carta in quanto vere chicche, che vanno a risaltare il menù di carne offerto. La mia personale opinione sulla cucina è eccellente, la mia palma d’oro la assegno volentieri al “Cotevino” un piatto a me nuovo, ovvero un cotechino conservato nel vino rosso, che gli fa perdere la “maialosità” e che guadagna in dolcezza. Non mi meraviglierebbe che Matteo , per dirla marchesianamente, cuoco e non chef, perché orgogliosamente italiano, fra qualche anno vederlo approdare in un format televisivo, Speriamo che cio’ non accada, così che possa mantenere intatta la sua cristallina eleganza e passione, senza cessioni alle lusinghe del business. Bravo Matteo.(Carlo Rossi)
Direttore responsabile: Beppe Giuliano email:boss@giornaleadige.it telefono +39 045 591342 Vicedirettore: Nicoletta Fattori email: fattori@giornaleadige.it telefono +39 045 591342
Redazione e Degustazioni (dove inviare i Campioni): Via Luigi Negrelli, nr 28 37138 Verona tel. fax. 045.591342 email: desk@giornaleadige,it
Enzo Russo Caporedattore Enogastronomia email: desk@giornaleadige.it
Hanno collaborato a questo numero: Alessandra Piubello, Elisabetta Tosi, Carlo Rossi, Giulio Bendfeldt, Magda Beverari, Daniela Scaccabarozzi, Emanuele Delmiglio Impaginazione: Delmiglio email: redazione@delmiglio.it telefono: 045 6931457 Copertina: Alessandra Piubello, Kanaan Winery
Concessionaria per la pubblicità: Fantasia Edutainment SRLS-Verona email: fantasiaverona@gmail.com
Per il sito www.challengeeuposia.com Fantasia Edutainment SRLS email: fantasiaverona@gmail.com
Per il sito: www.italianwinejournal.com Fantasia Edutainment SRLS email: fantasiaverona@gmail.com
The ItalianWineJournal
Challenge Euposia
@Challengeuposia
Distribuzione per le edicole Sodip Spa, via Bettola, 18 20092 Cinisello Balsamo Prezzo della rivista: 5 euro Arretrati: 8 euro + spese di spedizione Per informazioni: tel. 045.591342 Editore: Fantasia Edutainment Srls, via Leone Pancaldo 32, 37138 Verona Iscr. Roc n. 12207 del 02/XI/2004 Registrazione Tribunale di Verona n. 1597 del 14/05/2004
Champagne Egly-Ouriet
VALDOBBIADENE PROSECCO SUPERIORE “52” SANTA MARGHERITA: Prosecco a Valdobbiadene dal 1952
Il 1952 è l’anno di inizio del nostro percorso legato al Prosecco Superiore Valdobbiadene D.O.C.G. Ecco perché, quando abbiamo raggiunto l’espressione più raffinata di una storia, di un territorio e di una passione che dura da 60 anni, abbiamo pensato che il suo nome potesse essere uno solo: 52.