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di Roberto Lasagna

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Cielo sulla palude

Cielo sulla palude

Rincorsa alle ombre. Scritti di cinema

C’è sempre un domani, nonostante tutto

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di Roberto Lasagna

Una raccolta degli scritti sul cinema di Guido Gerosa, grande giornalista e scrittore il quale, sin dagli anni dell’immediato secondo dopoguerra - frequentati da ideologie prevaricanti , seppe smarcarsi e coltivare l’arte della recensione cinematografica con il gusto personale di un osservatore-viaggiatore, difendendo punti di vista aperti e in grado di comprendere i tempi. Stile, competenza, sguardo ampio, cultura senza steccati, per una scrittura calda e mai pedante, propria di un conoscitore del suo tempo in grado di coinvolgere il lettore, appassionandolo, per indirizzarlo in una rigorosa lettura come visione, scelta di campo, introduzione al conoscere attraverso il cinema.

Nemmeno maggiorenne, Guido Gerosa, classe 1933, iniziò ad appuntare minuziosamente le sue recensioni sui suoi taccuini, e questo libro documenta quei primi scritti inediti, testimonianza dell’incontro tra una mente fertile e il maggior mezzo di comunicazione culturale dell’epoca. Sin dai precoci esordi, sorprende come egli sapesse rivolgersi al potenziale lettore per aiutarlo a formarsi un giudizio, in un’adesione sentita agli eventi che coinvolgevano tutti. Ed è impressionante riconoscere come Gerosa comprese quello che molti altri non riuscivano a percepire con uguale vibrante pienezza.

In questo primo libro (cui seguirà un secondo) possiamo già ammirare spunti e pagine di precoce giornalismo, una professione un giorno vissuta con la stessa fede per l’esperienza del vero degli esordi; Gerosa, attraverso l’argomento cinematografico, filtra il presente offrendo una prospettiva in grado di darsi quale testimonianza autorevole anche e soprattutto per i giovani lettori sempre alla ricerca di un orientamento tra le opere dei cineasti. Un dialogo tra il giovane critico e il lettore, con i doni della musicalità, della chiarezza e di una naturale raffinatezza, per incorniciare ogni film in un divenire disposto a riflettere una prospettiva precisa e personale del proprio tempo. Gerosa non si dedica a lapidarie sentenze, ma accoglie l’aspetto interessante, anche in un film meno riu-

Guido Gerosa

scito. E sa guardare al valore, portarlo alla luce, interpretare la coerenza come risultato armonico di un discorso e mettere in primo piano anche il coraggio. Così, l’opera faro del neorealismo cinematografico, Roma città aperta, è per l’autore una delle più ricche di verità umana, di potenza espressiva, di poesia. Sono le qualità stesse che non soltanto il cinema, ma anche il giornalismo, dovrebbero sempre possedere, caratteristiche puntualmente rintracciate dalle analisi dei film ad opera di Gerosa, animate da passione civile e vibranti di un respiro disposto a lasciar emergere, con gusto poetico, aspetti che un film è in grado di restituire. Rossellini è accolto come l’artista incline per temperamento a certi eccessi di dannunzianesimo ma che in Roma città aperta seppe dimenticarli “per creare un mondo di ansie, di passioni, di sopite speranze: il più vero che fosse mai apparso nel cinema italiano” . E in questo neorealismo, Gerosa coglie l’arte nuova che dona vera umanità al percorso di un artista, come Rossellini (ma non soltanto lui), il quale si smarca dalla letteratura realista e guarda al nuovo cinema come a un regalo del futuro. Una maturazione che è qualcosa di atteso e auspicato, strettamente legata al discorso portato avanti dal cinema ma che in Gerosa si declina presto in attitudine di metodo, di cultura, quale rincorsa alle ombre, secondo la sua splendida definizione di giornalismo, per lui “appassionante, illudente e deludente” ma anche la sola “forma di poesia rimasta al nostro tempo” . Una poesia che deve essere ricercata, inseguita, nei servizi giornalistici e nei racconti cinematografici, e che ritroviamo nelle descrizioni del critico, in grado con originalità di cogliere definizioni ancora oggi emblematiche dei protagonisti dei molti film analizzati, tra cui, propriamente, quelli del rosselliniano Roma città aperta: “figure evocate da una fantasia creatrice ed elevate nella sfera della poesia: quella popolana, così immediata nei suoi affetti, sincera e dolorosa; il prete che condivide il tormento dei suoi fratelli, pure chiede a Dio perdono di aver maledetto quegli altri, espressione di una fede non ipocrita ma luminosa; e Manfredi, il martire, presago del suo destino; e Marina, tragica creatura che, nelle sue apparizioni, vive tutto un dramma interiore” .

Elegante, articolato, intenso, il quadro di riferimenti che Guido Gerosa restituisce con i suoi scritti possiede un gusto letterario calato in

Rincorsa alle ombre. Scritti di cinema

profondità: scandaglia un itinerario di domande ai film e le replica al lettore. L’autore va alla ricerca di una verità prediletta nei toni della poesia, riconosciuta nell’esempio di alcuni maestri: tra tutti, quelli americani e quelli francesi.

In questa raccolta di meditazioni attente, spicca, tra gli altri, il magistrale brano “Poetica e poesia di Chaplin in ‘Limelight’” , in cui Gerosa introduce alla poetica chapliniana lasciandoci comprendere molto bene le scelte e il dramma del personaggio. Il critico dipinge con note sapienti ipotesi di risposte a interrogativi, tra cui “cos’è la vita, per Chaplin?” , e invita a pensare come la grandezza delle scelte del personaggio, e insieme il suo dramma, siano racchiusi in questa definizione gerosiana così vibrante e umana della condizione di Calvero: “È il seguire il dettame della nostra coscienza, superiore al vano brillare delle stelle od alla luce del sole priva del pensiero” . Un’interpretazione dell’esistenza dell’artista interpretato da Chaplin il quale, sul finir della vita, sente di non poter accettare il sacrificio (l’amore) a cui l’amata Therry si dice disposta. Ultimo gesto che regala al film il grande pathos che Gerosa e lo spettatore gli riconoscono. Ma questa, come altre analisi contenute nel libro, sono tra le numerose gemme di una scrittura da riscoprire, da portare oggi a nuova luce.

Un percorso di incontri con film e cineasti ritrovati, laboratorio di riflessioni e dialettica che porterà Guido Gerosa a scrivere, giovanissimo, sul quotidiano La provincia per incontrare nel 1952 il primo vero incarico per il giornale La notte, cui farà seguito nel 1964 la nomina di corrispondente dagli Stati Uniti per Epoca dove potrà intervistare Martin Luther King e il senatore Bob Kennedy.

La sua luminosa carriera di giornalista e scrittore (nel 1968 Guido Gerosa lascerà Epoca e sarà assunto all’Europeo diretto da Enzo Biagi, scriverà numerosi articoli di costume e di cinema per Gente e sarà poi vice-direttore de Il giorno fino al 1994), la sua passione viva per la storia e i suoi protagonisti (con molti libri e saggi divenuti dei modelli), trova le sue premesse di freschezza e intensità anche nelle pagine delle recensioni raccolte nel presente volume, dove il racconto in successione dei film si propone come un romanzo del proprio tempo. Una stimolante collezione di punti di vista in cui si ritrovano, immancabili, gli

Guido Gerosa

amati John Ford e John Huston, la concezione moderna secondo cui i “personaggi di un’opera sono sempre immagini di uno stato d’animo del loro autore” (proprio così inizia la recensione de La fonte meravigliosa di King Vidor), l’attenzione per quei narratori - tra i quali, ad esempio, Delmer Daves - in grado di valorizzare aspetti storici e di cogliere la psicologia dei personaggi femminili. Ma il libro racchiude in pagine profonde anche il riconoscimento del valore di umanità tributato ad alcuni autori del cinema italiano, al confronto con altri cui difetta, secondo il giovane critico, una prospettiva condivisibile, al di là del sensazionalismo più o meno dominante.

Un viaggio tra gli esiti espressivi del cinema dei vari paesi, dove la scrittura di Guido Gerosa conserva tutta la modernità del suo sguardo, l’elevatezza di una misura frutto di un’elaborazione personale e di una concezione poetica e comunicativa del cinema: forma d’arte in grado di sperimentare l’artificio, di aprirsi alla dimensione simbolica e lasciare nel giovane critico i prodromi di quell’attitudine eclettica che il giornalista e scrittore maturo sperimenterà, senza preclusioni geografiche e senza pregiudizi, regalando pagine memorabili già finemente anticipate dai suoi esordi.

Osservazioni e punti di vista che assumono molto presto una forma elegante, coerente, matura. E quello di Guido Gerosa è sempre un racconto alto e coraggioso, ma rispettoso, dichiaratamente personale, in cui il giovanissimo critico prende posizione e si scopre aperto a nuovi orizzonti, gli stessi che la sala cinematografica e il giornalismo restituiscono a una mente curiosa e generosa, l’indomani dei tremendi conflitti e nell’euforia di un nuovo futuro.

Un’ ultima annotazione: la cura di questo volume (e di quello successivo) era stata affidata all’appassionata competenza di Lorenzo Pellizzari. Aveva accettato con entusiasmo: lo incuriosiva ricordare un amico che aveva conosciuto ai tempi di “Cinema Nuovo” . Purtroppo Lorenzo non ha potuto portare a termine il lavoro. Il suo contributo, ne sono certo, avrebbe reso questo libro ancora più prezioso.

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